[autismo-biologia] novità e riflessioni
Marina Marini
Marina.marini a unibo.it
Lun 24 Set 2018 20:20:09 CEST
Sono andati in stampa quasi contemporaneamente due articoli che trattano
dell’enzima Na+,K+ ATPasi nell’autismo; uno di essi è stato pubblicato
dal nostro gruppo (Bolotta A et al, Autism Res, 2018) e l’altro da un
gruppo statunitense (Torres A et al, Mol Gen Metab Rep, 2018).
Che cosa è questo enzima dal nome così complesso? Esso trasporta
attivamente gli ioni sodio e potassio attraverso la membrana cellulare,
regolando la loro concentrazione all’interno della cellula. La funzione
di questo enzima è fondamentale per la sopravvivenza e la funzione di
TUTTE le cellule e, in particolare, per la trasmissione dell’impulso
nervoso, la contrazione muscolare, il mantenimento dell’equilibrio
osmotico e acido-base, il metabolismo, ecc. “Trasportare attivamente”
significa trasportare con dispendio di ATP, ossia di energia: infatti,
si stima che ben i 2/3 dell’energia spesa in condizioni basali vadano ad
alimentare l’attività di questo enzima!
All’inizio del 2013 abbiamo pubblicato un articolo che riportava che nei
globuli rossi dei bambini autistici da noi studiati l’enzima funzionava
molto poco. Nonostante l’articolo non sia passato inosservato (più di 70
citazioni sono indice di elevato interesse), nessuno aveva più ripreso
questa osservazione, sulla cui interpretazione abbiamo lavorato per
diversi anni, giungendo infine a pubblicare l’articolo sopra citato in
un giornale molto autorevole. A dispetto degli sforzi profusi, però, non
siamo stati ancora in grado di giungere a una precisa causa di tale
disfunzione e, in particolare, di trovare un collegamento causa-effetto
con l’autismo. In definitiva, imputiamo il malfunzionamento di questo
enzima a una più o meno generica alterazione pervasiva dell’equilibrio
redox, i cui effetti abbiamo abbondantemente documentato nei globuli
rossi. Attenzione: i casi da noi esaminati erano tutti casi in cui non
erano state identificate alterazioni genetiche (il che non significa che
esse siano assenti).
L’altro articolo, quello dei ricercatori statunitensi, riporta un caso
di un ragazzo con una mutazione rarissima di una subunità della Na+,K+
ATPasi, che, tra le altre disfunzioni, presenta disturbi dello spettro
autistico.
Questa storia, a mio parere, ci insegna molte cose. Innanzitutto, ci
dice (ma a noi sembra non sia necessario ribadirlo) che anche dove non
sia stata riscontrata una precisa alterazione genetica, ossia nell’80%
circa dei casi di autismo, vi sono delle alterazioni
biologiche/biochimiche, che indicano la presenza di un problema di tipo
“organico” (ossia non “psicologico”). Ci dice poi che tali alterazioni,
a dispetto dell’ampio ventaglio di background genetici, della
grandissima disomogeneità di presentazione clinica, ecc., tendono a
essere comuni a tutti i pazienti, suggerendo che abbiano qualcosa a che
fare con un meccanismo di base “chiave” del disturbo autistico, anche
se l’alterazione non ha apparentemente nulla a che vedere con la
tipologia specifica dell’autismo (che è un disturbo essenzialmente
comportamentale e secondariamente cognitivo, sensoriale, ecc.). Queste
alterazioni, che potremmo chiamare “biomarcatori” se ne fosse dimostrata
l’esclusiva presenza nei pazienti ASD, potrebbero anche essere utili per
anticipare nel tempo o validare una diagnosi che al momento è effettuata
solo su caratteristiche cliniche. Infine, ci dice che le alterazioni
biologiche/biochimiche riscontrate possono essere ritrovate in rari o
rarissimi pazienti soggetti a disturbi dello spettro autistico (o a
volte anche ad altri disturbi neuropsichiatrici o del neurosviluppo) in
cui sia stata riscontrata una mutazione genetica /che la stragrande
maggioranza dei pazienti autistici NON presenta/. Questo è una
situazione ben descritta dalla genetica classica, che definisce
“fenocopie” gli individui il cui fenotipo mimica quello di individui con
una mutazione genetica.
Oltre al caso della mutazione di una subunità della Na+,K+ ATPasi, che
si è appena proposto, vi sono altri esempi noti, tra cui le mutazioni
che alterano il ciclo dei folati, la transulfurazione e la sintesi delle
purine (Howsmon et al., PLoS Comput Biol. 2017). Un altro esempio che
vorrei commentare viene da un altro nostro recente studio (Anwar et al,
Mol Autism, 2018), che ha dimostrato la presenza, in soggetti autistici
non sindromici, di un’alterazione della via catabolica degli amminoacidi
ramificati; un gruppo internazionale con una forte presenza italiana ha
descritto nel 2016 una rara mutazione dell’enzima SLC7A5 responsabile
del mantenimento della corretta concentrazione di tali aminoacidi nel
cervello; tale mutazione, allo stato omozigote, determina autismo
(Tặrlungeanu et al, Cell, 2016).
Allo stato attuale, si può ragionevolmente ipotizzare che lo scarso
funzionamento di una proteina o di una via metabolica, pur in assenza di
specifiche mutazioni, possa dipendere da alterazioni epigenetiche,
dovute a cause che genericamente possiamo definire “ambientali”, sulla
natura delle quali stanno accumulandosi molte prove. Se da un lato la
cattiva notizia è che tali cause ambientali sono spesso riconducibili a
un crescente inquinamento al quale risulta difficile sottrarsi, la buona
notizia potrebbe essere che la regolazione epigenetica (a differenza di
quella genetica) è potenzialmente reversibile.*Ci serve solo una cosa:
ricerca, ricerca, ricerca!
*
*Marina Marini, Università di Bologna
*
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