R: [autismo-biologia] ricerca ed associazionismo

mazzoni.armando a libero.it mazzoni.armando a libero.it
Mar 15 Apr 2014 20:41:02 CEST


Cari tutti,

 

Quel genitore ero io.

 

La situazione necessita ancora di tanto, moltissimo è stato fatto ma ancora
non basta e soprattutto non sempre arriva a tutti, iscritti o no ad
un’associazione. ANGSA che conosce bene la storia dell’Autismo in Italia lo
sa molto meglio di me. E penso che sia sano chiedersi cosa ancora non sia
stato fatto e come farlo nel modo più veloce possibile.

 

Mi iscriverò all’ANGSA e verrò a parlarne con voi.

 

Nel merito della ricerca posso solo immaginare che il commento fatto dalla
Dott.ssa Marini abbia fatto riflettere chiunque lo abbia letto. La prima
riflessione che però  mi viene in mente è di carattere generale e non
riguarda solo la ricerca: non possiamo negare che abbiamo davanti un
decennio almeno che prospetta crescenti riduzioni di spese sanitarie e
sociali: la ricerca come l’assistenza per l’Autismo ne subirà le
conseguenze. Questo farà aumentare ancora di più le spese private, già MOLTO
ingenti, delle famiglie.

 

Una grossa associazione nazionale che rappresenta di fatto centinaia di
migliaia di famiglie, se già non lo fa (verrò alle vostre riunioni per
informami), dovrebbe capire come fare fronte a questa tendenza, proporre
modelli  di ricerca e assistenza di eccellenza in cui si possano fondere i
soldi dello stato e quelli dei privati, producendo addirittura più risultati
con meno costi. Questo si può fare ad es. chiedendo interventi sulla
fiscalità per non deprimere le finanze delle famiglie e su una dimostrabile
minore spesa per lo Stato nel medio-lungo termine. Dobbiamo proporre leggi
precise e mirate.

 

Certo per realizzare ciò deve cambiare anche il buonsenso delle famiglie,
affamate di qualsiasi cosa dia speranza e dedite al mordi e fuggi
opportunistico. Oggi il buonsenso mi dice che se potessi dare ad es. il 5%
per cento del mio reddito per finanziare la ricerca sull’Autismo, se anche
si vedessero i risultati tra 20 o 30 anni, sarebbe un giustissimo
investimento e questi risultati sarebbero di enorme beneficio anche per mio
figlio adulto, e lo farei di corsa. Questa voce però nel 730 non c’è, lo
stato non mi vuole far partecipare alla costruzione della vita di mio
figlio. Tutto è molto disintegrato tra migliaia di Onlus.

 

Ragionamenti analoghi si potrebbero fare per la scuola, centri abilitativi e
advocacy, quest’ultima caso esemplare dell’enorme domanda che c’è (per
motivi molto diversi sia per i bambini che per gli adulti) di rappresentanza
a livello nazionale per i temi pratici e urgentissimi della tutela legale,
che si disperde spesso nel popolarissimo (e talvolta efficace, ma
inefficientissimo) “fai da te” di internet. 

 

Per ottenere cambiamenti strutturali (in cui regola ed eccezione finalmente
si ribaltano), in un paese sostanzialmente ad essi allergico (e figuriamoci
nella fattispecie dell’Autismo), il requisito  necessario e non sufficiente
è essere uniti e spiegare alle famiglie che così facendo ci saranno più
possibilità per i loro figli. Per ottenere questi cambiamenti dovremo però
anche metterci (anzi continuare a mettere) i nostri soldi (delle famiglie) e
chiederci e proporre il come farlo nel modo più razionale ed efficace
possibile.

 

Cordialità

AM

 

 

 

Da: autismo-biologia-bounces a autismo33.it
[mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it] Per conto di
Cornacchia/Donato
Inviato: martedì 15 aprile 2014 19:15
A: autismo scuola; autismo-biologia a autismo33.it
Oggetto: [autismo-biologia] ricerca ed associazionismo 

 

Gentili,

DanielaMariani Cerati ha scritto:

"La ricerca dovrebbe partire dalla constatazione che questi gravissimi
comportamenti compulsivi hanno una base endogena, al pari delle crisi
epilettiche. Ma quali meccanismi biochimici le scatenano? Il fenomeno è
tanto diffuso quanto poco conosciuto, ma è reale. Ed è gravissimo che sia
così poco studiato dalla comunità scientifica del ventunesimo secolo. "

 

Come non condividere questa riflessione? chi da anni vive la quotidianità
dell'autismo ha potuto sperimentare nel tempo le varie interpretazioni degli
addetti ai lavori. Siamo passati dall'oscuro passato colpevolizzatore
all'odierno approccio cognitivo comportamentale. In questa positiva
evoluzione, dimostrata del resto dai risultati sui bambini che beneficiano
di interventi precoci di questo tipo, resta tuttavia una parte oscura,
ancora inesplorata. 

Una parte che non sembra indagabile con l'analisi del comportamento e con la
classica ricerca dell'antecedente, etc.. Detto questo, vorrei chiarire che
non sto svolgendo opera denigratoria verso gli approcci che fortunatamente
anche in ITalia si stanno applicando, ma constato, nella mia esperienza ed
in quella di altri, un margine di imprescrutabilità che mi vede aderire a
quanto su espresso. 

La base endogena di alcuni comportamenti, spesso accompagnati da prodromi a
livello fisico individuabili ad un occhio attento ( sudorazione e
salivazione abnorme, variazioni della temperatura corporea, irrequietezza
fisica ed aumento delle stereotipie motorie ) credo esista . Purtroppo la
mancanza di studi in questo senso non può essere negata, altrettanto non
possiamo negare quanto la comunità sociale non abbia la consapevolezza della
gravità dei sintomi in autismo ( non solo nei "gravi" che cita Mariella, ma
in quasi tutti ) . Mi sto chiedendo cosa dobbiamo fare per far giungere alla
società il nostro grido di aiuto, quando nei tavoli istituzionali l'autismo
viene considerato solo "una" delle tante disabilità, riconducendola quindi a
problemi di budget e negandoci il doloroso primato che diversi studi ( es:
"F.A.B.I.A." e "La dimensione nascosta delle disabilità" del Censis ) ci
attribuiscono. 

Siamo troppo dignitosi? Ci facciamo carico di una quotidianità faticosissima
senza far trapelare all'esterno la gravità della situazione?

Personalmente sto molto riflettendo su questo, ed anche su una certa
solitudine di coloro che lavorano perchè le istituzioni cambino la presa in
carico e l'assistenza all'autismo.

Ha ragione DMC quando, rispondendo ad un genitore che lamenta una assenza
delle associazioni nello stimolare la ricerca, dice: 

"..lei non ha idea di quanto ANGSA si sia battuta sin dalla sua nascita nel
1985 per la ricerca scientifica. Non a caso ha creato un comitato
scientifico e questo forum. Ricercatori impegnati si sono interessati di
autismo su impulso di ANGSA , a partire dal campus biomedico che, non appena
costituito, è stato subito contattato dal fondatore e primo presidente di
ANGSA, Pierluigi Fortini, che ha proposto alla neonata Università di
occuparsi di autismo. Mi pare che lei di questo non sia per nulla informato.
Se  vuole collaborare, e ha delle idee, sarà il benvenuto. "

Quanti genitori si interessano a conoscere la nostra storia, che, senza tema
di smentite,  coincide esattamente con la storia dell'autismo in Italia? 

Riferendomi qui non ad una situazione specifica, invito a riflettere su
quanto l'associazionismo stia subendo agli occhi delle famiglie una valenza
che trovo  impropria .

Molte famiglie aderiscono alle associazioni in base all'offerta di servizi e
progetti. Troppe volte non una parola viene spessa per confrontarsi sulla
linea politica, sul ruolo che l'associazione stessa intenda darsi, su quali
siano gli obiettivi. Si aderisce a chi offre in quel momento un progetto che
ci sembra utile, salvo cambiare in poco tempo la propria adesione a favore
di altri, come se si acquistasse un qualunque prodotto nel negozio più
conveniente. 

Così non si rafforza l'associazionismo, si perde il senso di appartenenza,
ci si frantuma in realtà sempre più locali che non perseguono linee
politiche, le uniche  che potranno migliorare il domani dei nostri figli.
Quando parliamo e ci esponiamo anche personalmente nel rapporto con le
istituzioni, molti rappresentanti di queste realtà non sono con noi.

I progetti a sostegno delle famiglie sono cosa buona e utile, ma finiranno
quando non avremo più denaro, o quando saremo stanchi. I percorsi
istituzionali resteranno, che noi siamo in vita o no, che l'Operatore bravo
sia andato in pensione o meno, perchè creeranno una nuova cultura
rispondente a dettami precisi a cui i Servizi dovranno aderire. E sarà
allora che dovremo essere uniti nel monitorare la qualità dei servizi
ottenuti, spendendo gran parte delle nostre energie a sostegno di queste
richieste SOSTANZIALI, alle quali, una volte ottenute , potranno sì fare da
corollario le attività che sui territori riusciremo ad organizzare. Ma
queste, senza i percorsi istuzionali opportuni, saranno cosa effimera.

E insieme ai protocolli di assitenza e presa in carico, dobbiamo considerare
come cosa prioritaria anche la ricerca, in tutte le declinazioni a cui DMC
si riferisce. La cosa riguarda tutti noi, anche se sarà molto difficile
ottenerla. 

 

Cordialmente

 

Noemi  

 



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