R: [autismo-biologia] distribuzione

Alessandrelli Riccardo alessandrelli.riccardo a gmail.com
Lun 1 Set 2014 11:35:14 CEST


E aggiungerei che il cognitivo riesce ad avere un attecchimento efficace
nell’individuo, se la funzione da apprendere ha un senso utile nella vita
quotidiana. Non possiamo pensare di insegnare ad una persona come si
allacciano le scarpe, se questa non ha alcun motivo per uscire da casa al
mattino. 

Altro discorso da tenere in considerazione nelle terapie intensive, riguarda
il rischio burn out del personale riabilitatore, che spesso si trova a dover
fronteggiare casi difficili per periodi prolungati, con margini di
miglioramento minimi. Un elemento, quello della qualità del rapporto
paziente-riabilitatore, imprescindibile per la buona riuscita del progetto
riabilitativo. 

Il monitoraggio semestrale o annuale delle abilità funzionali dei pazienti,
in caso di mancata o scarsa risposta alle terapie, dovrebbe prevedere
cambiamenti radicali dell’impostazione terapeutica, ma ciò non avviene per
via della scarsa differenziazione dei servizi a disposizione, per cui una
eventuale dimissione metterebbe le famiglie in mezzo ad una strada. Di
conseguenza, si verifica che i centri riabilitativi corrono il rischio di
trasformarsi in veri e propri “parcheggi”, con amplificazione all’ennesima
potenza delle problematiche che abbiamo esposto, ovvero regressione delle
abilità per i pazienti, burn out degli operatori; una sorta di catena o
“autismo nell’autismo”. La chiamerei “riabilitazione stereotipata”.

 

Da: autismo-biologia-bounces a autismo33.it
[mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it] Per conto di francesca
Inviato: domenica 31 agosto 2014 11:14
A: Autismo Biologia
Oggetto: Re: [autismo-biologia] distribuzione

 

Concordo, da terapista, con il Signor Alessandrelli Riccardo. I nostri
ragazzi andrebbero rispettati di più. spesso l’intervento domiciliare, cosa
necessaria in una fase iniziale dell’intervento riabilitativo, dopo tempo
diventa un’invasione di spazio per i nostri ragazzi che oltre a vedersi
soppressa la possibilità di essere se stessi in ambienti sportivi e socio
ricreativi, si trovano la terapista e le sue molteplici richieste. Io, che
lavoro in team e che strutturo gli interventi ,chiedo ai genitori di
proseguire la stimolazione  delle abilità acquisite ed emergenti nel modo
più naturale possibile. Spesso, quando si è troppo concentrati sulla lotta
fra metodi ci si dimentica che il cognitivo è ovunque 

Il giorno 25/ago/2014, alle ore 12:05, Alessandrelli Riccardo
<alessandrelli.riccardo a gmail.com> ha scritto:

 

E sarebbe ancor più interessante discutere sulla opportuna modulazione degli
interventi terapeutici in base alle caratteristiche del paziente:
nell’ambito della scuola, esiste una  proporzionalità tra livello di gravità
della diagnosi ed ore di sostegno scolastico, criterio che non sempre è la
soluzione ideale per una buona integrazione. Ovvero nei casi più gravi,
sarebbe meglio al posto di dare molte ore di sostegno, puntare su una
assistenza educativa qualificata, che permetta ai pazienti di svolgere le
attività abilitative nell’ambito delle ore lavorative previste per la loro
età (al mattino, quindi). In età scolare, un bambino ha il sacrosanto
diritto di “lavorare” al mattino e stare tranquillo, giocando o facendo
comunque attività ricreative, al pomeriggio. Domandiamoci quanto gli
interventi a “tambur battente” previsti dalle terapie intensive pomeridiane,
possano effettivamente portare a un beneficio. Non raramente possono portare
a un sostanziale peggioramento della qualità della vita di queste giovani
persone, che si vedono ipotecare gran parte della settimana tra scuola e
centri riabilitativi. Con conseguente incremento dei comportamenti
problematici e insofferenza verso qualunque tipo di proposta.

Le ore di sostegno, dovrebbero invece essere maggiormente stornate a favore
dei pazienti con maggiori risorse in ambito prettamente scolastico.

Questo discorso può risultare blasfemo, ma solo perché spesso non si dispone
di personale specializzato oltre gli insegnanti di sostegno stessi, per cui
questi ultimi risultano essere l’unica alternativa valida per accompagnare
l’iter scolastico dei bambini nello spettro e in generale con disabilità
varie.

 

Da: autismo-biologia-bounces a autismo33.it
[mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it] Per conto di marie giangi
Inviato: lunedì 25 agosto 2014 09:51
A: Autismo Biologia
Oggetto: RE: [autismo-biologia] distribuzione

 

Sarebbe interessante sapere anche "dopo" la diagnosi, quante ore di terapia
abilitativa vengono dedicate ad ogni bambino ed in base a quali criteri.

Se un bimbo è grave,livello cognitivo basso, oppositivo, non verbale e senza
intenzionalità comunicativa ed un'altro ha un buon livello cognitivo,
"troppo" verbale con una voglia estrema di comunicare ed integrarsi ma senza
averne le capacità empatiche, che fare se non si hanno sufficienti risorse
da dedicare ad entrambi?

E' una curiosità ma a queste domande ho sentito dare risposte di ogni tipo.

  _____  

Date: Sat, 23 Aug 2014 15:30:59 +0200
Subject: Re: [autismo-biologia] distribuzione
From:  <mailto:alessandrelli.riccardo a gmail.com>
alessandrelli.riccardo a gmail.com
To:  <mailto:autismo-biologia a autismo33.it> autismo-biologia a autismo33.it

Lavoro  alla ASL2 Abruzzo, nella zona di Vasto in qualità di dirigente
medico in neurpsichiatria infantile. Da due anni stiamo valutando la
popolazione in età scolare all'interno dell'Unità Multidisciplinare e lo
scorso Giugno abbiamo presentato un poster al convegno dell'Ospedale Bambin
Gesù a Roma. Le  diagnosi nello spettro, in questi due anni si sono
moltiplicate, ma soprattutto a favore delle forme ad alto funzionamento. Nel
poster, ho pensato di fare un paragone tra le diagnosi in ingresso al
servizio, ovvero fatte altrove, e le diagnosi da noi fatte in uscita.
Esisteva maggiore concordanza diagnostica per le forme di autismo grave,
mentre le forme definibili "lievi" e ad alto funzionamento, venivano
misconosciute o ricevevano diagnosi sulla base di problematiche in
comorbilità secondarie.

In poche parole, credo che la situazione del nostro territorio possa essere
un po' il paradigma di ciò che avviene a livello generale: le "epidemie" di
autismo si verificano dove gli strumenti diagnostici sono più presenti e
sensibili.

Riccardo Alessandrelli

 

Il giorno 23 agosto 2014 09:33, maurizio arduino <
<mailto:arduino81 a hotmail.com> arduino81 a hotmail.com> ha scritto:


 

i dati epidemiologici nazionali di fatto non esistono, che io sappia ci sono
come dati ufficiali, entrambi basati sulla classificazione dell'OMS ICD10,
solo quelli di Piemonte ed Emilia Romagna. Credo che uno degli obiettivi del
nostro Istituto Superiore di Sanità sia proprio quello di arrivare ad avere
un dato nazionali.
In Piemonte 
considerando i minori conosciuti dai servizi, il dato aggiornato al
31-12-2012, è di 3.3/1000, e, per la fascia di età in cui il dato è più
completo (7-11 anni) sale a 4.8/1000. In una indagine di pochi anni (G.M.
Arduino e L. Latoni – Epidemiologia e percorsi assistenziali nel caso dei
Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, AUTISMO e disturbi dello sviluppo Vol. 8,
n. 1, gennaio 2010) fa avevamo verificato che il dato "scendeva" al 1.6 su
mille nel caso di soggetti tra i 18 e i 30 anni (problema ancora più grande
è avere un dato degli adulti con disturbi dello spettro autistico)

Il dato piemontese riguarda tutti i minori residenti in Piemonte che sono
stati registrati negli ultimi 12 anni in un sistema informativo regionale
che si chiama NPI.net, molti di questi sono sempre in carico ai servizi
pubblici, una parte invece è seguita presso altri Centri che non usano il
sistema regionale (privati, privati convenzionati). Questo significa che se
noi considerassimo solo il numero dei minori con disturbi autistici seguiti
dai servizi pubblici in un certo anno, avremmo un dato di prevalenza
sottostimato.

Aggiungo questo dettaglio perché una stima affidabile della prevalenza dei
disturbi dello spettro autistico dovrebbe tenere conto, come è stato ben
chiarito in un lavoro di Flavia Chiarotti e Aldina Venerosi dell'ISS della
fonte del dato e da quanti sono i registri o i Servizi che in una certa
regione si occupano di autismo. Rimando alla loro relazione per i dati
internazionali
<http://www.iss.it/binary/auti/cont/Dr.ssa_Flavia_Chiarotti_Dr.ssa_Aldina_Ve
nerosi_Istituto_Superiore_di_Sanit_Roma.pdf>
http://www.iss.it/binary/auti/cont/Dr.ssa_Flavia_Chiarotti_Dr.ssa_Aldina_Ven
erosi_Istituto_Superiore_di_Sanit_Roma.pdf,

Si dovrà poi tenere conto dei cambiamenti introdotti dalla classificazione
del DSM 5, soprattutto se verrà recepita dall' ICD 11

 

saluti a tutti
 
maurizio arduino

  _____  

From:  <mailto:studiomontanini a virgilio.it> studiomontanini a virgilio.it
To:  <mailto:autismo-biologia a autismo33.it> autismo-biologia a autismo33.it
Date: Fri, 22 Aug 2014 12:21:26 +0200
Subject: [autismo-biologia] distribuzione

 

Volevo chiedere se esistono studi abbastanza recenti sulla diffusione
statistica della sindrome autistica sia dal punto di vista geografico, sia
relativamente alla età.-

Sono conscio che non tutti gli stati usano le stesse classificazioni, che
non tutti hanno la stessa sensibilità e che con il tempo gli strumenti sono
stati riviste e rielaborati

 

Marco Montanini

 

 

 

 

 

 

 

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