[autismo-biologia] nuovo approccio allo studio e alla terapia delle malattie psichiatriche?
daniela
daniela a autismo33.it
Lun 22 Mar 2021 16:52:02 CET
Scrive Cristina Panisi
“La speranza che condivido con Voi è che un crescente numero di esperti
farmacologi, ricercatori e clinici accolga l’appassionante sfida di una
medicina personalizzata rivolta alle persone nello spettro, non
fermandosi alla parte emergente dell’iceberg, ma provando il desiderio
di guardare ciò che sta sotto, individuando sottogruppi che condividono
le medesime anomalie biochimiche, non solo gli stessi sintomi”
In sintonia con quanto scrive Cristina Panisi, condivido qualche
riflessione che ho fatto con l’amico farmacologo
Un articolo del 2013
DAVID ADAM “On the spectrum” 416 | NATURE | VOL 496 | 25 APRIL 2013
e uno del 2015
BY THOMAS R. INSEL, BRUCE N. CUTHBERT “Precision medicine comes to
psychiatry”
SCIENCE 1 MAY 2015 : 499-500
discutono di un nuovo approccio allo studio ( e terapia) delle malattie
psichiatriche, che potrebbe nei prossimi anni trovare (con una difficile
transizione) una applicazione, più che in una “Precision medicine” in
senso stretto, proprio per un diverso approccio alla malattia e alla
cura.
L’approccio si chiama RDoC (Research Domain Criteria), che di fatto
risale a un progetto del 2010 denominato “NIMH Research Domain Criteria
Project” che si contrappone al DSM come standard per definire le
malattie psichiatriche nella richiesta di grants a NIH
Mini storia.
Da circa 20 anni, gli psichiatri hanno iniziato a usare i farmaci non in
base ai rigidi criteri diagnostici di DSM 1-5 ““We need to give
researchers permission to think outside these traditional silos”, ma in
base a quello che vedevano, soprattutto nella risposta ai farmaci.
Si sono accorti, cioè, che farmaci non “appropriati” potevano essere
efficaci in patologie alle quali non erano inizialmente diretti (qui off
label impera). Si sono accorti, nello stesso tempo (un po’ uovo e
gallina) che nessuna malattia psichiatrica era “pura”, ma era il
risultato di un assommarsi di sintomi o forse è meglio dire
comportamenti, che erano considerati comportamenti tipici di altre
patologie.
Nel lavoro di Insel e Cuthbert c’è una bella figurina che spiega meglio
di molte parole..
Contemporaneamente, si è sviluppato il concetto che le malattie
psichiatriche siano un continuum, e che i sintomi si sovrappongano e/o
passino da una malattia all’altra “Research suggests that mental
illnesses lie along a spectrum — but the field’s latest diagnostic
manual still splits them apart”.
Qui ci sarebbe una bella figura nel lavoro di Adam
Perché NIH ha fatto questo?
Da una parte per quello che abbiamo detto, ma anche per un problema di
ricerca
Sappiamo benissimo che non esistono modelli sperimentali per la
“schizofrenia”, l’”autismo” e una serie di altre patologie. Sappiamo
però che esistono modelli di alterazioni cognitive, di alterazione
dell’umore, di depressione e soprattutto approcci rivolti a valutarne
alcuni meccanismi (vedi Research Domain Criteria: cognitive systems,
neural circuits, and dimensions of behavior , Sarah E. Morris, Bruce N.
Cuthbert, Dialogues Clin Neurosci. 2012;14:29-37) ) nell’animale, ma es
con imaging, anche nell’uomo
Cosa dice NIH ai ricercatori: dice di studiare le malattie e le terapie
come rivolte a somme di singoli comportamenti (o sintomi) che possono
avere un modello e magari anche essere studiati e, come singoli, essere
corretti (terapia)
La terapia allora diventerebbe la somma delle terapie di singoli pezzi
Cioè, un approccio più razionale a quello che ora fanno gli psichiatri
direttamente sul campo e in base alla loro esperienza.
Insel e CUTHBERT , dopo avere constatato la scarsa utilità dei sistemi
diagnostici in uso sia per la ricerca che per la pratica clinica,
auspicano che si passi dalle diagnosi (terapie) attuali basate sui
sintomi globali, a diagnosi (terapie) basate sul convergere di sintomi
/comportamenti che abbiano una base biologica e che pertanto predicano
una risposta alla terapia
“An early promising result from this project has emerged from studies
that deconstruct current diagnostic groups to identify subgroups that
have biological validity, and predict treatment response”
Sono passati sei anni da quando è stato pubblicato quell’articolo, ma
purtroppo si sono fatti pochi passi in quella direzione. Bisogna andare
alla ricerca del tempo perduto
Daniela MC
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