Nel corrente anno
scolastico, l’Ufficio Scolastico Regionale ha considerato con
grande interesse la richiesta presentata dall’A.N.G.S.A.
(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), di conoscere
quanti ragazzi e ragazze con patologie dello spettro autistico
frequentano le scuole statali e paritarie della regione, rilevando in
ciò non soltanto il legittimo interesse delle famiglie ma
anche una precisa necessità dell’Ufficio.
Gli studenti con
patologie dello spettro autistico, infatti, rappresentano un problema
assai rilevante per le scuole e per i docenti, e pongono problemi
nodali in ordine all’organizzazione della vita delle classi, degli
spazi e dei tempi della scuola, della differenziazione dei percosi
educativi e didattici e della loro specializzazione, ed interrogano
in profondità le ragioni che sono alla base della scelta
compiuta nel nostro paese a favore dell’integrazione scolastica
degli allievi con handicap, anche grave o gravissimo.
La Legge 104/92 pone in
capo all’Amministrazione scolastica la responsabilità di
costruire i percorsi e garantire le condizioni affinchè la
scuola di tutti possa essere anche scuola di ciascuno,
a partire dalle condizioni in cui si trova, condizioni che, secondo
la Legge stessa, non possono costituire ostacolo all’integrazione.
La rilevazione
quantitativa relativa alla presenza degli allievi con autismo
nelle scuole di ogni ordine e grado della regione viene a costituire
un primo, essenziale passo, verso la successiva riflessione in ordine
alla dimensione qualitativa dell’integrazione nelle classi e
nelle scuole in cui essi sono presenti.
Le patologie dello
spettro autistico costituiscono situazioni umane che “contrastano
il senso comune”. Infatti le radici della scelta
dell’integrazione scolastica delle persone con handicap nelle
classi comuni fondano sulla convinzione, supportata da decenni di
esperienze positive, che soltanto
in relazione con i
compagni un ragazzo con handicap può giungere a sviluppare al
meglio le proprie competenze cognitive, comportamentali, sociali,
relazionali, di autonomia e di autodeterminazione.
Strettamente connessa a
quanto sopra indicato vi è anche la convinzione della
reciprocità delle ricadute positive dell’integrazione,
anche nei confronti dei processi di maturazione psicologica,
cognitiva ed etica dell’intero gruppo – classe.
Purtroppo per le persone
con autismo, il rapporto con gli altri è proprio uno degli
aspetti più problematici e più difficilmente
suscettibili di modificazioni.Richiede l’uso di strategie da
costruire passo per passo con costanza e coerenza nel lungo periodo e
deve essere modulato nel “come” e nel “quanto” per loro
possibili onde evitare che diventi fonte di sofferenza, di ribellione
e di rifiuto, sentimenti che possono manifestarsi con comportamenti
anche eclatanti e difficili da affrontare, a volte anche di tipo
aggressivo o autoaggressivo.
Sembra quindi che la
sfida dell’integrazione perda, rispetto ai ragazzi autistici, la
sua arma migliore.
Tuttavia non è
così. L’idea che le persone autistiche non desiderino
il rapporto con i loro simili viene via via lasciando il passo alla
certezza che essi non sappiano cosa sia il rapporto con
un’altra persona, come con se stessi, che manchino cioè
degli elementi essenziali – e, per i non autistici, nativi – per
strutturare l’identità propria e per comprendere quella
altrui.
In mancanza – allo
stato attuale della ricerca medica – di una cura risolutiva,
l’educazione a vivere è l’unica speranza che può
dare futuro a a questi ragazzi e alle loro famiglie.
In questo senso i dati
della rilevazione che qui presentiamo sono soltanto un primo passo di
conoscenza, sia in ordine alla quantificazione della
situazione sia, come si diceva, in ordine alla riflessione
qualitativa.
La rilevazione quest’anno
ha censito circa 700 alunni frequentanti le scuole statali e
paritarie di ogni ordine e grado della regione Emilia – Romagna. Si
osserva che, rispetto ai dati epidemiologici internazionali, la
percentuale di autistici sul totale della popolazione “attesa”
era invece intorno al 3 per mille (ovvero all’incirca mille e
cinquecento certificazioni).
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