[autismo-biologia] Disturbi del neurosviluppo, disabilità intellettiva e mentale in età adulta: monografia negli Annali dell'ISS

ANNA RITA STASI annarita.stasi a gmail.com
Mer 24 Giu 2020 14:27:22 CEST


Grazie mille.
Anna Rita

Il Mar 23 Giu 2020, 5:36 PM daniela <daniela a autismo33.it> ha scritto:

> Nel numero di marzo 2020, vol 56(2), degli “Annali dell’Istituto
> Superiore di Sanità”  c’è una lunga e approfondita monografia che
> riguarda i disturbi del neurosviluppo, la disabilità intellettiva e
> mentale in età adulta.
>
> https://www.annali-iss.eu/index.php/anna/issue/view/51
>
> Questo è molto importante per due motivi:
> -       i disabili intellettivi adulti sono una categoria molto
> trascurata.
> C’è un interesse crescente per i bambini disabili, che va via via
> diminuendo fino a scomparire quando quei bambini disabili diventano
> adulti disabili
> -       è molto importante che di questi disabili si interessino i
> ricercatori
> dell’ISS, organo tecnico-scientifico del Ministero della Salute, in
> quanto si spera che le riflessioni e le indicazioni poste dall’Istituto
> ispirino le decisioni politiche e operative del governo su tutto il
> territorio nazionale.
>
> In un precedente messaggio Giovanni Marino ha presentato le offerte
> della sua Fondazione
>
> http://autismo33.it/pipermail/autismo-biologia/2020-June/003810.html
>
> in un articolo che ospita anche altre esperienze di qualità nate per
> opera di altri genitori.
>
> La monografia contiene molti contributi volti ad analizzare i tanti
> aspetti della vita adulta dei disabili intellettivi e mentali e i
> provvedimenti che potrebbero migliorarne la qualità della vita.
>
> "Life planning for people with neurodevelopmental and intellectual
> disability: effective support, quality of life, and community engagement
>   Edited by Aldina Venerosi and Francesca Cirulli"
>
>
> https://www.iss.it/documents/20126/0/ANN_20_02_06.pdf/2c280f74-fc7f-6edd-0598-3152c6135dc7?t=1592388776568
>
> La parola chiave è “qualità della vita”, parola che deve essere riempita
> di contenuti reali nella vita quotidiana.
> “La qualità della vita rappresenta il fine ultimo a cui dobbiamo tendere
> quando cerchiamo di realizzare l’inclusione sociale. Le sue componenti –
> soddisfazione della vita, disponibilità di diverse opportunità e libertà
> di scelta in importanti aree vitali nel corso delle diverse età della
> vita – devono essere tenute presenti per migliorare la qualità della
> vita nel quadro del più ampio contesto dell’inclusione sociale”
>
> Molto interessante è la panoramica internazionale sulla programmazione
> di cure personalizzate e di strategie di welfare auto dirette
>
> "New mode of care. Value and limit of the person-centered care planning
> for people with mental disability
>   Laura Camoni, Angelo Picardi and Aldina Venerosi
> Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute
> Mentale, Istituto Superiore di Sanità"
>
>
> https://www.iss.it/documents/20126/0/ANN_20_02_09.pdf/fb01a6dc-9e8d-7959-44c3-888f8de59081?t=1592388959273
>
> La parola chiave è “personalizzazione”
> Nel dare una definizione di questa parola nel contesto del supporto alla
> vita adulta dei disabili mentali gli autori precisano che con essa non
> intendono ciò di cui si parla spesso in medicina, ovvero
> l’identificazione di fattori preditttivi del successo di specifici
> interventi psicofarmacologici o psicosociali da erogare soltanto a quei
> pazienti noti per avere un beneficio da questi interventi.
> Nel caso della disabilità mentale per personalizzazione si intende il
> fatto di dare denaro per l’assistenza direttamente agli utenti in modo
> tale che essi possano procurarsi servizi e supporti da loro scelti o, in
> alcuni casi, creare loro stessi nuovi supporti o servizi che vadano
> incontro ai loro bisogni, anziché usufruire di programmi standardizzati
> offerti dalla comunità.
>
> Già molte nazioni hanno messo in pratica questa modalità che non viene
> più concepita come assistenza, ma come supporto all’ottenimento della
> migliore qualità di vita possibile per ogni singola persona disabile.
>
> Vengono evidenziati i vantaggi e le criticità riscontrate in alcune
> nazioni.
>
> In Olanda, ad esempio, per aiutare gli utenti ad utilizzare i fondi
> ricevuti è stato necessario istituire una nuova figura professionale,
> the care consultant, che è pagata dallo Stato per aiutare l’utente a
> spendere il suo budget.
> Questo, in contrasto con il fine di stimolare l’autonomia, può portare
> con sé il rischio di rendere il paziente dipendente dal consulente per
> la cura.
>
> Per quanto riguarda l’Italia, ci sono esperienze sporadiche, ma non c’è
> ancora una direttiva nazionale sulla personalizzazione dell’assistenza.
>
> Data la complessità del quadro descritto per l’Italia, dopo la lettura
> dell’articolo ho chiesto qualche chiarimento ad una delle coautrici,
> Aldina Venerosi, la quale così si esprime
>
> “Non esiste un progetto nazionale per attuare in media-larga scala un
> cambiamento nel sostegno alla disabilità in età adulta.
> Programmi su larga scala sono ad esempio In Control negli UK, ma  ce ne
> sono in Canada, negli USA, in Australia, in Norvegia.  Sono programmi
> che prevedono una ampia gamma di sostegni e sono sostenuti da  relativi
> finanziamenti, anche se non è tutto oro quel che luccica, ed è questo
> che in qualche misura intendiamo quando parliamo dei limiti
> dell'applicazione di questi programmi. D’altra parte l'esistenza di
> questi programmi 'nazionali' implica anche la loro accountability e
> quindi la possibilità di valutare se funzionano e per chi funzionano.
> Ad esempio con le persone anziane anche se non in presenza di disabilità
> qualche problema di utilizzo di queste opportunità si è riscontrato.
>   In Italia, si è legiferato molto, ma non si è creato un vero e proprio
> programma che fosse esteso a tutto il paese, o a congrue aree
> sperimentali.
>
> Quello che ci premeva sottolineare è che, anche in presenza di leggi
> avanzate a livello nazionale e regionale, non ci sia massa critica
> operativa su questi percorsi, capace di permettere una valutazione su
> larga scala sia del fatto che questa opportunità incontri  veramente i
> bisogni reali sia in termini di efficacia. Il personal budget va un po'
> di moda (anche se pochi lo sanno fare) e il buon senso ci dice che sia
> una buona opportunità, ma va bene per tutti? Che cosa dobbiamo avere
> disponibile insieme a questa opportunità per coprire le varie esigenze?
> Quali le problematiche amministrative, quali i gap formativi, ecc.
>
> Spero che sia chiaro dall'articolo che per fare un sistema veramente
> centrato sulla persona (personalizzato) debba essere creato un sistema
> di welfare flessibile e partecipativo. Gli esempi di applicazione
> italiani che sono riportati nella tabella dell’articolo sono piuttosto
> avanzati. Hanno convertito la spesa investita nelle residenze, hanno
> creato dei tavoli di concertazione dei progetti, hanno attivato la
> società del territorio per creare elenchi dove privati possano esprimere
> manifestazione di interesse come destinatari di progetti individuali. La
> mia conoscenza di questi percorsi è ancora non completa, ma mi sembra
> che alcuni di questi abbiano una storia consolidata e quindi valutabile,
> purtroppo sporadica.
>
> Per la disabilità intellettiva rimane in particolare il complesso
> rapporto con la salute mentale. I programmi di budget di salute sono
> quasi esclusivamente diretti agli utenti della salute mentale a cui con
> grossa difficoltà accedono le persone con disturbi del neurosviluppo e
> disabilità intellettiva quando adulte”
>
> Nella monografia, che consiglio caldamente di leggere, ci sono altri
> importanti contributi che commenterò in altri messaggi. Buona estate
>    Daniela Mariani Cerati
>
>
>
> _______________________________________________
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