[autismo-biologia] R: nuove prospettive di ricerca sull'autismo

armando.mazzoni a tiscali.it armando.mazzoni a tiscali.it
Ven 15 Mar 2019 07:15:37 CET


L'autismo è una patologia o condizione o sindrome o etc. a eziologia
sconosciuta? 

 

Se la risposta è sì, allora non conosciamo neanche un caso di autismo non
idiopatico e trovo contraddittorio usare questo discrimine per affrontare
sia l’epidemiologia che la definizione delle linee di ricerca.

Se la risposta è no, allora conosciamo almeno un caso di autismo
scientificamente non idiopatico, che immagino debba fornire un biomarcatore
e una linea di ricerca per intervenire almeno sui sintomi.

 

Se la questione non è così semplicisticamente bianca o nera, chiedo
cortesemente ai gentili componenti della lista di illustrare un caso di
autismo non idiopatico.

 

grazie

AM

 

 

Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> Per conto di
Marina Marini
Inviato: giovedì 14 marzo 2019 12:20
A: Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
Oggetto: [autismo-biologia] nuove prospettive di ricerca sull'autismo

 

Ho concluso la mia recensione sugli interferenti endocrini con un invito a
ripensare gli obbiettivi della ricerca sull'autismo, al fine di renderla più
efficace e più vicina alle recenti acquisizioni scientifiche. Sono stata
sollecitata ad esprimermi in merito e quindi, su questa base, ho individuato
delle linee di ricerca che, a mio parere, possono avere sviluppi positivi,
anche se non necessariamente immediati, e le pongo qui con umiltà
all’attenzione non solo del pubblico che potrebbe fruirne, ma degli studiosi
e degli esperti che leggono questa newsletter, pregandoli di intervenire, di
esprimere il loro parere, di correggere e/o integrare le mie proposte. 

Prima di tutto alcune considerazioni metodologiche.

Il recente aumento dei casi di autismo idiopatico induce a pensare che i
fattori ambientali (ad esempio l’incremento dell’esposizione a interferenti
endocrini) giochino un ruolo molto importante nell’eziologia dell’autismo.
Essi agiscono in gran parte alterando l’ambiente in cui si attua il
neurosviluppo, ossia i segnali in cui sono immerse le cellule nervose; il
primo bersaglio è quindi la loro regolazione epigenetica, che viene in parte
travisata. 

Non dimentichiamo però che il sistema di comunicazione all’interno degli
organismi pluricellulari è molteplice, tanto che si definisce come sistema
neuro-immuno-endocrino, indicando in tal modo che i segnali che regolano il
sistema nervoso sono integrati con quelli che regolano il sistema
immunitario e con i segnali più propriamente ormonali. Infine, i dati più
recenti hanno messo in rilievo l’importanza del microbiota intestinale, che
interagisce in vario modo con i segnali dei tre sistemi integrati e produce
sostanze in grado di intervenire nella regolazione epigenetica.

In molti casi, infine, una cattiva regolazione di tali sistemi di
segnalazione genera un anomalo aumento di “specie reattive dell’ossigeno”,
con conseguente stress ossidativo, che contribuisce a incrementare le
anomalie stesse e a ledere strutture importanti per la segnalazione
cellula-cellula, come le membrane cellulari. 

Dopo aver constatato le devastazioni indotte dagli interferenti endocrini
nel sistema di segnalazione neuro-immuno-endocrino, vorrei porre l’accento
su due aspetti che potrebbero introdurre un cauto ottimismo e aiutarci a
individuare le linee più opportune su cui sviluppare la ricerca
sull’autismo: a) la regolazione epigenetica, così come le modificazioni
nella composizione delle membrane cellulari, l’eccessiva stimolazione o la
repressione di una via metabolica, le alterazioni immunitarie, ecc. ... non
hanno l’ineluttabile destino delle mutazioni, che sono praticamente
immodificabili, ma, almeno potenzialmente, sono reversibili; b) la
traiettoria che determina il fenotipo autistico in molti casi non si
esaurisce al termine della gestazione, così come, nella specie umana, il
neurosviluppo non si può considerare completato alla nascita. 

In una fase in cui i fondi per la ricerca sono pochissimi, le idee che
espongo di seguito potrebbero costituire la base per un dibattito che mi
auguro si sviluppi in modo costruttivo. Ecco quindi le linee di ricerca che
mi sembrano più utili.

-approfondire lo studio degli interferenti endocrini in modelli animali, sia
per incrementare le conoscenze che potrebbero portarli al bando, sia per
comprenderne meglio le modalità di azione.

-acquisire maggiori conoscenze sulla regolazione epigenetica, sia in
generale, sia specificamente nel campo dell’ASD. La ricerca in tema di
epigenetica ha bisogno di approfondire tanti aspetti, tra cui quelli
relativi ai determinanti e alla loro regolazione. Ho l’impressione che la
strada sia ancora molto lunga ma, anche se non possiamo attenderci risultati
immediati, è una strada percorribile e molto importante.

-effettuare uno studio epidemiologico per evidenziare eventuali
predisposizioni genetiche che differenzino i pazienti con esordio precoce di
ASD da quelli con esordio tardivo, ossia con ASD regressivo. Questo potrebbe
consentire di identificare i bambini a rischio e di tentare contromisure di
tipo preventivo. 

-cercare di individuare dei fattori di suscettibilità nei bambini più
piccoli, allo scopo di valutare anche delle contromisure (alimentazione?
cautela nelle vaccinazioni? terapie comportamentali?) che prevengano
l’instaurarsi o il consolidarsi nel tempo di ASD, AHDH o altri problemi in
una popolazione che, a detta dei pediatri, presenta un incremento di
manifestazioni autoimmuni, di allergie, di problemi gastrointestinali,
accompagnati spesso da alterazioni neurologiche e comportamentali.

-sia in bambini "a rischio" sia in bambini con ASD conclamato, perseguire lo
studio delle alterazioni biochimiche, immunologiche, del microbiota ecc. (i
cosiddetti biomarcatori), per individuarne i rapporti reciproci e
comprenderne l'eziologia. Studiare nel contempo le stesse alterazioni in
patologie affini, per capire quanto di peculiare vi sia, dal punto di vista
biologico, nell'ASD. Più che una diagnosi precoce sarebbe utile
l'individuazione precoce di rischio in una fase che forse potrebbe essere
contrastabile fornendo ai pazienti indicazioni dietetiche e supporti
nutraceutici.

-valutare interventi con nutraceutici, integratori alimentari ecc. volti a
correggere le alterazioni periferiche riscontrate nei pazienti ASD. Si
tratta di percorsi già in parte saggiati, di cui si è anche data notizia in
questa newsletter, ma che richiedono tanta ricerca perché gli interventi
possano essere iscritti alla medicina basata sull’evidenza.  In particolare,
i cd biomarcatori dovrebbero essere valutati prima e dopo gli interventi e
andrebbe studiata sia la sinergia tra diversi principi attivi sia
l’eventuale comportamento “congruente” dei biomarcatori. 

Marina Marini



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