[autismo-biologia] Residenze

ciro ruggerini ciro.ruggerini a gmail.com
Dom 28 Nov 2021 22:56:55 CET


Cara Daniela,



ti ringrazio innanzitutto per l’attenzione che hai dedicato al nostro libro
“La passione del possibile” sui fattori del cambiamento della assistenza al
Charitas di Modena negli anni 1990 2020. Ti invio, anche a nome degli altri
autori,  qualche considerazionie sui due argomenti che hai trattato: la
storia della assistenza alle persone con disabilità e il tema della
appropriatezza dell’uso dei farmaci psicotropi.



Inizio da questo tuo ultimo formidabile contributo.

Tratta  un argomento poco considerato dagli addetti ai lavori.

Eppure è così rilevante anche oggi!.

Tu ricordi il tema della Istituzione Totale e della rivoluzione
psichiatrica di Basaglia deagli anni 80. Basaglia rivendicò il diritto
delle persone con disturbo mentale di vedersi riconosciuto lo statuto di
persone!. Questo riconoscimento ha richiesto quasi un secolo!; un secolo! …

Eppure la negazione della identità personale sembra serpeggiare (a tratti?)
 anche oggi!.

La Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità è del 2006.
Eppure questi diritti erano già stati affermati nel 1993 e prima ancora nel
1971. Perché, allora, vi è stata la necessità di riprenderli nel 2006? …



Lo storico della medicina Franco Voltaggio ci ha dato una chiave di lettura
della storia della assistenza.

La assistenza è costituita da tecniche e da prassi. Le tecniche e le prassi
dovrebbero essere guidate da un sapere solido (una Episteme) di cui gli
operatori sono consapevoli. Il punto chiave è la consapevolezza degli
operatori: perché stai facendo quelle azioni?; a quale principio ti
ispiri?. Nei periodi storici in cui questo rapporto non è del tutto
consapevole la assistenza ripete senza flessibilità e efficacia le stesse
azioni (producendo nel nostro campo emarginazione e annientamento).



La storia dei cambiamenti della assistenza al Charitas è stata condotta
alla luce della consapevolezza del  rapporto tra Tecnica/Prassi e Episteme.



Ma a questo principio – della consapevolezza della Episteme –ne è
 sovraordinato un altro: che nessuna tecnica può prescindere da una
concezione Etica esplicita e, nel nostro campo, da una concezione
dell’essere persona.  La persona è, nel nostro modo di intendere
l’assistenza,  un costruttore di significati e di desideri oltre che un
 titolare di diritti e di doveri.



La nostra *prima considerazione* è, dunque, questa: il nostro libro
suggerisce a ogni organizzazione di ricostruire la propria storia per
divenire più consapevole dei fattori che in passato hanno permesso i
cambiamenti e che in futuro potranno continuare a permetterli.



Il tema del diritto alla appropriatezza delle prescrizioni di farmaci
psicoattivi (psicofarmaci e antiepilettici) è un tema che nasce pochi anni
dopo l’introduzione del Largactil nei primi anni 50. Nell’esperienza del
Charitas questo tema è stato affrontato con applicazione serrata delle
Linee Guida del’Ohio del 1995. E’ curioso constatare come si continuino a
produrre lavori che evidenziano il problema e pochi o nessun lavoro che
suggerisce come ridurre l’inappropriatezza delle prescrizioni. Nel nostro
lavoro abbiamo scelto la collaborazione con l’Università di Modena e con l’
Università della Louisiana ( con la traduzione e la applicazione della
Scale di J Matson per il miglioramento della qualità delle diagnosi) e
abbiamo, inoltre, avuto la  possibilità di attingere alla formazione
continua permessa dal rapporto con la SIDiN (Sezione della Società Italiana
di Psichiatria) di cui sono stato Presidente per alcuni anni fino al 2015.



La *seconda considerazione* è, allora, questa. Cosa è possibile fare per
aumentare più rapidamente la appropriatezza delle diagnosi psichiatriche e
delle terapie ad esse conseguenti?. La nostra proposta è di riconoscere che
la psichiatria della disabilità richiede una competenza specifica ( come
sostiene la SIDiN con il prestigio del suo presidente dott Bertelli e del
suo Consiglio Direttivo). Ogni AUSL potrebbe facilmente individuare  alcuni
Specialisti che potrebbero maturare nel tempo con la formazione delle
Università e delle Società Scientifiche questa competenza.



Ancora un ringraziamento, Daniela, per il tuo lavoro!.



Ciro Ruggerini





Il giorno sab 27 nov 2021 alle ore 23:17 daniela <daniela a autismo33.it> ha
scritto:

> Le residenze per le persone con disabilità mentale hanno una bruttissima
> storia. Basti pensare a quanto scritto da Erving Goffman nel 1961
>
> http://www.ristretti.it/areestudio/cultura/libri/asylums.pdf
>
> da Franco Basaglia nel 1968
>
> http://www.psychiatryonline.it/node/7445
>
> e ancora nel 1994 da Roberto Cestari
>
>
> http://www.fondazionepromozionesociale.it/PA_Indice/110/110_l_inganno_psichiatrico.htm
>
> Le residenze in realtà erano sinonimi di manicomi, grandi contenitori di
> uomini e donne ai quali veniva data, più che una buona cura, una pessima
> custodia.
>
> Nei manicomi, come ad esempio nel Roncati di Bologna, c’era anche il
> reparto per bambini, dove venivano tenuti i bambini con disabilità
> mentale, spesso insieme agli orfani, ai trovatelli
> e ai poveri.
>
> Una storia dell’evoluzione di un brutto manicomio per bambini, prima
> trasformato in una residenza dignitosa e poi chiuso, si trova al link
>
>
> https://www.comune.imola.bo.it/aree-tematiche/partecipazione/sante-zennaro/storia-del-sante-zennaro
>
> Qui è descritta la situazione di una istituzione imolese, denominata
> ISTITUTO MEDICO PSICO PEDAGOGICO, che ha avuto ben poco sia di psico che
> di pedagogico fino a quando è arrivato,
> nei primi anni ‘60, un direttore illuminato, Eustachio (detto Nino)
> Loperfido.
> Egli ha rivoluzionato l’approccio agli ospiti anzitutto aprendo le porte
> dell’istituto “ le porte sono aperte, in giardino ci si va ogni
> qualvolta ne sentiamo il bisogno
> (prima c’era un piccolo quadretto asfaltato fuori dal portone che i
> bambini vedevano dalle grate delle finestre) e poi andiamo in giro per
> le strade di Imola.
> Andremo anche in vacanza in collina, a Covigliaio, in mezzo ai boschi e
> pure in montagna, a Cavalese, a Dobbiaco o al mare, a Igea Marina”
> Dalla struttura fatiscente "questo gruppo di ragazzi doveva poi
> trasferirsi nei locali del nuovo Complesso Sante Zennaro, nel 1970, in
> quella meravigliosa struttura costituita da casette piccole,
> con camerette piccole, con tanti bagni, con tanto verde, con tanto
> colore, con gli arredi delle aule gialli, rossi, verdi, azzurri"
> Ma Loperfido si spinse ancora oltre. Anche se il nuovo ambiente era
> bello e accogliente, non era la famiglia e così il Sante Zennaro fu
> chiuso per lasciare il posto ad una assistenza
> domiciliare per tutti, senza limiti di gravità.
>
> Io capisco la logica che ha portato a questo. Gli economisti della
> sanità dicono “l’offerta crea la domanda”. In effetti erano molti i
> ricoverati che non avevano malattie o disabilità mentali
> che esigessero l’istituzionalizzazione. La presenza di posti letto in
> una residenza può creare una domanda, anche incongrua, di residenza.
> Se di posti in residenze non ce ne sono, le persone con disabilità
> vengono gestite in famiglia.
>
> Diversa è la storia del Charitas di Modena, fondato da un sacerdote,
> monsignor Ermanno Gerosa, nel 1942. Qui erano concentrati più di 200
> ospiti nei primi decenni.
> Poi, col cambiamento dell’approccio culturale alla disabilità mentale,
> il numero delle presenze è passato da 200 a 50, ma la residenza non è
> stata chiusa, nella consapevolezza che
> non tutti possono essere accuditi in famiglia. Il presupposto per il
> quale si afferma la necessità di mantenere in vita alcune residenze è
> contenuto nella frase che si trova a pagina 68
> del nuovo libro di Ciro Ruggerini e A.A: “La passione del possibile.
> Trent’anni del Charitas di Modena (1990-2020). Un impegno in evoluzione”
> Ed. Consulta librieprogetti, Reggio Emilia, 2021, cfr
>
> https://www.unilibro.it/libro/ruggerini-ciro-rebecchi-mauro-seghedoni-paolo/passione-possibile-trent-anni-charitas-modena-1990-2020-impegno-evoluzione/9788869880780
>
> “la famiglia, come ogni realtà umana, va incontro a cambiamenti che
> spesso la rendono inidonea a mantenere il grave nel proprio seno,
> cosicché è necessario trovare soluzioni alternative”
>
> Il libro descrive come queste soluzioni alternative debbano essere
> soluzioni di qualità, lontanissime dalle tetre Istituzioni descritte nei
> libri prima menzionati,
> in continuo confronto con le famiglie degli ospiti, col territorio e,
> soprattutto, con l’Università, che porta cultura, innovazione, idealità
> e contrasta la comprensibile
> tendenza alla demotivazione e all’usura del personale.
>
>                                                         Daniela Mariani
> Cerati
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