R: [autismo-biologia] spettro autistico: quanto ampio?

Nicola Panocchia npanocc a tin.it
Mar 21 Giu 2011 19:25:50 CEST


Non mi trovo d'accordo con il dott. Palazzi sul fatto che l'estensione della definizione di autismo non possa nuocere alla ricerca ed io direi più in generale alle politiche sanitarie e sociali sull'autismo.
Per rimanere al paragone con il diabete, nessun paziente afferma di non essere affetto dalla patologia. Se vogliamo continuare nel paradosso, è come se alcuni pazienti con diabete tipo II dicessero nei mass media che il diabete in fondo non è un gran patologia, basta un po’ di dieta ed eventualmente qualche pilloletta. Perché allora spendere tanti soldi per la ricerca, per centri specializzati, per la cura?
A mio avviso, Quello che conta non è la percezione sociale di una patologia.
Perché si dovrebbero spendere soldi pubblici per persone che non voglio considerarsi affette da una patologia, né tantomeno la vogliono curare? Anzi rivendicano il diritto a non essere curate.
Se inoltre sono queste persone che hanno più accesso ai mass media o la  rappresentazione che si fa di questa patologia è prevalentemente centrata su questa tipologia di persone con autismo (vedi Hacking I. (2009), How we have been learning to talk about autism: A role for stories,«Metaphilosophy», voi. 40, nn. 3-4, pp. 499-516), qual'è l'immagine che l'opinione pubblica avrà dell'autismo? Perché dovrebbe voler investire soldi e risorse? 
Non è proprio quello che lamenta il genitore nella lettera al The Guardian "This is not to say that the society does not maintain and run a number of excellent schools and residential units for those with classic autism, but it is to argue that the society's efforts have become dissipated in trying to address the widely differing needs of such disparate groups. And for those at the lower end of the spectrum there is still a tremendous shortage of specialised schools and adult residential units. Ironic, given that the society was originally founded to avoid just such a situation"
Non c'è il rischio che affermazione come "La disabilità, insomma, è da intendersi più che altro come una forma di oppressione sociale in cui le
persone con disabilità sono costrette a vivere a causa del modo in cui è strutturata la società." trovino vasta udienza. E a rimetterci sarebbero proprio le persone più fragili.
Distinti saluti
Nicola Panocchia

-----Messaggio originale-----
Da: autismo-biologia-bounces a autismo33.it [mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it] Per conto di Stefano Palazzi
Inviato: lunedì 20 giugno 2011 23:59
A: autismo-biologia a autismo33.it
Oggetto: Re: [autismo-biologia] spettro autistico: quanto ampio?

Sono d'accordo su tutti i punti espressi dalla cara Daniela Mariani Cerati sul tema della definizione del fenotipo autistico, eccetto il timore che una definizione estensiva possa limitare la ricerca scientifica. Potrebbe essere vero l'opposto, a vedere cosa succede altrove. Il confronto con lo spettro diabetico mostra che l'attenzione per il diabete tipo 1 (5 per mille) non risente negativamente dell'attenzione data al diabete tipo 2 (5 per cento). Così pure succede nella paralisi cerebrale infantile, nella distrofia muscolare e nell'epilessia. Analogamente nello spettro autistico abbiamo tipi e sottotipi diversi, più o meno gravi, con o senza altre comorbidità, che si dovrebbero studiare con pari attenzione. 

Stefano Palazzi




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