[autismo-biologia] R: R: nuove prospettive di ricerca sull'autismo

Marina Marini marina.marini a unibo.it
Ven 15 Mar 2019 10:53:35 CET


Caro dott Mazzone,
capisco che il termine "idiopatico"  sia molto irritante: è un termine largamente diffuso, che è in un certo senso una confessione di ignoranza. In genere, per l'autismo, si usa in contrapposizione con "sindromico".
In breve, l'autismo è definito in maniera operativa, come condizione comportamentale che soddisfa un certo numero di criteri clinici definiti in base all'osservazione. Siamo ben lungi da aver identificato - se mai ci sono, dei biomarcatori, come ad esempio potrebbe essere la glicemia alta per il diabete. Eppure una base organica c'è!
In genere si parla di autismo idiopatico quando non è facilmente riconosciuta la presenza di mutazioni che da sole sono in grado di determinare diverse alterazioni, di cui l'autismo è una delle componenti e che costituiscono una sindrome.
Marina Marini

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Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> per conto di armando.mazzoni a tiscali.it <armando.mazzoni a tiscali.it>
Inviato: venerdì 15 marzo 2019 07:15
A: 'Autismo Biologia'
Oggetto: [autismo-biologia] R: nuove prospettive di ricerca sull'autismo


L'autismo è una patologia o condizione o sindrome o etc. a eziologia sconosciuta?



Se la risposta è sì, allora non conosciamo neanche un caso di autismo non idiopatico e trovo contraddittorio usare questo discrimine per affrontare sia l’epidemiologia che la definizione delle linee di ricerca.

Se la risposta è no, allora conosciamo almeno un caso di autismo scientificamente non idiopatico, che immagino debba fornire un biomarcatore e una linea di ricerca per intervenire almeno sui sintomi.



Se la questione non è così semplicisticamente bianca o nera, chiedo cortesemente ai gentili componenti della lista di illustrare un caso di autismo non idiopatico.



grazie

AM





Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> Per conto di Marina Marini
Inviato: giovedì 14 marzo 2019 12:20
A: Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
Oggetto: [autismo-biologia] nuove prospettive di ricerca sull'autismo



Ho concluso la mia recensione sugli interferenti endocrini con un invito a ripensare gli obbiettivi della ricerca sull'autismo, al fine di renderla più efficace e più vicina alle recenti acquisizioni scientifiche. Sono stata sollecitata ad esprimermi in merito e quindi, su questa base, ho individuato delle linee di ricerca che, a mio parere, possono avere sviluppi positivi, anche se non necessariamente immediati, e le pongo qui con umiltà all’attenzione non solo del pubblico che potrebbe fruirne, ma degli studiosi e degli esperti che leggono questa newsletter, pregandoli di intervenire, di esprimere il loro parere, di correggere e/o integrare le mie proposte.

Prima di tutto alcune considerazioni metodologiche.

Il recente aumento dei casi di autismo idiopatico induce a pensare che i fattori ambientali (ad esempio l’incremento dell’esposizione a interferenti endocrini) giochino un ruolo molto importante nell’eziologia dell’autismo. Essi agiscono in gran parte alterando l’ambiente in cui si attua il neurosviluppo, ossia i segnali in cui sono immerse le cellule nervose; il primo bersaglio è quindi la loro regolazione epigenetica, che viene in parte travisata.

Non dimentichiamo però che il sistema di comunicazione all’interno degli organismi pluricellulari è molteplice, tanto che si definisce come sistema neuro-immuno-endocrino, indicando in tal modo che i segnali che regolano il sistema nervoso sono integrati con quelli che regolano il sistema immunitario e con i segnali più propriamente ormonali. Infine, i dati più recenti hanno messo in rilievo l’importanza del microbiota intestinale, che interagisce in vario modo con i segnali dei tre sistemi integrati e produce sostanze in grado di intervenire nella regolazione epigenetica.

In molti casi, infine, una cattiva regolazione di tali sistemi di segnalazione genera un anomalo aumento di “specie reattive dell’ossigeno”, con conseguente stress ossidativo, che contribuisce a incrementare le anomalie stesse e a ledere strutture importanti per la segnalazione cellula-cellula, come le membrane cellulari.

Dopo aver constatato le devastazioni indotte dagli interferenti endocrini nel sistema di segnalazione neuro-immuno-endocrino, vorrei porre l’accento su due aspetti che potrebbero introdurre un cauto ottimismo e aiutarci a individuare le linee più opportune su cui sviluppare la ricerca sull’autismo: a) la regolazione epigenetica, così come le modificazioni nella composizione delle membrane cellulari, l’eccessiva stimolazione o la repressione di una via metabolica, le alterazioni immunitarie, ecc. ... non hanno l’ineluttabile destino delle mutazioni, che sono praticamente immodificabili, ma, almeno potenzialmente, sono reversibili; b) la traiettoria che determina il fenotipo autistico in molti casi non si esaurisce al termine della gestazione, così come, nella specie umana, il neurosviluppo non si può considerare completato alla nascita.

In una fase in cui i fondi per la ricerca sono pochissimi, le idee che espongo di seguito potrebbero costituire la base per un dibattito che mi auguro si sviluppi in modo costruttivo. Ecco quindi le linee di ricerca che mi sembrano più utili.

-approfondire lo studio degli interferenti endocrini in modelli animali, sia per incrementare le conoscenze che potrebbero portarli al bando, sia per comprenderne meglio le modalità di azione.

-acquisire maggiori conoscenze sulla regolazione epigenetica, sia in generale, sia specificamente nel campo dell’ASD. La ricerca in tema di epigenetica ha bisogno di approfondire tanti aspetti, tra cui quelli relativi ai determinanti e alla loro regolazione. Ho l’impressione che la strada sia ancora molto lunga ma, anche se non possiamo attenderci risultati immediati, è una strada percorribile e molto importante.

-effettuare uno studio epidemiologico per evidenziare eventuali predisposizioni genetiche che differenzino i pazienti con esordio precoce di ASD da quelli con esordio tardivo, ossia con ASD regressivo. Questo potrebbe consentire di identificare i bambini a rischio e di tentare contromisure di tipo preventivo.

-cercare di individuare dei fattori di suscettibilità nei bambini più piccoli, allo scopo di valutare anche delle contromisure (alimentazione? cautela nelle vaccinazioni? terapie comportamentali?) che prevengano l’instaurarsi o il consolidarsi nel tempo di ASD, AHDH o altri problemi in una popolazione che, a detta dei pediatri, presenta un incremento di manifestazioni autoimmuni, di allergie, di problemi gastrointestinali, accompagnati spesso da alterazioni neurologiche e comportamentali.

-sia in bambini "a rischio" sia in bambini con ASD conclamato, perseguire lo studio delle alterazioni biochimiche, immunologiche, del microbiota ecc. (i cosiddetti biomarcatori), per individuarne i rapporti reciproci e comprenderne l'eziologia. Studiare nel contempo le stesse alterazioni in patologie affini, per capire quanto di peculiare vi sia, dal punto di vista biologico, nell'ASD. Più che una diagnosi precoce sarebbe utile l'individuazione precoce di rischio in una fase che forse potrebbe essere contrastabile fornendo ai pazienti indicazioni dietetiche e supporti nutraceutici.

-valutare interventi con nutraceutici, integratori alimentari ecc. volti a correggere le alterazioni periferiche riscontrate nei pazienti ASD. Si tratta di percorsi già in parte saggiati, di cui si è anche data notizia in questa newsletter, ma che richiedono tanta ricerca perché gli interventi possano essere iscritti alla medicina basata sull’evidenza.  In particolare, i cd biomarcatori dovrebbero essere valutati prima e dopo gli interventi e andrebbe studiata sia la sinergia tra diversi principi attivi sia l’eventuale comportamento “congruente” dei biomarcatori.

Marina Marini

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