[autismo-biologia] eterogeneità dei partecipanti alle sperimentazioni cliniche: un grosso problema

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Lun 21 Feb 2022 14:35:37 CET


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Da: autismo-biologia [autismo-biologia-bounces a autismo33.it] per conto di daniela [daniela a autismo33.it]
Inviato: sabato 19 febbraio 2022 17.37
A: autismo-biologia a autismo33.it
Oggetto: [autismo-biologia] eterogeneità dei partecipanti alle sperimentazioni cliniche: un grosso problema

Eva Loth nell’articolo “Placebo effects and participant heterogeneity in
clinical trials of autism spectrum disorder” pubblicato il 10 febbraio
scorso su The Lancet Psychiatry,

 https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.thelancet.com%2Fjournals%2Flanpsy%2Farticle%2FPIIS2215-0366%2821%2900504-6%2Ffulltext&e=5f973400&h=8c80adfa&f=n&p=y

fa alcune considerazioni sul fallimento della sperimentazione del
Balovaptan nella quale il farmaco non è risultato più efficace del
placebo.

 https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.thelancet.com%2Fjournals%2Flanpsy%2Farticle%2FPIIS2215-0366%2821%2900429-6%2Ffulltext&e=5f973400&h=28505f3d&f=n&p=y

Dell’effetto placebo nell’autismo abbiamo già parlato in vari messaggi,
tra cui

 https://urlsand.esvalabs.com/?u=http%3A%2F%2Fautismo33.it%2Fpipermail%2Fautismo-biologia%2F2015-April%2F001657.html&e=5f973400&h=89b9de6a&f=n&p=y

Eva Loth si sofferma, oltre che sull’effetto placebo, anche sulla
eterogeneità delle persone con diagnosi di autismo e quindi di coloro
che partecipano alle sperimentazioni randomizzate controllate.
Proprio questa eterogeneità potrebbe essere la causa del mancato
affiorare di alcuni partecipanti, che potrebbero avere risposto al
farmaco ma, essendo pochi, non inciderebbero sui risultati,
i quali rispecchiano le medie dei due gruppi: il farmaco e il placebo
In questa, come in altre sperimentazioni, il grande effetto placebo nel
gruppo di controllo e la eterogeneità dei partecipanti allo studio
potrebbero essere stati i punti deboli della sperimentazione.
Se ci fosse stato qualche effetto benefico del farmaco in un sottogruppo
di partecipanti, questo sarebbe stato diluito se non addirittura
mascherato dal placebo.
Per misurare l’efficacia del balovaptan la densità del recettore V1
sarebbe un candidato plausibile.
Un legando per misurare la densità del recettore tramite la PET rimane
però elusivo a causa delle difficoltà nell’attraversare la barriera
emato-encefalica.
Data l’eterogeneità biologica dell’autismo, il mancato raggiungimento
dell’effetto di un farmaco in una sperimentazione disegnata per una
popolazione accomunata soltanto da una diagnosi generica  di autismo
non sorprende.
L’assunto fondamentale della medicina di precisione è che
caratteristiche comportamentali definite con criteri molto larghi
potrebbero risultare da  fattori biologici diversi  in  individui
diversi
e il farmaco potrebbe migliorare i sintomi comportamentali correlati
soltanto con alcuni  dei fattori biologici.
Per questi motivi non potremmo inferire se un farmaco fosse stato
efficace in una particolare persona con autismo dagli effetti medi
dell’intero gruppo.

Per il balovaptan Jacob e colleghi propongono di esaminare il genotipo
del recettore V1 come marcatore per la stratificazione. Questo è un
candidato plausibile per vari motivi:
è stato associato con l’autismo, ha mostrato di influenzare  i profili
di espressione del recettore nei topi e il genotipo puo’ modulare gli
effetti del trattamento nell’autismo.

Una migliore comprensione degli effetti additivi e interattivi dei
fattori biologici, psicologici e sociali sui risultati delle
sperimentazioni cliniche  potrebbe aiutare a generare ipotesi
riguardanti la genesi dei diversi sintomi e portare ad una maggiore
complessità dei disegni dei futuri trials clinici

                       Daniela Mariani Cerati


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