[autismo-biologia] dal gene alla funzione

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Mer 7 Gen 2015 21:57:36 CET


Quando diciamo che lo studio delle malattie monogeniche è relativamentesemplice rispetto allo studio delle malattie complesse, dobbiamo  sottolineare con molta enfasi l’avverbioRELATIVAMENTE.

La malattia monogenica ci fa capire che allo stato attuale della ricerca noiconosciamo poco non solo la patologia, ma anche la fisiologia, in particolare imeccanismi molecolari che vanno dal gene alla funzione..


Un esempio dimalattia monogenica che causa gravi alterazioni del neurosviluppo č lamutazione del gene CDKL5. Ma quale č la funzione di detto gene? Solo quando nesapremo di pių, potremo cercare dei target su cui agire per arrivare a terapierazionali. 



A questa domanda stacercando di rispondere con ricerche di avanguardia un gruppo italiano che hapubblicato on line il 2 gennaio scorso l’articolo “Synaptic synthesis,dephosphorylation and degradation: a novel paradigm for an activity-dependentneuronal control of CDKL5”



La Montanara P1, Rusconi L1, Locarno A1, Forti L1, Barbiero I1, Tramarin M1, Chandola C1, Kilstrup-NielsenC1, Landsberger N2, J Biol Chem. 2015 Jan 2. pii: jbc.M114.589762.[Epub ahead of print]



https://it-mg42.mail.yahoo.com/neo/launch?.rand=3jd2uu414rq92#943913097




 


L’articolo lo si puo’leggere liberamente in rete, ma esso è pienamente comprensibile solo a un ristrettogruppo di addetti ai lavori.



Per farne comprendereil significato  ad un pubblico più vastoho chiesto il contributo di  NicolettaLandsberger, coautrice dell’importante lavoro. Prima di darle la parola la ringrazioa nome degli iscritti alla lista



      Daniela MC 



 
Il gene CDKL5 è un gene legato alcromosoma X che negli ultimi anni sta acquisendo sempre più importanza nelmondo delle patologie appartenenti allo spettro autistico. Collegato nel 2004 auna variante della sindrome di Rett caratterizzata da precoci, gravi e spessointrattabili forme di epilessia, è poi stato trovato in pazienti generalmenteaffetti, oltre che da encefalopatia epilettica a esordio precoce, da un severoritardo nello sviluppo e ipotonia muscolare. Nonostante le bambine siano almomento il genere prevalentemente colpito, il numero di bambini maschirisultati positivi allo screening per CDKL5 sta crescendo velocemente. Crediamoche nei prossimi anni aumenterà in maniera drammatica il numero ancora esiguodi pazienti di entrambi i sessi con la mutazione del gene. Giovanel’associazione del gene con la salute umana, ancora inevitabilmente ridotte leconoscenze sul ruolo della proteina corrispondente soprattutto nel cervello,l’organo maggiormente colpito dai suoi difetti.

Prima del 2004 grazie a studi dibioinformatica si era ipotizzato che CDKL5 codificasse per una chinasi, unenzima capace di attaccare un gruppo fosfato a specifiche proteine bersaglio,in questo modo regolandone la loro attività. Nel 2005 è stata la collaborazionetra due gruppi italiani, quello di Busto Arsizio e quello della prof.ssaRanieri di Siena, a dimostrare che in effetti tale era l’attività dellaproteina e, cosa ancora più importante, che un bersaglio di CDKL5 era propriola proteina maggiormente responsabile della sindrome di Rett, MeCP2, fornendoin questo modo una spiegazione molecolare del perché CDKL5 faccia veniresintomi parzialmente simili a quelli caratterizzanti la sindrome di Rett. Neiquasi 10 anni successivi alcuni laboratori di ricerca hanno iniziato adedicarsi a CDKL5 e la ricerca italiana primeggia certamente tra questi. Sonoaumentati gli studi molecolari nel tentativo di capire meglio quali processiregoli nel cervello CDKL5, cosa vada storto quando essa non funzionacorrettamente: una comprensione obbligata nella speranza di arrivare a dellecosì dette terapie razionali.  Ed è proprio il frutto di unacollaborazione tra alcuni gruppi italiani che lo scorso anno ha portato allaproduzione di un topolino transgenico con la mutazione di CDKL5: un modelloanimale fondamentale per la comprensione della malattia e per valutare nellacosì detta fase pre-clinica possibili approcci terapeutici.

Questa settimana è uscita un’altrapubblicazione grazie alle attività di ricerca condotte principalmente nel laboratoriodi Busto Arsizio. In questo lavoro gli autori sono partiti dall’ormaiconsolidata conoscenza che alla base dell’apprendimento vi sono dei cambiamentimolecolari che avvengono in zone ristrette del neurone deputate allacomunicazione (le sinapsi); tali cambiamenti sono indotti dall’eccitazioneneuronale e il loro non corretto funzionamento è causa di fenomeni più o menogravi di autismo e/o disabilità intellettiva. Quindi, avvalendosi di cervellidi topolini sani, di neuroni di topi in coltura e sinapsi di topo ancorafunzionanti ma separate dal restante cervello, gli autori sono riusciti adimostrare che CDKL5 è una proteina capace di sentire e rispondere molto velocemente(parliamo di frazioni di secondo nel cervello adulto) all’eccitazioneneuronale. Per potere rispondere in fretta la cellula ha “scelto” di accorciareil normale percorso dell’attivazione di un gene: l’mRNA di CDKL5 trascritto nelnucleo viene portato lontano, nelle sinapsi, e li rimane inattivo fino a quandol’eccitazione del neurone non dice “accendete CDKL5”: ecco allora chequell’mRNA viene subito tradotto in proteina funzionale. A cosa serve? Non losappiamo ancora ed è quello che ora bisogna individuare. Quando nelle sinapsi,nei bottoni della comunicazione, CDKL5 viene sintetizzato, cosa va a segnalareattaccando il suo fosfato? Ma un altro dato importante è che i recenti studidimostrano come anche questa attività sia finemente regolata: non appena CDKL5è stata attivata deve anche essere spenta e quindi viene demolita. CDKL5 sembraquasi un interruttore: si accende, da’ il via ma poi deve essere spenta. Chissà,forse se rimane troppo a lungo accesa diventa pericolosa? L’importanza di tuttociò sembra confermato dagli stessi studi effettuati durante la maturazione delcervello: all’inizio, quando i neuroni sono giovani, CDKL5 viene attivato dallostimolo ma non viene degradato, come se la sua presenza servisse più a lungo oper lo meno non  fosse dannosa, poi nel cervello un poco più maturola degradazione c’è ma è lenta, per arrivare all’adulto dove tutto è cosìveloce che quasi non si riesce a visualizzarlo.

Ora andiamo alla ricerca dei bersagli diCDKL5 nelle spine dendritiche: siamo convinti che la loro individuazione cipermetterā di meglio capire le malattie legate a CDKL5 e altre forme di autismoe ad iniziare a disegnare dei tentativi di approcci terapeutici razionali.

    Nicoletta Landsberger

 
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