[autismo-biologia] Genitori e senso di colpa

Maria Concetta Di Venti mariaconcettadiventi a gmail.com
Lun 3 Set 2018 08:41:04 CEST


Buon giorno a tutti,
a proposito della riflessione di Jim Sinclair citata dal Signor Armando
Mazzoni, se può interessarvi, c'è un libro molto intenso e ricco di
particolari,

STEVE SILBERMAN. *Neurotribù – I talenti dell’autismo e il futuro della
neurodiversità**. *Edizioni LSWR. Edizione Italiana. Milano. (2016*)*.

Un libro citato anche in questa lista alla sua presentazione a Bologna
credo un anno fa, che personalmente ho trovato molto interessante, racconta
la storia di Jim Sinclair e non solo, oltre ad approfondire l'approccio
alla neurodiversità.
Vi auguro una buona giornata
M. Concetta Di Venti


Il giorno dom 2 set 2018 alle ore 15:47 ANNA RITA STASI <
annarita.stasi a gmail.com> ha scritto:

> Grazie di cuore per questa testimonianza che hai riproposto e che non
> conoscevo, anche perché mio figlio è  nato nel '97 e solo da poco abbiamo
>  avuto la certezza di questa diagnosi.
> Mi ha molto colpito e commosso questo approccio che viene consigliato a
> noi genitori di figli speciali; sarà per la mia famiglia spunto di molta
> riflessione e certamente un aiuto per migliorare la nostra convivenza.
> Ancora grazie anche a tutti coloro che,tramite questa associazione,
> forniscono informazioni, suggerimenti, esperienze, novità scientifiche
> ecc.,tutte
> di grande interesse,conforto e sostegno.
> Cordialmente
> Annarita
>
> Il Dom 2 Set 2018 11:10 <mazzoni.armando a libero.it> ha scritto:
>
>> Gentili componenti della lista
>>
>>
>>
>> ho trovato in rete questa riflessione poco recente (1993) di Jim
>> Sinclair, autistico e attivista per i diritti delle persone autistiche, che
>> allego sotto (tradotta da David Vagni).
>>
>>
>>
>> Prima di arrivare alle ultime cinque righe, che al netto del concetto di
>> specie autistica che pervade tutto il pezzo, mi piacciono molto, mi sono
>> accorto come il resto toccasse delle corde emotive che credevo oramai
>> silenziate.
>>
>>
>>
>> Non voglio quindi qui parlare dei concetti di specie, dell’elaborazione
>> del lutto, dell’autismo come modo di essere, tutti ragionamenti con cui
>> Sinclair ci vuole guidare e fare da ponte nella comprensione dell’ “alieno”
>> che ci è capitato e nel modo per supportarlo.
>>
>>
>>
>> Mi voglio però soffermare sul senso di colpa e come su di esso sia sempre
>> possibile fare breccia nei genitori.
>>
>>
>>
>> In questi giorni, con la polemica del convegno di Erice, si è riparlato
>> molto della “mamma frigorifero” e questa teoria credo si sia sempre
>> alimentata non da prove scientifiche, ma sempre e solo dall’ingiustificato
>> e latente senso di colpa delle madri.
>>
>>
>>
>> Per le madri più spesso, ma più in generale per entrambi i genitori, il
>> senso di colpa è un grilletto di facile accesso, quasi chiunque può
>> toccarlo e sparare un colpo devastante sulla stabilità psicologica già
>> mediamente precaria o compromessa; alla “mamma frigorifero” si aggiungono
>> altri potenziali motivi per sentirsi colpevoli.
>>
>> I genitori:
>>
>>
>>
>>    - Non hanno fatto fare l’intervento precoce
>>    - Hanno scelto le terapie sbagliate
>>    - Non accettano la realtà, il lutto
>>    - Non accettano il figlio e lo vogliono “normalizzare”,
>>    perpetrandogli un’inutile violenza.
>>    - Il loro dolore è tossico per loro, per il loro figlio autistico e
>>    per il resto della famiglia
>>    - Non sanno creare una nuova e diversa genitorialità
>>    - …..
>>
>>
>>
>> C’è sempre quindi una debolezza o un gap psicologico del genitore, che se
>> pure non ha causato l’autismo, ha peggiorato o sta peggiorando la vita
>> dell’autistico. Questo senso di colpa alimenta tutto il mondo dell’autismo
>> e comodamente mette in ombra le responsabilità dei non-genitori (anzi, crea
>> opportunità per loro).
>>
>> Abbiamo il dovere di affrontare le nostre responsabilità di genitori,
>> quelle reali e legittime, non quelle che ci attribuiscono teorie
>> immaginarie e infondate, non cerchiamo di essere deresponsabilizzati. Allo
>> stesso tempo però non vogliamo che le decisioni che prendiamo nel tentativo
>> di assolvere alle nostre responsabilità, spesso in condizioni di estrema
>> solitudine e scarsissimo supporto, vengano usate per alimentare il nostro
>> senso di colpa.
>>
>> Sinclair ci parla di un alieno, l’autistico, che viene proiettato in un
>> mondo che non capisce e questo gli crea grandi difficoltà e sofferenze.
>> Anche il genitore dell’autistico, però, viene proiettato in un mondo in cui
>> si sente alieno, oltre che nei confronti del figlio (per le difficoltà
>> oggettive illustrate da Sinclair), anche del resto del mondo che lo
>> circonda, in cui ha enormi difficoltà nel trovare chi e come sia veramente
>> in grado di capirlo, accoglierlo e supportarlo.
>>
>> AM
>>
>> “I genitori spesso riferiscono come apprendere che il loro bambino è
>> autistico sia la cosa più traumatica mai successa. Le persone
>> non-autistiche vedono l´autismo come una grande tragedia, e ai genitori
>> l´esperienza genera delusione e dolore in tutte le fasi dello sviluppo del
>> bambino e del ciclo di vita della famiglia.
>>
>> Ma questo dolore non deriva dall’autismo del bambino in se. Si tratta di
>> dolore per la perdita del bambino normale in cui i genitori avevano sperato
>> e che avrebbero dovuto avere. Gli atteggiamenti e le aspettative dei
>> genitori, e le discrepanze tra ciò che si aspettano i genitori dei bambini
>> a una particolare età e di sviluppo dei propri figli, causa più stress ed
>> angoscia che le difficoltà pratiche della vita con una persona autistica.
>>
>> Una certa quantità di dolore è naturale nel momento in cui un genitore si
>> adatta al pensiero che un evento e un rapporto che si aspettava non si
>> materializzerà . Ma questo dolore derivante dalla fantasia di un bambino
>> normale deve essere separata dalla percezione che i genitori hanno del
>> figlio reale: il bambino autistico ha bisogno del supporto degli adulti e
>> può formare relazioni piene di significato con essi se gliene è data
>> l’opportunità. La focalizzazione continua sull’autismo del bambino come
>> fonte di dolore danneggia sia i genitori che il bambino stesso, e preclude
>> lo sviluppo di un’autentica e accettante relazione tra loro. Per il loro
>> bene e per il bene dei loro figli, urge che i genitori compiano un radicale
>> cambiamento di prospettiva sul significato dell’autismo.
>>
>> Vi invito a guardare al nostro autismo, e al vostro dolore, dal nostro
>> punto di vista:
>>
>> L’AUTISMO NON È UN’APPENDICE
>>
>> *L’autismo non è qualcosa che una persona ha, o una bolla dentro cui un
>> individuo è intrappolato. Non esiste nessun bambino normale nascosto dietro
>> l’autismo. Autismo è un modo di essere. E’ pervasivo; colora ogni
>> esperienza, ogni sensazione, percezione, pensiero, emozione ed incontro,
>> ogni aspetto dell´esistenza. Non è possibile separare l’autismo dalla
>> persona -e se fosse possibile, quella persona non avrebbe nulla a che
>> spartire con quella da cui siete partiti.*
>>
>> Questo è importante, quindi prendete un momento e considerate questo:
>> l’Autismo è un modo di essere. Non è possibile separare la persona
>> dall’autismo.
>>
>> Quindi, quando un genitore dice,
>>
>> “Vorrei che mio figlio non avesse l’autismo” quello che realmente dice
>> è:  “vorrei che il bambino autistico che ho non esistesse, e che al suo
>> posto ci fosse un bambino differente (non-autistico)”.
>>
>> Leggilo di nuovo. Questo è quello che sentiamo quando piangete sulla
>> nostra esistenza. Questo è quello che sentiamo quando pregate per una cura.
>> Questo è quello che capiamo, quando ci dite delle vostre più sincere
>> speranze e sogni per noi: che il vostro più grande desiderio sia che un
>> giorno cessassimo di esistere, e che uno straniero che possiate amare si
>> muova davanti al nostro viso.
>>
>> L´AUTISMO NON È UN MURO IMPENETRABILE
>>
>> Provate a relazionarvi ad un bambino autistico, e il bambino non
>> risponde. Non vi vede; non lo raggiungete, non c´è modo di entrare. Questa
>> è la cosa più difficile con cui avere a che fare, non è vero? L´unico
>> problema è che non è vero.
>>
>> Guardalo di nuovo: tu provi a relazionarti a lui come un genitore ad un
>> bambino, usando la tua comprensione dei bambini normali, i tuoi sentimenti
>> riguardo la paternità o la maternità, le tue proprie esperienze e
>> intuizioni riguardo le relazioni sociali. E il bambino non risponde in un
>> modo che tu possa riconoscere come parte di quel sistema.
>>
>> Questo non significa che il bambino non sia capace di relazionarsi per
>> niente. Significa solo che tu stai assumendo un sistema condiviso, una
>> comprensione condivisa di segnali e significati, che il bambino, infatti,
>> non condivide. E’ come se provassi ad avere una conversazione intima con
>> qualcuno che non ha nessuna comprensione del tuo linguaggio. Ovviamente
>> quella persona non capirà di cosa stai parlando, non risponderà come tu ti
>> aspetti, e potrebbe ben valutare l´intera interazione come confusionaria e
>> spiacevole.
>>
>> Serve maggior lavoro per comunicare con qualcuno il cui linguaggio nativo
>> non sia lo stesso tuo. E l´autismo è più profondo del linguaggio e della
>> cultura; le persone autistiche sono straniere in ogni società. Tu devi
>> spazzar via le tue assunzioni riguardo i significati condivisi. Devi
>> imparare a tornare a livelli più basilari, ai quali probabilmente non avevi
>> mai pensato prima, per tradurre, e assicurarti che la tua traduzione sia
>> compresa. Devi dar via la certezza di muoverti nel tuo territorio
>> familiare, del sapere che sei in carica, e consentire a tuo figlio di
>> insegnarti un po´ del suo linguaggio, di guidarti un poco all´interno del
>> suo mondo.
>>
>> E il risultato, se hai successo, non sarà tuttavia una normale relazione
>> genitore-figlio. Il tuo bambino autistico potrà imparare a parlare,
>> frequentare regolarmente la scuola, magari andare all´università, guidare
>> una macchina, vivere indipendentemente, avere una carriera – ma non si
>> relazionerà mai a te come un altro bambino con i suoi genitori. O il tuo
>> bambino autistico potrà non parlare mai, ottenere il diploma seguendo dei
>> corsi speciali o seguirli da casa, potrà avere bisogno di assistenza tutta
>> la vita – ma non sarà completamente fuori dalla tua portata. Il modo in cui
>> ci relazioniamo è differente. Richiedi ciò che le tue aspettative ti dicono
>> sia normale, e tu troverai frustrazione, disappunto, risentimento, e magari
>> addirittura rabbia ed odio. Avvicinati rispettosamente, senza preconcetti,
>> e aperto ad apprendere nuove cose, e tu troverai un mondo che non avresti
>> mai potuto immaginare.
>>
>> Si, richiede un maggiore lavoro rispetto al relazionarsi con una persona
>> non autistica. Ma può essere fatto – a meno che le persone non autistiche
>> siano più limitate di noi nella loro capacità di comunicare. Noi spendiamo
>> la nostra intera esistenza facendo ciò. Ognuno di noi che impara a parlare
>> con voi, ognuno di noi che riesce a funzionare all’interno della società,
>> ognuno di noi che riesce a raggiungervi e a connettersi con voi, sta
>> operando in un territorio alieno, prendendo contatto con creature aliene.
>> Noi spendiamo la nostra intera vita facendo ciò. E poi voi dite che non
>> siamo capaci di relazionarci.
>>
>> L’AUTISMO NON È LA MORTE
>>
>> è garantito, l´autismo non è ciò che la maggioranza dei genitori si
>> aspetta di trovare quando anticipano l´arrivo di loro figlio. Quello che si
>> aspettano è un bambino che sia come loro, che condivida il loro modo e che
>> comunichi con loro senza richiedere un intensivo addestramento nel contatto
>> con gli alieni. Anche se loro figlio ha qualche disabilità che non sia
>> autismo, i genitori si aspettano di essere in grado di relazionarsi con
>> quel bambino in termini che sembrano normali per loro; e in molti casi,
>> anche ammettendo le limitazioni di diverse disabilità, è possibile formare
>> il tipo di legame che il genitore si aspettava.
>>
>> Ma non quando il figlio è autistico. Molto del dolore che un genitore ha
>> riguarda la non occorrenza del rapporto affettivo che si aspettava di avere
>> con un bambino normale. Il dolore è molto reale, e bisogna aspettarselo e
>> lavorarci sopra in modo che le persone possano andare avanti con le proprie
>> vite –
>>
>> Ma non ha nulla a che vedere con l´autismo.
>>
>> *Quello che succede è che ti aspettavi qualcosa di tremendamente
>> importante per te, ed eri in attesa con grande gioia ed eccitazione, e
>> magari per un po´ di tempo hai pensato di averlo davvero – e poi, magari
>> gradualmente, magari brutalmente, hai capito che quello che ti aspettavi
>> non si era realizzato. Non si sarebbe realizzato. Non importa quanti altri
>> figli normali tu abbia, nulla cambia che questa volta, il bambino che hai
>> aspettato, sperato, pianificato, sognato non è arrivato.*
>>
>> *Questa è la stessa sensazione che provano i genitori i cui figli nascono
>> morti, o che dopo aver stretto il loro bambino per un po´ di tempo, muore
>> in culla. Non riguarda l’autismo, riguarda la distruzione delle aspettative*.
>> Consiglio che il miglior posto per risolvere questi problemi non siano le
>> organizzazioni devote all’autismo, ma nella consulenza e supporto al dolore
>> dei genitori per la perdita. In questi ambienti i genitori imparano a
>> venire a patti con la loro perdita –  non a dimenticarsi di essa, ma a
>> lasciarla andare, dove il dolore non li colpisce in faccia ogni momento che
>> passano svegli. Loro imparano ad accettare che il bambino sia andato via,
>> per sempre, e non tornerà mai più indietro. Molto più importante, loro
>> imparano a non scaricare il dolore per il loro bimbo perso sui bambini
>> sopravvissuti. Questo è di critica importanza quando uno dei bambini che
>> sopravvivono arriva nel momento in cui si piange la morte di chi è morto.
>>
>> *Non hai perso un bambino a causa dell’autismo. Hai perso un bambino
>> perché ne aspettavi uno che non è mai esistito. Non è uno sbaglio del
>> bambino autistico che non esiste e non dovrebbe essere una nostra
>> preoccupazione. Noi abbiamo bisogno e meritiamo famiglie che possano
>> vederci e valutarci per quello che siamo, non famiglie la cui vista è
>> oscurata dallo spettro di bambini che non sono mai vissuti. Addolorati se
>> devi, per il tuo sogno infranto. Ma non piangere per noi. Noi siamo vivi.
>> Noi siamo reali. E siamo qui ad aspettarti*.
>>
>> Questo è quello che credo le società che trattano l´autismo dovrebbero
>> dire: non piangere per quello che non è mai stato, ma esplorare ciò che è.
>> Noi abbiamo bisogno di voi. Noi abbiamo bisogno del vostro aiuto e della
>> vostra comprensione.  Il vostro mondo non è molto aperto a noi, e non ce la
>> faremo senza il vostro forte supporto. Si, ci sono tragedie che vengono
>> insieme all´autismo: non per quello che siamo, ma per le cose che ci
>> capitano. Siate tristi di questo, se dovete essere tristi di qualcosa.
>> Meglio che essere tristi riguardo a ciò, diventate matti riguardo a ciò – e
>> poi fate qualcosa per questo. La tragedia non è che noi siamo qui, ma che
>> il mondo non ha nessun posto per noi.  Come potrebbe essere diversamente,
>> fintanto che i nostri genitori stanno ancora piangendo per averci messo al
>> mondo?
>>
>> *Guardate il vostro bambino autistico qualche volta, e prendetevi un
>> momento per dirvi chi non è quel bambino. Pensate tra voi: “Questo non è il
>> figlio che avevo aspettato o pianificato. Questo non è il bambino che ho
>> aspettato per tutti quei mesi di gravidanza e tutte quelle ore di
>> travaglio. Questo non è il bambino per il quale avevo fatto tutti quei
>> piani e con cui avevo pensato di condividere tutte quelle esperienze. Quel
>> bambino non è mai venuto”. Quindi andate a versare tutte le lacrime che
>> avete da versare – lontani da quel bambino autistico – e imparate a lasciar
>> andare.*
>>
>> *Dopo che avete iniziato a lasciar andare quella sensazione, tornate
>> indietro e guardate nuovamente vostro figlio e dite a voi stessi: “Questo
>> non è il bambino che aspettavo e pianificavo. Questo è un bambino alieno
>> che è atterrato nella mia vita accidentalmente. Non so chi sia questo
>> bambino o chi diventerà. Ma so che è un bambino, intrappolato in un mondo
>> alieno, senza genitori della sua specie che possano occuparsi di lui. Ha
>> bisogno di qualcuno che ne abbia cura, che gli insegni, che interpreti e
>> lotti per lui. E poiché questo bambino alieno è atterrato nella mia vita, è
>> mio compito se lo voglio”*.
>>
>> Se questa prospettiva vi eccita, allora venite ad unirvi a noi, con forza
>> e determinazione, con speranza e gioia. Un´avventura lunga una vita vi
>> aspetta.”
>>
>>
>>
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