[autismo-biologia] terminologia

Paola Fidani paolafidani a tiscali.it
Gio 19 Mar 2015 11:13:05 CET


  Molti anni fa, seguendo una nota trasmissione televisiva della RAI,
un altrettanto noto direttore di un grande e famoso giornale, per
definire non ricordo se il comportamento o l'atteggiamento, o comunque
una prerogativa dei terroristi (quello era l'argomento in discussione in
quella serata), lo definì come "autistico, autoreferenziale".
Sono
saltata letteralmente sul divano dove ero seduta, in preda
all'indignazione e ho guardato mio figlio che se ne stava tranquillo con
noi a guardare la televisione, in compagnia del suo IPod, senza far
nulla di male.
Dopo una breve discussione in famiglia su cosa sarebbe
stato meglio fare, se telefonare in trasmissione, inviare una e-mail di
protesta o altro, decidemmo di lasciar stare, ma ancora oggi penso di
aver sbagliato.
E' vero anche che non è stata l'unica volta in cui ho
sentito utilizzare il termine autistico per indicare qualcosa di
negativo, ma è anche vero che certamente chi aveva pronunciato quella
frase non voleva riferirsi alle persone autistiche e credo anche di
comprendere che cosa volesse effettivamente dire, ma trovo che sia
realmente molto grave continuare ancora oggi a utilizzare un termine che
ormai identifica una disabilità per indicare qualità negative di altri
gruppi o persone che nulla hanno a che fare con l'autismo.
Infine, mi
chiedo se i direttori di giornale e i conduttori di talk-show, sappiano
cos'è l'autismo.
Probabilmente no.
Che vi devo dire, meno male che c'è
Caretto.
Grazie Flavia.
Un caro saluto a tutti.
Paola Fidani

Il
18.03.2015 06:10 Flavia Caretto ha scritto: 

> Salve, sono Flavia
Caretto, psicologa. 
> 
> Leggo sempre con attenzione le e-mail della
lista autismo-biologia, pur non essendo un medico o un biologo, e senza
la pretesa di comprendere davvero ciò che si pubblica. 
> 
> Vorrei
segnalare qualcosa che mi appare come un problema. Noto che spesso si
utilizza, nelle semplificazioni giornalistiche, ma anche nel parlare
comune "intorno" all'autismo, un linguaggio privo di rispetto, a
prescindere dal "dato" a cui ci si sta riferendo. Si utilizzano parole
che hanno assunto una connotazione di giudizio nell'uso comune - una
connotazione da cui non si può prescindere. A volte il senso sociale di
un termine "prevale" su quello tecnico (e rende il termine semplicemente
offensivo) mentre altri termini veicolano concetti semplicemente errati.
Ad esempio, la definizione di "comportamenti antisociali" riferita
all'autismo, non ha alcun riscontro nella letteratura scientifica, ed è
stigmatizzante, in quanto evoca contrapposizione e pericolosità sociale.
Alcuni titoli giornalistici in verità non hanno proprio alcuna relazione
con il contenuto: immagino che vengano scelti per indurre qualcuno a
leggere di più. 
> 
> Ma spesso l'autismo viene descritto anche nelle
pubblicazioni scientifiche (anche e forse soprattutto da chi non ha
conosciuto - lavorato - vissuto con persone autistiche) in termini
fortemente e radicalmente, direi "violentemente" e unicamente, negativi,
che mi lasciano imbarazzata. 
> 
> Da persona tipica, cerco di capire le
motivazioni che spingono le altre persone tipiche a fare
generalizzazioni e semplificazioni, ma trovo comunque che far
"rimbalzare" definizioni sbagliate da una notizia all'altra non ottenga
altro effetto di aumentare lo stigma, e quindi, in definitiva, di
allontanare le possibilità di comprensione sociale dell'autismo e di
migliorare la qualità della vita delle persone autistiche e delle loro
famiglie. 
> 
> Se e quando è possibile, si dovrebbe porre attenzione ad
usare un linguaggio corretto e ad evitare le terminologie che esprimono
giudizi di valore e non corrispondono ai "dati" sperimentali. Non mi
sembra solo una condizione di buon senso e di buona educazione, ma un
problema di sostanza e di diritti. 
> 
> Per ottenere un linguaggio
corretto, basterà mettersi nei panni di un lettore autistico, e
immaginare che la terminologia usata venga riferita a noi. Considerato
che "accusiamo" le persone autistiche di scarsa empatia, non ci
dispiacerà dimostrarne un po', vero? 
> 
> Flavia Caretto 
> 
> 18 marzo
2015
  


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