[autismo-biologia] Così il cervello ci aiuta a capire le azioni degli altri

mazzoni.armando a libero.it mazzoni.armando a libero.it
Sab 20 Giu 2020 21:06:00 CEST


Copio integralmente l’articolo apparso su Repubblica su Stimolazione
Magnetica Transcranica e presunto potenziale riabilitativo per l’autismo

 

Ricercatori dell’IRCCS Medea e Università di Udine mostrano come la via
dorsale e la via ventrale della corteccia cerebrale collaborino nella
comprensione dei comportamenti altrui, integrando il movimento nel contesto
in cui si svolge. Lo studio pubblicato su PNAS fornisce indicazioni utili
per la riabilitazione dei disturbi della percezione sociale

 

 

Nella maggior parte delle interazioni sociali ci basiamo sull'osservazione
delle azioni degli altri per capire cosa vogliono fare. Al tempo stesso, non
possiamo aspettare di osservare tutto il movimento per capire le intenzioni
che lo hanno indotto, ma dobbiamo raffigurarci in anticipo ciò che gli altri
stanno per fare in modo che l'interazione possa essere fluida. Nella
comprensione del comportamento altrui un ruolo determinante è dato dal
coinvolgimento di una via dorsale che, dalla corteccia visiva e tramite la
corteccia parietale, porta a creare una rappresentazione delle azioni degli
altri nel sistema motorio dell'osservatore.

 

Recenti studi, però, hanno dimostrato che per comprendere le azioni altrui
utilizziamo anche aspettative legate al contesto in cui le azioni si
verificano, come l'ambiente o gli oggetti utilizzabili. Ad esempio, se
vediamo una persona che si avvicina a una tazza piena, anticipiamo che
probabilmente quella persona stia prendendo la tazza per bere, mentre se la
tazza è sporca e vuota, anticipiamo che probabilmente voglia prenderla per
lavarla. Altri indizi devono essere utilizzati nel caso in cui la tazza sia
mezza piena, e quindi il contesto sia ambiguo, costringendoci ad aspettare
di poter osservare fasi successive del movimento per fare una previsione più
affidabile. Ora, anticipare se una persona stia prendendo una tazza per bere
o sparecchiare non ci cambia la vita, ma anticipare il perché una persona
stia prendendo un coltello potrebbe farlo. Per questo, non possiamo
aspettare di osservare tutto il movimento fino alla fine, ma dobbiamo usare
indizi contestuali per predirlo. L'elaborazione di tali indizi coinvolge
prettamente un'area visiva ventrale, che dalla corteccia visiva porta le
informazioni alle cortecce temporali dove vengono riconosciuti gli oggetti.

 

Lo studio

Se e come la via dorsale per la percezione dei movimenti interagisca con
quella ventrale per il riconoscimento di oggetti è poco chiaro. Uno studio,
realizzato da Lucia Amoruso, Alessandra Finisguerra e Cosimo Urgesi in
collaborazione tra Università di Udine e Polo friulano dell'IRCCS Eugenio
Medea pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze PNAS
(IF 9.58), ha cercato di capire come queste due vie interagiscano nel
riconoscimento delle azioni osservate. Per fare questo i ricercatori hanno
sfruttato la maggiore sensibilità della via dorsale a informazioni visive a
bassa frequenza, che evidenziano per lo più contorni grossolani, e la
maggiore sensibilità della via ventrale a informazioni ad alta frequenza,
che mettono in evidenza i dettagli. Ai partecipanti è stato mostrato un
attore che compiva diverse azioni in contesti congruenti, ad esempio
prendere una tazza piena dal suo manico come per bere, o incongruenti, ad
esempio prendere una tazza vuota dal manico come per bere. Come atteso, gli
osservatori, a parità di movimento presentato, sapevano predire l'azione
corretta meglio in contesti congruenti che in contesti incongruenti. Questo
dimostra come per predire il comportamento altrui utilizziamo sia il
movimento sia il contesto circostante.

 

L'effetto del contesto, però, non si rifletteva solo sulla capacità degli
osservatori di predire l'intenzione, ma anche sull'attivazione della loro
corteccia motoria. Grazie alla stimolazione magnetica transcranica, i
ricercatori hanno visto che tale attivazione non era solo modulata
dall'osservazione del movimento, ma anche dalla compatibilità del contesto
in cui tali movimenti si svolgevano. "Il risultato più interessante -
spiegano i ricercatori - è emerso studiando le reazioni dell'osservatore in
base a quello che vedeva durante la presentazione di stimoli visivi
contenenti solo le alte o le basse frequenze. Nel caso in cui venivano
presentate solo le basse frequenze, che evidenziano i contorni più
grossolani, quindi enfatizzando il lavoro della via dorsale, il contesto
smetteva di giocare il suo ruolo nella capacità di riconoscimento delle
azioni. Sia sulla capacità degli osservatori di predire le azioni, sia
sull'attivazione della loro corteccia motoria in questi casi era importante
solo il movimento che veniva osservato. Quando, invece, venivano presentate
solo alte frequenze, che definiscono meglio i dettagli, quindi enfatizzando
il lavoro della via ventrale, il contesto giocava un ruolo più importante
rispetto al movimento, come se la corteccia motoria dell'osservatore, avendo
poche informazioni sul movimento, utilizzasse le informazioni sul contesto
portate dalla via ventrale per rappresentare le azioni dell'attore".

Questi risultati non solo confermano che la via dorsale elabora
principalmente informazioni sul movimento e la via ventrale sugli oggetti
contestuali, ma suggeriscono anche che le due vie collaborano continuamente
per predire nel modo più efficace cosa stanno facendo gli altri.

 

Indicazioni utili per le persone con disturbo dello spettro autistico

Il dato non è solo rilevante per capire come il nostro cervello ci consenta
di capire i comportamenti degli altri, ma fornisce anche indicazioni utili
per la riabilitazione dei disturbi della percezione sociale. Persone con
disturbo dello spettro autistico, infatti, presentano un'alterazione a
livello della via dorsale, che li porta a concentrarsi di più sui dettagli
che sulla scena globale, come se vedessero i singoli alberi e non l'intero
bosco. Queste alterazioni sembrano portare a difficoltà nell'utilizzare le
informazioni elaborate dalla via dorsale per comprendere i comportamenti
degli altri, spiegando, probabilmente, le difficoltà nelle interazioni
sociali. Manipolare quindi le frequenze della stimolazione visiva per queste
persone potrebbe consentire di predisporre dei piani riabilitativi che, da
una parte, allenino più specificatamente la via dorsale e la percezione del
movimento con stimolazioni a bassa frequenza e, dall'altra, spingano a
compensare la debolezza della via dorsale utilizzando la via ventrale e le
aspettative basate sul contesto. Questi risultati sono alla base di un
training in realtà virtuale che è in fase di sperimentazione presso l'IRCCS
Eugenio Medea di Bosisio Parini, dove bambini e adolescenti con
problematiche del neurosviluppo si allenano in modo giocoso a predire le
mosse di un avatar avversario utilizzando l'esperienza precedente e
informazioni contestuali.



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