[autismo-biologia] R: Shiftability Studies

mazzoni.armando a libero.it mazzoni.armando a libero.it
Dom 18 Lug 2021 15:35:41 CEST


Allego come richiesto la traduzione completa del video, che vi ricordo era preparatorio per i non addetti ai lavori ad un webinar a cui partecipavano anche i ricercatori.
Ho pensato di condividerlo qui perché, nonostante il contenuto introduttivo, penso ci siano ormai molti “laici” nella lista che apprezzeranno la divulgazione di alcuni concetti ed i correlati spunti di riflessione; l’approccio scientifico di questi studi, invece, che hanno l’obiettivo di anticipare gli studi clinici, potrebbe interessare  molto ai ricercatori.
Alcune riflessioni: la Prof.ssa Grainne McAlonan pone, come obiettivo degli studi, il fornire scelte terapeutiche che siano il più possibile personalizzate; come sapete, al momento, non solo non abbiamo delle scelte personalizzate, ma non abbiamo proprio niente da scegliere, ragion per cui non possiamo ancora continuare a ritardare gli incentivi alla ricerca in autismo, di qualsiasi tipo.
Dare delle scelte alle persone con autismo (o ai caregiver) che lo desiderano significa anche riconoscere l’eterogeneità della comunità autistica, in cui troviamo persone con sintomi molto più lievi ed in grado di autorappresentarsi che non vorrebbero farmaci che inibiscano i loro sintomi autistici, insieme a casi più gravi in cui i sintomi autistici sono delle oggettive disabilità, che compromettono prima il percorso evolutivo del bambino/adolescente e successivamente, nella fase adulta, rendono la vita della persona con autismo e dei suoi familiari ben lontana da una soddisfacente qualità della vita. I primi avranno il diritto sacrosanto di rifiutare delle scelte terapeutiche, quando ci saranno, ma non devono battersi ora contro la ricerca che cerca di spiegarci come funziona (o dis-funziona a seconda dei casi o dei punti di vista) il cervello autistico, perché in tanti aspettiamo un supporto alla correzione dei sintomi quando questi possono essere paragonati a disabilità come la cecità e la sordità, oggettivamente invalidanti e possibilmente da rimediare o mitigare. I secondi, anche se questo mi sembra uno scenario più improbabile, non devono pensare che tutte le persone con autismo debbano necessariamente subire degli interventi, farmacologici e non, “normalizzanti”, che estirpino l’autismo dalla faccia della terra. 
Altro tema è proprio la normalità, come viene interpretata dai diversi gruppi della comunità, ma è un argomento molto vasto e scivoloso che meriterebbe commenti autorevoli.
Altro tema che mi viene in mente, sentendo chi illustra il perseguimento della medicina personalizzata in autismo, è lo stridente confronto tra questo e l’approccio ai farmaci che trapela dalle nuove linee guida ISS, che a confronto appare ancora di più grossolano, soprattutto quando si parla di psicofarmaci.
Non se volete commentare o avete altre spunti di riflessione.
Sotto riporto la traduzione; se avete domande nel merito posso provare a girarle alla Professoressa per una risposta e per capire se c’è altro materiale pubblico da divulgare.
Saluti
AM  
TRADUZIONE
Nello Shiftability Project dell’AIMS2-Trial si studia la chimica della neurodiversità e si usa l’MRI (Magnetic Resonance Imaging), l’EEG (Elettroencefalogramma) e stimoli sensoriali per vedere come il cervello risponda ad alcuni farmaci che hanno come bersaglio le vie di trasmissione dei segnali.
Si spera che ciò aiuti a comprendere la chimica del cervello nell’autismo e a fornire scelte (trattamenti) più personalizzate.
Poichè molte influenze genetiche e ambientali sono state collegate all’Autismo, queste interazioni rendono il cervello autistico molto diversificato; questo significa che ciascuna persona può avere un profilo di chimica cerebrale unico.
Possiamo comprendere uno specifico profilo dal modo in cui il cervello di una persona risponde ad un farmaco che ha come target un particolare sistema chimico.
Stiamo esaminando tre sistemi chimici del cervello: 
*	5HT o sistema della serotonina
*	Il sistema Glutammato 
*	Il sistema GABA
Questi sono i sistemi che controllano l’eccitazione e l’inibizione nel cervello e stiamo studiano anche il sistema endocannabinoide (NdT: è uno dei sistemi più importanti per lo sviluppo e mantenimento dell'omeostasi nel nostro organismo, che nel cervello è un target per i medicinali a base di cannabis). 
Cosa è uno Shiftability Study?
Uno Shiftability Study è il modo in cui chiamiamo uno studio iniziale per capire se un potenziale farmaco ha degli effetti rilevanti sui meccanismi del cervello rilevanti per l’autismo. I Partecipanti (adulti) con e senza autismo si recano presso il nostro centro per due/tre visite. In ogni visita, viene somministrato o un placebo (una medicina finta) o una dose singola di un farmaco.
Né i partecipanti, né i ricercatori sanno se è stato somministrato placebo o farmaco e questo è chiamato “doppio cieco”; successivamente misuriamo la risposta del cervello confrontando i risultati con e senza l’utilizzo del farmaco e confrontando la risposta delle persone con e senza autismo.
Cosa possiamo imparare da queste ricerche?
Questi studi ci mostrano cha la risposta alle medicine del cervello delle persone con autismo non è sempre la stessa delle persone neurotipiche. Questo ci dice che il cervello autistico è chimicamente differente. Se capiamo la differenza nell’autismo nei sistemi chimici del cervello e capiamo cosa questi sistemi facciano in termini di regolazione della salute mentale e delle capacità cognitive, potremmo essere capaci di personalizzare meglio i farmaci e potremmo aiutare le persone che hanno una specifica condizione di salute mentale o altri problemi e a cui piacerebbe avere la possibilità di scegliere un trattamento.
Sono state scoperte delle medicine attraverso queste ricerche?
Nei fatti, siamo tra i primi ad usare questo approccio nell’autismo o in qualsiasi altra condizione del neurosviluppo e nel passato c’è stato un approccio piuttosto non specifico nel provare interventi farmacologici per le persone autistiche, quasi un approccio per tentativi. Pensiamo invece sia meglio capire se un intervento raggiunge un particolare meccanismo prima di imbarcarci in un test clinico di larga scala. Questa è quindi una nuova tecnica e, per mia conoscenza, non ci sono stati farmaci scoperti in questo modo, ma si spera possa essere utilizzata più ampiamente e non soltanto in autismo, ma anche in altre condizioni del neurosviluppo e mentali, perché il problema è che in Psichiatria ci imbattiamo nei farmaci per puro caso. E questo non va più bene. Abbiamo bisogno di un modo informato per sviluppare scelte farmacologiche per le persone che voglio quella scelta.

Abbiamo terminato recentemente uno Shiftability Study per l’Arbaclofen e stiamo scrivendo i risultati; Arbaclofen è attualmente in test clinico.
Abbiamo anche completato degli Shiftability Studies sui farmaci a base di cannabis e ora ci sono test clinici su questi farmaci in persone con autismo, inclusi anche in AIMS2-Trial.

Come gli Shiftability Studies portano a successivi e più ampi test clinici?

Gli studi vengono condotti su un piccolo gruppo di persone e se vediamo un effetto su un meccanismo importante, ciò dà fiducia che valga la pena verificare quel farmaco su uno studio di più larga scala.
Attraverso uno Shiftability Study su un farmaco puoi scoprire che quel particolare farmaco in quella specifica persona agisce in quel sistema chimico e cambia quel meccanismo, si spera per il meglio. Conseguentemente, ci potremmo muovere verso gli studi clinici e vedere cosa succede in risultati più complessi. Inoltre, ci possono aiutare ad evitare di far perdere tempo alle persone in studi clinici a causa dell’eterogeneità tra le persone con autismo. In questo modo siamo capaci di pensare a come risponde un individuo; e questo è un riflesso dei suoi specifici meccanismi eziologici (meccanismi causali – NdT: che hanno agito nel suo cervello) e questo è meglio che avere soltanto l’approccio aperto a tutti per gli studi clinici, dove tutti sono invitati. I meccanismi (NdT: dei sistemi chimici del cervello) dche si incontrano in uno studio clinico sono probabilmente differenti tra i partecipanti e per questo probabilmente non c’è modo in cui il farmaco possa raggiungere il criterio di risultato primario. Inoltre, evita che le persone vengano esposte ai farmaci, poiché è probabile che tutto quello che stai facendo è esporli agli effetti collaterali.    

Ci può dire chi potrà beneficiare dai farmaci usando questo metodo?

Questa è una delle cose a cui stiamo guardando, presenterò dei dati (nel webinar) che abbiamo da un “compito visivo”, con il quale possiamo avere un indice individuale per capire se c’è un cambiamento in quella misura (NdT: di come il cervello processa il compito) e possiamo, per esempio, dire che chi ha quel cambiamento è più probabile che risponda (Ndt: A quel farmaco), oppure possiamo guardare alla misura di rifermento (NdT: Baseline Measure) e  dire che, in realtà, alcune persone hanno una Baseline Measure che è molto simile a quella del gruppo neurotipico. Non c’è molto vantaggio nel mettere queste persone in uno studio clinico se il farmaco agisce su un meccanismo che per loro è completamente tipico.
E in alcuni casi, nei neurotipici, troviamo che il farmaco agisce in modo opposto. Non vuoi dare alle persone che hanno una sorta di “risposta tipica” un farmaco che in realtà potrebbe potenzialmente avere addirittura un effetto dannoso. Non lo sappiamo  (NdT: in anticipo). Ma questo è quello che pensiamo.

Non si perdono potenziali partecipanti se si introduce un placebo così presto?

In realtà non usiamo il placebo nello stesso modo degli studi clinici e ciascuno riceve sia un placebo che un farmaco, in modo che non si perda nessuno dei partecipanti.
Ad una persona che si unisce ad un nostro studio viene richiesto di recarsi al nostro centro, diciamo, per due visite e in una visita riceve il placebo e nell’altra il farmaco; il partecipante o il ricercatore non sanno se è stato somministrato il placebo o il farmaco e l’ordine di somministrazione è casuale tra i partecipanti, così che metà dei partecipanti potrebbe avere il placebo nella prima visita e l’altra metà il farmaco.

Un altro punto insito nella domanda è perché semplicemente non usiamo una baseline (NdT: valori di riferimento) che già è disponibile, di fatto, negli AIMS2-Trial; la ragione per cui usiamo un placebo è che possiamo controllare altre possibili influenze sui risultati. Il placebo ci fornisce una baseline  (NdT: valori di riferimento) con cui confrontare la risposta al farmaco ed è identico in tutti gli aspetti al farmaco, eccetto per il contenuto della capsula somministrata; così, per esempio, qualche volta le persone sono più ansiose alla prima visita e meno ansiose alla seconda e non vogliamo che tutti abbiano la stessa somministrazione alla loro prima visita, perché potremmo assistere agli effetti dell’ansia piuttosto che agli effetti del farmaco a confronto con il placebo.

Avete considerato di includere test sulle funzioni esecutive in questi studi?
Lasciatemi prima ricordare cosa sia una funzione esecutiva. Funzione Esecutiva è un termine “ombrello” che descrive la capacità di pianificare, di inibire le risposte e di fare scelte in modo flessibile (NdT. ad esempio vengono richiamate quando dobbiamo compiere un azione che comporta problem solving, come aprire il tappo di una bottiglia un po’ diverso dal solito); sì, certamente, le funzioni esecutive sono state considerate ed incluse nei test. Il nostro approccio considera che i comportamenti più complessi, per esempio, i comportamenti adattivi e sociali, si sviluppano su blocchi fondamentali di funzioni esecutive e di processazioni sensoriali; se possiamo capire come la chimica del cervello regoli questi componenti fondamentali del comportamento, avremo una più alta probabilità di sviluppare interventi, sia farmacologici che psicologici (NdT: credo si intenda anche educativi), che hanno come obiettivi i meccanismi e, in definitiva, contribuire a funzioni più complesse.
Nei protocolli che usano MRI (Magnetic Resonance Imaging), abbiamo incluso test delle funzioni esecutive, ad esempio, dell’attenzione o dell’inibizione della risposta. 
Siamo molto interessati anche alla processazione sensoriale e nel webinar parlerò di alcuni risultati che suggeriscono che ci sono differenze nel modo in cui gli stimoli visivi vengono processati nelle persone con autismo e che queste differenze potrebbero dipendere dal sistema chimico di trasmissione dei segnali GABA. Pensiamo che i problemi legati alla processazione sensoriale e alle funzioni esecutive siano veramente importanti per la comunità autistica e per questo li abbiamo inclusi questi test nel nostro progetto.

Avete considerato che le persone con autismo potrebbero avere effetti collaterali inaspettati e dei controlli a medio e lungo termine?
Questi sono punti incredibilmente importanti e in realtà sono la ragione per cui pensiamo che questi studi siano così utili, perché i farmaci che usiamo sono selezionati perché potrebbero avere effetti benefici per almeno alcune delle persone con autismo. Inoltre, poiché usiamo dosi singole, pensiamo che sia un approccio più sicuro rispetto a somministrare un farmaco alle persone per periodi più lunghi, quando poco è conosciuto di un farmaco.
Ad esempio, se stiamo usando due dosi, proviamo ad usare la dose più bassa nella prima visita, cosicché se il partecipante dovesse avere qualsiasi problema, potremmo evitare di somministrare la dose più alta. Rimaniamo in contatto molto ravvicinato con i nostri partecipanti per assicuraci che stiano bene durante lo studio e anche dopo e, infatti, molti dei partecipanti ci hanno aiutato su studi multipli e siamo loro molto grati.
Osserviamo molto attentamente tutti i nostri partecipanti e chiediamo loro se hanno avuto reazioni, a prescindere se siano persone con autismo o no.
Anche così, non possiamo escludere completamente un effetto imprevisto, ma i nostri partecipanti sono molto ben informati e lo sanno. Detto questo, l’unico effetto imprevisto che abbiamo mai avuto è stato con un partecipante che ha avuto vomito dopo l’inizio dello studio; abbiamo scoperto che gli era stato somministrato il placebo, la medicina finta, ma che era allergico al colorante alimentare rosso. Così ora abbiamo imparato che dobbiamo chiedere informazioni anche sulle allergie ai coloranti alimentari e il partecipante è stato veramente gentile ed ha perfino chiesto di tornare per un altro studio, ma senza il colorante rosso

Sarebbe interessante misurare la risposta immunitaria come elemento di valutazione di un  nuovo trattamento?
Concordo che lo sarebbe. Infatti, ora riconosciamo che i neuroni nel cervello lavorano insieme alle cellule immunitarie del cervello, la così detta microglia, per regolare la trasmissione dei segnali; possiamo quindi aspettarci un cambiamento in una parte di questo sistema strettamente collegato che causi un cambiamento in un altro.
In questi studi, sebbene non stiamo ricercando direttamente la risposta immunologica del cervello, i nostri dati ci permettono di raccogliere alcuni marcatori che potrebbero essere rilevanti, inclusa forse uno dei componenti chimici che è stato trovato nelle cellule immunitarie del cervello, il glutatione. Siamo interessati al glutatione perché quella sostanza chimica è coinvolta nella produzione del Glutammato e del GABA, le sostanze responsabili per l’eccitazione e l’inibizione che ho citato poc’anzi.
Quello che potremmo trovare è che un farmaco che causa un cambiamento nel livello di queste sostanze chimiche potrebbe essere associato ad un cambiamento in un meccanismo rilevante per l’autismo, per esempio, un meccanismo di una funzione esecutiva o un meccanismo sensoriale; questo è il nostro obiettivo nei nostri studi rimanenti.
Lo stiamo facendo perché queste sostanze chimiche sono correlate, perciò, diversamente da studi precedenti che hanno analizzato queste sostanze in modo isolato, stiamo provando ad ottenere un quadro di insieme. L’idea è che potresti non vedere un cambiamento in una di queste sostanze, ma possibilmente nelle altre, è importante per noi, perché sono comunque parte di un sistema collegato e ci dà una migliore comprensione della biologia del cervello. Direi che è una parte veramente importante e che c’è un lavoro in corso sull’immunologia, in altre parti del AIMS2-Trial, ma non è un obiettivo diretto di questo progetto.



Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> Per conto di mtcento a libero.it
Inviato: sabato 10 luglio 2021 08:06
A: Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
Oggetto: Re: [autismo-biologia] Shiftability Studies

Grazie. Sarei interessata alla traduzione completa. 



Inviato da Libero Mail per iOS


venerdì 9 luglio 2021, 15:35 +0200 da rosannaspatola69 a gmail.com <mailto:rosannaspatola69 a gmail.com>  <rosannaspatola69 a gmail.com <mailto:rosannaspatola69 a gmail.com> >:
Sì, grazie! Sarei molto interessata alla traduzione completa.Mia figlia nell'aminoacidogramma mostra di avere valori alterati di glutammina, triptofano....
Ancora grazie.   Rosanna Spatola 

Il ven 9 lug 2021, 13:18 <mazzoni.armando a libero.it <mailto:mazzoni.armando a libero.it> > ha scritto:
Condivido con piacere questo video  pubblico https://youtu.be/SjFoozgppQE estratto dai lavori dell’AIMS2-Trial, a cui partecipo come Autism Representative; il tema trattato da Grainne McAlonan, Prof.ssa in Neuroscienze Traslazionali al Kings College di Londra, sono gli Shiftability Studies.
Credo che andare sempre più a fondo nella biologia e nella chimica del cervello, oltre a rendere disponibili delle scelte terapeutiche in un termine che speriamo il meno lungo possibile, aiuterà ad avere una visione migliore dell’individualità di ciascuna persona; pensare alla normalità, alla normotipicità  come ad un’espressione di individualità è, a mio modesto avviso, sbagliato. La neurodiversità è l’espressione dell’unicità di ciascun individuo; perciò, in qualche modo, siamo tutti neurodiversi e la contrapposizione tra neurodiversi e normotipici non ha senso, perché la normalità è “solo” una necessaria entità statistica, senza la quale sarebbe difficile se non impossibile capire i fenomeni e riconoscere i bisogni delle persone.
Nessuno di noi pone troppe questioni nel leggere le proprie analisi del sangue e, anzi, controlla accuratamente che i propri valori siano all’interno dei valori fisiologici o “normali”; non sono a conoscenza di gruppi di orgoglio iperglicemico o di movimenti di persone leucociti-diverse. Le analisi del sangue difficilmente vanno a ledere o minacciare la nostra individualità, i diritti e l’integrità della persona, ma ci danno delle indicazioni chiare su delle necessità di intervento o di approfondimento; questo ragionamento, difficilmente contestabile, diventa meno facilmente applicabile quando arriviamo al cervello, per una serie molto nutrita di ragioni a volte, ma non sempre, giustificabili,  provenienti da molte discipline e orientamenti.  
Personalmente, credo che non abbiamo bisogno di altre etichette ma sempre di più di occuparci della persona, dell’individuo, attraverso la comprensione scientifica delle sue specificità.
Segue la traduzione di primi 3 minuti del video:
Nello Shiftability Project dell’AIMS2-Trial si studia la chimica della neurodiversità e si usa l’MRI (Magnetic Resonance Imaging), l’EEG e stimoli sensoriali per vedere come il cervello risponde ad alcuni farmaci che hanno come bersaglio le vie di trasmissione dei segnali.
Si spera che ciò aiuti a comprendere la chimica del cervello nell’autismo e a fornire scelte (trattamenti) più personalizzate.
Poichè molte influenze genetiche e ambientali sono state collegate all’Autismo, queste interazioni rendono il cervello autistico molto diversificato; questo significa che ciascuna persona può avere un profilo di chimica cerebrale unico.
Possiamo comprendere uno specifico profilo dal modo in cui il cervello di una persona risponde ad un farmaco che ha come target un particolare sistema chimico.
Stiamo esaminando tre sistemi chimici del cervello: 
*	5HT o sistema della serotonina
*	Il sistema Glutammato 
*	Il sistema GABA
Questi sono i sistemi che controllano l’eccitazione e l’inibizione nel cervello e anche il sistema endocannabinoide (NdT: è uno dei sistemi più importanti per lo sviluppo e mantenimento dell'omeostasi nel nostro organismo, che nel cervello è un target per i medicinali a base di cannabis).Questi questi son 
Uno Shiftability Study è il modo in cui chiamiamo uno studio iniziale per capire se un potenziale farmaco ha degli effetti rilevanti sui meccanismi del cervello rilevanti per l’autismo…
 
Per chi è interessato e non parla inglese, posso fornire successivamente la traduzione completa.
Un saluto
Armando Mazzoni
 
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