[autismo-biologia] Ancora sull'inclusione

Angela Ottaviani angelaottaviani47 a gmail.com
Dom 19 Maggio 2024 17:36:25 CEST


Vorrei condividere con voi la mia esperienza inglese.

In Inghilterra il concetto di 'protezione' è sempre stato più 
consolidato e accettato, a fronte di quello di inclusione.

Vivo e lavoro nella regione di Essex da oltre vent'anni, nel campo 
dell'autismo, come insegnante per bisogni speciali, prima in una scuola 
speciale statale e poi in una scuola semi privata o 'independent', 
dipendente da una fondazione, le cui rette per i ragazzi venivano 
comunque pagate dal 'pubblico' (LEA, Local Educational Authority). Ora 
l'Inghilterra si sta muovendo un po' di più verso l'inclusione e mentre, 
fino a 8-10 anni fa, i bambini autistici high functioning , ora chiamati 
di Livello 1, frequentavano la scuola normale (Mainstream), mentre i 
bambini bisognosi di supporto sostanziale (di Livello 3) andavano nelle 
scuole speciali, negli ultimi anni c'è  stata una inversione di tendenza 
e anche i gravi e gravissimi hanno iniziato ad essere 'dirottati' verso 
il Mainstream.

Negli ultimi due anni ho lasciato il settore 'speciale' e lavoro come 
educatrice in una scuola elementare Mainstream. Laddove in Italia era 
stato più un movimento culturale e una battaglia anche dei genitori 
arrivare alla chiusura delle scuole speciali, qua in Inghilterra la 
sensazione è che si vada verso l'inclusione più per risparmiare risorse 
che per le nobili ragioni che l'inclusione porta con sè. Nelle scuole 
normali inglesi, gli insegnanti hanno poco o nulla a che vedere con i 
bambini portatori di bisogni speciali che sono invece totalmente 
affidati agli educatori, i quali vengono pagati a 'minimum wage' o 
salario minimo. Nella scuola normale esiste la figura della SENDCO 
(special educational needs coordinator), il più delle volte una ex 
insegnante curricolare che poi fa un training per i BES, mentre già 
ricopre il proprio incarico, ma che si occupa più che altro di 
paperwork, della documentazione necessaria a supporto delle 
'segnalazioni' e che tiene i rapporti con le authorities e le famiglie. 
Ogni bambino segnalato ha un EHCP Educational Health Care Plan, il 
vecchio statements of Special Educational Needs, dove si riassumono i 
bisogni educativi del singolo bambino e il tipo di supporto che ne deve 
derivare.

Le LEA hanno Logopedisti che visitano i bambini nelle scuole e danno 
suggerimenti per il piano educativo individuale e consulenti che anche 
vedono i singoli e che hanno iniziato a fare training nelle scuole 
(quelli sull'autismo sono in genere mutuati da Autism Education Trust). 
Si, perchè spesso gli educatori sono diplomati ma senza formazione in 
campo educativo, spesso ex mamme che vengono in contatto con la scuola 
tramite i figli o ex dinner ladies o aiuto cuoche.

Nella scuola dove lavoro siamo partiti con i bambini all'interno della 
classe (una prima elementare più giovane perchè qua si inizia a 4 anni 
nell'anno zero o Reception, quindi un anno ultimo di scuola 
dell'infanzia. I bambini erano 22, ora 28 e tra questi i 6 piccoli 
autistici non riuscivano a vivere ogni giorno di scuola in modo sereno: 
tanti compagni, ambienti pieni di stimoli e tutto a portata di mano per 
incoraggiare l'indipendenza. I compagni dal canto loro faticavano nei 
loro compiti per il livello di rumore o i comportamenti problema. A poco 
a poco le due aule che avevamo a disposizione si sono separate e abbiamo 
creato un'aula per loro con meno clutter, un ambiente su modello TEACCH 
e oggetti desiderabili non accessibili per stimolare la comunicazione 
attraverso il PECS.

I momenti di inclusione ci sono e sono differenziati. uno dei nostri 
bambini è verbale ma abbiamo dovuto lavorare molto sul comportamento 
prima che potesse fare 10-15 minuti di lezione coi compagni 
(Apprendimento dei fonemi). Gli altri bambini non verbali hanno 
condiviso momenti di gioco per poter utilizzare il PECS coi compagni che 
prendevano a turno lì'oggetto desiderato, diventando partner di 
comunicazione e stimolando ogni bambino a usare il PECS. Tutti insieme 
hanno fatto la recita di Natale e ora faranno Sports day e i nostri 
piccoli partecipano per uno o più aspetti dell'evento a seconda delle 
abilità. Ogni giorno condividono il gioco all'aperto in cortile e le 
interazioni dei bimbi autistici coi compagni normodotati non mancano.

Il sistema ha molte pecche, prima fra tutte la formazione molto limitata 
degli educatori. Io venivo da un ruolo precedente di insegnante speciale 
e dalle formazioni che, in Italia, avevo trovato grazie a Carlo, 
Daniela, Paola Visconti e l'ANGSA. Così la scuola è stata molto aperta e 
mi ha consentito di introdurre il TEACCH, il PECS e un approccio che 
sviluppa l'attenzione condivisa che si chiama Attention Autism. Per 
poter continuare a lavorare con l'autismo ho dovuto lasciare un ruolo 
meglio remunerato (insegnante) e ricoprire quello di educatore di 
supporto perchè qua la figura dell'insegnante di sostegno nella scuola 
normale non esiste. Poi le realtà non sono tutte uguali. Alcune scuole 
hanno già un Autism hub come il mio; in altre ci sono singoli bambini 
inseriti in classi normali ma sempre molto numerose. Ci sono authorities 
(LEA) avanzate e con più soldi, come nella mia zona e LEA con meno 
risorse come in certe zone di Londra, ma in queste, proprio perchè le 
LEA hanno risorse limitate, l'ABA è più diffuso e i genitori ottengono 
almeno un educatore ABA sostenuto dalle LEA. Nella mia zona ABA non è 
supportata, in parte perchè danno spazio ad altri approcci e in parte 
perchè mal vista (che è il motivo per cui mi sono fermata alla qualifica 
RBT e non ho intrapreso il master BCBA).

Scusate il lungo e tardivo intervento. Tutto per dire che la nostra 
inclusione è un patrimonio di valori inestimabile e tuttavia abbiamo 
anche noi in Italia avuto le nostre ingenuità in campo di integrazione, 
pensando all'inizio che bastasse inserire i BES a scuola per fare 
integrazione. Abbiamo poi capito l'importanza di interventi specifici e 
speciali nei nostri ambienti normali, nel nostro 'sfondo integratore', 
come diceva il grande e compianto Andrea Canevaro. Forse la via di 
mezzo, un sistema misto dove non si demonizzino contesti speciali per 
consentire interventi speciali, all'interno di un contesto normale dove, 
sia in modo spontaneo (tipo gioco all'aperto), che in modo strutturato, 
con momenti specifici di intervento si possa promuovere l'apprendimento 
del singolo e il contatto sociale coi compagni, senza dimenticare quelle 
lezioni, come ginnastica, che anche si prestano a momenti inclusivi.

Grazie e buona Domenica

Angela

On 19/05/2024 08:22, daniela wrote:
> La Queen’s University Belfast ha reso pubblica la tesi di dottorato 
> della Dottoressa Elena Clò dal titolo
>
> “Establishing conditioned reinforcers and socio-communicative 
> behaviours in toddlers with a high probability of autism spectrum 
> disorders”
>
> “Sostenere le abilità sociocomunicative nella prima infanzia”
>
> https://pure.qub.ac.uk/en/studentTheses/establishing-conditioned-reinforcers-and-socio-communicative-beha 
>
>
> Un’anticipazione della tesi ci è stata data al convegno lions ANGSA 
> del 6 aprile scorso, dove la relatrice ha mostrato i filmati di due 
> mamme che praticavano strategie finalizzate all’apprendimento di 
> abilità socio-comunicative da parte dei figli di 8 e 12 mesi a rischio 
> di diagnosi di autismo
> Queste interazioni giocose sono il tentativo di trasferire alla vita 
> reale una vasta mole di ricerca sull’analisi del comportamento 
> applicata allo spettro autistico, condizione che si sta rivelando 
> sempre più frequente.
> Tra gli scopi della ricerca c’era quello di verificare la fattibilità 
> e l’accettabilità di queste strategie, che dovrebbero essere praticate 
> dalle mamme nel loro contesto di vita sotto la guida della 
> ricercatrice esperta.
>
> Le diapositive della relazione sono al link
>
> https://apriautismo.it/wp-content/uploads/2024/04/2024-4_abilita_socio_comunicative_prima_infanzia_ANGSA_CLO.pdf 
>
>
> Ora in rete si puo’ leggere la versione integrale della tesi
>
> https://pureadmin.qub.ac.uk/ws/portalfiles/portal/586271901/Establishing_conditioned_reinforcers_and_socio-communicative_behaviours_in_toddlers_with_a_high_probability_of_autism_spectrum_disorders.pdf 
>
>
> Più che leggerla, la tesi va studiata in quanto, oltre alla ricerca 
> sperimentale di cui sopra, essa fa una rassegna aggiornata e 
> approfondita della letteratura sullo spettro autistico (Autism 
> Spectrum Disorder), sulla scienza del comportamento nelle ricerche di 
> laboratorio e nella vita reale (The Science of Behaviour from the 
> Laboratory to the Real World and Back), sui rinforzi condizionanti (A 
> Systematic Review of Conditioning Reinforcers), sulle pratiche basate 
> sull’evidenza delle prove riferite al trattamento dell’autismo 
> (Evidence-Based Practice and Autism Interventions ) e in particolare 
> sugli interventi comportamentali basati sull’evidenza delle prove  
> (Evidence-Based Behavioural Interventions for Autism Spectrum Disorders).
>
> Un aspetto che mi ha colpito è il rigore e, direi, la severità con la 
> quale viene classificata la qualità della "evidence" nelle ricerche 
> pubblicate.
>
> Ben lungi sia dal trionfalismo sia dallo scetticismo che caratterizza 
> il giudizio di molti professionisti di opposti schieramenti nei 
> confronti dell’ABA, per pochissimi degli studi citati la qualità 
> dell’evidenza viene ritenuta forte. Per molti essa viene giudicata 
> moderata e per alcuni debole.
> Intervenire precocemente con le strategie che al momento la ricerca, 
> pur con i limiti evidenziati, ci suggerisce è doveroso in quanto non 
> sarebbe etica una inerte attesa.  La tesi si conclude con l’invito a 
> intensificare la ricerca: una ricerca, sia di base che applicata, che 
> porti a trattamenti sempre più “evidence based”
> “increased research effort that conjugates evidence from several 
> sources to make effective interventions available”
>
> L’autrice mi ha promesso di pubblicare prossimamente la tesi 
> integrale, o parte di essa, in italiano, in quanto ritengo che il tema 
> interessi non solo i professionisti, ma anche i genitori, che non sono 
> tenuti a leggere correntemente l’inglese
>
>     Daniela Mariani Cerati
>
>
> _______________________________________________
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