[autismo-biologia] farmaci e comportamenti dirompenti

Tiziano tgabrielli a alice.it
Mer 20 Maggio 2015 13:39:31 CEST


Che il medico specialista o meno abbia un vero ruolo è un quesito che a tutt'oggi si risolve esclusivamente in ambito diagnostico e farmacologico. Questa limitazione è ormai consolidata. Tutela la medicina dalla responsabilità di omissione, negligenza , errore terapeutico. Sì perché seppur di fronte a problematica complessa e priva di soluzioni allo stato dell'arte, questo ruolo rimuove la ri-abilitazione dalle competenze mediche mentre ne fa parte integrante. Lo scostamento di responsabilità ha reso supplente la pedagogia che confonde il quadro clinico con  il sintomo vuoi comportamentale, cognitivo, motorio, sensoriale, ecc.  Chiamata ad educare, educa ma non si occupa del meccanismo pato-(dis)funzionale del problema che giustamente tornerebbe al medico come richiesta di cura. Il farmaco dunque resta sintomatico.  Noi genitori e guide per le associazioni di genitori e operatori lamentiamo la psichiatrizzazione del l'approccio terapeutico eppure siamo i primi a ridurre il problema a un disfunzionamento psicologico, cito appunto Marino che dice "un linguaggio rudimentale per comunicare". Se fosse così come potremmo ammettere l'uso di sostanze per impedirlo? Fortunatamente si torna ai sintomi e quel poco, pochissimo, nulla di farmacologico che funziona, qui o là. Eppure siamo a promuoverlo nella speranza che  "usato ad arte" funzioni, che usato da medici funzioni di più... visto che come è usato non funziona.

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> Il giorno 20/mag/2015, alle ore 10:54, Fondazione Marino <fondazionemarino a gmail.com> ha scritto:
> 
> In riferimento a quanto autorevolmente scrive la Prof. Daniela Mariani Cerati in proposito, condivido perfettamente le affermazioni riguardo al dato incontrovertibile che la sinergia tra intervento farmacologico ed approcci educativi può cambiare la vita delle persone affette da autismo e delle loro famiglie; è tuttavia straordinaria l'affermazione "se in altri campi non è chiaro chi sia il terapeuta, in questo caso è chiarissimo: il medico". L'affermazione è storica perché per la prima volta si prende atto della evidenza che la persona affetta da autismo non può e non deve essere oggetto di interesse esclusivo del neuropsichiatra perché i comportamenti dirompenti - noi li chiamiamo comportamenti-problema - spessissimo, non sono manifestazioni psichiatriche ma linguaggio rudimentale per comunicare un disagio mentale o un dolore fisico.
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