[autismo-biologia] Livello 1, Livello 2, Livello 3 Come si decide la severità delle condizioni dello spettro dell'autismo? Una rassegna narrativa della letteratura e una proposta operativa

daniela daniela a autismo33.it
Ven 17 Nov 2023 10:32:42 CET


Sino al maggio 2013, quando è stata pubblicata la quinta revisione del 
DSM (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali   Americano) vi 
era una netta distinzione tra autismo e sindrome di Asperger.
Col termine autismo si indicava una condizione di grave disabilità, 
caratterizzata da incapacità di comunicare e di interagire socialmente e 
presenza di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi, molto 
spesso associata a comportamenti dirompenti caratterizzati da 
aggressività verso gli altri e verso se stessi. Il tutto con esordio 
infantile ma con persistenza, pur con possibili miglioramenti, ma talora 
con vistosi peggioramenti, nella vita adulta, caratterizzata, quasi 
sempre, dalla totale dipendenza anche per i più banali atti della vita 
quotidiana.

La sindrome di Asperger era invece caratterizzata dalla autosufficienza, 
dalla capacità di comunicare e talora da doti anche superiori alla 
norma, con deficit isolati della comunicazione sociale, compatibili 
comunque con una vita sociale e lavorativa pressocchè normale, e talora 
di successo.

Il DSM ha fatto la scelta di chiamare spettro autistico una gamma di 
situazioni che comprendono i due estremi sopra ricordati creando una 
grande confusione.
La scelta di usare un unico aggettivo, “autistico”, per condizioni tanto 
diverse è una scelta arbitraria, compiuta dall’uomo e non dalla natura, 
nella quale le due condizioni estreme sono diversissime e pertanto chi 
si dichiara autistico e ha un linguaggio forbito e una raffinata 
capacità di introspezione non ha nulla in comune con chi ha la stessa 
etichetta, anche se poi il DSM specifica tre livelli, che nei mass media 
non vengono mai menzionati.

L’autismo classico è una disabilità gravissima, che compromette 
pesantemente la qualità della vita di chi ne è affetto e della sua 
famiglia.
Alcune persone con autismo sono diventate cieche a forza di sbattere la 
testa contro il muro. Per altre la contenzione fisica, che si pensava 
fosse appannaggio del passato, è stata necessaria per impedire che i 
fossero pericolose a sé e agli altri.

Nel libro recentemente pubblicato da Chiara Gemma

https://www.cafagnaeditore.it/admin/libri/85/Pdf.Storie%20alla%20ribalta.pdf

così è descritto il comportamento di Dario

“Ci sarebbe il capitolo provocazioni che è stata la cifra con cui Dario 
prendeva le misure a tutti, me compreso. Dapprima con capricci, poi, 
crescendo, facendo gesti che sapeva ci avrebbero infastidito se non 
addirittura fatto incazzare. Dai gesti alle parole volgari, alle 
bestemmie, agli atti più violenti, in una escalation che a volte 
riuscivamo a interrompere ma che, sempre più spesso, sarebbe sfociata in 
una crisi anche alimentata dalla mia reazione, prima verbale e poi 
fisica, ai suoi gesti che erano, in ordine sparso: prendersela con 
oggetti della casa, tipo abat-jour, soprammobili (ne abbiamo pochissimi 
ora), i nostri cellulari, i miei occhiali, per finire a pugni, morsi 
calci e tirate di capelli alla mamma (con me non sarebbe riuscito, li ho 
sempre avuti corti) e qualche volta qualche colpo intenzionalmente 
tirato anche a me…….
Ora è una forza della natura e contenerlo durante le crisi – e ci sono 
periodi in cui ne passa di devastanti, ravvicinate nel tempo l’una 
all’altra – diventa un’impresa e devo rispolverare alcune mosse di 
difesa personale per ridurlo ad una parziale impotenza”

Queste persone con autismo, che il DSM chiama di livello 3, non hanno 
nulla a che fare con i sedicenti autistici di livello 1, ex Asperger o 
chissà cosa, e questi ultimi non hanno nessun diritto di rappresentarli. 
Essi possono rappresentare soltanto se stessi.
Le persone con autismo di livello 3 sono incapaci di autorappresentarsi, 
come vorrebbero i sedicenti nuovi autistici e, quando qualcuno lo 
afferma, commette dei falsi e talora dei reati, come avviene nella 
storia vera narrata in Pulce non c’è ((Rayneri G. (2009) Einaudi: 
Torino) dove, con la comunicazione facilitata diretta da adulti che 
fingevano che la bambina si esprimesse, mentre in realtà si esprimevano 
loro, le fanno dire che il padre aveva abusato di lei e della sorella, 
con conseguenze infamanti per un povero padre innocente.

Descrivere una realtà tragica non significa non amare la persona 
disabile, ma anzi. L’autore prima citato, che si firma Gigi, che non è 
il padre, ma il compagno della madre, finisce così il suo racconto
“Vederlo con un pigiama nuovo e colorato mi procura piacere – e glielo 
vedremo addosso giusto in due, io e la mamma –, per cui penso che sia 
perché, e credo si sia capito dopo tutte queste pagine: gli voglio bene”

    Daniela MC





Il 2023-11-16 17:39 Enrico Toffolo ha scritto:
> Segnalo l'articolo al seguente link che affronta il tema della
> severità/gravità associata allo spettro con particolare riferimento
> ai livelli di supporto descritti nel DSM-5.
> 
> https://www.researchgate.net/publication/375610505_Livello_1_Livello_2_Livello_3_Come_si_decide_la_severita_delle_condizioni_dello_spettro_dell%27autismo_Una_rassegna_narrativa_della_letteratura_e_una_proposta_operativa
> 
> ET
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