[autismo-biologia] [autismo-scuola] significato mutevole di autismo

David Vagni david.vagni a gmail.com
Mer 1 Mar 2023 17:37:33 CET


Cara Raffaella,
a parte l’avere idee diverse sull’unitarietà dell’autismo, concordo sul resto del tuo discorso ma vorrei aggiungere un commento alla tua ultima parte:

> Inoltre dovrebbe farci riflettere che questo problema non esiste quando parliamo di bambini esiste solo per quanto riguarda gli adulti. Ma questi adulti sono stati bambini e adolescenti che probabilmente hanno sofferto per non sentirsi né capiti né integrati e per una diversità che li ha sempre fatti sentire estranei.

Come sai non faccio diagnosi (ripeto, sono un ricercatore non un clinico) ma partecipo a tantissime valutazioni. Devo dire che anche se è infrequente, mi è capitato più di una volta di osservare situazioni di "autismo si, autismo no, autismo forse” anche nei bambini, relativamente al criterio del “funzionamento”.

Purtroppo nei bambini, ancora più che negli adulti, è difficile (e rischi di essere preso per pazzo o peggio) fare diagnosi in presenza di un buon funzionamento, perché se sono in un ambiente “protetto”, l’ambiente stesso tende a mascherare le difficoltà (genitori iper-presenti, piccola scuola privata, etc.).

Il problema è che tu sai che prima o poi quel bambino cadrà. Perché il problema è che quando i tratti autistici ci sono, anche in presenza di un buon funzionamento (e magari momentaneamente anche in assenza di stress psicologico), prima o poi quella cosa che ti fa crollare la trovi. Spesso è il passaggio da un ciclo scolastico all’altro o un trasloco.

In generale in quei casi spesso uno scrive “ci sono marcati tratti… ma il funzionamento al momento….” “si consiglia di tenere sotto osservazione”…”si consiglia ugualmente di fare un parent-training”, etc.
Ma spesso bambini nello spettro hanno genitori, almeno con una gamba nello spettro ed il pensiero dicotomico la fa da padrone e viene ulteriormente incentivato da un sistema sociosanitario pensato per la cura/assistenza molto più che per la prevenzione. 

Il risultato è che frequentemente in quei casi non fanno nulla e poi ritornano dopo 2, 4, 6 anni, quando scoppia il problema.

Questo penso dovrebbe far ragionare su una cosa, medici e psicologi, di cosa si occupano? Della malattia o della salute? Perché se ci occupiamo della salute dovremmo impegnarci primariamente nella prevenzione. Ma il “sistema” non lo consente. 

Quanto è lecito forzare il sistema per fare prevenzione?

Questa penso sia una domanda interessante da porsi e a cui non ho una risposta.
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