[autismo-biologia] R: R: Ereditabilità nell'ASD

CRISTINA PANISI cristina.panisi01 a universitadipavia.it
Gio 8 Ago 2019 01:06:26 CEST


Gentili iscritti alla lista,


condivido alcune riflessioni in merito alla recente pubblicazione su JAMA
Psychiatry
https://jamanetwork.com/journals/jamapsychiatry/article-abstract/2737582
<https://jamanetwork.com/journals/jamapsychiatry/article-abstract/2737582?fbclid=IwAR2Mdsyr2NqhKKvD9kVxQjuXKWhkdcZBgP7UHDfLKnUpvvebNpph1UuaXFA>
relativa all'ereditabilità nell'autismo. La numerosità del campione
rappresenta senza dubbio una importante occasione per evidenziare aspetti
epidemiologici altrimenti difficilmente rilevabili.



-       L’eterogeneità dei gruppi è aspetto non trascurabile in una ricerca
che consideri tra gli obiettivi la valutazione dei fattori ambientali:
oltre a Danimarca, Finlandia e Svezia, lo studio ha incluso anche Israele e
l’Australia Occidentale. Nel campione di *2.001.631 bambini* nati in questi
cinque Paesi dal 1gennaio 1998 al 31 dicembre 2007, complessivamente
*22.156* bambini hanno ricevuto la diagnosi di autismo (prevalenza di *1,1%,
1 caso su 91*). La tabella dei risultati consente un’interessante
osservazione che avrebbe meritato un commento da parte degli Autori: la
notevole variabilità della prevalenza nei cinque Paesi. *Danimarca 1,43%* (*1
caso su 70*); *Finlandia 0,62%* (*1 caso su 161*); *Svezia 1,40%* (*1 caso
su 71*); *Israele 0,37%* (*1 caso su 270*); *Australia 0,46%* (*1 caso su
217*). Dal momento che il sistema di attribuzione di diagnosi è stato
considerato sufficientemente attendibile e omogeneo da giustificare uno
studio multinazionale di popolazione, sorgono perplessità circa
l’omogeneità del campione e la possibilità di generalizzazioni nella
valutazione della rilevanza di genetica e ambiente nel campione esaminato.



-       Nel campione di *2.001.631 bambini* provenienti da *680.502
famiglie*, *22.156* hanno avuto diagnosi di autismo. L’applicazione degli
algoritmi agli alberi genealogici ha consentito di individuare una
concordanza (*ASD concordance pairs*) in *236 coppie di cugini e 639 coppie
di fratelli, dunque 1700 bambini con ASD su 22.156, il 7,7% dei bambini con
ASD*. Anche ammettendo una sottostima dovuta al fatto che la ricerca non ha
incluso i gemelli, in ogni caso dai dati presentati dallo studio si evince
che in meno del 10% dei casi di autismo si riscontra una ricorrenza
familiare. Ne consegue che almeno nel 90% dei casi si tratta di casi
isolati. Il dato sembra difficilmente giustificabile in una condizione per
la quale viene ipotizzata una ereditabilità dell’81%. In secondo luogo, dal
momento che dall’articolo e dalla lettura del supplemento si intende che
gli algoritmi per la stima del rischio genetico e ambientale sono stati
applicati al gruppo in cui è stata riscontrata concordanza familiare, è
opportuno chiedersi quali presupposti consentano di estendere all’intero
campione di bambini autistici (per la maggior parte casi isolati) le
considerazioni emerse dall’analisi del 7,7% in cui è stata riscontrata
ricorrenza familiare. Infatti, non è stata chiarita la metodologia su cui
si basa l’estensione dell’analisi della stima del rischio genetico dal 7,7%
alla totalità dei bambini.



-       Circa l’analisi statistica, gli autori hanno definito quattro
variabili (ereditabilità, effetto materno, ambiente condiviso e non
condiviso) e utilizzato un modello di regressione lineare misto
generalizzato (GLMM), applicato alle tipologie di famiglie definite sulla
base delle caratteristiche degli alberi genealogici. All’ “onere della
prova” affidato alle 3 variabili diverse dall’ereditabilità sembra non sia
stato dedicato il medesimo rigore con cui sono stati ricostruiti gli alberi
genealogici. Dallo studio non risultano, infatti, strumenti di valutazione
impiegati per la stima dell’effetto materno e delle caratteristiche di
ambiente condiviso e non condiviso, pertanto non si comprende come questi
aspetti possano essere stati soppesati all’interno della valutazione di
rischio. Uno studio che in modo imparziale e rigoroso desideri valutare il
peso di fattori genetici ed ambientali non può ignorare la mole di evidenze
circa l’”effetto materno”. Proprio su questa lista si affrontò tempo fa il
tema, in merito ad una review coordinata  da Paolo Curatolo
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30744008, di cui è stata riportata la
recensione
http://www.crea-sansebastiano.org/IT/articolo.php?id=304&t=etiopatogenesi-del-disturbo-dello-spettro-autistico-fattori-di-rischio-e-fattori-protettivi-



-       Circa la questione “ereditabilità”, non è riferibile solamente alla
genetica mendeliana. Le acquisizioni della biologia molecolare portano alla
concettualizzazione di un modello fluido del genoma, inteso come insieme
della sequenza di DNA e della struttura dinamica di istoni (struttura sulla
quale è “avvolto” il DNA), incessantemente impegnata nel dialogo con
l’ambiente cellulare, in costante equilibrio con l’ambiente esterno. Da
questo “dialogo” dipende la diversa accessibilità dei geni e la possibilità
di trascrivere l’informazione in essi contenuta. Solo una minima parte
(circa il 2%) del DNA umano è codificante, cioè i geni che vengono
trascritti e tradotti in proteine costituiscono nel complesso circa il 2%
del DNA umano. La gran parte del DNA (definito un tempo “spazzatura”) ha
una funzione di regolazione. Sembra un discorso complesso, ma si tratta di
un fenomeno che conosciamo bene. Infatti, questo meccanismo è alla base del
differenziamento cellulare, grazie al quale ciascuno di noi possiede
cellule con caratteristiche e funzioni differenti, nonostante abbiano tutte
la medesima sequenza di DNA, appartenendo allo stesso individuo. La
differenza tra queste cellule risiede nel software epigenetico di
“accensione e spegnimento” dei geni a seconda degli organi e dei tessuti,
in dialogo incessante che richiede continuamente adattamenti da parte delle
cellule. E’ stato dimostrato che oltre all’ereditarietà riferibile ala
genetica mendeliana, anche modificazioni epigenetiche “lasciano il segno” e
possono essere trasmesse da una generazione all’altra. Il suggestivo titolo
di questa review dà un’idea di quanta strada ci sia da fare per definire
cosa sia l’ereditabilità.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1084952118302829?via%3Dihub.




Se l’argomento è di interesse, potremo certamente chiedere un confronto ad
Ernesto Burgio, esperto in epigenetica, che negli ultimi anni ha
contribuito ad un significativo cambiamento di sguardo della pediatria
italiana rispetto a questi temi. Infatti il modello patogenetico al quale
si è accennato non riguarda esclusivamente l'autismo, bensì la *“transizione
epidemiologica”* di numerose condizioni con prevalenza in progressivo
aumento (malattie immunoallergiche, neuropsichiatriche, dismetaboliche,
endocrine, neurodegenerative, tumorali), con preoccupante anticipazione
dell’età di insorgenza. Il fenomeno nel suo complesso richiede di
concettualizzare un modello in grado di spiegare i riscontri
epidemiologici. Ciascuno di noi è il risultato di un duplice cammino: il
lungo *percorso filogenetico* (caratterizzato da elevata conservazione e
stabilità del DNA), e lo *sviluppo ontogenetico* della vita intrauterina,
durante la quale, in senso adattivo e predittivo, sulla base delle
informazioni ambientali, l’individuo costruisce il *software epigenetico*
che guiderà il differenziamento dei tessuti e le funzioni cellulari. Questo
processo coinvolge tutte le cellule, inclusi i gameti, e rende ragione
della possibilità di trasmissione delle marcature epigenetiche alle
generazioni successive. Il paradigma dell’origine embriofetale delle
malattie (DOHaD, *Developmental Origins of Health and Diseases*) - proposto
inizialmente da Barker (
https://academic.oup.com/ije/article/31/6/1235/939543) e successivamente
base per una intensa produzione scientifica - fornisce una spiegazione
convincente, nella quale la genetica è certamente inclusa, ma la sequenza
di DNA non viene intesa come "pietra nella quale è inciso il nostro
destino". Questi temi sono stati al centro di numerosi convegni pediatrici
dedicati ai Primi Mille Giorni di vita (vita intrauterina e primi due anni
di vita) e base dell’avvio di un Tavolo presso il Ministero della Salute
https://www.epicentro.iss.it/materno/pdf/convegno13-5-2016/Battilomo%20S._Le%20strategie%20nazionali%20per%20la%20promozione%20della%20salute%20nei%20primi%201000%20giorni%20di%20vita.pdf



In conclusione, i dati epidemiologici che emergono dallo studio di Bai et
al. sono numerosi, certamente molto interessanti e meritano
approfondimenti, a partire dalla comprensione delle possibili motivazioni
della notevole variabilità della prevalenza di ASD nei tre paesi nordici
considerati.

Per i motivi accennati, ci sono alcune perplessità. L’ereditabilità non
spiega il rapido aumento della prevalenza degli ultimi decenni. Inoltre i
risultati ottenuti sembrano in contrasto con i dati epidemiologici emersi
dalla ricerca stessa (concordanza familiare nel 7,7% dei bambini con ASD
difficilmente comprensibile se si ammette una ereditabilità dell’81%) e in
contrasto con una grande mole di evidenze scientifiche con risultato
opposto, a cominciare dall’importante lavoro di Hallmayer et al.  2011,
citato erroneamente da Bai tra gli studi che non hanno evidenziato effetti
ambientali, mentre la ricerca ha dimostrato esattamente il contrario, cioè
un ruolo dei fattori ambientali maggiore rispetto a quelli genetici
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21727249. Gli stessi Autori concludono
lo studio affermando che *"The contributions of gene-environment
interactions or correlations between genes and environment to ASD risk are
important unanswered questions”. *Dunque, la concettualizzazione di un
modello in grado di integrare le interazioni tra genoma e ambiente sembra
la direzione verso la quale convergere per trovare risposte e tradurle in
strategie efficaci per le persone



La perplessità diviene franca preoccupazione se i risultati dello studio di
Bai et al. vengono interpretati come una “responsabilità di autismo scritta
nei geni per l’81%” , con la conseguente legittimazione dell’abbassamento
della guardia circa l’ “effetto materno” e “i fattori ambientali”.
Significherebbe fare dei passi indietro rispetto a quanto faticosamente si
sta cercando di realizzare in termini preventivi, rendendo la ricerca
scientifica su questi temi assai simile alla tela di Penelope.



Tempo fa, l’allora Direttore Generale di Prevenzione del Ministero della
Salute, Ranieri Guerra, “bacchettò” i pediatri, esortandoli ad essere più
coraggiosi e determinati nel perseguire conoscenze e competenze cliniche
efficaci nel favorire un’inversione di rotta. E’auspicabile che una
proficua collaborazione con le istituzioni possa consentire di proseguire
su questa strada.



Perdonate la lunghezza del messaggio. Alcuni passaggi richiedevano di
essere argomentati.

Un cordiale saluto,

Cristina Panisi


Il giorno mer 31 lug 2019 alle ore 12:27 Angela Caruso <angyca a live.it> ha
scritto:

> Gentilissimo,
> non sono stati descritti nel dettaglio gli effetti dell'epigenetica
> transgenerazionale tra i fattori analizzati in questo lavoro. Potrebbe
> questo essere considerato fonte di bias negli studi di correlazione gene -
> ambiente, come sottolineato dagli stessi autori nelle limitazioni dello
> studio. La ricerca scientifica in questo campo è in forte crescita, ci
> aguriamo possa darci delle delucidazioni.
> Un caro saluto
> ------------------------------
> *Da:* autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> per conto
> di Armando Mazzoni <mazzoni.armando a libero.it>
> *Inviato:* martedì 30 luglio 2019 20:58
> *A:* Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
> *Oggetto:* Re: [autismo-biologia] R: Ereditabilità nell'ASD
>
> Gentilissima Dott.ssa,
> Grazie innanzitutto per il resoconto. Volevo chiederle se in questa
> ricerca si è tenuto conto dell’epigenetica transgenerazionale (ammesso che
> ci sia letteratura di rilievo in generale e sull’autismo) perché potrebbe
> essere fonte di bias nella valutazione dei fattori ambientali vs ereditari.
>
> Grazie
>
> Cordiali saluti
>
> Armando Mazzoni
>
> Inviato da iPhone
>
> Il giorno 30 lug 2019, alle ore 09:23, Scattoni Maria Luisa <
> marialuisa.scattoni a iss.it> ha scritto:
>
> Gentilissima dottoressa,
>
> Siamo assolutamente d’accordo con lei. Obiettivo della ricerca
> internazionale in questo campo è proprio quello di riuscire a suddividere
> la popolazione delle persone con ASD in tanti sottogruppi sulla base del
> fenotipo clinico-comportamentale e parametri biologici (tramite indagini
> omiche e strumentali) per poter poi individuare delle basi eziologiche
> ‘comuni’.
> Almeno questa è l’ipotesi di partenza.
> Un caro saluto,
> Maria Luisa
>
>
> Maria Luisa Scattoni, PhD
>
> Research Coordination and Support Service
>
> Istituto Superiore di Sanità
>
> Viale Regina Elena 299,
>
> 00161 Rome, Italy
>
> Tel: +39-0649903143
>
> E-mail: marialuisa.scattoni a iss.it
>
>
> Il giorno 30 lug 2019, alle ore 09:04, Guerini Franca <
> fguerini a dongnocchi.it> ha scritto:
>
> Gent.ma dr.ssa Caruso
>
> La ringrazio per le delucidazioni molto chiare, Sicuramente se c’è un
> fattore d’impatto maggiore (quale la genetica)  può mascherare altri co
> fattori che comunque in un disturbo multfattoriale come appunto ASD non
> vanno sottovalutati. Un ultima precisazione che penso possa essere utile
> nel valutare l’approccio di studio allo spettro autistico:  E’ a mio parere
> molto importante suddividere in classi fenotipiche i soggetti in studio,
> per approfondire  i fattori biologici coinvolti nelle diverse forme di
> manifestazione .il limite di considerare tutti i casi come un’unica
> manifestazione rischia di non evidenziare i co fattori che intervengono in
> determinati fenotipi (pe esempio più disimmuni) e non in altri. Da qui i
> risultati controversi nei diversi studi probabilmente in base alle diverse
> tipologie di casistiche e soprattutto da qui la necessità di una diagnosi e
> di una classificazione che tenga conto di un approccio multidisciplinare
> (sistemico, immunologico, genetico, neurologico neuropsichiatrico etc.) .
>
> Grazie ancora davvero per le precisazioni e per lo stimolante confronto
> scientifico che ne è emerso .
>
> Cordiali saluti
>
> Franca
>
> *Da:* Caruso Angela [mailto:angela.caruso a iss.it <angela.caruso a iss.it>]
> *Inviato:* lunedì 29 luglio 2019 21:19
> *A:* Guerini Franca
> *Cc:* autismo-biologia a autismo33.it; Scattoni Maria Luisa
> *Oggetto:* Re: Ereditabilità nell'ASD
>
>
>
> Gentilissima dott.ssa Guerini,
>
>
>
> nell’articolo l’effetto materno non è stato escluso dall'analisi, ma se ne
> indica un contributo molto piccolo o quasi inesistente in associazione al
> rischio di autismo (range 0.4-1.6%, a secondo del paese preso in
> considerazione). Quando gli autori dello studio parlano di effetto materno,
> si riferiscono all’associazione del fenotipo materno (influenze genetiche *non
> ereditate* dalla mamma) con l’autismo della prole, senza esplicitare la
> descrizione di tutti i singoli fenotipi che concorrono al cosiddetto
> effetto materno. Come definito in letteratura, l’effetto materno include
> fattori quali obesità, ipertensione, diabete, sindrome dell’ovaio
> policistico, così come anche lo stato immunitario della madre. Purtroppo la
> letteratura a riguardo è molto ampia e ci dice che diversi fattori inclusi
> nell’effetto materno contribuiscono al rischio di insorgenza di autismo, ma
> con stime molto variabili. Infatti, gli stessi autori dello studio
> suggeriscono che il coinvolgimento dell’effetto materno e dei suoi
> meccanismi biologici dovrebbero essere meglio indagati tramite altri
> approcci analitici, quali i modelli animali e gli studi epidemiologici che
> stimano un singolo fattore di rischio non genetico per volta.
>
>
>
> Inoltre, gli autori riferiscono che il dato di inconsistenza dell’effetto
> materno in associazione all’autismo (riportato in questo lavoro) è coerente
> con quello di un altro studio svedese *“Heritable Variation, With Little
> or No Maternal Effect, Accounts for Recurrence Risk to Autism Spectrum
> Disorder in Sweden*” (Biol Psychiatry. 2018 83(7): 589-597.
> doi:10.1016/j.biopsych.2017.09.007). In modelli statistici come
> quelli adottati in questi studi (Liability threshold model) il “peso”
> dell’effetto materno è basso perché *in relazione a quello più forte* delle
> altre componenti, quali ad esempio la componente “genetica ereditata”.
>
>
>
> La ringraziamo per i commenti e ci auguriamo di aver chiarito qualche sua
> perplessità
>
> Un caro saluto
>
>
>
>
> ------------------------------
>
> *Da:* Guerini Franca <fguerini a DONGNOCCHI.IT>
> *Inviato:* venerdì 26 luglio 2019 11:54
> *A:* Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
> *Cc:* Caruso Angela <angela.caruso a iss.it>
> *Oggetto:* R: Ereditabilità nell'ASD
>
>
>
> Ringrazio molto la dr.ssa Scattoni per questo chiarissimo e completo
> riassunto dell’articolo in oggetto
>
> E’ senz’altro uno studio molto interessante e condotto su una coorte molto
> ampia ..anche se sotto certi aspetti un po’ eterogenea (come gli stessi
> autori asseriscono) che ha permesso di evidenziare il forte coinvolgimento
> genetico nell’insorgenza di disturbi dello spettro autistico.  Questo dato
> è sicuramente importante per sdoganare una volta per tutte  la rilevanza
> molecolare e biologica nell’eziologia dell’autismo,  e non consideralo più
> solo un problema psicologico bensi un vero e proprio disturbo con basi
> biologiche che meritano di essere approfondite scientificamente.
>
>
>
> Rimango un po’ perplessa circa l’esclusione indicata nell’articolo
> dell’effetto materno. Forse non ho ben compreso testo, però non ho chiaro
> su quali basi sia stato escluso tale effetto.  In particolare non ho capito
> se e come  è stato preso in considerazione il coinvolgimento
> dell’attivazione immunitaria materna in ambiente materno fetale.  Se per
> effetto materno sono state considerate solo eventi di poliabortività e pre
> eclampsia, e forse obesità, mi sembra un pochino riduttivo, data l’elevata
> mole di evidenze scientifiche che supportano un ruolo importante
> dell’assetto immunologico ed immunogenetico anche epigenetico della madre
> durante la gravidanza . Senza dimenticare le comorbidità autoimmuni che in
> diversi casi si riscontrano nelle madri a sostegno di una componente
> disimmune che potrebbe giocare un ruolo importante proprio nelle fasi di
> sviluppo del feto.
>
>
>
> Grazie ancora
>
> Franca Guerini
>
>
>
>
>
> *Da:* autismo-biologia [mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it
> <autismo-biologia-bounces a autismo33.it>] *Per conto di *Scattoni Maria
> Luisa
> *Inviato:* venerdì 26 luglio 2019 09:22
> *A:* autismo-biologia a autismo33.it
> *Cc:* Caruso Angela
> *Oggetto:* [autismo-biologia] Ereditabilità nell'ASD
>
>
>
> Carissimi componenti della lista,
>
>
>
> condividiamo con voi il riassunto di un articolo appena uscito su Jama e
> finalizzato a stimare il contributo dei fattori genetici e ambientali nei
> disturbi dello spettro autistico.
>
> Un caro saluto a tutti,
>
> Maria Luisa Scattoni
>
> Angela Caruso
>
>
>
>
>
>
>
> La più grande ricerca condotta finora per stimare l’ereditabilità del
> rischio di autismo ha coinvolto una popolazione di più di 2 milioni di
> bambini provenienti da 5 paesi diversi , con il risultato che il maggior
> rischio sia attribuibile a influenze genetiche ereditate. Lo studio “*Association
> of Genetic and Environmental Factors With Autism in a 5-Country Cohort*” (
> https://jamanetwork.com/journals/jamapsychiatry/fullarticle/2737582),
> guidato da ricercatori dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, è stato
> pubblicato qualche giorno fa sulla rivista JAMA Psychiatry. Lo scopo è
> stato quello di stimare gli effetti genetici, materni e ambientali che
> insieme contribuiscono all’insorgenza dei Disturbi dello Spettro Autistico
> (ASD).
>
> Le evidenze a sostegno delle *origini genetiche* prenatali di questi
> disturbi avvalorano l’importanza delle variazioni genetiche *ereditate* (e
> quindi responsabili dell’ereditabilità dell’autismo), e delle influenze
> genetiche *non ereditate*. Un’importante risorsa di queste ultime risiede
> nel cosiddetto *effetto materno*, termine usato per descrivere
> l’associazione tra le influenze genetiche non ereditate che derivano dalla
> madre e l’autismo del bambino (in aggiunta a ciò che è stato ereditato
> geneticamente). Le evidenze a sostegno delle origini non genetiche invece
> riportano il contributo dei *fattori ambientali* non condivisi (che
> rendono unico uno stesso individuo di una famiglia, es: il parto cesareo) e
> delle esposizioni ambientali condivise (che rendono invece simili i membri
> di una stessa famiglia).
>
> Lo studio, frutto di una collaborazione internazionale, nasce dalla
> necessità di determinare l’influenza dei fattori genetici e non genetici
> che contribuiscono allo sviluppo di questi disturbi, dal momento che non se
> ne conoscono ancora le origini.
>
> Rispetto ai precedenti studi, questo lavoro analizza un numero
> considerevole di bambini provenienti da diverse aree geografiche, stima
> l’ereditabilità di più generazioni di famiglie e riflette il tipo di
> cultura diagnostica di più paesi indipendenti. Infatti la raccolta di dati
> si è basata su ampie banche dati per un totale di 2.001.631 bambini, di cui
> il 51,3% rappresentato da maschi. In particolare, i ricercatori hanno
> setacciato i registri sanitari nazionali per raccogliere i dati sui bambini
> nati in Danimarca, Finlandia, Svezia e Australia occidentale dal 1998 al
> 2007 e le cartelle cliniche nazionali di circa 130.000 bambini nati in
> Israele dal 2000 al 2011. Dell’intero campione, 22.156 soggetti (1.11%)
> sono stati diagnosticati con ASD. Moltissimi studi precedenti hanno stimato
> l'ereditabilità dell'autismo analizzando i gemelli, limitando la ricerca a
> fattori di rischio che potrebbero essere specifici per i fratelli gemelli.
> Il lavoro di Bai e colleghi beneficia invece del fatto che include fratelli
> non gemelli. Gli stessi database sono stati utilizzati inoltre per
> rintracciare il numero di diagnosi di autismo tra i fratelli dei bambini
> autistici, tra i fratellastri e i cugini e per identificare i genitori e i
> nonni con lo scopo di costruire alberi genealogici.
>
> Secondo i risultati ottenuti, la stima di *ereditabilità* è intorno all’
> *81% *(nello specifico 80.8%), indicando che il rischio di autismo nella
> popolazione è dovuto principalmente a influenze genetiche ereditate, senza
> alcun contributo considerevole degli effetti materni. La stima ottenuta da
> questo modello statistico riporta un piccolo intervallo di variabilità
> (73.2% - 85.5%), il che significa che il dato è più affidabile rispetto
> alle stime di studi precedenti. Visti questi dati, le cause ambientali o
> esterne possono rappresentare un fattore la cui stima è circa del 20%.
> Questi risultati sono coerenti con quelli di altri due grandi studi svedesi
> condotti su coppie di fratelli gemelli e non gemelli: in quello del 2017 i
> fattori genetici ereditari contribuiscono a circa l'83% del rischio di
> autismo e in quello del 2010 a circa l'80%.
>
> Tuttavia le stime dell'ereditabilità possono variare da paese a paese. Per
> esempio, la stima per la Finlandia fissa il rischio di autismo al 51%, la
> cui variabilità è molto ampia (25.1% - 75.6%), con fattori ambientali
> condivisi e non condivisi che contribuiscono rispettivamente al 14% e al
> 34%. Dal momento che la Danimarca, la Finlandia e la Svezia hanno in comune
> lo stesso sistema sanitario nazionale per la sorveglianza della salute, e
> in considerazione della simile dimensione del campione di questi tre paesi,
> è stato messo a punto un modello di analisi combinata per i dati dei paesi
> nordici. In tal caso la stima di ereditabilità è tra 81.2% e 82.7% (a
> seconda del modello statistico considerato, con inclusione oppure no dei
> fattori materni e fattori ambientali condivisi). Successivamente sono stati
> inclusi nell’analisi altri due piccoli campioni, quello dell’Australia
> occidentale e quello dell’Israele, la cui stime di ereditabilità sono
> rispettivamente del 54% e quelle del 86.8%. Gli stessi autori dello studio
> ribadiscono che queste discrepanze tra i diversi paesi possono riflettere
> le differenze tra gli standard diagnostici per l'autismo adottati. Una
> domanda interessante che si stanno ponendo già molti ricercatori in questo
> ambito è infatti se c'è qualcosa di veramente diverso nel modo in cui
> l'autismo viene diagnosticato in paesi diversi, ma non si è giunti ancora a
> nessuna valida conclusione.
>
> Quando i ricercatori hanno stimato il contributo dell'*effetto materno*,
> la sua associazione con la variazione del rischio di autismo è stata molto
> piccola o addirittura inesistente. Singoli fattori di rischio materni, come
> ad esempio l’obesità, non sono direttamente inclusi in questo modello di
> analisi statistica, per cui i meccanismi attraverso cui essi operano
> potranno essere compresi usando altri approcci di studio.
>
> I ricercatori hanno infine esaminato i *fattori ambientali* legati
> all'autismo. Ad esempio, si stima che il 18,1% del rischio di autismo
> deriva da fattori ambientali che non sono condivisi tra i membri della
> famiglia. Questi fattori includono mutazioni genetiche non ereditate o
> mutazioni meglio definite *de novo*. Quando il team ha esaminato i
> fattori ambientali che sono condivisi tra i membri della famiglia, come
> potrebbe essere l'ambiente domestico, ha trovato che essi non
> contribuiscono sostanzialmente al rischio di autismo.
>
> Dunque, nella maggior parte delle analisi condotte, gli effetti genetici
> ereditati hanno l'influenza maggiore sull’insorgenza degli ASD, con un
> contributo minore dei fattori ambientali non condivisi e con pochissime
> evidenze degli effetti materni o dell’ambiente condiviso.
>
> Il maggior punto di forza dello studio è l’uso di una popolazione campione
> molto ampia, la più grande finora descritta, inclusiva di dati appartenenti
> a tre diverse generazioni. La consultazione dei registri di popolazione ha
> permesso inoltre di seguire i partecipanti sin dalla nascita ed evitare il
> bias della raccolta dei dati retrospettivi. In aggiunta alla forza
> statistica del modello di analisi, il lavoro supera il concetto di
> riproducibilità del dato, visto che replica i risultati provenienti da 5
> dataset appartenenti a diversi registri del sistema sanitario nazionale. Ai
> notevoli punti di forza si aggiungono alcune limitazioni dello studio, tra
> cui il fatto che l’algoritmo statistico utilizzato per stimare il rischio
> di ASD trascura il contributo delle interazioni gene-ambiente e le
> possibili correlazioni gene-ambiente.
>
> Dallo studio è emerso che l’ereditabilità dell’autismo è alta (circa
> l’80%) in quanto la maggior parte dei rischi di insorgenza è da attribuire
> a fattori genetici ereditati, mentre i fattori ambientali esterni contano
> poco. Anche se a lungo considerato un problema psicologico dovuto
> all’interazione del soggetto con l’ambiente, in particolare con genitori
> freddi e distaccati, ad oggi le evidenze scientifiche dimostrano
> chiaramente come l’autismo abbia una forte componente ereditabile.
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