[autismo-biologia] Omicidio/suicidio a Treviso

Enrico Toffolo enrico.toffolo.67 a gmail.com
Mer 24 Feb 2021 13:25:46 CET


Per quanto riguarda il parent training ritengo di interesse ed estendibile
quanto erogato (settembre 2018) da MEDEA nel centro di Bosisio Parini
(LC):  5 settimane di potenziamento delle competenze socio-comunicative per
il bambino e di strategie psicoeducative per i genitori. Strutturate in
sessioni quotidiane con educatore/tecnico comportamentale in presenza dei
genitori e incontri settimanali riservati ai soli genitori (allego schede
delle giornate).

Relativamente al caso specifico segnalo il seguente articolo:

*Il Gazzettino* del 23/02/2021
<https://www.pressin.it/articoli/data/23/02/2021/>

TREVISO. Un’equipe multidisciplinare dell’Usl aveva effettuato una diagnosi
di disturbi dello spettro autistico. Non c’erano parametri definitivi, né
indici di gravità, ma già si stava verificando la presa in carico. Il
percorso di Massimiliano è tutto scritto nelle cartelle cliniche, che ieri
sono state consegnate in Procura. «La situazione è molto delicata, e senza
voler aggiungere dolore alla disperazione dobbiamo però confermare che la
diagnosi di autismo era stata formulata dall’azienda sanitaria dopo
numerosi colloqui interdisciplinari». È il direttore sanitario Francesco
Benazzi a chiarire quale fosse stato l’iter per definire i disturbi di cui
soffriva il piccolo Massimiliano. Due anni di vita. Di sorrisi, di
abbracci. Ma mai neppure una volta Egidio aveva potuto sentire la voce del
piccolo Massimiliano chiamarlo papà. Il bimbo comunicava con gli sguardi,
per imitazione, ma quelle parole non volevano uscire. Neanche come
infantili lallazioni. E le parole che non ha mai detto da sole non sono
certo sintomo di disabilità. Ma rimangono un campanello d’allarme
importante. Egidio non aveva solo intuito. Egidio sapeva. Perchè c’era una
diagnosi conclamata. «Ci sono le relazioni dello psicologo, del
logopedista, di tutte le professionalità che compongono il team
multidisciplinare che -all’interno dell’Usl 2- ha emesso una diagnosi di
disturbi dello spettro autistico per il bimbo di 2 anni e mezzo» ribadisce
l’azienda sanitaria.

L’EQUIPE.
Un percorso coerente e vigilato, che da solo non significava certo una
grave disabilità. «Tengo a sottolineare che poter avere una diagnosi di
questo tipo così presto in molti casi può garantire un percorso verso una
forma di sostenibilità che i genitori all’inizio non riescono neanche a
immaginare -esordisce Salvatore Borsellino, coordinatore del team di
psicologi che si occupano anche dei disturbi legati all’autismo- L’esito
del percorso di indagini legato al quadro del bimbo aveva portato a una
diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Una diagnosi del genere
include anche sindromi come l’Asperger. E al giorno d’oggi siamo bravi a
lavorare sulle aree compromesse. Specie se iniziamo subito». Il fatto che
il bimbo non parlasse, secondo Borsellino, si può spiegare in un duplice
modo. «Accade che bimbi che hanno genitori non madrelingua inizino più
tardi a parlare. Che non dicesse mamma o papà è certamente un aspetto che
poteva colpire, ma davvero non significa nulla. Ci sono bambini che
sviluppano prima l’area motoria, e bimbi che parlano in fretta e non
controllano il proprio corpo». *Massimiliano, insomma sarebbe stato
seguito. Subito con sessioni di psicomotricità e poi con un percorso di
logopedia personalizzato*. «Non pareva un caso grave e i margini di
movimento era moltissimi. Questo mi sento di dire a nome della Usl. La
cartella del bimbo è stato consegnata alle autorità competenti. Ma noi
siamo disponibili al confronto con la famiglia e con i nonni» conclude
Benazzi.

DENTRO IL LABIRINTO.
Ma per Egidio tutte le rassicurazioni non contavano. Agiva in lui una
verità che nasceva dalla sorpresa, e da convinzioni non suffragate dai
fatti. «So che sarò definito un mostro, ma il dolore che sto provando lo
conosco solo io. L’ho fatto per evitare a mio figlio un futuro di
sofferenze. Meglio farla finita subito, prima che sia troppo tardi». Nella
lettera lasciata in cucina prima di togliersi la vita, Egidio Battaglia
scrive per filo e per segno il motivo che l’ha spinto a strangolare il
figlio Massimiliano, di appena due anni e mezzo, e a uccidersi, ferendosi
alla gola con un coltello da cucina. In quattro fogli bianchi, strappati da
un block notes, il 43enne è tornato più volte sulla diagnosi che, da
qualche mese, lo aveva gettato nel più profondo sconforto: quella di una
possibile forma di autismo della quale il bimbo, in futuro, avrebbe
rischiato di soffrire. Nelle 4 pagine della lettera fiume il 43enne torna
più e più volte sulla forma di autismo che, a suo dire, avrebbero procurato
pesanti sofferenze al figlio. Preoccupazioni che, forse, non aveva
condiviso fino in fondo con i suoi familiari, al corrente di quell’abbozzo
di diagnosi, seguita a una visita effettuata appena un paio di mesi fa, ma
per nulla consapevoli di quanto quell’annuncio avesse destato il cuore e la
mente di Egidio. «Gli altri non si rendono conto di quanto grave sia la
situazione, io sì» ripete il 43enne nella missiva, scritta a mano, in cui
traspare anche l’angoscia per il futuro. «Quando noi non ci saremo più, che
ne sarà di lui?». Egidio e Massimiliano sono usciti dall’appartamento in
un’unica bara bianca. Ed è così che la famiglia desidera che risposino.
Insieme.

di Elena Filini
*Massimiliano, insomma sarebbe stato seguito. Subito con sessioni di
psicomotricità e poi con un percorso di logopedia personalizzato!!!*

La psicomotricità e la logopedia non rispondono alle esigenze abilitative
dei bambini con autismo ma sono le uniche, dopo anni di lista d'attesa e
poche eccezioni, offerte dal SSN.


Enrico


Il giorno mer 24 feb 2021 alle ore 10:52 Sonia Zen <
soniazen.rusticali a gmail.com> ha scritto:

> E' vero che la diagnosi arriva più precocemente come scrive la presidente
> Benedetta Demartis, rispetto al rapporto epidemiologico delle Dott.se
> Facchin e Manea ma di solito il trattamento non è immediato e ci sono liste
> di attesa per accedere ai servizi anche di un anno.  Venti anni fa solo
> dopo i sei anni definivano la diagnosi di autismo.
> Diagnosi su disturbi così impegnativi richiedono la formazione della
> famiglia e una abilitazione immediata del bambino con obiettivi concreti.
> Proprio perché la plasticità del bambino permette maggiori successi nel
> trattamento. Inoltre si permette alla famiglia un coinvolgimento importante
> e una fiducia di cui ha bisogno. Purtroppo il sentimento di impotenza di
> questi disturbi che colpiscono l'area sociale pervade i genitori.
> Proprio per questo Angsa Veneto in questo periodo di pandemia ha
> strutturato un progetto con il finanziamento del Ministero del Lavoro e
> della Regione Veneto che da un supporto immediato alle famiglie che hanno
> ricevuto una diagnosi  ma sono in lista di attesa per accedere ai servizi.
> Il progetto ha coinvolto tre ULSS area di Vicenza, Verona e Padova.
> Inizialmente il progetto prevedeva lavoro in piccoli gruppi per formazione,
> obiettivi e insegnamento di strategie educative, successivamente a causa
> della pandemia molta della formazione si è fatta on line con le famiglie
> con lo scambio di video per mostrare come si erano applicate le indicazioni
> dei formatori.
> L'obiettivo sarebbe avviare un protocollo di intervento con la Regione per
> dare da subito alle famiglie degli strumenti per affrontare il percorso
> abilitativo del bambino
> Sonia Zen
>
> Il giorno mar 23 feb 2021 alle ore 21:10 daniela <daniela a autismo33.it>
> ha scritto:
>
>> Paola Facchin e Silvia Manea scrivevano una ventina di anni fa
>> (Confronto tra i servizi che si occupano di disturbi generalizzati dello
>> sviluppo e le famiglie nella Regione Veneto: modalità operative,
>> criticità e bisogni, in «Il bollettino dell’Angsa», 16 (6), 6-9, Roma,
>> 2002/2003)
>>
>> “I servizi sembrano mostrare una
>> ritrosia nell’affrontare il carico di problematiche
>> connesse ad una diagnosi di questo tipo,
>> alla necessità di una presa in carico completa e
>> continuativa del paziente e della famiglia, alla
>> mancanza di un trattamento risolutivo e alla caratteristica
>> cronico-invalidante propria di questa
>> patologia….
>>
>> La comunicazione della diagnosi, dopo la sua
>> definizione, rappresenta un punto critico importante,
>> in quanto una comunicazione chiara
>> e tempestiva è fondamentale per l’instaurarsi
>> di una buona alleanza paziente-famiglia-operatore,
>> riduce i frequenti pellegrinaggi delle famiglie
>> alla ricerca di risposte che non trovano
>> nei servizi vicini e permette di definire il prima
>> possibile un percorso terapeutico-assistenziale
>> condiviso”
>> La comunicazione di diagnosi pesanti come l’autismo fa parte dei doveri
>> del medico che, nel comunicarle, deve seguire un binario  stretto,  che
>> non deragli né nella bugia pietosa né nel terrorismo psicologico. Deve
>> prospettare, insieme alla complessità della situazione, le prospettive
>> terapeutiche realistiche e, soprattutto, i supporti presenti nel
>> territorio (che dovrebbero esserci in ogni territorio) grazie ai quali i
>> genitori non si troveranno soli a gestire i problemi del proprio figlio.
>> Una comunicazione fatta in modo ottimale, che dovrebbe essere il primo
>> atto di un’alleanza duratura, potrebbe prevenire, o almeno ridurre
>> orrori come quello di cui abbiamo sentito parlare in questi giorni
>> proprio nel Veneto, una delle regioni più avanzate d’Italia?
>> Non è una domanda retorica. E’ un tragico interrogativo che mi pongo e
>> che pongo agli iscritti alla lista.
>>
>> Intanto segnalo il link a quanto ha scritto la Presidente di ANGSA
>> nazionale, Benedetta Demartis
>>
>>
>> http://angsa.it/2021/02/21/omicidio-suicidio-a-treviso-demartis-angsa-mancano-percorsi-di-sostegno-alle-famiglie/
>>
>>      Daniela MC
>>
>>
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