[autismo-biologia] Quotidiano Avvenire 11 marzo 2021

Enrico Toffolo enrico.toffolo.67 a gmail.com
Sab 13 Mar 2021 11:53:42 CET


Buongiorno,

segnalo questi due articoli pubblicati da Avvenire l’11 marzo:

*L'emergenza. Autismo, il grido dei genitori: «Lasciati soli, con aiuti
inadeguati»*

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/genitori-abbandonati-di-fronte-ad-autismo



*Autismo. Quante disabilità cognitive, ma troppi allarmi inutili. E
genitori abbandonati*

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/quante-disabilit-cognitive-circa-la-met-allarmi-inutili



Nel primo noto il seguente virgolettato: «Per noi la prima criticità è la
diagnosi, spesso sbagliata, spesso comunicata in modo freddo, impersonale»
di cui evidenzio “*spesso sbagliata*”.

Ebbene mi piacerebbe sapere se effettivamente la dichiarazione è stata
riportata fedelmente ed inoltre su quali dati si basa dato che all’interno
dello stesso articolo il giornalista sottolinea che “Vent’anni fa i bambini
a cui venivano diagnosticato un disturbo dello spettro autistico erano uno
su 150. Oggi si stima che potrebbero essere uno su 50. Una costante
tendenza all’aumento, monitorata anno dopo anno, secondo cui i piccoli che
soffrono di questo disturbo dovrebbero essere nel nostro Paese oltre
600mila. Circa quattromila nuovi casi ogni anno. *Tutto al condizionale
perché in Italia non esistono statistiche ufficiali su questa patologia*”.



Passo al secondo articolo che inizia evidenziando nel titolo i “troppi
allarmi inutili” e nel sommario: È necessario sostenere la famiglia e,
specialmente, che *si impedisca la patologizzazione dell’infanzia*

Di seguito il testo in cui evidenzio le parti “stonate”:

Un papà e una mamma ricevono una diagnosi terribile: sindrome da
alterazione globale dello sviluppo con particolare compromissione della
comunicazione, ovvero disturbo dello spettro autistico. Una diagnosi che
porta lui, preoccupato per il futuro del suo piccolo, alla scelta estrema
dell’omicidio- suicidio, mentre la moglie si trova al lavoro. Il drammatico
episodio accende i riflettori sulla percezione dei bambini in questo
momento storico e che ho cercato di descrivere nel mio ultimo libro 'I
bambini sono sempre gli ultimi'.

Una percezione veicolata da una profonda incomprensione del loro mondo,
della loro immaturità e della loro naturale differenza. Gli adulti faticano
a capire la vita infantile.

Il fenomeno degli eccessi di neurodiagnosi e di certificazione scolastica
di disabilità che, negli ultimi dieci anni, sì è letteralmente abbattuto su
di loro e sui ragazzi italiani, non lascia molti margini di interpretazione
statistica. È un dato secco e inequivocabile. Nel report Istat relativo
all’anno scolastico 2010-11, gli alunni disabili – secondo i criteri della
legge 104 – erano 139 mila. Nove anni dopo, cioè nell’anno scolastico
2019-20, il dato è più che raddoppiato: 300 mila certificazioni di
disabilità.



La stragrande maggioranza – l’80% circa – di queste certificazioni riguarda
non più, come succedeva fino agli anni Novanta, disabilità fisiologiche,
motorie e genetiche, ma quelle legate a deficit emotivi e comportamentali. In
particolare, è cresciuta a dismisura la diagnosi di spettro autistico, come
nel caso di Treviso.

Una valutazione che lo stesso Michele Zappella, decano dei neuropsichiatri
italiani e fra i primi in Italia a studiare proprio l’autismo, ha definito una
sorta di etichetta senza, il più delle volte, una precisa spiegazione
diagnostica e che pertanto finisce con presentare una percentuale di
cosiddetti falsi positivi elevatissima (40-50%, se non di più). Zappella,
nel suo prossimo libro, ricorda come l’80% dei genitori che riceve questa
diagnosi, o un suo sentore, con la parola autismo, cade in una depressione
che può ancora essere presente a distanza di un anno, un anno e mezzo.

Spesso, e del tutto incautamente, questa neurodiagnosi viene accompagnata
da commenti come «Da questa malattia non si guarisce mai», «Ve lo dovete
tenere così com’è», e simili.

L’angoscia aumenta e va ad alimentare la grande fragilità genitoriale di
quest’ultima generazione. Penso che il calo demografico non dipenda da
motivi sociologici, quanto dalle tante problematiche educative. Ai genitori
non si offrono sponde se non queste drammatiche diagnosi neuropsichiatriche
gestite, il più delle volte, senza alcun riguardo verso i genitori e
tantomeno privacy verso i bambini. Da ultimo, compare il fantasma degli
screening precoci tra i 2 e i 6 anni.

Centri specializzati, senza alcuna cornice normativa, entrano nelle scuole,
col consenso di dirigenti e di insegnanti mal consigliati, per cercare
disturbi dell’apprendimento, dello spettro autistico e dell’iperattività. Fra
i genitori si sta creando il panico. Anche nei miei studi continuo a
ricevere madri e padri letteralmente terrorizzati. Già nel 2017 denunciai,
sia col convegno nazionale 'Curare con l’educazione', che con il mio libro
'Non è colpa dei bambini', la deriva verso cui si stava andando
nell’indifferenza istituzionale.

Occorre che i genitori non vengano abbandonati a se stessi e, specialmente,
che si impedisca la patologizzazione dell’infanzia, il crescere di
un’epidemia che non corrisponde a veri dati scientifici. L’appello è perché
il nuovo Governo, o comunque alle istituzioni scolastiche, sanitarie e
politiche, perché smettano di chiudere un occhio - se non entrambi - su
queste distorsioni del mondo infantile e genitoriale, e diano indicazioni
precise, chiare e limitative sull’uso delle neurodiagnosi e delle
certificazioni scolastiche di disabilità.

Occorre rispettare la crescita e l’età dei più piccoli con la
consapevolezza che la plasticità neurocerebrale, il più delle volte, sa
ricuperare sui momenti di inceppamento evolutivo. Bisogna cambiare pagina e
offrire alle famiglie un supporto pedagogico per educare e crescere le
nuove generazioni. I genitori meritano fiducia, non angosce. Nel mio ultimo
libro, ho proposto un 'bonus pedagogico' per l’aiuto nella crescita
educativa dei figli. Sarebbe bellissimo, ad esempio, che, all’uscita dai
reparti di maternità, le mamme e i papà potessero avere non solo ciucci,
pannolini e latti artificiali, ma anche un 'libretto di istruzioni' per
seguire le tappe educative dei loro piccoli. È meglio porre attenzione ai
bisogni delle nuove generazioni piuttosto che certificarne la disabilità.

Ho preferito evidenziare e non commentare quanto scritto



Lascio a voi giudicare l’intento di chi li ha pubblicati nello stesso
giorno.

Enrico
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