[autismo-biologia] [1358] Autismo, il ruolo del DNA paterno

Elena Maestrini elena.maestrini a unibo.it
Dom 10 Giu 2018 13:55:31 CEST


Buongiorno,
ho letto il trafiletto sotto, che si riferisce ad un articolo recentemente pubblicato su Science. Aggiungo qualche spiegazioni in piu’ per chiarire il contesto di questa ricerca e il suo significato.
Come sappiamo, i progressi nelle tecniche di sequenziamento ed analisi del genoma stanno permettendo di avere informazioni sempre piu’ dettagliate riguardo alla variabilità genetica in generale, e quindi di avere piu’ dati per scoprire quali varianti del DNA possono essere riconducibili all’autismo.
Il problema fondamentale è che sebbene siamo ormai in grado di determinare abbastanza facilmente la sequenza di un intero genoma di una persona (3 miliardi di nucleotidi), lo scoglio è quello di capirne il significato. Non siamo ancora in grado di predirre con precisione quali varianti nel nostro genoma siano associate all’insorgenza di patologie, e cio` è particolarmente difficile per le sequenze di DNA al di fuori dei geni.
Per questo motivo, fino ad ora ci si era concentrati sull’analisi di mutazioni del DNA che ricadono nella parte codificante del genoma (il cosidetto “esoma”), cioè quelle parti dei geni che codificano per proteine (circa 1.5% di tutto il genoma), cioè quella parte di genoma piu’ facilmente interpretabile. Sappiamo già che in alcuni casi l’autismo è causato da mutazioni "de-novo” (cioè mutazioni nuove, non ereditate dai genitori) che distruggono la funzione di una proteina. Ma, più spesso l’autismo ha  una base multigenica, per cui il fenotipo puo`risultare dagli effetti cumulativi di diverse mutazioni (ognuna con un piccolo effetto individuale) ereditate da entrambi i genitori, e che spesso ricadono al di fuori delle regioni codificanti del genoma.
La sfida attuale è proprio quella di riuscire ad individuare queste varianti, ed  è proprio in questo contesto che si colloca il lavoro del gruppo di Sebat, citato nel commento sotto.
La reale importanza di questo studio è di aver identificato una nuova classe di varianti nella porzione non codificante del genoma che potrebbero contribuire al rischio di sviluppare autismo. E’ un primo tentativo di cercare di interpretare sequenze dell’intero genoma invece che limitarsi al solo “esoma”.
In sintesi, questo studio ha analizzato sequenze  dell’intero genoma (non limitandosi all’esoma) di diverse centinaia di famiglie con un bambino affetto da autismo. Per ridurre la complessità del problema i ricercatori si sono concentrati sull’analisi di una classe di varianti non codificanti che hanno maggiore probabilità di alterare la funzione genica, le varianti strutturali a livello degli elementi di controllo dell’espressione genica (i “promotori").  E’ stato riscontrato che i genitori che sono portatori di una di queste varianti, la trasmettono al figlio autistico più frequentemente rispetto all’atteso. Questa maggiore trasmissione è risutata  piu’ frequentemente da parte paterna, mentre la trasmissione da parte materna non ha mostrato differenze significative. E’ un dato sorprendente e degno di interesse, ma il reale significato della maggiore trasmissione paterna piuttosto che materna, e’ ancora tutto da spiegare. Nell’articolo vengono fatte varie ipotesi, ancora da verificare.
A mio parere, potrebbe trattarsi anche solo di un artefatto statistico, in quanto i numeri analizzati sono ancora piccoli (39/55 trasmissioni paterne contro 21/44 trasmissioni materne nello studio primario). Si vedra’ in futuro se questo fenomeno verra’ confermato in campioni piu’ estesi e per altre classi di varianti.

Come sempre, le semplificazioni giornalistiche possono portare a intepretazioni fantasiose riguardo a possibili “colpe” dei genitori…

Cordiali saluti
Elena Maestrini








On 8 Jun 2018, at 15:31, Claudia Nicchiniello <c.nicchiniello a me.com<mailto:c.nicchiniello a me.com>> wrote:

Segnalo...


In tema di ritorno alla mamma frigorifero.... un pó di “ colpe” ai papà non guasta....



Claudia Nicchiniello


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Inizio messaggio inoltrato:

Da: Press-IN <info a letturagevolata.it<mailto:info a letturagevolata.it>>
Data: 8 giugno 2018 15:17:47 CEST
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Oggetto: [1358] Autismo, il ruolo del DNA paterno
Rispondi a: Press-IN <info a letturagevolata.it<mailto:info a letturagevolata.it>>

Press-IN anno X / n. 1358

Galileo del 08-06-2018

Autismo, il ruolo del DNA paterno

Le mutazioni del DNA associate ai disturbi dello spettro autistico sono in parte ereditate dal padre. È quanto sostiene lo studio pubblicato su Science dai ricercatori dell’Università della California a San Diego. Guidati da Jonathan Sebat delBeyster Center for Genomics of Psychiatric Diseases, i ricercatori hanno analizzato i genomi di soggetti appartenenti a 2600 famiglie in due studi indipendenti, identificando le varianti strutturali del DNA associate ai disturbi dello spettro autistico e trasmesse ai figli per via paterna. Un risultato che rappresenta una novità nella ricerca sulle basi genetiche dell’autismo, fino ad ora concentrata sulle mutazioni genetiche ereditate per via materna.

Negli ultimi anni, lo studio sulla genetica dell’autismo ha portato alla scoperta di mutazioni del DNA che alterano direttamente i geni portando a un malfunzionamento delle proteine coinvolte e quindi alla malattia. Tali mutazioni sono ereditate per via materna, ma causano la patologia principalmente nei soggetti maschi. Le femmine infatti sono protette da questi effetti negativi e necessitano di un maggior numero di mutazioni rispetto ai maschi per sviluppare la malattia.

Il nuovo studio ha identificato delle varianti strutturali rare associate all’autismo che differiscono dalle mutazioni genetiche precedentemente scoperte. Esse infatti non alterano direttamente i geni, ma influiscono sugli elementi di controllo dell’espressione genica e inoltre sono ereditate per via paterna. La nuova scoperta non contraddice la precedente, ma la integra, aggiungendo un nuovo e importante tassello alla conoscenza delle basi ereditarie dell’autismo. Il contributo del patrimonio genetico paterno all’insorgenza dell’autismo era infatti sconosciuto fino ad ora, e i ricercatori hanno scoperto che tale contributo non solo esiste, ma può anche essere rilevante. Gli effetti delle varianti del DNA ereditate dai padri sono minori rispetto a quelli delle mutazioni geniche che alterano direttamente i geni, e dunque non influiscono in modo sostanziale sulla vita degli individui. Tuttavia, quando gli effetti sono minimi, la probabilità di trasmettere tali mutazioni alle generazioni successive è maggiore, provocando l’accumulo di queste varianti attraverso le generazioni e aumentandone l’effetto complessivo.

Alla luce dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno proposto un nuovo modello per spiegare come il DNA possa influire, almeno in parte, sull’insorgenza dell’autismo e sulla sua prevalenza in soggetti di sesso maschile. Secondo questo modello, le madri trasmettono ai propri figli le mutazioni che alterano le funzioni geniche, dalle quali le figlie femmine sono protette, mentre i padri trasmettono le varianti delle porzioni regolatrici del DNA che hanno effetti moderati e che causano i sintomi dell’autismo in combinazione con le mutazioni genetiche trasmesse dalle madri.

Lo studio proseguirà con l’aggiunta di nuovi dati provenienti dalla dettagliata analisi dei genomi di nuovi soggetti, possibile grazie all’utilizzo di tecniche bioinformatiche sofisticate e alle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA.


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