[autismo-biologia] neurolettici nella disabilitá intellettiva

daniela a autismo33.it daniela a autismo33.it
Gio 8 Giu 2017 13:05:33 CEST


Domenica 4 Settembre 2016 16:57, "t.gomiero a virgilio.it"
<t.gomiero a virgilio.it> ha scritto:


Invio un sunto dell'articolo che è stato pubblicato nell'ultimo numero di
Psicogeriatria relativo all'utilizzo di farmaci nelle persone con
Disabilità Intellettiva adulte e anziane. A quanto mi è dato sapere è uno
dei pochi studi che sia stato pubblicato relativo ad un campione
multicentrico italiano.


La farmacoterapia per le persone con DI rappresenta una sfida per poter
migliorare l’appropriatezza clinica e la qualità di vita. Negli ultimi
anni si sono moltiplicati gli studi su questi aspetti anche perché il
processo di invecchiamento è normalmente correlato con l’aumento di
somministrazione di farmaci, per questo motivo un affronto evidence based
di questo aspetto diventa essenziale.
In questo studio abbiamo effettuato un’analisi sistematica, in rapporto
all’eziologia, al livello di disabilità, all’età, al genere, alla
residenza, alla multimorbilità organica e/o comorbilità psichiatrica
esaminando i dati relativi alla somministrazione di 276 persone con DI
(età media di ca. 55 anni,range 40-80) e li abbiamo confrontati con i più
recenti contributi della letteratura, sia sull’ambito specialistico, sia
quella relativa alla popolazione generale. Sono stati classificati i
farmaci somministrati anche in funzione dei loro effetti
anticolinergici…………...

Quasi la metà del campione (N=129; 46,7%) assume almeno uno psicofarmaco
quotidianamente, sovente non correlato con la presenza di una diagnosi di
disturbo psichiatrico e più di un terzo del campione assume farmaci con
effetti anticolinergici, …….

Questo anche in rapporto al profilo di somministrazione degli psicofarmaci
che, assieme ad alcuni altri farmaci ad azione anticolinergica, indica che
più di un terzo del nostro campione sia a rischio di un declino cognitivo
accelerato, un dato paradossale se si pensa che sono trattate delle
persone con un preesistente deficit cognitivo.


Riferimenti: De Vreese, L. P., De Bastiani, E., Weger, E., Marangoni, A.,
Mantesso, U., & Gomiero, T. (2016). La farmacoterapia nella disabilità
intellettiva adulta e anziana: risultati di una indagine
multicentrica. Psicogeriatria, 2, 33–51.




9/9/2016 Daniela MC
Gli autori di questo interessante lavoro hanno indagato, tra le altre
cose, il consumo di farmaci ad azione anticolinergica nei
disabili intellettivi tra i 40 e gli 80 anni. Questo in quanto é noto che
l’azione anticolinergica é un fattore di rischio di declino cognitivo.
Copio dal loro lavoro

“Si è riscontrato che nella popolazione geriatrica generale in
trattamento protratto con un solo farmaco ad azione anticolinergica
(punteggio di 2 o 3 alla scala ACB) incrementa il rischio di
compromissione cognitiva del 46% nell’arco di sei anni (Campbell N.L. et
al., 2010) e che un aumento di 1 punto del punteggio totale a questa scala
si associa a una perdita media di 0,33 punti al MMSE in un periodo di 2
anni, con un rischio di mortalità incrementato del 26% (Fox et al.,
2011). Pertanto, se l’anziano senza DI appare così sensibile a farmaci
con attività antimuscarinica aumentando addirittura il rischio sia per la
demenza, sia per la demenza Alzheimer (Gray S.L. et al., 2015), è facile
intuire quali possano essere gli effetti negativi su quelle persone con
punteggi 2 alla scala ACB (Fig. 5) in termini di collateralità, sia
cognitiva sia organica (es. motilità gastrointestinale, ritenzione
urinaria, glaucoma ad angolo chiuso) (de Leon J. et al., 2009; Eady N. et
al., 2015), con un conseguente peggioramento della loro qualità di vita
(Isaac M. e Koch A., 2010). “


Un elenco dei farmaci, numerosissimi, con azione anticolinergica si trova
al link

http://www.agingbraincare.org/uploads/products/ACB_scale_-_legal_size.pdf


Tra questi si trovano molti psicofarmaci prescritti a vita ai disabili
intellettivi adulti, molti dei quali autistici, diagnosticati o no.


Questo rappresenta un fattore di rischio di declino cognitivo modificabile
e un ulteriore motivo per richiamare i medici a prescrizioni
farmacologiche piú mirate e a un monitoraggio piú attento. Bisogna opporsi
alla forza d’inerzia per la quale uno psicofarmaco, una volta iniziato,
viene continuato vita natural durante, a volte senza che ci si chieda
perché é stato iniziato, se ha migliorato i sintomi target o comunque se
ha senso continuarlo.
Ricordo la conclusione di una delle poche sperimentazioni compiute sui
neurolettici nei comportamenti aggressivi dei disabili
intellettivi ( Tyrer P, Oliver-Africano P, Romeo R, Knapp M, Dickens S,
Bouras N et al. Neuroleptics in the treatmentof aggressive challenging
behaviour for people with intellectual disabilities: a randomised
controlled trial(NACHBID). Health Technol Assess 2009; 13(21).
http://www.journalslibrary.nihr.ac.uk/hta/volume-13/issue-21 )
“non vi sono prove che il risperidone o l'olanzapina diano vantaggi
rispetto al placebo nel breve o lungo periodo per il trattamento dei
comportamenti aggressivi problematici in soggetti disabili mentali. A
quattro settimane il placebo é risultato maggiormente efficace nel ridurre
il comportamento aggressivo”
Oltre a queste conclusioni per il presente, i dati di questo lavoro devono
indurre i ricercatori a trovare nuovi approcci, siano essi riabilitativi o
biologici, per la gestione dell’aggressivitá e di altri comportamenti
problematici nei disabili intellettivi adulti.  
   Daniela MC
 

8 giugno 2017
Si stanno ponendo il problema dell’uso cronico di psicofarmaci nelle
persone con disabilitá intellettiva anche alcuni autori olandesi che hanno
pubblicato il 30 maggio scorso il seguente lavoro

Physicians’ reasons not to discontinue long-term used off- label
antipsychotic drugs in people with intellectual disability
G. M. de Kuijper1,2 & P. J. Hoekstra3
1 Assen, GGZ Drenthe/Department Centre for Intellectual Disability and
Mental Health, the Netherlands
2 University Medical Centre Groningen/Department Psychiatry, the Netherlands
3 University Medical Centre Groningen/Department University Centre Child
and Adolescent Psychiatry, the Netherlands
J Intellect Disabil Res. 2017 May 30. doi: 10.1111/jir.12385. 

Anche nello studio olandese si parte dalla constatazione che un  grande
numero di disabili intellettivi  assume psicofarmaci, soprattutto
neurolettici, senza una valida indicazione (off label)
Dopo avere identificato 977 disabili intellettivi che assumono
neurolettici continuativamente da piú di un anno sono stati chiesti ai
medici prescrittori i motivi per i quali tali farmaci non vengono sospesi.

I motivi piú frequenti riferiti dai medici sono stati: la preoccupazione
che si aggravino i sintomi correlati all’agitazione, la presenza di un
disturbo dello spettro autistico, precedenti tentativi falliti di
sospensione e la contrarietá  dei tutori.
Favorevole alla sospensione é risultato il 51% dei medici, con una
percentuale che varia dal 22% all’87% a seconda del servizio in cui
operano
Overall, physicians were willing to discontinue their prescriptions in 51%
of cases, varying from 22% to 87% per service provider.
The main reasons for decisions not to discontinue were concerns for
symptoms of restlessness, the presence of an autism spectrum disorder,
previously unsuccessful attempts to discontinue and objections against
discontinuation of legal representatives.

Miei commenti. E’assolutamente ingiustificato portare a motivo della
mancata sospensione dei neurolettici la presenza di autismo, dal momento
che l’autismo in quanto tale non é una indicazione valida per la
prescrizione di neurolettici.
Risulta molto strana l' influenza dei tutori sui medici per quanto
riguarda la prescrizione di psicofarmaci. Dovrebbero essere i medici a
prendere le decisioni in merito ai farmaci e spiegarne le motivazioni ai
rappresentanti legali e non viceversa. ‘

Gli autori cosí concludono
Considerando il rischio di interazioni tra farmaci e l’incidenza di
effetti collaterali nelle persone con disabilitá intellettiva, dovrebbe
essere ridotto il piú possibile un loro utilizzo non necessario.
In particolare le prescrizioni non supportate da evidenza scientifica,
come ad esempio i farmaci antipsicotici per i comportamenti problema,
dovrebbero essere limitate a periodi brevi, in accordo con le linee guida.

Because of the risk of drug interactions caused by multiple drug use and
the increased risk for the occurrence of side effects in people with ID
(Matson, Mahan 2010, de Kuijper et al. 2013), unnecessary use should be
reduced as much as possible.
Especially prescriptions that are not supported by scientific evidence,
for example, the use of antipsychotic drugs for challenging behaviours,
should according to guidelines be limited to a short period (Deb, Kwok,
Bertelli, Salvador-Carulla, Bradley, Torr et al. 2009).

Un problema preso in considerazione dagli autori  é anche quello della
comorbilitá associata alla disabilitá mentale, la cui presentazione
clinica puo’ essere molto peculiare e di difficile diagnosi. Qui si apre
un nuovo capitolo: formare i medici al riconoscimento della patologia
psichiatrica associata alla disabilitá intellettiva.

Sono inoltre necessari studi specifici sulla efficacia e sicurezza dei
farmaci antipsicotici  nel caso di malattie mentali ben definite per
definire una migliore base di evidenza per il trattamento della
comorbilitá psichiatrica associata alla disabilitá intellettiva.

Furthermore, although there is no evidence base for the effectiveness of
antipsychotic drugs to manage problem behaviours in the absence of a
psychiatric disorder (Deb, Kwok, Bertelli, Salvador-Carulla, Bradley, Torr
et al. 2009), there might be undiagnosed psychiatric disorders or mental
symptoms manifesting in, for example, restlessness in especially those
more severely intellectually disabled people, which may be reduced by a
treatment with antipsychotics.

Studies on the effectiveness and safety of antipsychotic drugs on
well-defined mental and behavioural symptoms are needed to establish a
better evidence base for antipsychotic drug treatments in this subgroup of
people with ID.

Education and training in evidence-based practice in assessments and
treatments of mental disorders in people with ID are warranted for
physicians and behavioural scientists who are responsible for the mental
health care in this population.

Furthermore, studies on the effectiveness and safety of antipsychotic
drugs for well-defined mental and behavioural symptoms in case it is not
possible to establish psychiatric diagnoses are needed.
     Daniela Mariani Cerati





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