[autismo-biologia] terapia mediata dai genitori: parliamone

Carlo Hanau hanau.carlo a gmail.com
Sab 1 Lug 2023 22:17:30 CEST


Anche io concordo, ma voglio aggiungere questa nota.

Per inserirmi nel discorso iniziato da Antonio, partirei un po’ da lontano,
anche nel tempo, perché me ne sono occupato dal 1976, quando con Morosini e
Dardanoni invitammo Archi Cochrane a Erice per un seminario sulla EBM.

In medicina, per affermare che una terapia “sperimentale” è efficace, o
meglio più efficace di un’altra “tradizionale”, bisogna passare da una
sperimentazione randomizzata controllata (in inglese Randomized Controlled
Trial: RCT) Questo sia per i farmaci che per un approccio abilitativo, se
questo si propone come terapeutico.

La randomizzazione si può fare con le cavie, quando si preleva dalla gabbia
dove sono tutti gli animali acquistati un animale per volta e lo si
contraddistingue con un numero, e poi a caso (random) si assegna metà degli
animali col numero estratto col pallottoliere (oggi col PC) al gruppo del
trattamento sperimentale e l’altra metà restante al  gruppo controllo
“Controlled”, col trattamento tradizionale.

Con gli umani si deve ottenere da tutti gli interessati una dichiarazione
che è disponibile ad assumere un trattamento sperimentale oppure quello
tradizionale, senza sapere quale sarà (in cieco). E già questo non è facile.

Mentre con i farmaci è possibile organizzare un RCT in doppio cieco, con
gli approcci abilitativi sull’uomo è molto più difficile e pertanto ce ne
sono pochissimi. Ci si accontenta in genere del miglioramento che avviene
dopo avere ripetuto la stessa terapia sperimentale nel gruppo di soggetti
che sono disponibili e che sanno di fare la terapia sperimentale. Il nostro
sperimentatore di terapie abilitative psicopedagogiche sull’autismo non
dispone di centinaia di casi, ma soltanto di poche decine, fra i quali deve
scegliere quelli che hanno una certa età e un certo genere. Il numero dei
soggetti diventa sempre più piccolo e non si può pretendere, come hanno
decretato gli attuali componenti del panel della linea guida sull’autismo,
che venga considerato “molto basso “ il numero di 100, che è quasi
irraggiungibile.

Sarà il confronto statistico fra i risultati a decidere se il numero è
troppo basso, perché la significatività dipende dalla differenza
percentuale fra i migliorati con la terapia sperimentale e quelli con la
terapia tradizionale. Teoricamente basterebbero 5 casi con terapia
sperimentale e 5 tradizionale per stabilire che esiste differenza
significativa, se tutti i 5 sperimentali andassero bene e i 5 tradizionali
male. In tale caso esistono soltanto 5 probabilità su 100 che il buon
risultato sia dovuto al caso e non causato dalla terapia sperimentale.



In genere la scelta dello sperimentatore cade nella cerchia dei suoi
pazienti. Questi si fidano di lui. Per evitare l’effetto placebo che la
fiducia nel curante può indurre, sovrastimando la sua terapia sperimentale
(altrimenti non ci proverebbe neppure), sarebbe necessario che il paziente
e il valutatore del risultato non sapessero se in quel periodo il paziente
fa la terapia sperimentale oppure la terapia tradizionale. Questa mancanza
di conoscenza si chiama “cecità” e il doppio cieco (del paziente e dello
sperimentatore) è una garanzia che viene richiesta per i farmaci, dove le
pillole della terapia sperimentale e quelle tradizionali sono di aspetto e
sapore identico. Soltanto il direttore della sperimentazione conosce cosa
contengono ed è lui che farà la valutazione dei risultati comunicatigli
dallo sperimentatore.

Questa condizione è quasi impossibile da realizzarsi quando si tratta di
trattamenti psicoeducativi che esigono collaborazione dei genitori e che
oltre tutto durano mesi, durante i quali i genitori possono informarsi
anche da altri genitori nelle associazioni e da google.

L’ottimo è nemico del bene e occorre accontentarsi delle prove che si
possono ottenere, paragonando fra loro i risultati con il metodo che si può
fare. L’imposizione dell’eccellenza delle prove, fatta ora in Italia
dall’ISS, è stata fatta appositamente per smentire la precedente linea
guida n.21, per non prendere in considerazione le migliaia di
sperimentazioni sui trattamenti basati su ABA e per arrivare alla
conclusione che tutte le terapie hanno prove molto basse, dimenticando che
esistono prove intermedie, delle quali si deve tenere conto proprio perché
molto numerose (migliaia) sono le sperimentazioni. In statistica questo
errore si chiama Floor Effect  (cfr:
https://www.informareunh.it/passato-e-presente-delle-cure-e-pseudo-cure-per-lautismo/
).

La recentissima Linea guida dell’Australia, fatta con la stessa metodologia
GRADE come quella in corso in Italia, non cade in questo madornale errore e
arriva  a stabilire la differenza fra le terapie con prove definite “medie”
e quelle altre “basse”, facendo quello che una guida deve fare:
un’indicazione a favore delle terapie basate su ABA per quasi tutte le
necessità di miglioramento, partitamente prese, sulle quali i genitori
possono esercitare la scelta per i loro bambini.

In assenza di un gruppo di controllo il miglioramento, anche se avviene
subito dopo la terapia, non può essere considerato sempre automaticamente
come prodotto dalla terapia stessa, ma potrebbe essere casuale e non frutto
della terapia. Non vale sempre il detto latino: Post hoc, propter hoc.
Tuttavia, quando i due fenomeni si concatenano molte volte in diverse
osservazioni fatte in circostanze e da osservatori differenti, la
probabilità che ci sia un nesso di causa-effetto aumenta e se ne deve
tenere conto in ogni linea guida.
Tra i pochi RCT esistenti c’è quello fatto con il “Parent-mediated
communication-focused treatment in children with autism (PACT)” Green J,
Charman T, McConachie H, Aldred C, Slonims V, Howlin P, Le Couteur A,
Leadbitter K, Hudry K, Byford S, Barrett B, Temple K, Macdonald W, Pickles
A; PACT Consortium. Parent-mediated communication-focused treatment in
children with autism (PACT): a randomised controlled trial. Lancet. 2010
Jun 19;375(9732):2152-60. doi: 10.1016/S0140-6736(10)60587-9. Epub 2010 May
20. PMID: 20494434; PMCID: PMC2890859.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2890859/



Copio dall’articolo

 Children with core autism (aged 2 years to 4 years and 11 months) were
randomly assigned in a one-to-one ratio to a parent-mediated
communication-focused (Preschool Autism Communication Trial [PACT])
intervention or treatment as usual at three specialist centres in the UK.
Those assigned to PACT were also given treatment as usual



Treatment effect was positive for parental synchronous response to child
(1.22, 0.85 to 1.59), child initiations with parent (0.41, 0.08 to 0.74),
and for parent-child shared attention (0.33, -0.02 to 0.68). Effects on
directly assessed language and adaptive functioning in school were small.



*Interpretation: *On the basis of our findings, we cannot recommend the
addition of the PACT intervention to treatment as usual for the reduction
of autism symptoms; however, a clear benefit was noted for parent-child
dyadic social communication.


*Discussion*

The endpoint scores for symptoms of autism improved in both groups, with
only a small estimated group difference in favour of the PACT intervention

There was no group difference in standardised assessor-rated measures of
child language. However, parent ratings of language and social
communication showed a strong effect in favour of the PACT intervention.



I risultati positivi sono stati modesti, evidenti soprattutto quando
testati dai genitori e molto meno quando testati dai professionisti. Per
questo gli autori ritengono di raccomandare questo approccio non  in modo
generalizzato ma soltanto mirato.



Non ci sono stati effetti indesiderati, anzi c’è stato un effetto positivo
sui genitori più che sui bambini.



Parent-mediated interventions might be particularly efficacious in
improving parents' perceptions and sensitivity to their child's
communication needs



Questa sperimentazione dovrebbe indurre i professionisti a coinvolgere i
genitori senza però sovraccaricarli, esattamente come dice Fiorentino, se
non altro per ottenere il risultato citato sui genitori (improving parents'
perceptions and sensitivity to their child's communication needs)



Come regola generale gli RCT che riguardano le terapie abilitative e non
farmacologiche devono dare delle indicazioni per la vita reale. Si ricordi
che nell’RCT si tende a realizzare condizioni da laboratorio, diverse e
semplificate rispetto alla vita reale.



Fino a qualche decennio fa i genitori venivano rigorosamente e volutamente
esclusi dalla cosiddetta psicoterapia, che avveniva in una stanza dove
potevano entrare soltanto il bambino e il terapista, il quale non diceva
nulla ai genitori, salvo l’importo che gli spettava come onorario a fine
mese.  Tuttavia sappiamo che ancora oggi nella città più avanzata d’Italia,
Milano, diversi bambini con autismo in convenzione con l’ASL vengono
portati in ambulatorio (a tre per volta, per triplicare il magro compenso
pro capite offerto dall’ASL) e il terapeuta chiude la porta lasciando fuori
i genitori.

Si è passati da un estremo all’altro in base a teorie antitetiche: le prime
prive di fondamento, le seconde valide ma che devono essere equilibrate tra
l’impegno dei genitori e l’impegno dei professionisti della scuola, della
Sanità e del sociale.


Cordiali saluti

Carlo Hanau

Presidente di A.P.R.I.









Il giorno sab 1 lug 2023 alle ore 15:17 Piero Crispiani <
pierocrispiani a gmail.com> ha scritto:

> Direi che Antonio e Barbara hanno ragione.
> Il concetto di co-terapeuta ha altri significati come, del resto, quello
> di "mediazione" appartiene ad un processo cognitivista piuttosto denso di
> sensi.
> Ma, si naviga molto nel superficiale e nell'improvvisato.
>
> Le soluzioni posticce e sostitutive (sostitutive del training educativo
> diretto) sono poco utili.
> Soluzione sostitutiva è anche il ricorso alle immagini (schede, app, leggo
> io per te, guarda qui e dimmi cosa vuoi...).
> Il soggetto in Spettro ha bisogno di potenziare le funzioni, non
> supplirle, tranne in casi gravi e di pluripatologie o età adulta.
> Il valore di un "Metodo" o di un "Programma" è correlato all'età ed allo
> scopo. Non è assoluto, ma pur sempre deve essere professionale.
>
> Per questo, per tornare ad una discussione di tempo fa, non ci si deve
> disturbare per le incertezze del paradigma dello "spettro" e delle
> delimitazioni dei tre livelli, poiché la materia (neurofisiologica,
> pedagogica e psicologica) è in movimento ed è connotata da complessità
> delle variabili.
> Prof. Piero Crispiani
>
>
>
> Il 01/07/2023 12:02, barbara vietina ha scritto:
>
> Buongiorno.  Sono un genitore e concordo totalmente con quanto scritto da
> Antonio. Il carico emotivo è talmente grande che i genitori hanno bisogno
> di sostegno e non possono caricarsi di un ruolo che non è il loro e che
> presuppone una formazione seria e approfondita. Altra cosa è, come dice
> Antonio, che i genitori abbiano delle indicazioni su come relazionarsi coi
> figli, indicazioni che devono essere condivise con gli altri soggetti che
> gravitano sul bambino/a. Immaginate poi la frustrazione di una terapia
> mediata dal genitore che non porti i risultati sperati...
>
> Saluti e grazie per gli spunti sempre interessanti della lista.
> Barbara
>
> Il Sab 1 Lug 2023, 11:47 antonio leonardo fiorentino <
> fiorentinoal a gmail.com> ha scritto:
>
>> Buongiorno
>> la chiamano terapia mediata dai genitori (TMG) e noto che negli ultimi
>> anni la stanno promuovendo (direi in modo ingannevole) come la soluzione
>> low cost....eureka!
>>
>> Essere genitori di per sé è arduo...non è un caso se la natalità è in
>> picchiata nel nostro paese
>>
>> Essere genitori di bambini disabili non è arduo, alle volte per alcuni
>> genitori può essere impossibile: spesso ho sentito di papà o mamme che di
>> fronte al fardello dell'autismo hanno letteralmente lasciato la propria
>> famiglia adottando la strategia della fuga, per non parlare dei casi
>> estremi e tutti più o meno leggiamo le notizie di cronaca.
>>
>> Aggiungo, essere genitori e crescere un figlio disabile è ancora più
>> difficile se ci sono altri figli con mille variabili da gestire in un
>> contesto sociale che non ti aiuta ed in cui se ti va bene conservi il posto
>> di lavoro magari rinunciando ad una crescita professionale per dedicarti
>> alla famiglia dovendo lottare su più fronti: scuola, inps, asl, etc etc
>>
>> detto ciò, alcuni mi parlano della terapia mediata e di come questa possa
>> rappresentare la soluzione migliore....
>>
>> Le mie riflessioni:
>> - un genitore prima di tutto è un genitore e tale deve restare: sbaglio o
>> non è consentito ad un chirurgo di intervenire su un parente per un
>> evidente conflitto di interesse emotivo? allo stesso modo un maestro non
>> potrà  avere tra i suoi allievi i propri figli....perché dunque pretendere
>> che il genitore sia anche terapista?
>> - all inizio mi hanno invitato ad osservare gli interventi da uno
>> specchio finto: lo avrò fatto diverse sedute io come la mamma (almeno una
>> dozzina). Stia qui e osservi: non mi hanno dato slides, manuali o libri da
>> leggere...una chiacchiera veloce post terapia tutto qui: mi hanno chiesto
>> semplicemente di osservare, attività abbastanza semplice. Osservare per
>> imitare così come mio figlio avrebbe dovuto fare a sua volta: osservare e
>> imitare (scusate se semplifico). Questo approccio (non è anche questo TMG?)
>> è stato quello giusto, dal mio punto di vista.
>> - voler caricare i genitori del fardello della riabilitazione lo trovo
>> inappropriato e semplicistico: il genitore deve essere un partner, il
>> partner principale del team ma non chiedetegli di fare in esclusiva la
>> terapia: lo stress, la resistenza/resilienza di un genitore ha dei limiti
>> - già i problemi sono tanti: lottare con l Inps quando ti negano i
>> diritti (mio figlio è alla terza revisione come se l'Inps si aspettasse la
>> scomparsa dello spettro da un momento all'altro) lottare con la scuola, con
>> un welfare sociale che già non è ottimale dunque accollare ai genitori il
>> welfare sanitario mi sembra una follia di comodo per taluni punto di vista
>>
>> sia chiaro, i genitori devono svolgere la loro parte e fornire un
>> contributo che va ben oltre l'esser genitori di un figlio neurotipico, ben
>> venga il coinvolgimento "light" (osservazione in "acquario", partecipazioni
>> a sessioni di confronto con altri genitori, etc) ma per favore, non pensate
>> che i genitori debbano fare da terapisti
>>
>> ripeto, a scanso di equivoci, ben venga la formazione del genitore per
>> istruirlo (soprattutto nelle fase iniziale di crescita) su come giocare con
>> i propri figli, come stimolare la loro attenzione, come correggere e
>> gestire situazioni difficili...alle volte tutto questo avviene da
>> autodidatti perché c'è uno spirito di adattamento che i genitori devono
>> sviluppare e spesso sono i genitori a dover istruire i terapisti su come
>> dover approcciare soprattutto quando questi stanno per iniziare un
>> intervento per la prima volta
>>
>> Preoccupiamoci dunque per favore del contesto scuola: è lì che i nostri
>> figli trascorrono i 2/3 della loro vita, perché  non sento parlare della
>> terapia mediata dagli insegnanti o dagli aec o dagli assistenti alla
>> comunicazione? di questo vorrei sentire parlare....
>>
>> Se poi pensate di dover delegare ai genitori anche l'approccio
>> riabilitativo allora mettetevi d'accordo con il welfare perché un genitore
>> ha tantissime altre incombenze da seguire soprattutto quando è genitore di
>> un figlio disabile e gli appuntamenti/preoccupazioni/scadenze non finiscono
>> mai
>>
>> Pensate che un genitore possa fare tutto questo? magari qualcuno (pochi)
>> potrebbero essere in grado ma allora poiché dovrà rinunciare a tante cose
>> (lavoro, tempo da dedicare ad altro, ad altri figli, etc etc) prima di
>> proporre la TMG a date dall'INPS e concordate di istituire un indennità da
>> riconoscere ai genitori che possono fare la TMG (magari hanno un figlio
>> unico e sono liberi professionisti potendo gestire il proprio tempo anche
>> lavorativo).
>>
>> Questo è il punto di vista di un genitore. Mi piacerebbe sapere cosa ne
>> pensano i professionisti del welfare e dell'area socio-sanitaria e perché
>> no avere il punto di vista anche di altri genitori.
>>
>> Saluti
>> Antonio f.
>>
>>
>>
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Prof. Carlo Hanau
già docente di Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e
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