[autismo-biologia] terminologia

Antonella Foglia anto.foglia a gmail.com
Gio 19 Mar 2015 07:27:39 CET


Buongiorno a tutti,
apprezzo e condivido pienamente il pensiero condiviso dalla dottoressa Caretto, essendo io una  mamma che spessissimo si è sentita profondamente offesa per il proprio figlio (e per tutti gli altri) a causa questo tipo di atteggiamenti di giudizio, tanto più discutibili ora che le conoscenze sull’autismo stanno evolvendo e cambiando di giorno in giorno, e ci stanno dando chiara indicazione di quante poche certezze noi tutti abbiamo. Colgo l’occasione per ringraziare anche tutte le persone autistiche in grado di comunicare per le loro preziose testimonianze che ci stanno aprendo finestre sul loro mondo interiore, contribuendo così anche a smantellare diversi pregiudizi.
Grazie, dottoressa Caretto, buon lavoro.
Antonella Foglia



From: Flavia Caretto 
Sent: Wednesday, March 18, 2015 6:10 AM
To: autismo-biologia a autismo33.it 
Subject: [autismo-biologia] terminologia

Salve, sono Flavia Caretto, psicologa.

Leggo sempre con attenzione le e-mail della lista autismo-biologia, pur non essendo un medico o un biologo, e senza la pretesa di comprendere davvero ciņ che si pubblica.

Vorrei segnalare qualcosa che mi appare come un problema. Noto che spesso si utilizza, nelle semplificazioni giornalistiche, ma anche nel parlare comune “intorno” all'autismo, un linguaggio privo di rispetto, a prescindere dal “dato” a cui ci si sta riferendo. Si utilizzano parole che hanno assunto una connotazione di giudizio nell’uso comune – una connotazione da cui non si può prescindere. A volte il senso sociale di un termine “prevale” su quello tecnico (e rende il termine semplicemente offensivo) mentre altri termini veicolano concetti semplicemente errati. Ad esempio, la definizione di “comportamenti antisociali” riferita all'autismo, non ha alcun riscontro nella letteratura scientifica, ed è stigmatizzante, in quanto evoca contrapposizione e pericolosità sociale. Alcuni titoli giornalistici in verità non hanno proprio alcuna relazione con il contenuto: immagino che vengano scelti per indurre qualcuno a leggere di più.

Ma spesso l'autismo viene descritto anche nelle pubblicazioni scientifiche (anche e forse soprattutto da chi non ha conosciuto – lavorato – vissuto con persone autistiche) in termini fortemente e radicalmente, direi "violentemente" e unicamente, negativi, che mi lasciano imbarazzata.

Da persona tipica, cerco di capire le motivazioni che spingono le altre persone tipiche a fare generalizzazioni e semplificazioni, ma trovo comunque che far “rimbalzare” definizioni sbagliate da una notizia all'altra non ottenga altro effetto di aumentare lo stigma, e quindi, in definitiva, di allontanare le possibilità di comprensione sociale dell'autismo e di migliorare la qualità della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie.

Se e quando è possibile, si dovrebbe porre attenzione ad usare un linguaggio corretto e ad evitare le terminologie che esprimono giudizi di valore e non corrispondono ai “dati” sperimentali. Non mi sembra solo una condizione di buon senso e di buona educazione, ma un problema di sostanza e di diritti.

Per ottenere un linguaggio corretto, basterà mettersi nei panni di un lettore autistico, e immaginare che la terminologia usata venga riferita a noi. Considerato che “accusiamo” le persone autistiche di scarsa empatia, non ci dispiacerà dimostrarne un po’, vero?

Flavia Caretto

18 marzo 2015



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