[autismo-biologia] [1358] Autismo, il ruolo del DNA paterno

Sonia Zen soniazen.rusticali a gmail.com
Lun 11 Giu 2018 20:54:23 CEST


Grazie della spiegazione Dott.ssa Elena Maestrini
È sempre un piacere leggere i suoi contributi Sonia Zen

Il dom 10 giu 2018, 14:25 Elena Maestrini <elena.maestrini a unibo.it> ha
scritto:

> Buongiorno,
> ho letto il trafiletto sotto, che si riferisce ad un articolo recentemente
> pubblicato su Science. Aggiungo qualche spiegazioni in piu’ per chiarire il
> contesto di questa ricerca e il suo significato.
> Come sappiamo, i progressi nelle tecniche di sequenziamento ed analisi del
> genoma stanno permettendo di avere informazioni sempre piu’ dettagliate
> riguardo alla variabilità genetica in generale, e quindi di avere piu’ dati
> per scoprire quali varianti del DNA possono essere riconducibili
> all’autismo.
> Il problema fondamentale è che sebbene siamo ormai in grado di determinare
> abbastanza facilmente la sequenza di un intero genoma di una persona (3
> miliardi di nucleotidi), lo scoglio è quello di capirne il significato. Non
> siamo ancora in grado di predirre con precisione quali varianti nel nostro
> genoma siano associate all’insorgenza di patologie, e cio` è
> particolarmente difficile per le sequenze di DNA al di fuori dei geni.
> Per questo motivo, fino ad ora ci si era concentrati sull’analisi di
> mutazioni del DNA che ricadono nella parte codificante del genoma (il
> cosidetto “esoma”), cioè quelle parti dei geni che codificano per proteine
> (circa 1.5% di tutto il genoma), cioè quella parte di genoma piu’
> facilmente interpretabile. Sappiamo già che in alcuni casi l’autismo è
> causato da mutazioni "de-novo” (cioè mutazioni nuove, *non* ereditate dai
> genitori) che distruggono la funzione di una proteina. Ma, più spesso
> l’autismo ha  una base multigenica, per cui il fenotipo puo`risultare dagli
> effetti cumulativi di diverse mutazioni (ognuna con un piccolo effetto
> individuale) ereditate da entrambi i genitori, e che spesso ricadono al di
> fuori delle regioni codificanti del genoma.
> La sfida attuale è proprio quella di riuscire ad individuare queste
> varianti, ed  è proprio in questo contesto che si colloca il lavoro del
> gruppo di Sebat, citato nel commento sotto.
> La reale importanza di questo studio è di aver identificato una nuova
> classe di varianti nella porzione *non codificante* del genoma che
> potrebbero contribuire al rischio di sviluppare autismo. E’ un primo
> tentativo di cercare di interpretare sequenze dell’intero genoma invece che
> limitarsi al solo “esoma”.
> In sintesi, questo studio ha analizzato sequenze  *dell’intero **genoma*
> (non limitandosi all’esoma) di diverse centinaia di famiglie con un bambino
> affetto da autismo. Per ridurre la complessità del problema i ricercatori
> si sono concentrati sull’analisi di una classe di varianti non codificanti
> che hanno maggiore probabilità di alterare la funzione genica, le varianti
> strutturali a livello degli elementi di controllo dell’espressione genica
> (i “promotori").  E’ stato riscontrato che i genitori che sono portatori di
> una di queste varianti, la trasmettono al figlio autistico più
> frequentemente rispetto all’atteso. Questa maggiore trasmissione è
> risutata  piu’ frequentemente da parte paterna, mentre la trasmissione da
> parte materna non ha mostrato differenze significative. E’ un dato
> sorprendente e degno di interesse, ma il reale significato della maggiore
> trasmissione paterna piuttosto che materna, e’ ancora tutto da spiegare.
> Nell’articolo vengono fatte varie ipotesi, ancora da verificare.
> A mio parere, potrebbe trattarsi anche solo di un artefatto statistico, in
> quanto i numeri analizzati sono ancora piccoli (39/55 trasmissioni paterne
> contro 21/44 trasmissioni materne nello studio primario). Si vedra’ in
> futuro se questo fenomeno verra’ confermato in campioni piu’ estesi e per
> altre classi di varianti.
>
> Come sempre, le semplificazioni giornalistiche possono portare a
> intepretazioni fantasiose riguardo a possibili “colpe” dei genitori…
>
> Cordiali saluti
> Elena Maestrini
>
>
>
>
>
>
>
>
> On 8 Jun 2018, at 15:31, Claudia Nicchiniello <c.nicchiniello a me.com>
> wrote:
>
> Segnalo...
>
>
> In tema di ritorno alla mamma frigorifero.... un pó di “ colpe” ai papà
> non guasta....
>
>
>
> Claudia Nicchiniello
>
>
> Inviato da iPhone
>
> Inizio messaggio inoltrato:
>
> *Da:* Press-IN <info a letturagevolata.it>
> *Data:* 8 giugno 2018 15:17:47 CEST
> *A:* Iscritti a Press-IN <info a letturagevolata.it>
> *Oggetto:* *[1358] Autismo, il ruolo del DNA paterno*
> *Rispondi a:* Press-IN <info a letturagevolata.it>
>
> *Press-IN anno X / n. 1358*
>
> Galileo del 08-06-2018
>
> *Autismo, il ruolo del DNA paterno*
>
> Le mutazioni del DNA associate ai disturbi dello spettro autistico sono in
> parte ereditate dal padre. È quanto sostiene lo studio pubblicato su
> Science dai ricercatori dell’Università della California a San Diego.
> Guidati da Jonathan Sebat delBeyster Center for Genomics of Psychiatric
> Diseases, i ricercatori hanno analizzato i genomi di soggetti appartenenti
> a 2600 famiglie in due studi indipendenti, identificando le varianti
> strutturali del DNA associate ai disturbi dello spettro autistico e
> trasmesse ai figli per via paterna. Un risultato che rappresenta una novità
> nella ricerca sulle basi genetiche dell’autismo, fino ad ora concentrata
> sulle mutazioni genetiche ereditate per via materna.
>
> Negli ultimi anni, lo studio sulla genetica dell’autismo ha portato alla
> scoperta di mutazioni del DNA che alterano direttamente i geni portando a
> un malfunzionamento delle proteine coinvolte e quindi alla malattia. Tali
> mutazioni sono ereditate per via materna, ma causano la patologia
> principalmente nei soggetti maschi. Le femmine infatti sono protette da
> questi effetti negativi e necessitano di un maggior numero di mutazioni
> rispetto ai maschi per sviluppare la malattia.
>
> Il nuovo studio ha identificato delle varianti strutturali rare associate
> all’autismo che differiscono dalle mutazioni genetiche precedentemente
> scoperte. Esse infatti non alterano direttamente i geni, ma influiscono
> sugli elementi di controllo dell’espressione genica e inoltre sono
> ereditate per via paterna. La nuova scoperta non contraddice la precedente,
> ma la integra, aggiungendo un nuovo e importante tassello alla conoscenza
> delle basi ereditarie dell’autismo. Il contributo del patrimonio genetico
> paterno all’insorgenza dell’autismo era infatti sconosciuto fino ad ora, e
> i ricercatori hanno scoperto che tale contributo non solo esiste, ma può
> anche essere rilevante. Gli effetti delle varianti del DNA ereditate dai
> padri sono minori rispetto a quelli delle mutazioni geniche che alterano
> direttamente i geni, e dunque non influiscono in modo sostanziale sulla
> vita degli individui. Tuttavia, quando gli effetti sono minimi, la
> probabilità di trasmettere tali mutazioni alle generazioni successive è
> maggiore, provocando l’accumulo di queste varianti attraverso le
> generazioni e aumentandone l’effetto complessivo.
>
> Alla luce dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno proposto un nuovo
> modello per spiegare come il DNA possa influire, almeno in parte,
> sull’insorgenza dell’autismo e sulla sua prevalenza in soggetti di sesso
> maschile. Secondo questo modello, le madri trasmettono ai propri figli le
> mutazioni che alterano le funzioni geniche, dalle quali le figlie femmine
> sono protette, mentre i padri trasmettono le varianti delle porzioni
> regolatrici del DNA che hanno effetti moderati e che causano i sintomi
> dell’autismo in combinazione con le mutazioni genetiche trasmesse dalle
> madri.
>
> Lo studio proseguirà con l’aggiunta di nuovi dati provenienti dalla
> dettagliata analisi dei genomi di nuovi soggetti, possibile grazie
> all’utilizzo di tecniche bioinformatiche sofisticate e alle nuove
> tecnologie di sequenziamento del DNA.
>
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