[autismo-biologia] nuovo approccio allo studio e alla terapia delle malattie psichiatriche?

Aurelia Gargiulo gargiuloaurelia a gmail.com
Mer 24 Mar 2021 10:26:37 CET


F I N A L M E N T E  !!!!! c
segue ipotesi sul perchè per tanto tempo si è usata la classificazone
sintomatologica.....:  scrivo subito. Aurelia

Il giorno lun 22 mar 2021 alle ore 17:02 daniela <daniela a autismo33.it> ha
scritto:

> Scrive Cristina Panisi
>
> “La speranza che condivido con Voi è che un crescente numero di esperti
> farmacologi, ricercatori e clinici accolga l’appassionante sfida di una
> medicina personalizzata rivolta alle persone nello spettro, non
> fermandosi alla parte emergente dell’iceberg, ma provando il desiderio
> di guardare ciò che sta sotto, individuando sottogruppi che condividono
> le medesime anomalie biochimiche, non solo gli stessi sintomi”
>
> In sintonia con quanto scrive Cristina Panisi, condivido qualche
> riflessione che ho fatto con l’amico farmacologo
> Un articolo del 2013
> DAVID ADAM  “On the spectrum”  416 | NATURE | VOL 496 | 25 APRIL 2013
> e uno del 2015
> BY THOMAS R. INSEL, BRUCE N. CUTHBERT “Precision medicine comes to
> psychiatry”
> SCIENCE 1 MAY 2015 : 499-500
> discutono di un nuovo approccio allo studio ( e terapia) delle malattie
> psichiatriche, che potrebbe nei prossimi anni trovare (con una difficile
> transizione) una applicazione, più che in una “Precision medicine” in
> senso stretto, proprio per un diverso approccio alla malattia e alla
> cura.
>
> L’approccio si chiama RDoC (Research Domain Criteria), che di fatto
> risale a un progetto del 2010 denominato “NIMH Research Domain Criteria
> Project” che si contrappone al DSM come standard per definire le
> malattie psichiatriche nella richiesta di grants a NIH
>
> Mini storia.
> Da circa 20 anni, gli psichiatri hanno iniziato a usare i farmaci non in
> base ai rigidi criteri diagnostici di DSM 1-5 ““We need to give
> researchers permission to think outside these traditional silos”, ma in
> base a quello che vedevano, soprattutto nella risposta ai farmaci.
> Si sono accorti, cioè, che farmaci non “appropriati” potevano essere
> efficaci in patologie alle quali non erano inizialmente diretti (qui off
> label impera). Si sono accorti, nello stesso tempo (un po’ uovo e
> gallina) che nessuna malattia psichiatrica era “pura”, ma era il
> risultato di un assommarsi di sintomi o forse è meglio dire
> comportamenti, che erano considerati comportamenti tipici di altre
> patologie.
>
> Nel lavoro di Insel e Cuthbert c’è una bella figurina che spiega meglio
> di molte parole..
> Contemporaneamente, si è sviluppato il concetto che le malattie
> psichiatriche siano un continuum, e che i sintomi si sovrappongano e/o
> passino da una malattia all’altra “Research suggests that mental
> illnesses lie along a spectrum — but the field’s latest diagnostic
> manual still splits them apart”.
> Qui ci sarebbe una bella figura nel lavoro di Adam
>
> Perché NIH ha fatto questo?
> Da una parte per quello che abbiamo detto, ma anche per un problema di
> ricerca
> Sappiamo benissimo che non esistono modelli sperimentali per la
> “schizofrenia”, l’”autismo” e una serie di altre patologie. Sappiamo
> però che esistono modelli di alterazioni cognitive, di alterazione
> dell’umore, di depressione e soprattutto approcci rivolti a valutarne
> alcuni meccanismi (vedi Research Domain Criteria: cognitive systems,
> neural circuits, and dimensions of behavior , Sarah E. Morris, Bruce N.
> Cuthbert, Dialogues Clin Neurosci. 2012;14:29-37) ) nell’animale, ma es
> con imaging, anche nell’uomo
>
> Cosa dice NIH ai ricercatori: dice di studiare le malattie e le terapie
> come rivolte a somme di singoli comportamenti (o sintomi) che possono
> avere un modello e magari anche essere studiati e, come singoli, essere
> corretti (terapia)
> La terapia allora diventerebbe la somma delle terapie di singoli pezzi
> Cioè, un approccio più razionale a quello che ora fanno gli psichiatri
> direttamente sul campo e in base alla loro esperienza.
>
>   Insel e CUTHBERT , dopo avere constatato la scarsa utilità dei sistemi
> diagnostici in uso sia per la ricerca che per la pratica clinica,
> auspicano che si passi dalle diagnosi (terapie)  attuali basate sui
> sintomi globali, a diagnosi (terapie) basate sul convergere di sintomi
> /comportamenti che abbiano una base biologica e che pertanto predicano
> una risposta alla terapia
> “An early promising result from this project has emerged from studies
> that deconstruct  current diagnostic groups to identify subgroups that
> have biological validity, and predict treatment response”
>
> Sono passati sei anni da quando è stato pubblicato quell’articolo, ma
> purtroppo si sono fatti pochi passi in quella direzione. Bisogna andare
> alla ricerca del tempo perduto
>
>     Daniela MC
>
>
>
> _______________________________________________
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