[autismo-biologia] Cerebellar modulation of the reward circuitryand social behavior

pierocrispiani pierocrispiani a gmail.com
Sab 4 Maggio 2019 22:53:09 CEST


Ringrazio per questo molto interessante intervento, per il testo di I. Carta 
ed altri e per il commento/analisi di M.L. Scattoni e A. Caruso sul 
coinvolgimento del cervelletto anche nelle funzioni non motorie, o per lo 
meno non motorie nel senso strettamente fisico.

Gli studi eseguiti e riferiti confermano l'intuizione di un Premio Nobel 
come Gerd Edelman che intuiva la funzione "sequenzializzatrice" del 
cervelletto in tutto l'agire umano, come filtro di connessione tra sistema 
nervoso periferico e cervello, in particolare i lobi frontali e 
pre-frontali. Per Edelman, il cervelletto regola la "sintassi" dell'agire, 
una funzione profonda e biologica (definita anzi "pre-sintassi") che regola 
il procedere, il prima e il dopo, da cui l'idea di "disturbi procedurali".

E' molto interessante comparare queste analisi odierne con quanti teorizzano 
la dislessia come "disturbo cerebellare" (Fawcett, Dean, Nicholson) , cioè 
di disordine nelle sequenze, procedure, andamenti, scorrimenti. Questa è 
ritenuta la teoria più credibile (più della teoria magnocellulare).

Il riferimento è ad un concetto esteso di "movimento", inerente tutto 
l'agire nel suo declinarsi nel tempo e nello spazio.

Segnalo che, non da oggi, ma dagli anni 50, non pochi autori associano 
l'autismo alla dislessia, lungo lo stesso "continuum di un disordine 
operativo, dal lieve al severo", una concezione che ci convince molto e che 
condividiamo.
Grazie per la bella lettura.
Piero Crispiani



----- Original Message ----- 
From: "daniela" <daniela a autismo33.it>
To: <autismo-biologia a autismo33.it>
Sent: Saturday, May 4, 2019 9:46 PM
Subject: [autismo-biologia] Cerebellar modulation of the reward circuitryand 
social behavior


> Nel 1988 Eric Courchesne e colleghi richiamarono l’attenzione della 
> comunitá scientifica sul ruolo del cervelletto in ambiti non motori quali 
> quelli che definiscono le funzioni alterate nell’autismo
>
> https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3367935
>
> Il loro lavoro stimoló la ricerca scientifica sullo studio di tali 
> funzioni su un organo (il cervelletto) che era sempre stato ritenuto 
> importante soprattutto nella coordinazione motoria.
>
> Recentemente é stato pubblicata una ricerca molto articolata sulle 
> funzioni non motorie del cervelletto. L’articolo
>
> https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=%E2%80%9CCerebellar+modulation+of+the+reward+circuitry+and+social+behavior%22and+Ilaria+Carta
>
> é di grande interesse per la comprensione delle funzioni compromesse nell’autismo, 
> ma non é di facile lettura per chi  non é addetto alla ricerca biologica 
> di base.
>
> Per comprenderlo ci vengono in aiuto Maria Luisa Scattoni e Angela Caruso 
> dell’ISS, che a loro volta hanno condotto studi simili in Italia e all’estero 
> e che hanno la capacitá, tanto apprezzabile quanto rara, di far 
> comprendere studi molto complessi anche ai non addetti ai lavori.
>
> Ecco il loro resoconto
>
> Sebbene il cervelletto sia stato considerato a lungo una struttura che 
> governa la coordinazione motoria, oggi si pensa che abbia un ruolo critico 
> anche nelle funzioni non motorie. Recentissimo è lo studio pubblicato 
> sulla rivista Science dal titolo “Cerebellar modulation of the reward 
> circuitry and social behavior”, da Ilaria Carta e colleghi dell’Albert 
> Einstein College of Medicine di New York.
> La ricerca si è focalizzata sul ruolo del cervelletto nella funzionalità 
> dei circuiti legati alle dipendenze e ai compiti di natura sociale. Il 
> cervelletto contribuisce a controllare comportamenti di varia natura 
> perché riceve e integra un ampio spettro di informazioni corticali e 
> sensoriali. Per mettere in atto le sue funzioni, esso è soggetto al 
> controllo di numerosi neurotrasmettitori, tra cui la dopamina conosciuta 
> come la molecola della gratificazione e della ricompensa. Di conseguenza, 
> le disfunzioni cerebellari sono fortemente implicate nelle dipendenze e in 
> disturbi quali l’autismo e la schizofrenia. La sperimentazione della 
> dott.ssa Carta e colleghi corrobora i risultati di altri recentissimi 
> studi, in cui si dimostra che alterazioni a livello dei circuiti della 
> ricompensa, tra cui l’area tegmentale ventrale (VTA) e il nucleo 
> accumbens, possano spiegare perchè i soggetti con disturbo dello spettro 
> autistico non interagiscono facilmente con gli altri e non sembrano 
> provare gratificazione nelle relazioni sociali.
> Gli autori di questo studio hanno individuato il pathway (percorso) 
> cervelletto –VTA. È ben noto che la VTA sia una delle aree con un ruolo 
> fondamentale nei meccanismi della ricompensa e della dipendenza. Per 
> quanto riguarda il cervelletto, invece, si conoscono ancora pochi 
> meccanismi neurobiologici alla base delle funzioni non motorie, tra cui la 
> ricompensa. I risultati di questo studio indicano che esistono robuste 
> connessioni tra i neuroni del cervelletto e quelli della VTA e che siano 
> abbastanza consistenti da modulare gli stimoli gratificanti e i 
> comportamenti sociali. Questo potrebbe quindi essere il meccanismo 
> attraverso cui le alterazioni cerebellari contribuiscono alla 
> sintomatologia legata ai disturbi dello spettro autistico.
> Con l’approccio optogenetico, i ricercatori hanno prima di tutto esplorato 
> l’ipotesi di una via di segnalazione diretta tra il cervelletto e la VTA. 
> L’optogenetica è una tecnica che permette di attivare specifiche 
> popolazioni neuronali con un semplice impulso laser, dopo aver inserito 
> nella cellula del topo geni che codificano per proteine sensibili alla 
> luce. Inserendo questi geni nei neuroni del cervelletto e attivandoli con 
> la luce, è stata osservata un’analoga attivazione nei neuroni della VTA e 
> di conseguenza dimostrato che il collegamento neuronale diretto esiste. In 
> particolare, i neuroni del cervelletto formano sinapsi con i neuroni 
> dopaminergici e non dopaminergici della VTA.
> Successivamente, gli studiosi hanno dimostrato che le connessioni 
> cervelletto-VTA attivano specificamente il circuito della ricompensa. Un 
> comune paradigma sperimentale per testare se l’attivazione di un pathway 
> cerebrale ha un effetto reward è quello di verificare se un topo 
> volontariamente mette in atto un comportamento di auto-stimolazione per 
> attivare il rilascio di dopamina. In questo studio, l’arena quadrata, in 
> cui il topo è stato messo e lasciato libero di esplorare, ha uno specifico 
> quadrante definito “quadrante reward”. Ogni volta che il topo entra in 
> questo spazio, riceve automaticamente un treno di impulsi luminosi che 
> attivano i neuroni del cervelletto che proiettano alla VTA. Gli autori 
> hanno calcolato che i topi tendevano a trascorrere più tempo o a ritornare 
> più spesso nel “quadrante reward”, a dimostrazione del fatto che l’attivazione 
> neuronale cervelletto – VTA 'stimola' un’esperienza piacevole. Un analogo 
> risultato è stato ottenuto nel paradigma comportamentale del “conditioned 
> place preference”, che prevede un’arena per metà buia e metà illuminata. I 
> topi per natura tendono a trascorre la maggior parte del tempo in spazi 
> bui, ma in questo esperimento sono stati condizionati a scegliere la parte 
> illuminata perchè in quella zona ricevevano la stimolazione 
> cervelletto –VTA e quindi lo stimolo gratificante.
> Il terzo step della ricerca è stato quello di verificare che l’attivazione 
> delle connessioni cervelletto-VTA, e quindi degli stimoli della 
> gratificazione, contribuisca al comportamento sociale. Il circuito della 
> ricompensa si attiva ogni qual volta ci si sente gratificati perchè 
> abbiamo messo in atto un comportamento positivo e vantaggioso oppure 
> abbiamo avuto esperienze piacevoli, come può essere un’interazione di 
> natura sociale. Sebbene non se ne conoscano in dettaglio i substrati 
> anatomici e funzionali, è stata recentemente descritta l’attivazione del 
> cervelletto e anche quella della VTA dell’uomo durante compiti di natura 
> sociale. Inoltre, è stato dimostrato che diverse regioni del cervelletto 
> sono particolarmente coinvolte nei disturbi dello spettro autistico. In 
> questo studio, il comportamento sociale del topo è stato valutato in un’arena 
> divisa in tre camere tra loro collegate (three chamber test): una 
> contenente un altro topo conspecifico (confinato sotto un cestello), una 
> con un oggetto e quella centrale vuota. Il topo test è libero di esplorare 
> le tre camere dell’arena e la sua naturale tendenza è quella di 
> trascorrere più tempo nella camera “sociale” con il conspecifico. In 
> questo esperimento, a seguito del silenziamento e quindi dell’inibizione 
> della connessioni cervelletto - VTA tramite optogenetica, i topi non 
> mostravano più nessuna preferenza per la camera “sociale”, ma 
> trascorrevano lo stesso tempo nella camera con il conspecifico e in quella 
> con l’oggetto. Questi risultati dimostrano che gli inputs inviati dal 
> cervelletto alla VTA, tramite il rilascio di dopamina, sono fondamentali 
> per far si che il topo abbia una preferenza per lo stimolo sociale 
> piuttosto che per l’oggetto. Al contrario, non è stata riportata la stessa 
> attivazione cervelletto - VTA nel test di interazione sociale diretta, 
> cioè quando il topo test è libero di stabilire contatti sociali diretti 
> con un altro topo conspecifico in un’arena aperta. Collettivamente, questi 
> dati suggeriscono che le connessioni cerebellari alla VTA forniscono 
> informazioni che sono necessarie, ma non sufficienti, per mettere in atto 
> comportamenti e abilità sociali. In conclusione, le prove di questa 
> ricerca sono sufficientemente forti da poter affermare che le connessioni 
> cervelletto - VTA sono robuste e che la loro attivazione può influenzare 
> comportamenti di varia natura, in particolare quelli che implicano una 
> ricompensa e, seppure in parte, quelli sociali. Il cervelletto e la VTA 
> hanno come target (bersaglio) numerose altre regioni cerebrali, come la 
> corteccia prefrontale e il nucleo accumbens, che a loro volta 'promuovono' 
> un largo repertorio di comportamenti motori e non motori. Di conseguenza, 
> le disfunzioni del cervelletto, influenzando negativamente i suoi 
> 'bersagli', possono contribuire all’insorgere di disturbi come l’autismo e 
> la schizofrenia.
>    Maria Luisa Scattoni
>    Angela Caruso
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