[autismo-biologia] Autismo e risonanza magnetica funzionale

daniela daniela a autismo33.it
Mer 13 Mar 2019 16:34:31 CET


Quando si osserva la realtá senza pregiudizi, si rilevano le stesse cose 
con mezzi semplici e con mezzi ultraraffinati.
I dati ricavati con la risonanza magnetica funzionale, metodica nuova e 
capace di evidenziare dati anatoma-funzionali prima sconosciuti, mi 
sembrano in perfetta sintonia con quelli ricavati qualche decennio fa 
con l’osservazione e con i potenziali evocati dal gruppo del compianto 
Professor Gilbert Lelord. In un vecchio articolo del bollettino 
dell’ANGSA a suo tempo scrissi quanto segue

"Lelord ci insegna che il bambino autistico ha un difetto costituzionale 
della capacità di attenzione e di percezione: ha difficoltà a 
focalizzare l’attenzione nello spazio e a mantenerla nel tempo; si 
distrae per nulla e presta attenzione a qualsiasi cosa succeda. Dimostra 
dispersione nell’interesse al mondo esterno perché ha difficoltà a 
filtrare i messaggi, a mettersi in onda coi suoni. Riceve le 
stimolazioni deboli come se fossero forti. Non dispone della modulazione 
di frequenza e rischia di essere angosciato e sommerso dalla cacofonia 
dei rumori dell’ambiente. Ha una durata breve dell’attenzione e ha 
difficoltà a comprendere discorsi complessi.
Da queste evidenze si possono derivare quali logiche conseguenze alcune 
pratiche indicazioni abilitative. Se il bambino è tanto distraibile, 
l’ambiente in cui si svolge l’educazione dev’essere privo di elementi 
distraenti, spoglio, silenzioso. Prima di iniziare una nuova attività, è 
bene fare il vuoto, nascondere gli oggetti dell’attività precedente in 
modo da focalizzare l’attenzione solo sugli oggetti che servono alla 
nuova attività. I rumori di fondo vanno tolti, per quanto possibile. La 
musica di sottofondo, tanto piacevole per molti di noi, è dannosa per un 
bambino che non ha la capacità di mettere uno stimolo nel sottofondo, 
che non è capace di filtrare gli stimoli. O si fa attività di ascolto 
della musica o si fa un’altra attività in silenzio.
Se il bambino ha scarsa motivazione, bisogna sfruttare al massimo tutto 
ciò che parte da una sua iniziativa, anche se maniacale. Non parlare 
troppo. Usare poche frasi chiare, semplici e verificare che siano state 
comprese.
I requisiti che secondo Lelord deve avere un buon educatore sono: 
tranquillità, reciprocità, disponibilità. Sono requisiti auspicabili per 
ogni educatore, ma indispensabili nel caso che l’educando sia autistico, 
in quanto la calma e la serenità favoriscono l’attenzione e la 
filtrazione dei messaggi”

Ecco dunque che le nuove metodiche di indagine rafforzano dei principi 
abilitativi che dovrebbero essere conosciuti non solo dai 
professionisti, ma anche da tutti coloro che hanno a che fare con 
bambini o adulti con autismo.
     Daniela Mariani Cerati





Il 2019-03-13 11:03 Stedam ha scritto:
> Cari tutti,
> 
> seguendo la lista da anni, ho pensato potesse essere d'interesse
> condividere alcune riflessioni sull'articolo “Increased scale-free
> dynamics in salience network in adult high-functioning autism”,
> frutto di una collaborazione transnazionale multicentrica tra il
> Laboratorio Autismo dell'università di Pavia e il laboratorio del
> Prof. Georg Northoff dell'università di Ottawa:
> 
> Anche quando un individuo è a riposo, l’attività spontanea del
> cervello è caratterizzata da oscillazioni che possiedono proprietà
> specifiche, fondamentali nel determinare i processi psichici.  Una di
> queste proprietà prevede che il rapporto tra le potenze e le
> frequenze di queste onde si distribuisca secondo una legge
> esponenziale (> potenza corrisponde a < frequenza) caratteristica di
> molti sistemi naturali quali ad esempio i frattali.
> 
> Tramite indagini di risonanza magnetica funzionale, nel nostro lavoro
> sono state osservate le oscillazioni dei livelli di ossigeno del
> flusso cerebrale in soggetti neurotipici e con autismo.
> 
> Per la prima volta è stato riscontrato che, a livello della Salience
> Network (SN), nei soggetti con autismo prevalgono le oscillazioni a
> bassa frequenza: in altre parole, nell’autismo le fluttuazioni
> spontanee del cervello seguono dei cicli più lenti. La SN è un
> insieme di regioni che cooperano per 1) attribuire la “salienza”
> di uno stimolo, ovvero la sua capacità di emergere dal rumore di
> fondo generale 2) effettuare degli “switch” attentivi, ovvero
> ri-direzionare l’attenzione da stimoli ambientali a stimoli interni
> e viceversa (anche questo processo è caratterizzato da un andamento
> ciclico) 3) integrare le informazioni provenienti dall’esterno e
> dall’interno per formare il vissuto complessivo dell’individuo in
> un dato momento.
> 
> Il fatto che in queste aree le frequenze lente (0.01-0.03 Hz) siano
> preponderanti potrebbe avere delle ripercussioni cruciali su quello
> che viene osservato nella quotidianità dei soggetti con autismo:  se
> da un lato oscillazioni lente non permetterebbero di adattarsi a
> cambiamenti repentini che richiedano un rapido switch
> dell’attenzione, dall’altro, grazie ad una maggiore stabilità
> delle oscillazioni (le onde lente sono anche più potenti), il
> soggetto avrebbe modo di raggiungere profondità di pensiero non
> comuni nei confronti dei processi mentali verso cui sia naturalmente
> predisposto. Questo aspetto coincide con l’innata predisposizione
> che molte persone con autismo manifestano verso contenuti inaspettati.
> 
> Allo stesso modo, se consideriamo le peculiarità sensoriali come
> l’iper-iposensitività spesso riferita da persone con autismo, una
> alterazione dei ritmi cerebrali potrebbe rendere la percezione
> effettiva di uno stimolo (e quindi l’esperienza che si ha di questo)
> più dipendente dalle dinamiche spontanee dell’individuo che dal
> contesto ambientale.
> 
> Un’alterata possibilità di integrare le informazioni provenienti
> dall’esterno con quelle originate internamente (ad esempio, il
> percepirle come un unicum), avrebbe inoltre importanti ripercussioni
> anche a livello sociale: difatti, proprio nella relazione
> interpersonale vengono elaborati enormi quantitativi di informazione a
> causa della necessità di passare continuamente dall’attenzione
> (anche implicita) verso i propri processi interni all’attenzione
> verso i processi che riteniamo stiano avendo luogo nell’altro. Una
> rigidità in questi switch dovuta alla presenza di cicli lenti
> porterebbe a una marcata difficoltà nella codifica delle emozioni in
> tempo reale.
> 
> Nonostante questi risultati siano stati validati in una seconda
> popolazione di soggetti, sono necessari ulteriori studi per poter
> trasporre pienamente nella clinica i risultati finora registrati,
> possibilmente con dati raccolti _ad hoc_. Resta tuttavia affascinante
> il fatto che dati apparentemente astratti come quelli forniti dalla
> risonanza magnetica funzionale possano offrire spunti che, invece di
> incentrarsi su un sintomo in particolare, considerano funzionamento di
> base dell’individuo, declinandosi quindi nelle molteplici
> sfaccettature dell’autismo che è finora stato difficile mettere in
> relazione.
> 
> Ringraziando autismo-biologia per continue opportunità di confronto
> che ci fornisce vi porgo i miei sentiti saluti.
> 
> Dott. Stefano Damiani
> 
> Psichiatra della RSD Cascina Rossago
> 
> Dottorando presso il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del
> Comportamento dell'Università di Pavia.
> _______________________________________________
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