[autismo-biologia] geni e infiammazione

daniela daniela a autismo33.it
Mar 8 Feb 2022 11:38:22 CET


E’ stato pubblicato recentemente il seguente articolo

Tzanoulinou, S., Musardo, S., Contestabile, A. et al. Inhibition of 
Trpv4 rescues circuit and social deficits unmasked by acute inflammatory 
response in a Shank3 mouse model of Autism.
Mol Psychiatry (2022). https://doi.org/10.1038/s41380-021-01427-0

Gli autori hanno testato, in un modello animale, le interazioni tra 
vulnerabilità genetica e ambiente, intendendo per ambiente 
un’infiammazione acuta. Come esempio di vulnerabilità genetica
hanno prodotto un topo con delezione eterozigote del gene Shank3 e hanno 
dimostrato che la delezione da sola non basta a provocare i sintomi 
simil autistici, per i quali è necessaria l’interazione
con un’infiammazione acuta e con la cascata di fenomeni che essa induce.
Questo è molto interessante e non è per nulla scontato in quanto la 
mutazione o delezione di Shank 3 era ritenuta sufficiente a dare da sola 
tutta la sintomatologia autistica.
In questo modello animale la sintomatologia simil autistica è regredita 
con l’inibizione di Trpv4, un gene la cui sovraespressione è stata 
indotta dall’infiammazione.
La regressione della sintomatologia simil autistica nei roditori si 
spera sia la premessa per una simile regressione negli umani.
Questo traguardo non è dietro l’angolo, ma le premesse della biologia di 
base sono la base razionale per le successive sperimentazioni sull’uomo.

Un resoconto divulgativo è stato dato dal Fatto quotidiano nell’articolo 
sotto riportato
                                       Daniela MC


Autismo, “mix di genetica e fattori ambientali spiega malattia e sua 
estrema variabilità”
Il Fatto Quotidiano del 07/02/2022
GINEVRA. A dare un importante contributo alla comprensione di questa 
malattia complessa è un team italo-svizzero dell’Università di Ginevra 
con una ricerca, pubblicata sulla rivista
Molecular Psychiatry (Nature), che collega l’insorgenza dei disturbi 
autistici ad un'interazione tra genetica e un fattore scatenante 
esterno, in questo caso una massiccia infiammazione
Un solo nome, tante malattie. E manifestazioni spesso molto diverse tra 
loro. Anche per questo, l’autismo rappresenta una delle più grandi sfide 
della ricerca neuroscientifica.
A dare un importante contributo alla comprensione di questa malattia 
complessa è un team italo-svizzero dell’Università di Ginevra con una 
ricerca, pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry
(Nature), che collega l’insorgenza dei disturbi autistici ad 
un’interazione tra genetica e un fattore scatenante esterno, in questo 
caso una massiccia infiammazione.
I disturbi dello spettro autistico, si legge sul sito del ministero 
della Salute, sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo 
caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione
sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti e modelli di 
comportamenti, interessi o attività.
I sintomi clinici dell’Autism Spectrum Disorders o ASD, come è chiamato 
in inglese, possono essere estremamente eterogenei sia in termini di 
complessità che di severità e possono presentare
un’espressione variabile nel tempo. Inoltre, le persone nello spettro 
autistico molto frequentemente presentano diverse co-morbilità 
neurologiche, psichiatriche e mediche di cui è fondamentale
tenere conto per l’organizzazione degli interventi.
Attualmente, in Italia, si stima 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti 
un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei 
maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto
alle femmine.
Camilla Bellone, classe ’75, da anni studia in laboratorio i meccanismi 
che sono dietro i processi che sviluppano l’autismo.
Bellone è docente presso il Dipartimento di Neuroscienze di Base della 
Facoltà di Medicina dell’UNIGE e direttrice del National Centre of 
Competence in Research Synapsy.
Nei laboratori di Ginevra, la Bellone e il suo team hanno analizzato il 
comportamento in topi con mutazioni genetiche riportate in esseri umani 
con spettro dell’autismo.
Nei topi però non c’erano comportamenti antisociali e altri tratti 
tipici della malattia. Ma dopo aver provocato un’infiammazione, hanno 
potuto osservare disturbi nei comportamenti sociali.
Questo può in parte spiegare perché, a parità di mutazioni genetiche, un 
agente ambientale, in questo caso l’infiammazione, possa causare la 
malattia.
Come nasce la ricerca?
Volevamo cercare di capire il motivo dell’eterogeneità dei sintomi dei 
disturbi dello spettro autistico che troviamo sia nell’uomo che nei 
modelli animali.
La genetica da sola non può spiegare questa variabilità dato che, 
spesso, a identiche mutazioni genetiche non corrispondono uguali tratti 
comportamentali nei soggetti autistici.
Come si è sviluppata?
Abbiamo effettuato esperimenti sui topi eterozigoti, cioè portatori di 
una delezione di una sola delle due copie del gene SHANK3, che non 
mostravano disturbi nei comportamentali sociali.
Il gene SHANK3 è una delle cause monogeniche più comuni della malattia, 
con l’1-2% di tutti i casi di autismo.
Gli esseri umani sono portatori di una mutazione solo in una delle due 
copie di SHANK3. Nei modelli animali, la stessa mutazione non influisce 
o solo leggermente sul comportamento sociale.
Abbiamo prima inibito l’espressione di SHANK3 nelle reti neurali per 
identificare gli altri geni la cui espressione era stata modificata, poi 
abbiamo innescato un processo infiammatorio.
Qual è stato il punto di svolta?
Inducendo una massiccia infiammazione, abbiamo osservato una 
sovra-espressione del gene Trpv4, coinvolto nel funzionamento dei canali 
di comunicazione tra i neuroni che ha poi portato a
un’ipereccitabilità neuronale concomitante all’insorgenza di 
comportamenti di evitamento sociale che i nostri topi non avevano 
mostrato fino ad ora.
Inoltre, il meccanismo sempre ‘reversibile’ perché inibendo Trpv4, siamo 
stati in grado di ripristinare il normale comportamento sociale.
Ciò fornisce la prova che i disturbi autistici sono effettivamente il 
risultato di un’interazione tra una suscettibilità genetica e un fattore 
scatenante esterno,
in questo caso una massiccia infiammazione. L’ipereccitabilità neuronale 
interrompe i canali di comunicazione, alterando così i circuiti 
cerebrali che governano il comportamento sociale”.
Questo spiegherebbe anche perché la stessa predisposizione genetica può 
portare, a seconda dei fattori ambientali incontrati e del tipo di 
infiammazione che innescano, a una diversità di sintomi
di gravità altrettanto variabile.
Quali prospettive per i pazienti affetti da autismo?
Questa ricerca spiega da un lato l’importanza della componente 
ambientale oltre che genetica nello sviluppo della patologia, dall’altro 
lato, è un’ulteriore conferma che l’autismo
non può essere classificabile come una singola malattia e di conseguenza 
non può avere una risposta terapeutica unica.
La sua complessità impone di stratificare e classificare i pazienti in 
sottogruppi e di individuare soluzioni terapeutiche personalizzate.
di Paola Perrotta




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