[autismo-biologia] ancora sull'articolo di JAMA

Paola Visconti paola.visconti a ausl.bologna.it
Lun 12 Maggio 2014 10:31:47 CEST


molto interessante il discorso genetico sui gemelli monozigoti , davvero apre un nuovo scenario . grazie !
Dott.ssa Paola Visconti
Ambulatorio Autismo e DdS
UOC. NPI, Ospedale Bellaria 
IRCSS, Bologna
e-mail: paola.visconti a ausl.bologna.it
  ----- Original Message ----- 
  From: daniela marianicerati 
  To: lista autismo-biologia 
  Sent: Sunday, May 11, 2014 3:41 PM
  Subject: [autismo-biologia] ancora sull'articolo di JAMA


  Nell’articolo “The Familial Risk of Autism"[1], gli autori e soprattutto i commentatori, tra cui Valeria Pini di Repubblica[2] interpretano la discordanza di malattia nei gemelli monozigoti nel 50 per cento dei casi come dovuta esclusivamente a fattori ambientali, in alternativa ai fattori genetici. In realtà una parte della discordanza puo’ essere spiegata nell'ambito della genetica in quanto i  gemelli MZ possono differire geneticamente tra loro in diversi modi, uno dei quali è l’insorgenza di mutazioni o CNVs dopo la separazione degli embrioni. 
  A questo proposito segnalo l’articolo “Phenotypically Concordant and Discordant Monozygotic Twins Display Different DNA Copy-Number-Variation Profiles[3]
  http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2427204/

  La conclusione a cui giungono gli autori è la seguente
  “We present evidence for large-scale CNVs among MZ twins and suggest that these variations may be common, notably in somatic development.

  Our results question the long-standing notion that MZ twins are essentially genetically identical and open up new possibilities in the use of discordant MZ twins for identifying regions harboring disease- or trait-influencing loci”

  Per quanto riguarda I fattori di rischio ambientali segnalo l’articolo

  "Maternal lifestyle and environmental risk factors
  for autism spectrum disorders"[4]
  http://ije.oxfordjournals.org/content/early/2014/02/11/ije.dyt282.abstract


  Di questo articolo riporto la traduzione dell’abstract fatta da Emanuela Pipitone, esperta di statistica medica e coautrice dell’articolo “"Oxidative Stress and Erythrocyte Membrane Alterations in Children with Autism: Correlation with Clinical Features"[5]


  BACKGROUND:
  Negli ultimi 10 anni è cresciuta enormemente la ricerca su possibili associazioni tra autismo e fattori di rischio ambientale. Questa ricerca ha evidenziato che esiste una serie di fattori non genetici, che agiscono durante il periodo prenatale, che possono influenzare  lo sviluppo neurologico.
   METODI:
  In questo articolo viene fatta la revisione di diversi studi che hanno evidenziato l’esistenza di una associazione tra ASD (Autism Spectrum Disorders)  e l’esposizione pre-natale e pre-concepimento a particolari fattori quali: tipo di alimentazione, uso di sostanze ed esposizione ad inquinanti presenti nell’ambiente. La revisione ha preso in considerazione solo quegli studi che si riferivano ad almeno 50 casi di ASD, che utilizzavano un valido gruppo di controllo, che erano stati condotti nei 10 anni precedenti e che erano focalizzati o sui rischi connessi agli stili di vita delle madri o all’esposizione ad inquinanti ambientali.
  Un apporto elevato di certi nutrienti ed integratori nella dieta delle madri in periodo pre-concepimento risulta essere associato alla riduzione del rischio di ASD, con maggiore evidenza per l’acido folico. Anche se molte ricerche sembrerebbero dimostrare che fumo ed alcool non abbiano influenza sull’ASD, occorrerebbe realizzare studi più rigorosi per valutare l’esposizione a questi rischi.
  Molti studi, invece, hanno dimostrato un aumento significativo del rischio di ADS dovuto all’esposizione (stimata) all’inquinamento atmosferico nel periodo prenatale, in particolare all’esposizione ai metalli pesanti ed al particolato (polveri). Mentre pochi studi hanno valutato l’associazione tra ADS ed altri inquinanti organici persistenti (POP) o non persistenti (ad esempio: ftalati).
   CONCLUSIONI:
  Molta ricerca deve ancora essere fatta per raggiungere l’evidenza scientifica, unita alla plausibilità biologica, dell’esistenza di un’associazione tra i nutrienti derivati dalla madre (grassi, vitamine ed altri), tra gli agenti chimici distruttori-endocrini e tra i pesticidi ed i deficit dello sviluppo neurologico. A tal fine occorrerebbero studi epidemiologici su larga scala, con particolare attenzione alla criticità data dalle “finestre eziologiche” ed a come queste varino al variare del tipo d’esposizione. Occorrerebbe anche fare uso di bio-marcatori e di altri mezzi per capire i meccanismi che sono alla base di queste associazioni.

  POP
  Gli inquinanti organici persistenti, o POP (acronimo inglese di Persistent Organic Pollutants) sono sostanze chimiche molto resistenti alla decomposizione (alcune rimangono presenti nel terreno fino a vent'anni prima di dimezzarsi) e che possiedono alcune proprietà tossiche.
  Per le loro caratteristiche di persistenza e tossicità sono particolarmente nocive per la salute umana (si configurano alcuni come veleni, altri come agenti cancerogeni) e per l'ambiente (anche mortali per la  fauna). A causa della loro elevata lipoaffinità, si è riscontrato il loro accumulo negli organismi e ne sono stati rilevati residui in pesci, animali selvatici, e nei tessuti, nel latte e nel sangue umani, oltre che in campioni alimentari. Sono presenti nell'atmosfera, nell'aria e nell'acqua e la loro propagazione è dovuta anche alle specie migratrici. Il pericolo consiste nella crescente concentrazione negli ecosistemi terrestri e acquatici.

  I dodici POP prioritari sono:
  Aldrin, Clordano, Diclorodifeniltricloroetano (DDT), Dieldrin, Endrin, Eptacloro, Mirex, Toxafene, Policlorobifenili (PCB), Esaclorobenzene, Diossine e Furano.







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  [1] [1] Sandin S et al,  JAMA. 2014;311(17):1770-1777. doi:10.1001/jama.2014.4144
  [2] Lo studio: "Rischio autismo, metà genetico e metà ambientale" 
  http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2014/05/04/news/lo_studio_rischio_autismo_met_genetico_e_met_ambientale-85217914/?ref=HREC1-11
  [3] Bruder  C et al, Am J Hum Genet. Mar 3, 2008; 82(3): 763–771. 
  Published online Feb 29, 2008. doi:  10.1016/j.ajhg.2007.12.011
  PMCID: PMC2427204

  [4] Kristen Lyall K et al, International Journal of Epidemiology, 2014, Vol. 0, No. 0

  [5] Ghezzo a et al, Plos one, June 2013 | Volume 8 | Issue 6 | e66418


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