[autismo-biologia] Considerazioni sullo scambio tra Giovanni T e Hanau

marie giangi mariegiangi a hotmail.com
Gio 17 Maggio 2018 11:04:40 CEST


Preziosissime considerazioni, riflessioni, spunti. Mi é piaciuta molto l'umiltà che leggo tra le righe, l'umiltà di dire che nessuno ha la verità in mano, che solo dall'ascolto e dalla collaborazione tra tutti (con i dovuti distinguo come dice Noemi) si può arrivare ad avere una valutazione utile ad effettuare un'altrettanto buon progetto condiviso. Poi tocca agli operatori che spesso hanno difficoltà a mettersi in gioco, a confermare degli errori anche evidenti, che purtroppo a volte  pensano che per fare terapia, per aiutare le persone con autismo bastino gli indispensabili attestati degli innumerevoli corsi seguiti.  L'estrema sensibità necessaria per lavorare con persone con autismo, accompagnata da una forza  motivazionale enorme, integrano gli studi per poter creare il giusto distacco utile ad effettuare osservazioni oggettive e professionali. Grazie a tutti quelli che lavorano non mettendo solo tempo a disposizione, ma se stessi.

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Sent: Thursday, May 17, 2018 9:37:44 AM
To: Autismo Biologia
Subject: Re: [autismo-biologia] Considerazioni sullo scambio tra Giovanni T e Hanau

Grazie per queste preziose riflessioni che possono aiutare anche i genitori ( e direi anche molti Operatori che qualche volta pensano di applicare ciò che invece hanno appreso in modo troppo grossolano)  , a comprendere quanto debba essere raffinata la valutazione.  Come sempre, sono gli Operatori in quanto persone a fare la differenza ed il commento di Casarini bene lo puntualizza. Tutto il dibattito di queste liste di discussione contribuisce, credo, a far crescere consapevolezza,aiutando le famiglie nelle scelte e facendoci riflettere sui dovuti "distinguo". Grazie a tutti.
Noemi Cornacchia

Il Gio 17 Mag 2018 09:24 <fabiola_casarini a libero.it<mailto:fabiola_casarini a libero.it>> ha scritto:



Buonasera,

Il più delle volte leggo i contenuti di questa lista e ne usufruisco senza partecipare, per cui colgo l'occasione per ringraziare chi inserisce contenuti di qualità e chi la gestisce: è una piattaforma preziosa, che indico spesso come fonte d'informazione di qualità alle persone con cui lavoro.

Ho letto la replica di Giovanni, che ringrazio perché rappresenta una voce che ritengo non vada filtrata ma compresa bene. Di recente ho insegnato in un master e gli studenti -insegnanti, educatori, medici, psichiatri, psicologi, qualcuno anche genitore-supponevano che ABA prevedesse, come "tecnica" o "metodo"di "gestione" delle persone, alcune pratiche che qui si danno per scontate, come parti della "materia": il ricatto (se fai questo ti do questo) l'inibizione (trattieniti) la dipendenza dall'istruzione (antecedente dell’educatore-comportamento dell’allievo). I ricercatori e i cultori della materia storcerebbero il naso, poiché un intervento che dà queste impressioni a chi lo osserva, o non è ABA, o è un tentativo maldestro di implementare principi della scienza del comportamento in un contesto difficile, dove la relazione è complessa e i comportamenti problematici sono un limite per insegnare bene e osservare il pieno potenziale dell'individuo. Queste stesse cose possono essere espresse con il linguaggio della pedagogia di base, della psicologia clinica &co., oppure con il linguaggio proprio della scienza del comportamento: in quest ultimo caso descriveremmo gli stessi eventi e sensazioni portate da Giovanni, ma in termini comportamentali, come operanti, ovvero risultato di esperienze multiple e varie e dei relativi apprendimenti.

Il linguaggio della scienza del comportamento (quello in cui si utilizza il termine "rinforzatore", per intenderci, non come alternativa di "premio"/approvazione ma come evento ambientale descritto in termini di contingenze)non descrive il vissuto del ragazzo o dell'educatore, poiché non è fatto per riflettere sulle cause o per analizzare il problema ma è fatto apposta per progettare un intervento  che, per prove successive, lo migliori. Utilizzare ABA e il suo linguaggio non significa escludere la relazione educatore-studente, anzi: l'unità di misura dell'ABA è l'interazione tra i due (lo studente non è un piccione o un gatto in una gabbia, serve ribadirlo?) e il loro scambio di attenzione e motivazione durante ogni fenomeno di apprendimento. Rappresenta la necessità di scomporre in contingenze, azioni e funzioni il comportamento delle persone nel loro contesto per conoscerlo meglio e poter intervenire allo scopo di migliorare la significatività sociale dei repertori individuali. Cosa vuol dire? Si potrebbe dire "stare meglio, aver più soddisfazione osservando che si può essere competenti, avere energia e voglia di fare come prodotti di un po' di incitamento e allenamento, aver voglia di stare con gli altri, aver voglia di ascoltare cosa propone il nostro partner educativo (l'insegnante ma anche un amico) e di proporre qualcosa a lui/lei/loro. Se dovessimo usare il linguaggio di altre discipline per descrivere ABA, potremmo dire che, come materia applicativa (che risponde a bisogni qui ed ora, non a domande sperimentali teoriche), è la scienza dell'insegnamento personalizzato per offrire maggiore autonomia, socialità e benessere a qualunque studente, con e senza disabilità, per tutte le età.

La capacità di ogni professionista del settore di perseguire questi intenti è legata a esperienze competenze e caratteristiche personali, come lo sarebbe il risultato di un intervento chirurgico che deve seguire un protocollo scientificamente fondato, che deve essere eseguito - e commentato- solo da chi ha accumulato una competenza minima, che dà esiti simili ma diversi (talvolta assai diversi) a seconda di chi lo esegue e di altri fattori non controllati.

Come ricercatrice in ABA sono felice di contribuire a tradurre le esigenze e i pensieri degli educatori in tutte le lingue diverse: nessuno ha torto ma tutti hanno ragione e stanno contribuendo ad aiutare le persone e le loro famiglie solo se ci si capisce inter e intra disciplinarmente. La strada è lunga ma è grazie a chi condivide il suo pensiero e la sua esperienza che noi analisti del comportamento diventeremo migliori partner dei nostri "soci" medici, psicologi, educatori, insegnanti, genitori ecc. ecc.

PS: se sembra un ricatto i casi sono due, o la procedura d'insegnamento è ristagnata in una ripetizione del tipo se vuoi...allora... oppure ciò che si osserva è la fase iniziale di un trattamento evolutivo, che cambierà di mese in mese mentre migliora la persona, reso "rigido" e prevedibile allo scopo di catturare qualche secondo di attenzione congiunta (lo studente e l'educatore guardano, ascoltano, giocano, ridono...INSIEME) e mettere a proprio agio - all'inizio- chi, come molte persone autistiche, naviga con ansia o agitazione in un mare di stimoli "disordinati".

Sarei felice di sapere se ho contribuito al dialogo e alla comprensione della nostra meravigliosa, utile, riduzionista, scienza.

Fabiola Casarini


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Il Mercoledì 16 Maggio 2018 13:17, "autismo-biologia-bounces a autismo33.it<mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it>" <autismo-biologia-bounces a autismo33.it<mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it>> ha scritto:


Sono d'accordo con il professore Carlo Hanau.
Negli ultimi trent'anni, per fortuna, è cambiata l'analisi del sistema famiglia nei confronti delle implicazioni delle relazioni familiari come causa effetto sui comportamenti problema del figlio disabile.
Tutti, famigliari e addetti al lavoro d'aiuto ad ogni livello di relazione con la persona aiutata (dall'educatore direttamente coinvolto nella relazione d'aiuto, ai professionisti con i quali analizzare l'esperienza e costruire un "piano di aiuto") ricordano la teoria colpevolizzante e assolutamente fuori luogo della " mamma frigorifero ".
Cosa è meglio fare, prevedere, mettere in campo, nei confronti di gravi problemi comportamentali quali le crisi psicomotorie con espressione di aggressività nei confronti di se stessi e dell'Altro da parte della persona che si cerca di aiutare a vivere meglio, più serenamente e nel reciproco riconoscimento, la relazione con l'Altro?
Quali i motivi per cui l'applicazione di modelli e strategie con un marcato approccio comportamentale sembrano alle volte non aiutare alla diminuzione della intensità sia nella espressione della aggressività nei momenti di " crisi" sia nella frequenza nel tempo?
Due prime risposte possono essere proposte per una comune riflessione.
La prima considerazione è la preminenza del "metodo", della tecnica messa al servizio della ricerca di risoluzione del comportamento problema, rispetto alle caratteristiche proprie della persona, educatore nel mio caso, che va a intervenire sul comportamento problema.
Sembra che poco serva al fine del cambiamento un approccio da " tecnico del comportamento " ma sia altresì necessario aver acquisito qualità umane e di gestione della relazione d'aiuto molto raffinate.
Ci si dimentica per cui, concentrandosi sulla "tecnica" o modello da applicare, delle caratteristiche della personalità di chi  si può definire un buon "modificatore del comportamento".
Capacità di osservazione delle dinamiche che possono essere state determinanti per l'inizio e lo sviluppo della "crisi".
Vedere obiettivi a lungo termine senza farsi scoraggiare da iniziali fallimenti nell'aiutare la persona.
Procedere per minimi obiettivi da consolidare una volta ottenuti.
Capacità percettive che ho si hanno o non si hanno. Cioè riuscire a cogliere con un sistema di raccolta dati appropriato anche i minimi segnali di miglioramento, non solo attendersi macroscopici cambiamenti che distolgono l'attenzione e l'osservazione di particolari che possono dare all'aiuto e all'intervento riflessioni e direzioni importanti nella costruzione di una relazione (intesa come intervento educativo da progettare fuori dall'esperienza in supervisione e équipe multidisciplinare) sempre più centrata sull'aiutato.
Sicuramente è necessario non far confusione tra se stessi e il proprio "ruolo" ,  avere creciuto in se stessi una sufficiente "indipendenza psicologica" tale da avere sempre presente la strada da percorrere assieme e la missione da compiere a prescindere dai risultati ottenuti nel qui e ora.
Per cui capacità di persistenza e costanza e fiducia nel credere che nessun comportamento, anche quello che sembra evidentemente immodificabile, sia impossibile da cambiare con un approccio pieno di Accoglienza, Attenzione e Ascolto di se stessi e dall'Altro.
Capacità di distacco per vedere le dinamiche in atto "dall'alto" fuori dal "tutto o niente" proposto dal comportamento problema.
La possibilità quindi di aiutare veramente non scendendo "personalmente" nelle dinamiche proprie della logica aggressiva sia su se stessi o sull'altro.
Un atteggiamento "pro attivo " per vivere meglio e non fissarsi solo su quello "reattivo".
Il comportamento problema viene a rappresentare un vero e proprio motivo relazionale basato su un ricatto di fondo. O stai con me perché prima o poi accade questo o non stai con me.
È nel saper proporre alternative a questo tutto o niente la capacità di proporre nuovi orizzonti relazionali. Con la possibilità di rimediare al comportamento problema e " vedere " vantaggi nella diminuzione della frequenza e intensità del comportamento.
Spesso nel comportamento problema il soggetto che lo mette in atto lo vede come una unica e disperata possibilità di avvicinare a se persone care con un tornaconto di "richiesta di presa in carico di se stesso" incomprensibile se ci si ferma alla "reazione" all'acting.
Comunque l'argomento è molto articolato e fonte di profonde e articolate riflessioni.
Lascio un video in cui racconto un episodio in cui propongo alla persona autistica che mi aveva aggredito pesantemente la possibilità di "rimediare".

https://youtu.be/xAzXD2ZAYSg

Vi ringrazio per l'attenzione.
Rimanendo a disposizione.
Giovanni Tommasini
3481124999

Il dom 13 mag 2018, 12:18 Carlo Hanau < hanau.carlo a gmail.com<mailto:hanau.carlo a gmail.com>> ha scritto:
Nel 1995 sono riuscito, con grandi sforzi, a fare tradurre uno dei libri che erano stati messi all'indice dalla scuola psicodinamica e lacaniana del tutto prevalente in Italia:
Schopler E. et al. (ed. it. a cura di C. Hanau) (1995) Attività didattiche per autistici. Masson: Milano.
L'Autore, che dava ai genitori il ruolo di COTERAPEUTI, togliendo alla madre quello di madre frigorifero, scriveva nella prefazione che le tantissime attività proposte derivavano dall'esperienza delle famiglie da lui seguite.
Le famiglie accumulano esperienze che possono essere di aiuto ad altre famiglie con problemi di autismo, se opportunamente descritte e rivisitate da esperti che le estendono con successo ad altri casi e le codificano.
Occorre tuttavia essere realisti: i comportamenti problema come l'aggressività verso sé e gli altri non possono essere tranquillamente accettati dalla società. Perciò il primo sforzo va rivolto a ridurre questi comportamenti e poi ad aumentare le autonomie. Qui non si tratta di produttività nel lavoro industriale, ma di dotare queste persone di capacità utili alla sopravvivenza.
Cordiali saluti
Carlo Hanau







Il giorno 12 maggio 2018 18:47, giovanni tommasini < giovannitommasini8 a gmail.com<mailto:giovannitommasini8 a gmail.com>> ha scritto:
Buonasera a tutti. Ho letto il messaggio e la richiesta di opinione in merito ai temi portati da Marie Giangi.
Mi chiamo Giovanni Tommasini sono stato aggiunto ai due gruppi proprio oggi.
Gli argomenti portati sono argomenti universali che tutti i genitori devono affrontare.
L'importanza di fare uno sport sotto tutti i punti di vista, la educazione alla corretta alimentazione, la strutturazione del tempo libero. La mia esperienza trentennale nell'assistenza di famiglie con figli disabili intellettivi e relazionali (il più delle volte adolescenti, ragazzi, adulti autistici) conferma le maggiori, enormi, difficoltà che i genitori hanno nell'affrontare tali problematiche in presenza di figli con disabilità intellettiva e relazionale. Vivo quotidianamente le reazioni in mezzo alla gente sia dei ragazzi che assisto che di chi incontriamo. Si creano due tipi di atteggiamenti ben descritti da Marie che non aiutano ad entrare serenamente in relazione. Chi è assieme alla persona che evidenzia comportamenti originali e poco leggibili inizia a selezionare e prevenire situazioni di reciproco disagio già vissute e chi si incontra non sa come comportarsi e spesso evita ogni possibile contatto. Io l'ho definito "Il nostro autismo e quello del mondo attorno a noi". Vi è una grande difficoltà ad entrare in contatto con persone che elicitano emozioni intense e alle volte  esprimono una sofferenza molto profonda. È meramente un aspetti di deficit culturale nell'affrontare il contatto con emozioni e sofferenza in generale.
In più si inserisce un'altra situazione paradossale. Le persone adolescenti, ragazzi/e, adulti  autistici, asperger, sono persone dall'aspetto assolutamente normale e la loro patologia non viene riconosciuta immediatamente e comunque è poco riconosciuta in generale sotto ogni aspetto. Si legge dalle parole di Marie un aspetto che rende impossibile la vita di queste famiglie. La solitudine.
È necessario un cambiamento radicale a livello culturale da parte di tutti. Noi siamo esseri relazionali ma la società dai primi anni di vita chiede e salva solo gli aspetti prestazionali. E questa mancanza culturale sull'argomento relazionale pone le basi per una incomunicabilità assordante. La reciproca diversità do ognuno di noi non viene vista e vissuta come una possibilità di reciproco arricchimento.
Per esempio è perfetto l'esempio fatto degli specialisti che danno un loro parere sull'argomento di cui sono stati interpellati ma poco sanno e poco mettono in conto che hanno di fronte una persona con autismo, che vive diversamente tutto. Per cui sarebbe necessario partiresti genitori, dal loro vissuto per procedere in ogni ambito e progetto. I genitori hanno costruito negli anni il "libretto di istruzioni" che andrebbe restituito a tutti coloro che sono interessati ad entrare  in relazione ai loro figli.
Vi lascio due riflessioni in merito a ciò che ho scritto.
Un video nel quale mi chiedo come poter dare un vero aiuto alle famiglie che assisto.
https://youtu.be/WfYAytP9pTY
Un video nel quale affronto l'argomento "siamo esseri relazionali o prestazionali?"
https://youtu.be/bM2YIq-cP-I

È evidente che è fondamentale, come scrive Marie, che le famiglie non possono assumersi tutti i costi di questa gravissima patologia non riconosciuta pienamente dalle istituzioni. Con la sensazione assolutamente realistica di sentirsi abbandonate dalle istituzioni e nel lungo periodo le risorse sono sempre minori sotto ogni punto di vista, economico, di energia fisica, emotiva.

Queste le mie opinioni in merito alla richiesta di Marie di portare un contributo alle sue parole che tutti i giorni ascolto dai genitori delle famiglie che cerco di aiutare.

Vi ringrazio per l'attenzione. Rimanendo a disposizione.

Giovanni Tommasini

3481124999

Sab 12 Mag 2018 17:47 marie giangi < mariegiangi a hotmail.com<mailto:mariegiangi a hotmail.com>> ha scritto:


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Da: marie giangi
Inviato: Sabato 12 Maggio, 15:56
Oggetto: Benessere, sport e alimentazione
A: Autismo e Scuola

Copio e incollo dopo avere inviato il messaggio alla lista autismo e scuola. Ho pensato di chiedere aiuto anche a voi professionisti.
A chi mi volesse rispondere, chiedo di farlo in maniera semplice, non essendo io un medico. Mi scuso per la forma molto "famigliare" del messaggio ma, come ho già detto, era stato inviato solamente ad un'altra lista.
Buongiorno
Chiedo un consiglio alla lista: martedì dovrei rappresentare l'Ass. di cui faccio parte ad un convegno locale riguardante il benessere delle persone con disabilità con focus sul tema dello sport  e dell'alimentazione. Sono invitate cooperative che racconteranno le loro esperienze. Io faccio parte di un'associazione che si autofinanzia totalmente e che costringe noi genitori a fare delle scelte. Abbiamo puntato prevalentemente sulle attività abilitative/educative e occupazionali pur non tralasciando lo sport, ad esempio con l'ippoterapia e per alcuni ragazzini la canoa. Molti di noi, al di fuori delle attività dell'Associazione fanno svolgere ai propri figli attività sportiva e ludica, tutto questo privatamente a costi esorbitanti (parlo di adulti) e naturalmente accompagnando personalmente, come e cosa si potrebbe fare? Mi piacerebbe raccontare dei molti ragazzi, adulti che, se non frequentano cooperative o non lavorano (ad esempio molti Asperger ) sono spesso a rischio depressione, come fare per il loro benessere? Come si potrebbero far uscire di casa, fare sport, andare al cinema organizzando piccoli gruppi e chiedere alla sanità di considerare queste attività come diritto al benessere? Poi vorrei riportare il problema dell'alimentazione, passando dalla selettività alimentare, al rischio del sottopeso e sovrappeso che conosciamo bene, anche qui, che fare? A quali professionisti rivolgersi? Se ci rivolgiamo ad un gastroenterologo, ad un nutrizionista, alimentarista... sicuramente si fermerà a valutare ciò che riguarda la propria professione senza conoscere l'autismo. In sintesi é facile prescrivere una dieta, ma come farla rispettare alle persone con autismo senza rischiare in risposta comportamenti che ben conosciamo? In ultima istanza il benessere di noi famigliari. È risaputo che una bella passeggiata facendo due chiacchiere con amici procuri benessere psicofisico. Vorrei conoscere invece gli effetti sul nostro benessere quando facciamo una passeggiata con i nostri figli, attenti ad ogni piccolo rumore, odore, ogni oggetto a cui passiamo a fianco, sempre allerta, con la paura che qualsiasi cosa possa scatenare in nostro figlio paure o fastidi incontrollato oppure che inopportuni o le persone bloccandole nella morsa di alcune stereotipi comportamentali. Aiutatemi, se volete, condividendo le vostre opinioni in merito.
Grazie
Mariella

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Lista di discussione autismo-biologia
autismo-biologia a autismo33.it<mailto:autismo-biologia a autismo33.it>
ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).
Fondazione Augusta Pini ed Istituto del Buon Pastore Onlus.
Per cancellarsi dalla lista inviare un messaggio a: valerio.mezzogori a autismo33.it<mailto:valerio.mezzogori a autismo33.it>

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Prof. Carlo Hanau
già docente di Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari
Università di Modena e Reggio Emilia e Università degli Studi di Bologna
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Il 13 mag 2018 12:18, "Carlo Hanau" < hanau.carlo a gmail.com<mailto:hanau.carlo a gmail.com>> ha scritto:
Nel 1995 sono riuscito, con grandi sforzi, a fare tradurre uno dei libri che erano stati messi all'indice dalla scuola psicodinamica e lacaniana del tutto prevalente in Italia:
Schopler E. et al. (ed. it. a cura di C. Hanau) (1995) Attività didattiche per autistici. Masson: Milano.
L'Autore, che dava ai genitori il ruolo di COTERAPEUTI, togliendo alla madre quello di madre frigorifero, scriveva nella prefazione che le tantissime attività proposte derivavano dall'esperienza delle famiglie da lui seguite.
Le famiglie accumulano esperienze che possono essere di aiuto ad altre famiglie con problemi di autismo, se opportunamente descritte e rivisitate da esperti che le estendono con successo ad altri casi e le codificano.
Occorre tuttavia essere realisti: i comportamenti problema come l'aggressività verso sé e gli altri non possono essere tranquillamente accettati dalla società. Perciò il primo sforzo va rivolto a ridurre questi comportamenti e poi ad aumentare le autonomie. Qui non si tratta di produttività nel lavoro industriale, ma di dotare queste persone di capacità utili alla sopravvivenza.
Cordiali saluti
Carlo Hanau







Il giorno 12 maggio 2018 18:47, giovanni tommasini < giovannitommasini8 a gmail.com<mailto:giovannitommasini8 a gmail.com>> ha scritto:
Buonasera a tutti. Ho letto il messaggio e la richiesta di opinione in merito ai temi portati da Marie Giangi.
Mi chiamo Giovanni Tommasini sono stato aggiunto ai due gruppi proprio oggi.
Gli argomenti portati sono argomenti universali che tutti i genitori devono affrontare.
L'importanza di fare uno sport sotto tutti i punti di vista, la educazione alla corretta alimentazione, la strutturazione del tempo libero. La mia esperienza trentennale nell'assistenza di famiglie con figli disabili intellettivi e relazionali (il più delle volte adolescenti, ragazzi, adulti autistici) conferma le maggiori, enormi, difficoltà che i genitori hanno nell'affrontare tali problematiche in presenza di figli con disabilità intellettiva e relazionale. Vivo quotidianamente le reazioni in mezzo alla gente sia dei ragazzi che assisto che di chi incontriamo. Si creano due tipi di atteggiamenti ben descritti da Marie che non aiutano ad entrare serenamente in relazione. Chi è assieme alla persona che evidenzia comportamenti originali e poco leggibili inizia a selezionare e prevenire situazioni di reciproco disagio già vissute e chi si incontra non sa come comportarsi e spesso evita ogni possibile contatto. Io l'ho definito "Il nostro autismo e quello del mondo attorno a noi". Vi è una grande difficoltà ad entrare in contatto con persone che elicitano emozioni intense e alle volte  esprimono una sofferenza molto profonda. È meramente un aspetti di deficit culturale nell'affrontare il contatto con emozioni e sofferenza in generale.
In più si inserisce un'altra situazione paradossale. Le persone adolescenti, ragazzi/e, adulti  autistici, asperger, sono persone dall'aspetto assolutamente normale e la loro patologia non viene riconosciuta immediatamente e comunque è poco riconosciuta in generale sotto ogni aspetto. Si legge dalle parole di Marie un aspetto che rende impossibile la vita di queste famiglie. La solitudine.
È necessario un cambiamento radicale a livello culturale da parte di tutti. Noi siamo esseri relazionali ma la società dai primi anni di vita chiede e salva solo gli aspetti prestazionali. E questa mancanza culturale sull'argomento relazionale pone le basi per una incomunicabilità assordante. La reciproca diversità do ognuno di noi non viene vista e vissuta come una possibilità di reciproco arricchimento.
Per esempio è perfetto l'esempio fatto degli specialisti che danno un loro parere sull'argomento di cui sono stati interpellati ma poco sanno e poco mettono in conto che hanno di fronte una persona con autismo, che vive diversamente tutto. Per cui sarebbe necessario partiresti genitori, dal loro vissuto per procedere in ogni ambito e progetto. I genitori hanno costruito negli anni il "libretto di istruzioni" che andrebbe restituito a tutti coloro che sono interessati ad entrare  in relazione ai loro figli.
Vi lascio due riflessioni in merito a ciò che ho scritto.
Un video nel quale mi chiedo come poter dare un vero aiuto alle famiglie che assisto.
https://youtu.be/WfYAytP9pTY
Un video nel quale affronto l'argomento "siamo esseri relazionali o prestazionali?"
https://youtu.be/bM2YIq-cP-I

È evidente che è fondamentale, come scrive Marie, che le famiglie non possono assumersi tutti i costi di questa gravissima patologia non riconosciuta pienamente dalle istituzioni. Con la sensazione assolutamente realistica di sentirsi abbandonate dalle istituzioni e nel lungo periodo le risorse sono sempre minori sotto ogni punto di vista, economico, di energia fisica, emotiva.

Queste le mie opinioni in merito alla richiesta di Marie di portare un contributo alle sue parole che tutti i giorni ascolto dai genitori delle famiglie che cerco di aiutare.

Vi ringrazio per l'attenzione. Rimanendo a disposizione.

Giovanni Tommasini

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Sab 12 Mag 2018 17:47 marie giangi < mariegiangi a hotmail.com<mailto:mariegiangi a hotmail.com>> ha scritto:


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Da: marie giangi
Inviato: Sabato 12 Maggio, 15:56
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A: Autismo e Scuola

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Grazie
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