[autismo-biologia] aggressivitá: ricerca delle basi biologiche e di possibili bersagli terapeutici
daniela
daniela a autismo33.it
Sab 5 Gen 2019 22:12:28 CET
L’aggressivitá, presente in molte persone con autismo, é il sintomo piú
grave tra i pur tanti e gravi sintomi presenti nell’autismo. Ne abbiamo
parlato piú volte in questa lista e abbiamo riferito qualche timida
proposta terapeutica nel giugno scorso
http://autismo33.it/pipermail/autismo-biologia/2018-June/003045.html
Per arrivare a terapie biologiche efficaci é necessario conoscere i
meccanismi biologici che sostengono quella aggressivitá compulsiva e
immotivata che si presenta in molte persone con autismo.
Lo studio dei meccanismi biologici richiede che si formulino ipotesi di
lavoro da verificare in modelli animali. E’ ció che hanno fatto Hosie e
colleghi nel complesso esperimento illustrato nell’articolo
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fncel.2018.00234/full
E’ interessante il fatto che, oltre a confermare l’ipotesi patogenetica
di partenza, nell’esperimento si prospetta anche una terapia, che nel
topo é risultata efficace, con un agonista del recettore
endocannabinoide CB1.
Per comprendere a fondo l’articolo bisogna essere ricercatori di base
esperti e per darne un resoconto accessibile a chi ricercatore di base
non é bisogna avere grandi capacitá di comunicazione e grande
disponibilitá a condividere con altri le proprie conoscenze.
Il nostro forum ha questa ricchezza. L’articolo é stato letto e
riassunto dalle ricercatrici dell’Istituto Superiore di Sanitá Maria
Luisa Scattoni e Angela Caruso.
Ecco il loro ampio resoconto
I Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) sono frequentemente
caratterizzati da un’importante percentuale di problemi comportamentali
associati. Uno di questi è l’aggressività, che può compromettere il
quadro clinico delle persone con ASD, limitandone l’accesso
all’istruzione, all’assistenza sanitaria e ad un'occupazione lavorativa.
Capire i meccanismi neurobiologici coinvolti nel comportamento
aggressivo può condurre a strategie di trattamento e prevenzione più
efficaci.
Sebbene finora le basi della neurobiologia dell’aggressività non siano
state completamente individuate, è noto che alterazioni dell’attività
neuronale a livello dell’amigdala e di connettività tra l’amigdala e
altre regioni cerebrali possono contribuire all’insorgenza dei
comportamenti aggressivi. Particolare attenzione allo studio
dell’aggressività nell’autismo è stata recentemente posta nella ricerca
“Altered Amygdala Excitation and CB1 Receptor Modulation of Aggressive
Behavior in the Neuroligin-3R451C Mouse Model of Autism”. I ricercatori
hanno caratterizzato sotto il profilo neurofisiologico e comportamentale
il modello murino Neuroligin-3R451C, portatore di una mutazione nel gene
che codifica per la Neuroligina-3 (NLG3). Quest’ultima appartiene ad una
famiglia di proteine di adesione cellulare localizzate sulla membrana
post-sinaptica che si legano alla Neurexina, localizzata sulla membrana
pre-sinaptica. L’interazione tra una molecola pre- e una post-sinaptica
assicura la stabilizzazione delle sinapsi e un corretto equilibrio tra i
meccanismi di eccitazione (E) e inibizione (I) in specifiche aree
cerebrali. Mutazioni nel gene NLG3 sono state identificate in pazienti
con disturbi del neurosviluppo, tra cui l’autismo, in cui si verifica
uno sbilanciamento dell’equilibrio E/I.
In questo studio è stata indotta la mutazione R451C nel gene per la NLG3
(Neuroligin-3R451C) in un modello murino, il cui background genetico è
rappresentato dal ceppo C57Bl/6. É stato monitorato il comportamento
aggressivo del topo attraverso l’utilizzo di un test standardizzato
(definito resident-intruder), che ricrea in laboratorio un ambiente
sociale semi-naturale. Da un punto di vista neurobiologico, infatti,
l’aggressività può essere considerata una forma altamente funzionale di
comunicazione sociale al fine di un controllo attivo dell'ambiente. Il
paradigma si basa sul fatto che il topo maschio adulto (resident)
stabilisce la condizione di territorialità e attacca i maschi estranei
(intruders) introdotti nella sua gabbia di appartenenza. La
registrazione di tutti i comportamenti e delle posture rilevate durante
il corso degli scontri ha messo in evidenza il fenotipo aggressivo del
topo mutato Neuroligin-3R451C rispetto al topo di controllo. Esso,
infatti, mostra una ridotta latenza, così come un’aumentata frequenza e
durata degli attacchi aggressivi. I risultati della caratterizzazione
comportamentale di questo modello genetico, indotto su un ceppo con
background “puro”, confermano dati precedentemente riportati in
lettaratura in un modello con la stessa mutazione Neuroligin-3R451C, ma
con un backgroung genetico “misto”, confermando il ruolo fondamentale
della NLG3 nel comportamento aggressivo.
Diversi studi sostengono che la mutazione genetica Neuroligin-3R451C,
attraverso lo sbilanciamento della funzionalità sinaptica, sia in grado
di alterare il pathway di regolazione neuronale degli endocannabinoidi.
Al fine di determinare se i modulatori endocannabinoidei impattano il
comportamento aggressivo nel modello murino di ASD, i ricercatori hanno
registrato l’interazione sociale aggressiva a seguito della
somministrazione di un'agonista del recettore endocannabinoide CB1. Il
coinvolgimento degli endocannabinoidi nella modulazione
dell’aggressività è infatti in linea con altre evidenze secondo cui i
topi mutati per il gene CB1 sono più aggressivi dei topi non mutati e
che gli agonisti farmacologici del recettore CB1 riducono il
comportamento aggressivo. L’esperimento condotto in questo lavoro ha
previsto la somministrazione di due diverse dosi (0.3 e 1
mg/kg) dell’agonista CB1 (WIN55,212-2 o WIN) e ha portato al recupero
del fenotipo aggressivo nel topo mutato. Sebbene il recettore CB1 sia
ampiamente espresso in diverse regioni cerebrali, il ruolo che ha nel
modulare i circuiti neurali relativi all’aggressività nei topi mutati
rimane sconosciuto. In questo lavoro l’attenzione dei ricercatori si è
focalizzata però sul fatto che il recettore CB1 è altamente espresso
nell’amigdala del topo adulto, supportando ulteriormente il potenziale
coinvolgimento di questa regione cerebrale nella regolazione
dell’aggressività nel modello Neuroligin-3R451C. L’amigdala, infatti,
condivide connessioni dirette e indirette con la corteccia, la cui
integrità è necessaria per il controllo dell’aggressività.
Con lo scopo di ottenere una più approfondita conoscenza dei meccanismi
neurofisiologici dell’aggressività in questo modello di autismo, è stata
successivamente investigata l’attività neuronale dell’amigdala. Le
registrazioni elettrofisiologiche hanno permesso di analizzare
l’equilibrio che spontaneamente si stabilisce a livello sinaptico tra i
due input opposti di eccitazione e inibizione. I dati sperimentali
dimostrano un’incrementata attività eccitatoria associata ad una ridotta
attività inibitoria a livello sinaptico in un tipo specifico di cellule
nervose, le cellule piramidali dell’amigdala basolaterale. I ricercatori
suggeriscono che tali cambiamenti elettrofisiologici riportati in
dettaglio nell’amigdala basolaterale del
topo Neuroligin-3R451C abbiano come conseguenza comportamentale il
fenotipo aggressivo.
A conclusione di questo lavoro sperimentale, gli autori sottolineano che
la mutazione Neuroligin-3R451C, spesso associata all’autismo, induca
disfunzioni sinaptiche in specifiche aree cerebrali, tra cui l’amigdala,
e producano un alto grado di aggressività nel topo mutato. Il punto di
forza dello studio risiede nell’aver investigato in dettaglio il pathway
neuronale alla base dell’aggressività e la sua manipolazione
farmacologica al fine di ristabilire un fenotipo elettrofisiologico e
comportamentale non alterato. Il comportamento aggressivo, infatti, è
stato normalizzato a seguito della somministrazione dell’agonista del
recettore endocannabinoide CB1. Gli stessi autori, inoltre, sottolineano
l’importanza di condurre ulteriori ricerche per comprendere meglio
l’effetto dell’agonista del recettore CB1 sull’eccitabilità sinaptica in
altre aree cerebrali e sul fenotipo aggressivo in questo e in altri
modelli murini di ASD. Tali ricerche sono finalizzate ad individuare
potenziali target di trattamento farmacologico e a migliorare i
gravissimi sintomi di aggressivitá che molto spesso si presentano in
comorbidità con i Disturbi dello Spettro Autistico.
Maria Luisa Scattoni e Angela Caruso
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