[autismo-biologia] Cerebellar modulation of the reward circuitry and social behavior

daniela daniela a autismo33.it
Sab 4 Maggio 2019 21:46:34 CEST


Nel 1988 Eric Courchesne e colleghi richiamarono l’attenzione della 
comunitá scientifica sul ruolo del cervelletto in ambiti non motori 
quali quelli che definiscono le funzioni alterate nell’autismo

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3367935

Il loro lavoro stimoló la ricerca scientifica sullo studio di tali 
funzioni su un organo (il cervelletto) che era sempre stato ritenuto 
importante soprattutto nella coordinazione motoria.

Recentemente é stato pubblicata una ricerca molto articolata sulle 
funzioni non motorie del cervelletto. L’articolo

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=%E2%80%9CCerebellar+modulation+of+the+reward+circuitry+and+social+behavior%22and+Ilaria+Carta

é di grande interesse per la comprensione delle funzioni compromesse 
nell’autismo, ma non é di facile lettura per chi  non é addetto alla 
ricerca biologica di base.

Per comprenderlo ci vengono in aiuto Maria Luisa Scattoni e Angela 
Caruso dell’ISS, che a loro volta hanno condotto studi simili in Italia 
e all’estero e che hanno la capacitá, tanto apprezzabile quanto rara, di 
far comprendere studi molto complessi anche ai non addetti ai lavori.

Ecco il loro resoconto

Sebbene il cervelletto sia stato considerato a lungo una struttura che 
governa la coordinazione motoria, oggi si pensa che abbia un ruolo 
critico anche nelle funzioni non motorie. Recentissimo è lo studio 
pubblicato sulla rivista Science dal titolo “Cerebellar modulation of 
the reward circuitry and social behavior”, da Ilaria Carta e colleghi 
dell’Albert Einstein College of Medicine di New York.
La ricerca si è focalizzata sul ruolo del cervelletto nella 
funzionalità dei circuiti legati alle dipendenze e ai compiti di natura 
sociale. Il cervelletto contribuisce a controllare comportamenti di 
varia natura perché riceve e integra un ampio spettro di informazioni 
corticali e sensoriali. Per mettere in atto le sue funzioni, esso è 
soggetto al controllo di numerosi neurotrasmettitori, tra cui 
la dopamina conosciuta come la molecola della gratificazione e della 
ricompensa. Di conseguenza, le disfunzioni cerebellari sono fortemente 
implicate nelle dipendenze e in disturbi quali l’autismo e la 
schizofrenia. La sperimentazione della dott.ssa Carta e colleghi 
corrobora i risultati di altri recentissimi studi, in cui si dimostra 
che alterazioni a livello dei circuiti della ricompensa, tra cui l’area 
tegmentale ventrale (VTA) e il nucleo accumbens, possano spiegare perchè 
i soggetti con disturbo dello spettro autistico non interagiscono 
facilmente con gli altri e non sembrano provare gratificazione nelle 
relazioni sociali.
Gli autori di questo studio hanno individuato il pathway 
(percorso) cervelletto –VTA. È ben noto che la VTA sia una delle aree 
con un ruolo fondamentale nei meccanismi della ricompensa e della 
dipendenza. Per quanto riguarda il cervelletto, invece, si conoscono 
ancora pochi meccanismi neurobiologici alla base delle funzioni non 
motorie, tra cui la ricompensa. I risultati di questo studio indicano 
che esistono robuste connessioni tra i neuroni del cervelletto e quelli 
della VTA e che siano abbastanza consistenti da modulare gli stimoli 
gratificanti e i comportamenti  sociali. Questo potrebbe quindi essere 
il meccanismo attraverso cui le alterazioni cerebellari contribuiscono 
alla sintomatologia legata ai disturbi dello spettro autistico.
Con l’approccio optogenetico, i ricercatori hanno prima di tutto 
esplorato l’ipotesi di una via di segnalazione diretta tra il 
cervelletto e la VTA. L’optogenetica è una tecnica che permette di 
attivare specifiche popolazioni neuronali con un semplice impulso laser, 
dopo aver inserito nella cellula del topo geni che codificano per 
proteine sensibili alla luce. Inserendo questi geni nei neuroni del 
cervelletto e attivandoli con la luce, è stata osservata un’analoga 
attivazione nei neuroni della VTA e di conseguenza dimostrato che il 
collegamento neuronale diretto esiste. In particolare, i neuroni del 
cervelletto formano sinapsi con i neuroni dopaminergici e non 
dopaminergici della VTA.
Successivamente, gli studiosi hanno dimostrato che le connessioni 
cervelletto-VTA attivano specificamente il circuito della ricompensa. Un 
comune paradigma sperimentale per testare se l’attivazione di un pathway 
cerebrale ha un effetto reward è quello di verificare se un topo 
volontariamente mette in atto un comportamento di auto-stimolazione per 
attivare il rilascio di dopamina. In questo studio, l’arena quadrata, in 
cui il topo è stato messo e lasciato libero di esplorare, ha uno 
specifico quadrante definito “quadrante reward”. Ogni volta che il topo 
entra in questo spazio, riceve automaticamente un treno di impulsi 
luminosi che attivano i neuroni del cervelletto che proiettano alla VTA. 
Gli autori hanno calcolato che i topi tendevano a trascorrere più tempo 
o a ritornare più spesso nel “quadrante reward”, a dimostrazione del 
fatto che l’attivazione neuronale cervelletto – VTA 
'stimola' un’esperienza piacevole. Un analogo risultato è stato ottenuto 
nel paradigma comportamentale del “conditioned place preference”, che 
prevede un’arena per metà buia e metà illuminata. I topi per natura 
tendono a trascorre la maggior parte del tempo in spazi bui, ma in 
questo esperimento sono stati condizionati a scegliere la parte 
illuminata perchè in quella zona ricevevano la stimolazione cervelletto 
–VTA e quindi lo stimolo gratificante.
Il terzo step della ricerca è stato quello di verificare che 
l’attivazione delle connessioni cervelletto-VTA, e quindi degli stimoli 
della gratificazione, contribuisca al comportamento sociale. Il circuito 
della ricompensa si attiva ogni qual volta ci si sente gratificati 
perchè abbiamo messo in atto un comportamento positivo e vantaggioso 
oppure abbiamo avuto esperienze piacevoli, come può essere 
un’interazione di natura sociale. Sebbene non se ne conoscano in 
dettaglio i substrati anatomici e funzionali, è stata recentemente 
descritta l’attivazione del cervelletto e anche quella della VTA 
dell’uomo durante compiti di natura sociale. Inoltre, è stato dimostrato 
che diverse regioni del cervelletto sono particolarmente coinvolte 
nei disturbi dello spettro autistico. In questo studio, il comportamento 
sociale del topo è stato valutato in un’arena divisa in tre camere tra 
loro collegate (three chamber test): una contenente un altro topo 
conspecifico (confinato sotto un cestello), una con un oggetto e quella 
centrale vuota. Il topo test è libero di esplorare le tre camere 
dell’arena e la sua naturale tendenza è quella di trascorrere più tempo 
nella camera “sociale” con il conspecifico. In questo esperimento, a 
seguito del silenziamento e quindi dell’inibizione della connessioni 
cervelletto - VTA tramite optogenetica, i topi non mostravano più 
nessuna preferenza per la camera “sociale”, ma trascorrevano lo stesso 
tempo nella camera con il conspecifico e in quella con l’oggetto. Questi 
risultati dimostrano che gli inputs inviati dal cervelletto alla VTA, 
tramite il rilascio di dopamina, sono fondamentali per far si che il 
topo abbia una preferenza per lo stimolo sociale piuttosto che per 
l’oggetto. Al contrario, non è stata riportata la stessa attivazione 
cervelletto - VTA nel test di interazione sociale diretta, cioè quando 
il topo test è libero di stabilire contatti sociali diretti con un altro 
topo conspecifico in un’arena aperta. Collettivamente, questi dati 
suggeriscono che le connessioni cerebellari alla VTA forniscono 
informazioni che sono necessarie, ma non sufficienti, per mettere in 
atto comportamenti e abilità sociali. 
In conclusione, le prove di questa ricerca sono sufficientemente forti 
da poter affermare che le connessioni cervelletto - VTA sono robuste e 
che la loro attivazione può influenzare comportamenti di varia natura, 
in particolare quelli che implicano una ricompensa e, seppure in parte, 
quelli sociali. Il cervelletto e la VTA hanno come target (bersaglio) 
numerose altre regioni cerebrali, come la corteccia prefrontale e il 
nucleo accumbens, che a loro volta 'promuovono' un largo repertorio di 
comportamenti motori e non motori. Di conseguenza, le disfunzioni del 
cervelletto, influenzando negativamente i suoi 'bersagli', possono 
contribuire all’insorgere di disturbi come l’autismo e la schizofrenia.
    Maria Luisa Scattoni
    Angela Caruso




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