[autismo-biologia] Articolo Repubblica del 25.03 - crescono a dismisura le diagnosi (spesso sbagliate)

Enrico Toffolo enrico.toffolo.67 a gmail.com
Sab 27 Mar 2021 17:35:43 CET


Anche Repubblica da spazio al sig. Zappella e anche ad un certo sig. Novara

https://www.repubblica.it/venerdi/2021/03/25/news/autismo_e_dislessia_i_casi_sono_tanti_anzi_troppi-292291905/amp/

La Repubblica del 25/03/2021

Autismo e dislessia: i casi sono tanti, anzi troppi

L’allarme del neuropsichiatra infantile Michele Zappella: nei paesi
ricchi, crescono
a dismisura le diagnosi (spesso sbagliate) di disabilità cognitiva e
disturbi dell’apprendimento. Una nuova forma di esclusione-

Negli ultimi vent'anni il numero di bambini italiani colpiti da una
neuro-diagnosi è cresciuto in modo abnorme. Si tratta di certificazioni che
attestano una disabilità cognitiva, come l'autismo, o disturbi neurologici
specifici dell'apprendimento, i cosiddetti Dsa, tra cui rientrano
dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. I dati riportati
dall'Istat sono impressionanti: le certificazioni di dislessia, per
esempio, sono passate in cinque anni da 94 mila a 188 mila, con un tasso di
crescita del cento per cento; quelle di disgrafia sono aumentate
addirittura del 192 per cento; i casi di autismo nei bambini, in vent'anni,
sono passati dallo 0,3 all'1,5 per cento: il quintuplo. Una delle ragioni
di questa crescita abnorme - comune a quasi tutti i Paesi industrializzati,
Stati Uniti in testa - è di sicuro il fatto che in passato certi disturbi
venivano sottostimati. Detto questo, qualcuno sostiene che oggi siamo
caduti nell'eccesso opposto: che le diagnosi siano troppe. Lo pensa, per
esempio, Michele Zappella, già docente di Neuropsichiatria infantile
all'Università di Siena, con un'esperienza clinica di oltre cinquant'anni
nel campo dei neuro-disturbi, in particolare dello spettro autistico: il
suo libro Bambini con l'etichetta, appena pubblicato da Feltrinelli (pp.
176, euro 14) è un duro attacco alla "strategia di definizione precoce
della diversità promossa dal sistema scolastico, sanitario e culturale".

Il primo input per la certificazione, infatti, viene dalla scuola, che su
segnalazione degli insegnanti avvia la procedura diagnostica. La famiglia
viene quindi indirizzata a un centro specialistico. "Ogni settimana nei
miei studi di Roma e Siena arrivano bambini che hanno ricevuto una
neuro-diagnosi, soprattutto di autismo e dislessia" racconta Zappella. "E nella
maggior parte dei casi, la diagnosi è errata. In sostanza dei disturbi
emotivi, di origine ambientale, vengono scambiati per gravi patologie
neuropsichiatriche". L'autismo è un disturbo del neuro-sviluppo a base
prevalentemente genetica che comporta deficit più o meno gravi nell'ambito
motorio e socio-comunicativo. "Ma a volte questa diagnosi viene fatta per
bambini che sono solo molto timidi, con difficoltà relazionali. Molti hanno
situazioni familiari difficili. Spesso esce fuori che il loro vero problema
è il bullismo". Il libro analizza vari casi. Giovanni, undici anni, ha
certificazioni di disgrafia, discalculia e dislessia, ma preso per il verso
giusto scrive e fa calcoli senza problemi. Vincenzino è uno dei più bravi
della classe, ma ha un'insegnante di sostegno a tempo pieno perché, per via
di alcuni tic motori e vocali, è stato diagnosticato come autistico. Nel
caso di Rosanna, la Asl continua a confermare una diagnosi di autismo
emessa quando aveva sei anni, nonostante oggi sia un'adolescente con una
vita normalissima.

*Questionari fuorvianti*
"Contano molto i test" dice Zappella "che hanno un peso decisivo nella
valutazione, ma un'affidabilità limitata". Vari studi mettono in
discussione questi strumenti, per esempio il cosiddetto "golden standard"
per le diagnosi di autismo. Si tratta di una serie di test strutturati a
intervista, o a questionario, rivolti a genitori e insegnanti. Ma
alcuni, secondo
un paper dell'Università di Glasgow, tendono a confondere l'autismo con
disturbi legati alla relazione genitore-bambino. Altri, secondo uno studio
dell'Istituto di salute mentale degli Stati Uniti, danno punteggi di tipo
autistico a bambini che in realtà hanno disturbi d'ansia e depressione. "E
poi ci sono le valutazioni cliniche dirette" continua Zappella, "di solito
effettuate in ambienti ospedalieri, da estranei in camice bianco, senza
curarsi del fatto che i bambini, in un contesto allarmante, modificano il
proprio comportamento". Alcuni centri diagnostici, seguendo linee guida
nazionali e internazionali, li trattengono anche a dormire per diversi
giorni di seguito. "Il problema è l'allineamento con un sistema di stampo
nordamericano, che pretende di ridurre la complessità dei disturbi a un
contesto standardizzato. Attribuendogli un'etichetta ci si sbarazza del
problema. Le difficoltà dei bambini non riguardano più la scuola: è un
problema neurobiologico, basta seguire le linee guida del Ministero".
L'impatto sulle famiglie, al contrario, è spesso devastante. Secondo uno
studio della Vanderbilt University, quattro madri su cinque entrano in
depressione a una settimana dalla diagnosi di autismo e un anno e mezzo
dopo sono ancora depresse. A volte entra in depressione anche il padre. A
questo si aggiunge il carico economico e organizzativo delle terapie, che
prendono dalle venti alle quaranta ore a settimana, con una spesa che si
aggira intorno ai duemila euro al mese, senza contare i ricoveri di
screening.

*Giuliano, che non sorride più*
"Conosco solo in parte quello che è capitato a bambini ai quali era stata
fatta una diagnosi sbagliata. Come Giuliano, un bambino di otto anni con
una grave alterazione motoria estesa all'uso della bocca. Con un percorso
riabilitativo era diventato sorridente e affettuoso. Dopo una diagnosi di
autismo, molto lontana dalla mia valutazione, iniziò una terapia
comportamentale intensiva. Quando l'ho rivisto non pronunciava più alcuna
parola, non guardava negli occhi e non aveva più espressioni sorridenti".
Uno degli aspetti più inquietanti di queste diagnosi è che, una volta
introiettate, diventano la pietra angolare dell'identità dei bambini. E
delle madri. Daniele Novara, tra i più importanti pedagogisti italiani, da
vent'anni lavora con le famiglie in qualità di consulente, aiutandole a
gestire i processi educativi dei figli. Conosce bene il tema dell'eccesso
di neuro-diagnosi infantili e gli ha anche dedicato un libro nel 2017: Non
è colpa dei bambini (Bur).

*I più fragili sono i genitori*
"Quando ci si rende conto che c'è stata una diagnosi errata, spesso il
primo problema è convincerne le madri" spiega Novara. "Spaventate per il
figlio, rifiutano l'idea che possa farcela da solo, senza sussidi,
insegnanti di sostegno, terapie, e via dicendo". *Che i genitori possano
diventare loro malgrado i promotori dell'eccesso di diagnosi* lo dimostra
uno studio di socio-medicina condotto dalla società Abt Associates: in
California, poco dopo il 2000, la prevalenza di autismo è cresciuta del 631
per cento, con una media quattro volte maggiore nella zona di Hollywood. Il
passaparola tra le madri, in questo caso, era stato decisivo. D'altronde,
secondo Novara, "dietro l'esplosione delle neuro-diagnosi ci sono i
disturbi comportamentali di bambini con genitori fragilissimi, troppo presi
sul piano emotivo e poco su quello educativo". Che poi, di fronte
all'oggettività di una diagnosi, sono quasi sollevati: gettano la spugna.
"Il bambino che disturba non esiste più: esiste il bambino con un disturbo.
Ma quel marchio lo accompagnerà per tutto il percorso scolastico, e
prefigura la sua collocazione lavorativa".
L'Italia, nel 1977, è stato il primo Paese al mondo ad abolire le classi
differenziali per disabili (Zappella è stato tra i protagonisti di questa
battaglia). "Siamo sempre stati all'avanguardia" dice Novara. "È il momento
di dare un altro esempio di civiltà, mettendo un freno a queste nuove forme
di esclusione".

 di Giulia Villoresi

*Ce n'è per tutti: genitori promotori dell'eccesso di diagnosi ed estranei
con i camici bianchi che generano situazioni allarmanti!!!*

Io sono indignato...non so voi...

Enrico
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