[autismo-biologia] per una nuova Linea di Indirizzo
gmarino
melat a libero.it
Sab 26 Set 2020 15:37:21 CEST
ho scritto questa relazione in occasione della presentazione, alla Cgil
nazionale, del libro "Lavorare è una parola.." in occasione del
settantesimo anniversario dello Statuto dei Lavoratori.
vorrei sottolineare le proposte di riorganizzazione sanitaria che, se
condivise, necessitano di una adozione attraverso una nuova Linea di
Indirizzo : le persone anche con alto bisogno assistenziale hanno
capacità di emancipazione e meritano di essere impegnati in attività
lavorative senza che si è costretti ad escluderli dalla responsabilità
del SSN. Altra osservazione: sono proprio le persone con comportamenti
problematici quelli che più facilmente raggiungono livelli di autonomia
sufficiente a svolgere mansioni. Essa merita un Vs commento.
LAVORARE E’ UNA PAROLA
Innanzitutto ringrazio il Dr. Altero Frigerio per avermi offerto il
privilegio di presentarvi l’esperienza lavorativa di alcune persone con
autismo in situazione di gravità residenti presso la struttura
residenziale della Fondazione Marino, in provincia di Reggio Calabria.
Si tratta di una esperienza che apparentemente si sovrappone a quella
già illustrata nel libro a cura di Paola Scarcella della comunità di
Sant’Egidio, della Trattoria degli Amici, dove è anche esposto ogni
riferimento ai diritti e alla inclusione delle persone con disabilità.
La particolare categoria di persone con disabilità cui facciamo
riferimento alla Fondazione Marino è quella delle persone adulte con
disabilità intellettiva ed autismo che necessitano prima di ogni cosa di
una residenza ad alta integrazione sanitaria. Statisticamente la
categoria di gran lunga più numerosa rispetto a tutte le altre forme di
disabilità messe insieme ed anche la più difficile da trattare.
Per queste persone l’art 27 della Convenzione ONU sul diritto di
mantenersi con un lavoro liberamente scelto in un mercato aperto,
inclusivo ed accessibile non può essere applicata immediatamente.
Si deve riconoscere che ogni persona con disabilità, anche quella con
alto bisogno di supporto, nasconde potenzialità inespresse che solo il
progetto di vita, impostato sul miglioramento delle autonomie, può fare
emergere fino a raggiugere un livello di emancipazione che consente
l’avvio della esperienza lavorativa attraverso i varilivelli di
complessità che cominciano da un *lavoro protetto*, per poi passare a
quello *assistito* e, se possibile raggiungere, quello *competitivo ed
autonomo. *
(Il lavoro protetto è quello non retribuito dei servizi socio
assistenziali; il lavoro assistito è parzialmente retribuito ed è svolto
con il sostegno dei servizi permanenti; il lavoro competitivo è a tempo
pieno ma meglio se a tempo parziale ed è retribuito con le regole del
mercato del lavoro. In tutti i casi si ha bisogno di consulenza al
lavoratore ed al datore di lavoro attraverso il job coaching ed il job
accomodation e del riconoscimento dei principi sugli accomodamenti
ragionevoli per garantire il godimento dei diritti umani e le libertà
fondamentali sulla base di eguaglianza con gli altri.)
E’ necessario, però, superare le barriere all’inclusione lavorativa che
comprendono generalmente la *discriminazione* ed impedisce le
opportunità di accesso a percorsi di formazione; i *pregiudizi *sulla
incapacità di svolgere la mansione o di essere inaffidabili; e
*l’esclusione* che li isola in servizi segreganti.
*La Locanda tre chiavi* (lavoro, solidarietà, integrazione)
E’ una mensa solidale gestita dalla Fondazione Marino aperta solo per
pranzo e nei giorni lavorativi. Questo orario riconosce il giusto
equilibrio all’impegno lavorativo dei nostri giovani nel contesto della
giornata che deve garantire loro il riposo, lo svago, e la continuità
dei progetti educativi che non possono mai essere interrotti pena la
regressione delle autonomie acquisite. Oltre al collaboratore di cucina
trovano impiego tre o quattro dei nostri giovani che si occupano del
servizio e dell’accoglienza, dell’approvvigionamento e della preparazione.
Essa è il risultato di un percorso di emancipazione dei nostri ospiti
iniziato il giorno dell’apertura del centro residenziale, provenienti
tutti dalle proprie famiglie di origine ed in situazione di estrema
gravità. Problemi di comportamento, di sonno associato a disturbi di
tipo organico, ci hanno impegnato per anni in un lavoro di recupero fino
a quando ci siamo resi conto che la residenza non poteva più essere
intesa come il luogo dove fare vivere serenamente queste persone senza
altre prospettive, ma doveva diventare il mezzo per sperimentare una
nuova emancipazione secondo le capacità di ognuno.
La mensa è il luogo di lavoro che ci siamo dovuto inventare in mancanza
di opportunità nel territorio, ed è sostenuta dai proventi del 5x1000
che la Fondazione riceve come contributo dalla Società e li restituisce
ad essa sotto forma di effetto collaterale per una offerta occupazionale
che manca.Si è cominciato con la forma di lavoro protetto per
raggiungere dopo solo un paio di anni il risultato di un lavoro
assistito per due dei nostri con i quali sperimentiamo autonomie sempre
più ampie ed ai quali riconosciamo un compenso per il loro impegno.
Osserviamo che non può essere un caso che proprio i due del gruppo con i
più gravi problemi di comportamento iniziali sono quelli che hanno
trovato i miglioramenti più ampi e sono pronti per altri traguardi.
Sentiamo il dovere di sperimentare nuovi obiettivi che richiedono per
queste due persone non più la convivenza con il resto degli altri
residenti nella struttura ma certamente non le dimissioni dalla
responsabilità assistenziale e di cura.
In questi casi si commettebbe il terribile errore di fare transitare
queste persone dalla responsabilità sanitaria a quella socio
assistenziale. Comprendiamo la variabile economica ed il gioco delle
responsabilità tra Amministrazioni, che possono essere superate, ma una
persona con autismo rimane tale per tutta la vita ed i progressi e
miglioramenti nelle autonomie che può mostrare sono sempre precari e
dipendenti dal giusto equilibrio farmacologico, abilitativo e di contesto.
*La nostra proposta: *
Da questa esperienza risulta assolutamente indispensabile superare gli
stereotipi dei modelli sanitari vincolati ai centri ambulatoriali,
diurni e residenziali.
Siamo in grado di offrire alle amministrazioni sanitarie nazionali e
regionali gli opportuni suggerimenti, sperimentati sul campo, per
aggiornare i regolamenti di accreditamento che addirittura mostrerebbero
un risparmio dei costi di gestione insieme ed una maggiore efficacia dei
servizi offerti. Per la loro attuazione si rende necessaria una nuova
Linea di Indirizzo da offrire alle Regioni per rinnovare il modello
organizzativo e renderlo uniforme e flessibile su tutto il territorio
nazionale.
Nel nostro esempio si raccomanda che, in particolare, il modello
residenziale sia articolato in diversi modelli abitativi fino a
considerare anche le case protette (dove la retta si abbatte del 70 %)
affinchè la persona possa recarsi, in autonomia, a svolgere un lavoro
competitivo altrimenti non accessibile.
La garanzia di un lavoro accessibile, utile e dignitoso è responsabilità
del Sistema Sanitario Nazionale che già dispone, per l’autismo, dei
riferimenti normativi ( legge 134; Linee di Indirizzo maggio 2018; art
60 dei Lea ) che rendono fruibile la cura, l’assistenza e
l’emancipazione verso la migliore condizione possibile di benessere.
Ho letto il contributo appassionato di Susanna Camusso e mi sembra di
avere colto la sofferenza, per la lotta ed il prezzo pagato in vita
umane, che ha reso possibile la conquista ed il mantenimento dei diritti
sanciti dallo Statuto dei Lavoratori, che mi ricorda quella, seppure più
sofferta, dei rappresentanti delle Associazioni quando lottavano per la
tutela dei diritti delle persone con disabilità e con autismo in
particolare.
Per fortuna le condizioni economiche e produttive si sono evolute ed il
Lavoro non è più la principale forma di sfruttamento. La economia
competitiva ormai riconosce la forza lavoro come una fondamentale
componente del patrimonio aziendale alla quale, sarebbe ora, chiedere e
riconoscere una maggiore responsabilità.
Invece i diritti delle persone con disabilità, in modo particolare
quelli con maggiore bisogno assistenziale, sono ancora vittime dei
bilanci aziendali e le rette non tengono conto dei una assistenza
differenziata. E’ tempo perciò che il Bilancio di Salute sostituisca le
rette altrimenti i più gravi continueranno a rimanere privi di ogni
assistenza.
La difesa dello Stato Sociale sta più a cuore delle organizzazioni che
difendono i più deboli, come le Associazioni delle persone con
disabilità e le Organizzazioni Sindacali. Da punti di vista diversi
sarebbe più efficace, negli interessi delle persone rappresentate, una
organica collaborazione ed un confronto costante.
Prunella (RC) : Settembre 2020
giovanni marino
fondazionemarino a gmail.com <mailto:fondazionemarino a gmail.com> ; cell
:335 320709
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