[autismo-biologia] (senza oggetto)

Francesco Barale francesco.barale a unipv.it
Ven 17 Feb 2017 11:34:34 CET


A proposito di persone adulte con autismo grave, ricordo che esistono sia
esperienze significative che evidenze di letteratura che testimoniano come
sia possibile, nel lungo periodo, non solo evitare il deterioramento che
spesso purtroppo caratterizza gli outcome sia nei tradizionali contesti
istituzionali che  nelle "istituzionalzzazioni a domicilio" (ovunque in
sostanza non vi sia una coerenza tra progetti, contesti di vita e
interventi abilitativi), ma anche consentire a queste particolari persone
una effettiva buona qualità di vita e di espressione della loro umanità; a
patto che sia garantito un mix coerente fatto non solo di continuità,
costanza, sistematicità e specificità di interventi nel tempo, ben oltre
l'età evolutiva, ma anche, appunto, di progetti di vita adeguati e non
improntati ad attese e forzature adattative irrealistiche, nonchè (last but
not least)  di cura e organizzazione dei contesti, perchè funzionino nel
modo più "autistic like" possibile. Dunque molte cose si possono fare già
ora, almeno in linea teorica, se ci sono risorse e competenze adeguate. Per
la nostra esperienza rimando a  L. Fusar Poli et al:  Long-term Outcome of
a cohort of adults with autism and intellectual disabilities: A pilot
prospective study. In Research in Developmental Disabilities, 2017 Jan;
60:223-231

Cordiali saluti
Francesco Barale

Il giorno 16 febbraio 2017 19:23, Tiziano Alice <tgabrielli a alice.it> ha
scritto:

> Con lo spalancarsi dei criteri diagnostici inclusivi (DSM-V), non solo la
> casistica ma anche gli approcci educativo-comportamentali si
> complicheranno nelle singolarità dei casi, perché gli interventi si
> dovranno misurare con livelli di autismo estremi (dal poco al tanto)
> associati a livelli intellettivi assai difformi. Si potrà toccare il cielo
> delle competenze o sprofondare nel nulla. I metodi abilitativi si dovranno
> adattare ulteriormente alla nuova attenzione per i livelli intellettivi più
> alti (e numerosi) con livelli di autismo sempre più sfumati, avvalendosi di
> strategie psico-educative molto vicine a quelle usate nella normodotazione
> ma sempre più lontane dai principi abilitativi adatti all’autismo grave.
> Dico questo perché nei prossimi anni sarà più complicato, anziché più
> semplice, proporre e correggere i principi abilitativi attuali (già
> tendenzialmente circoscritti nei primi anni di vita, mentre prevale il
> TEACCH più ci si sposta verso il grave o l'adulto)  e la paralisi
> propositiva  aumenterà. Il concentrarsi dell’intervento educativo ABA in
> una fascia di età sempre più specifica e recettiva _Denver Model- sembra
> anche ribadire indirettamente l’esiguità del range di
> applicabilità-efficacia della metodica. A fronte di questo dato il
> dilatarsi della casistica verso la normodotazione rallenterà
> definitivamente la ricerca della soluzione abilitativa dei casi di autismo
> grave. Questi anni sono quindi cruciali per applicare e misurare l’impegno
> abilitativo per l’autismo più di quanto si creda. Tiziano & Patrizia
>
> _______________________________________________
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*Prof. Francesco Barale*

*Ordinario di Psichiatria*
*Direttore del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del
Comportamento*
*Università degli Studi di Pavia*
*Via Bassi, 21 - 27100 Pavia*
*Tel.: 0039 0382 98 7250*
*Mail to: francesco.barale a unipv.it <francesco.barale a unipv.it>*
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