[autismo-biologia] sindrome di Phelan McDermid

marialba.corona a gmail.com marialba.corona a gmail.com
Sab 13 Feb 2016 11:48:21 CET


Il gruppo Facebook della Phelan McDermid ringrazia:

Grazie Marialba per condividere nel gruppo, e grazie alla dottoressa Marini per le sue ottime spiegazioni.. Sono riuscita a capirci qualcosa pure io!! :)

Inviato da iPhone

> Il giorno 12 feb 2016, alle ore 22:37, Marina Marini <Marina.marini a unibo.it> ha scritto:
> 
> La dott.ssa Daniela Mariani-Cerati mi ha chiesto un commento di tipo scientifico ma con linguaggio divulgativo sull’articolo “CLK2 inhibition ameliorates autistic features associated with SHANK3 deficiency”, recentemente uscito nella prestigiosa rivista SCIENCE. Compito veramente molto difficile perché si tratta di un articolo estremamente “tecnico”, mentre, per quello che può interessare le famiglie e i clinici, il significato è stato già magistralmente esposto da Daniela Mariani-Cerati.
> 
> Cerco comunque di fare “i compiti” e per farlo devo cominciare dallo spiegare che cosa fa il prodotto del gene Shank3. Si tratta di una proteina di grandi dimensioni, localizzata nelle cellule nervose a livello delle sinapsi, ossia dei punti di collegamento tra cellule nervose (o meglio       nelle regioni in cui si svolge la comunicazione tra cellule nervose). In particolare, la troviamo nella cellula “ricevente” e in sinapsi che trasmettono un segnale “eccitatorio” mediato dal neurotrasmettitore glutammato. In tale sede, questa proteina accoglie diverse componenti cellulari e ne favorisce le interazioni, in modo che, all’arrivo del segnale nervoso, queste proteine trasmettano al resto della cellula l’informazione dell’arrivo del segnale. Questo compito si attua con attivazioni a cascata, nel senso che una proteina attiva un’altra proteina “a valle”, e questa trasmette l’attivazione alla successiva, ecc. Ogni passaggio è passibile di regolazioni multiple e quindi determina plasticità della risposta e inoltre ogni passaggio può attivare più proteine (“amplificazione del segnale”) ma anche proteine diverse, che a loro volta sono a capo di una piccola “cascata di segnalazione”, determinando un pattern “ad albero ramificato”: una grande complessità molecolare!
> 
> Uno degli effetti più rilevanti di questa segnalazione è l’attivazione di un complesso centrato intorno alla proteina mTOR, a sua volta una proteina segnalatrice; questo complesso è di enorme importanza nella vita cellulare. Da notare, che molte componenti interessate a questa segnalazione si trovano in tutte le cellule, ma con compiti leggermente diversi a seconda del tipo cellulare. Per esempio, nelle cellule nervose la cascata di segnalazione determina tra l’altro la formazione di “spine dendritiche”, ossia di minuscole protuberanze dei prolungamenti delle cellule nervose denominati “dendriti”. Queste protuberanze (che possono essere dell’ordine di centinaia o migliaia per dendrite) svolgono diversi compiti, tra cui quello di agevolare la trasmissione degli impulsi, di favorire i processi di memoria, di aumentare i contatti tra cellule nervose.
> 
> Tra le regolazioni che possono interferire con la cascata di segnalazione sopra delineata ne evidenzio due, entrambe rilevanti per la Sindrome di Phelan-McDermid. Una è la segnalazione innescata dalla molecola segnale IGF-1, che ha una funzione di “rinforzo” della segnalazione mediata da Shank3, ma non passa attraverso tale proteina; una delle terapie attualmente prese in esame per i pazienti colpiti da Sindrome di Phelan-McDermid è proprio quella che si avvale del trattamento con IGF-1. Un’altra “interferenza” è data invece dalla regolazione negativa di una delle proteine della cascata di segnalazione. Queste regolazioni negative hanno lo scopo di portare comunque allo spegnimento del segnale attivato dalla segnalazione, evitando che resti attivo più del dovuto, e fanno quindi parte del meccanismo di omeostasi cellulare. La regolazione negativa in questione è attuata dalla proteina CLK2.
> 
> Gli autori hanno pazientemente ricostruito i punti chiave di queste complesse regolazioni ed individuato nell’inibizione di       CLK2 (mediante una piccola molecola specifica) una possibile via per ovviare alle carenze dovute alla mutazione di una delle due copie del gene che codifica per Shank3. La mutazione causa una carenza della corrispondente proteina, che si riflette sull’incapacità dei segnali nervosi di attivare a pieno il complesso facente capo a mTOR e quindi porta alla formazione di un numero molto ridotto di spine dendritiche. Se una delle proteine appartenenti a questa catena di attivazione non venisse inibita dalla regolazione operata da CLK2, potrebbero arrivare a mTOR sufficienti segnali di attivazione.
> 
> Usando numerosi approcci diversi ed indipendenti, gli autori di questa pubblicazione hanno dimostrato l’efficacia dell’inibizione di CLK2 nel temperare i difetti dovuti alla mutazione di Shank3.
> 
> Il mantenimento della catena di trasmissione, che parte dalla sinapsi attivata e arriva al complesso di mTOR, comporta tra l’altro la formazione di nuove spine dendritiche. Trattati con l’inibitore di CLK2, i topi mutanti riducono i comportamenti ripetitivi e acquistano comportamenti socievoli. Si può quindi dire che questi studio apre vere speranze di trattamento per i pazienti affetti da Sindrome di Phelan-McDermid.
> 
> E adesso alcune considerazioni di carattere generale. Innanzitutto, questi felici risultati sono stati ottenuti in una sindrome monogenica, in cui una sola mutazione era coinvolta. Inoltre, questa sindrome colpisce l’espressione di una proteina la cui carenza non determina “deviazioni” nel normale sviluppo del sistema nervoso centrale, per cui gli interventi farmacologici possono essere efficaci anche se attuati dopo la nascita: questo può non essere valido per altre mutazioni o condizioni che, alterando lo sviluppo del sistema nervoso durante la vita prenatale o nei primi mesi di vita, porta a situazioni potenzialmente meno reversibili. Inoltre, anche per i pazienti affetti da Sindrome di Phelan-McDermid la strada non è ancora conclusa, perché questo trattamento dovrebbe essere protratto per tutta la vita, quindi ne va dimostrata l’innocuità. Come è stato sottolineato sopra, la maggior parte delle molecole implicate in questa segnalazione       svolgono ruoli simili ma non identici in molti altri tipi di cellule. Un eccesso di attivazione del complesso di mTOR (quindi l’opposto di quanto si osserva nella Sindrome di Phelan-McDermid) può portare alla sclerosi tuberosa, un’altra patologia genetica spesso associata ad autismo. Il funzionamento delle cellule è regolato in maniera molto fine e le attività degli enzimi devono ricadere entro ben precisi confini.
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> Il lavoro compiuto dall’équipe guidata da Ivan Galimberti, della Novartis, è molto complesso e si è avvalso di tecniche molto raffinate, che vanno dallo studio del fosfo-proteoma all’utilizzo di modelli di topi       transgenici, da tecniche biochimiche complesse alle colture di cellule nervose dei pazienti affetti da Sindrome di Phelan-McDermid ottenute dalle cosiddette iPSC (ossia cellule staminali pluripotenti indotte), dall’applicazione di modelli bioinformatici a colture d’organo. Non stupisce che l’articolo sia firmato da venti ricercatori, ciascuno dei quali altamente specializzato e competente in una serie di metodiche complesse. È difficile stimare Il costo di uno studio di questo tipo, ma a mio parere si aggira su un milione di euro. 
> 
> Marina Marini 
> Associate Professor of Applied Biology Department of Experimental, Diagnostic and Specialty Medicine- University of Bologna, Italy voice (+39)0512094-116/094/100; fax (+39)0512094110; cellulare (+39)3454316414; e-mail marina.marini a unibo.it 
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> Il 07/02/2016 22:06, daniela marianicerati ha scritto:
>> L'approccio con IGF-1 non e' il solo nella ricerca di un trattamento della sindrome di Phelan Mc Dermid.
>> Il 4 febbraio scorso e' uscito su Science un lavoro che apre prospettive totalmente nuove nella comprensione della funzione dello Shank3, dell'interazione tra geni, in particolare tra lo Shank3 e il CLK2, e di nuovi approcci terapeutici.
>> 
>> Mediante l'inibizione della proteina CLK2 e' stata migliorata la funzione sinaptica nei neuroni mancanti del gene Shank3.
>> Consensualmente al miglioramento della funzione sinaptica si e' anche ripristinata la socialita' nei topi mancanti dello Shank3.
>> 
>> Questo successo nell'approccio con i modelli animali apre prospettive terapeutiche anche per gli esseri umani, in quanto la proteina CLK2 e' un possibile bersaglio per i farmaci.
>> L'auspicio espresso dagli autori e' che eventuali nuove terapie scoperte studiando le basi biologiche delle condizioni monogeniche possano poi essere efficaci anche nella popolazione, ben piu' grande, dello spettro autistico da causa ignota.
>> 
>> Chi desidera approfondire puo' leggere l'articolo originale su Science
>> http://science.sciencemag.org/content/early/2016/02/03/science.aad5487
>> e/o il comunicato stampa al link
>> https://www.nibr.com/stories/nerd-blog/neuroscientists-restore-cell-cell-signaling-and-sociability-autism-models
>> 
>> 
>> 
>> 
>> Il Lunedì 1 Febbraio 2016 19:44, daniela marianicerati <marianicerati a yahoo.it> ha scritto:
>> 
>> 
>> Secondo la Betancur la sindrome di Phelan McDermid sta emergendo come una delle cause piu' frequenti e sottodiagnosticate di autismo.
>> E' pertanto utile per i cultori della materia avere a disposizione una review completa e aggiornata, come quella uscita recentemente sul Journal of Child Neurology 2015, Vol. 30(14) 1861-1870 ,a firma di Hala Harony-Nicolas e colleghi e intitolata "Phelan McDermid Syndrome: From Genetic Discoveries to Animal Models and Treatment”
>> La sindrome, caratterizzata da autismo, disabilita' intellettiva e ritardo o assenza del linguaggio, e' in rapporto con la delezione della regione terminale del cromosoma 22, 22q13.3, dove si trova il gene SHANK3 la cui delezione pare esserne il principale determinante. Un fenotipo molto simile e' dato infatti anche da mutazioni isolate di detto gene.
>> Al pari di altre condizioni monogeniche anche per la PMS la ricerca sta facendo il percorso: gene – funzione dello stesso – modelli animali, coltura in vitro di cellule dei pazienti in cui si e' operata la sdifferenziazione a cellule staminali e poi la ridifferenziazione a neuroni per studiare le anomalie dello sviluppo                             che si verificano nel passaggio da cellula staminale a neurone. La cosa piu' interessante e' che si sono sperimentate con successo delle terapie sia sugli animali che sulle colture cellulari. Una terapia in particolare, la IGF-1 (insulin-like growth factor-1), ha fatto regredire le anomalie delle cellule e i sintomi degli animali.
>> Un primo passaggio dagli studi preclinici alla sperimentazione sull'uomo e' stato compiuto mediante uno studio pilota su 9 soggetti portatori della sindrome, dai 5 ai 15 anni, mediante trial randomizzato in doppio cieco cross over con IGF – 1. (Kolevzon A, Bush L, Wang AT, Halpern D, Frank Y, Grodberg D, Rapaport R, Tavassoli T, Chaplin W, Soorya L, Buxbaum JD. A pilot controlled trial of insulin-like growth factor-1 in children with Phelan-McDermid syndrome. Mol Autism. 2014;5:54. doi: 10.1186/2040-2392-5-54)
>> http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4326443/
>> 
>> Confrontato col placebo, IGF-1 ha dato miglioramenti statisticamente significativi nel campo del deficit della socialita' e dei comportamenti ristretti.
>> La significativita' statistica non e' pero' alta.
>> 
>> Copio dall'articolo
>> 
>> B) Mean change in ABC-SW score between baseline and week 12 of drug or placebo. P = 0.040; 
>> ABC-SW =  Aberrant Behavior Checklist Social Withdrawal subscale
>> 
>> 
>> RBS-R Restricted Behavior score between baseline and week 12 of drug or placebo
>> (B) Mean change in RBS-R Restricted Behavior score between baseline and week 12 of drug or placebo. P = 0.042;
>> 
>> 
>> Non vi e' stata differenza tra farmaco e placebo nelle altre aree dello sviluppo
>> Results from the other RBS-R subscales were not statistically significant (Stereotyped Behavior: t = −0.269, P = 0.789; Self-Injurious Behavior: t = −1.896, P = 0.063; Compulsive Behavior: t = 0.888, P = 0.378; Ritualistic Behavior: t = −0.192, P = 0.848; Sameness: t = 0.005, P = 0.996).
>> 
>> 
>> In conclusione i risultati hanno dato qualche positivita' grazie alle quali gli autori pensano di passare a trials di maggiori dimensioni. Diciamo che sono incoraggianti, ma non entusiasmanti. 
>> 
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>> Lista di discussione autismo-biologia
>> autismo-biologia a autismo33.it
>> ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).
>> Fondazione Augusta Pini ed Istituto del Buon Pastore Onlus.
>> Per cancellarsi dalla lista inviare un messaggio a: valerio.mezzogori a autismo33.it
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