[autismo-biologia] eterogeneità dei partecipanti alle sperimentazioni cliniche: un grosso problema

daniela daniela a autismo33.it
Sab 19 Feb 2022 17:37:29 CET


Eva Loth nell’articolo “Placebo effects and participant heterogeneity in 
clinical trials of autism spectrum disorder” pubblicato il 10 febbraio 
scorso su The Lancet Psychiatry,

https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(21)00504-6/fulltext

fa alcune considerazioni sul fallimento della sperimentazione del 
Balovaptan nella quale il farmaco non è risultato più efficace del 
placebo.

https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(21)00429-6/fulltext

Dell’effetto placebo nell’autismo abbiamo già parlato in vari messaggi, 
tra cui

http://autismo33.it/pipermail/autismo-biologia/2015-April/001657.html

Eva Loth si sofferma, oltre che sull’effetto placebo, anche sulla 
eterogeneità delle persone con diagnosi di autismo e quindi di coloro 
che partecipano alle sperimentazioni randomizzate controllate.
Proprio questa eterogeneità potrebbe essere la causa del mancato 
affiorare di alcuni partecipanti, che potrebbero avere risposto al 
farmaco ma, essendo pochi, non inciderebbero sui risultati,
i quali rispecchiano le medie dei due gruppi: il farmaco e il placebo
In questa, come in altre sperimentazioni, il grande effetto placebo nel 
gruppo di controllo e la eterogeneità dei partecipanti allo studio 
potrebbero essere stati i punti deboli della sperimentazione.
Se ci fosse stato qualche effetto benefico del farmaco in un sottogruppo 
di partecipanti, questo sarebbe stato diluito se non addirittura 
mascherato dal placebo.
Per misurare l’efficacia del balovaptan la densità del recettore V1 
sarebbe un candidato plausibile.
Un legando per misurare la densità del recettore tramite la PET rimane 
però elusivo a causa delle difficoltà nell’attraversare la barriera 
emato-encefalica.
Data l’eterogeneità biologica dell’autismo, il mancato raggiungimento 
dell’effetto di un farmaco in una sperimentazione disegnata per una 
popolazione accomunata soltanto da una diagnosi generica  di autismo
non sorprende.
L’assunto fondamentale della medicina di precisione è che 
caratteristiche comportamentali definite con criteri molto larghi 
potrebbero risultare da  fattori biologici diversi  in  individui 
diversi
e il farmaco potrebbe migliorare i sintomi comportamentali correlati 
soltanto con alcuni  dei fattori biologici.
Per questi motivi non potremmo inferire se un farmaco fosse stato 
efficace in una particolare persona con autismo dagli effetti medi 
dell’intero gruppo.

Per il balovaptan Jacob e colleghi propongono di esaminare il genotipo 
del recettore V1 come marcatore per la stratificazione. Questo è un 
candidato plausibile per vari motivi:
è stato associato con l’autismo, ha mostrato di influenzare  i profili 
di espressione del recettore nei topi e il genotipo puo’ modulare gli 
effetti del trattamento nell’autismo.

Una migliore comprensione degli effetti additivi e interattivi dei 
fattori biologici, psicologici e sociali sui risultati delle 
sperimentazioni cliniche  potrebbe aiutare a generare ipotesi
riguardanti la genesi dei diversi sintomi e portare ad una maggiore 
complessità dei disegni dei futuri trials clinici

                       Daniela Mariani Cerati




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