[autismo-biologia] sindrome di Phelan McDermid

Marina Marini Marina.marini a unibo.it
Ven 12 Feb 2016 22:37:49 CET


La dott.ssa Daniela Mariani-Cerati mi ha chiesto un commento di tipo 
scientifico ma con linguaggio divulgativo sull’articolo “CLK2 inhibition 
ameliorates autistic features associated with SHANK3 deficiency”, 
recentemente uscito nella prestigiosa rivista SCIENCE. Compito veramente 
molto difficile perché si tratta di un articolo estremamente “tecnico”, 
mentre, per quello che può interessare le famiglie e i clinici, il 
significato è stato già magistralmente esposto da Daniela Mariani-Cerati.

Cerco comunque di fare “i compiti” e per farlo devo cominciare dallo 
spiegare che cosa fa il prodotto del gene Shank3. Si tratta di una 
proteina di grandi dimensioni, localizzata nelle cellule nervose a 
livello delle sinapsi, ossia dei punti di collegamento tra cellule 
nervose (o meglio nelle regioni in cui si svolge la comunicazione tra 
cellule nervose). In particolare, la troviamo nella cellula “ricevente” 
e in sinapsi che trasmettono un segnale “eccitatorio” mediato dal 
neurotrasmettitore glutammato. In tale sede, questa proteina accoglie 
diverse componenti cellulari e ne favorisce le interazioni, in modo che, 
all’arrivo del segnale nervoso, queste proteine trasmettano al resto 
della cellula l’informazione dell’arrivo del segnale. Questo compito si 
attua con attivazioni a cascata, nel senso che una proteina attiva 
un’altra proteina “a valle”, e questa trasmette l’attivazione alla 
successiva, ecc. Ogni passaggio è passibile di regolazioni multiple e 
quindi determina plasticità della risposta e inoltre ogni passaggio può 
attivare più proteine (“amplificazione del segnale”) ma anche proteine 
diverse, che a loro volta sono a capo di una piccola “cascata di 
segnalazione”, determinando un pattern “ad albero ramificato”: una 
grande complessità molecolare!

Uno degli effetti più rilevanti di questa segnalazione è l’attivazione 
di un complesso centrato intorno alla proteina mTOR, a sua volta una 
proteina segnalatrice; questo complesso è di enorme importanza nella 
vita cellulare. Da notare, che molte componenti interessate a questa 
segnalazione si trovano in tutte le cellule, ma con compiti leggermente 
diversi a seconda del tipo cellulare. Per esempio, nelle cellule nervose 
la cascata di segnalazione determina tra l’altro la formazione di “spine 
dendritiche”, ossia di minuscole protuberanze dei prolungamenti delle 
cellule nervose denominati “dendriti”. Queste protuberanze (che possono 
essere dell’ordine di centinaia o migliaia per dendrite) svolgono 
diversi compiti, tra cui quello di agevolare la trasmissione degli 
impulsi, di favorire i processi di memoria, di aumentare i contatti tra 
cellule nervose.

Tra le regolazioni che possono interferire con la cascata di 
segnalazione sopra delineata ne evidenzio due, entrambe rilevanti per la 
Sindrome di Phelan-McDermid. Una è la segnalazione innescata dalla 
molecola segnale IGF-1, che ha una funzione di “rinforzo” della 
segnalazione mediata da Shank3, ma non passa attraverso tale proteina; 
una delle terapie attualmente prese in esame per i pazienti colpiti da 
Sindrome di Phelan-McDermid è proprio quella che si avvale del 
trattamento con IGF-1. Un’altra “interferenza” è data invece dalla 
regolazione negativa di una delle proteine della cascata di 
segnalazione. Queste regolazioni negative hanno lo scopo di portare 
comunque allo spegnimento del segnale attivato dalla segnalazione, 
evitando che resti attivo più del dovuto, e fanno quindi parte del 
meccanismo di omeostasi cellulare. La regolazione negativa in questione 
è attuata dalla proteina CLK2.

Gli autori hanno pazientemente ricostruito i punti chiave di queste 
complesse regolazioni ed individuato nell’inibizione di CLK2 (mediante 
una piccola molecola specifica) una possibile via per ovviare alle 
carenze dovute alla mutazione di una delle due copie del gene che 
codifica per Shank3. La mutazione causa una carenza della corrispondente 
proteina, che si riflette sull’incapacità dei segnali nervosi di 
attivare a pieno il complesso facente capo a mTOR e quindi porta alla 
formazione di un numero molto ridotto di spine dendritiche. Se una delle 
proteine appartenenti a questa catena di attivazione non venisse inibita 
dalla regolazione operata da CLK2, potrebbero arrivare a mTOR 
sufficienti segnali di attivazione.

Usando numerosi approcci diversi ed indipendenti, gli autori di questa 
pubblicazione hanno dimostrato l’efficacia dell’inibizione di CLK2 nel 
temperare i difetti dovuti alla mutazione di Shank3.

Il mantenimento della catena di trasmissione, che parte dalla sinapsi 
attivata e arriva al complesso di mTOR, comporta tra l’altro la 
formazione di nuove spine dendritiche. Trattati con l’inibitore di CLK2, 
i topi mutanti riducono i comportamenti ripetitivi e acquistano 
comportamenti socievoli. Si può quindi dire che questi studio apre vere 
speranze di trattamento per i pazienti affetti da Sindrome di 
Phelan-McDermid.

E adesso alcune considerazioni di carattere generale. Innanzitutto, 
questi felici risultati sono stati ottenuti in una sindrome monogenica, 
in cui una sola mutazione era coinvolta. Inoltre, questa sindrome 
colpisce l’espressione di una proteina la cui carenza non determina 
“deviazioni” nel normale sviluppo del sistema nervoso centrale, per cui 
gli interventi farmacologici possono essere efficaci anche se attuati 
dopo la nascita: questo può non essere valido per altre mutazioni o 
condizioni che, alterando lo sviluppo del sistema nervoso durante la 
vita prenatale o nei primi mesi di vita, porta a situazioni 
potenzialmente meno reversibili. Inoltre, anche per i pazienti affetti 
da Sindrome di Phelan-McDermid la strada non è ancora conclusa, perché 
questo trattamento dovrebbe essere protratto per tutta la vita, quindi 
ne va dimostrata l’innocuità. Come è stato sottolineato sopra, la 
maggior parte delle molecole implicate in questa segnalazione svolgono 
ruoli simili ma non identici in molti altri tipi di cellule. Un eccesso 
di attivazione del complesso di mTOR (quindi l’opposto di quanto si 
osserva nella Sindrome di Phelan-McDermid) può portare alla sclerosi 
tuberosa, un’altra patologia genetica spesso associata ad autismo. Il 
funzionamento delle cellule è regolato in maniera molto fine e le 
attività degli enzimi devono ricadere entro ben precisi confini.

Il lavoro compiuto dall’équipe guidata da Ivan Galimberti, della 
Novartis, è molto complesso e si è avvalso di tecniche molto raffinate, 
che vanno dallo studio del fosfo-proteoma all’utilizzo di modelli di 
topi transgenici, da tecniche biochimiche complesse alle colture di 
cellule nervose dei pazienti affetti da Sindrome di Phelan-McDermid 
ottenute dalle cosiddette iPSC (ossia cellule staminali pluripotenti 
/indotte/), dall’applicazione di modelli bioinformatici a colture 
d’organo. Non stupisce che l’articolo sia firmato da venti ricercatori, 
ciascuno dei quali altamente specializzato e competente in una serie di 
metodiche complesse. È difficile stimare Il costo di uno studio di 
questo tipo, ma a mio parere si aggira su un milione di euro.

/Marina Marini
Associate Professor of Applied Biology Department of Experimental, 
Diagnostic and Specialty Medicine- University of Bologna, Italy voice 
(+39)0512094-116/094/100; fax (+39)0512094110; cellulare 
(+39)3454316414; e-mail marina.marini a unibo.it/

Il 07/02/2016 22:06, daniela marianicerati ha scritto:
> L'approccio con IGF-1 non e' il solo nella ricerca di un trattamento 
> della sindrome di Phelan Mc Dermid.
> Il 4 febbraio scorso e' uscito su Science un lavoro che apre 
> prospettive totalmente nuove nella comprensione della funzione dello 
> Shank3, dell'interazione tra geni, in particolare tra lo Shank3 e il 
> CLK2, e di nuovi approcci terapeutici.
>
> Mediante l'inibizione della proteina CLK2 e' stata migliorata la 
> funzione sinaptica nei neuroni mancanti del gene Shank3.
> Consensualmente al miglioramento della funzione sinaptica si e' anche 
> ripristinata la socialita' nei topi mancanti dello Shank3.
>
> Questo successo nell'approccio con i modelli animali apre prospettive 
> terapeutiche anche per gli esseri umani, in quanto la proteina CLK2 e' 
> un possibile bersaglio per i farmaci.
> L'auspicio espresso dagli autori e' che eventuali nuove terapie 
> scoperte studiando le basi biologiche delle condizioni monogeniche 
> possano poi essere efficaci anche nella popolazione, ben piu' grande, 
> dello spettro autistico da causa ignota.
>
> Chi desidera approfondire puo' leggere l'articolo originale su Science
> http://science.sciencemag.org/content/early/2016/02/03/science.aad5487
> e/o il comunicato stampa al link
> https://www.nibr.com/stories/nerd-blog/neuroscientists-restore-cell-cell-signaling-and-sociability-autism-models
>
>
>
>
> Il Lunedì 1 Febbraio 2016 19:44, daniela marianicerati 
> <marianicerati a yahoo.it> ha scritto:
>
>
> Secondo la Betancur la sindrome di Phelan McDermid sta emergendo come 
> una delle cause piu' frequenti e sottodiagnosticate di autismo.
> E' pertanto utile per i cultori della materia avere a disposizione una 
> review completa e aggiornata, come quella uscita recentemente sul 
> /Journal of Child Neurology 2015, Vol. 30(14) 1861-1870 ,a firma di 
> Hala Harony-Nicolas e colleghi e intitolata "Phelan McDermid Syndrome: 
> From Genetic Discoveries to Animal Models and Treatment”/
> La sindrome, caratterizzata da autismo, disabilita' intellettiva e 
> ritardo o assenza del linguaggio, e' in rapporto con la delezione 
> della regione terminale del cromosoma 22, 22q13.3, dove si trova il 
> gene SHANK3 la cui delezione pare esserne il principale determinante. 
> Un fenotipo molto simile e' dato infatti anche da mutazioni isolate di 
> detto gene.
> Al pari di altre condizioni monogeniche anche per la PMS la ricerca 
> sta facendo il percorso: gene – funzione dello stesso – modelli 
> animali, coltura in vitro di cellule dei pazienti in cui si e' operata 
> la sdifferenziazione a cellule staminali e poi la ridifferenziazione a 
> neuroni per studiare le anomalie dello sviluppo che si verificano nel 
> passaggio da cellula staminale a neurone. La cosa piu' interessante e' 
> che si sono sperimentate con successo delle terapie sia sugli animali 
> che sulle colture cellulari. Una terapia in particolare, la IGF-1 
> (insulin-like growth factor-1), ha fatto regredire le anomalie delle 
> cellule e i sintomi degli animali.
> Un primo passaggio dagli studi preclinici alla sperimentazione 
> sull'uomo e' stato compiuto mediante uno studio pilota su 9 soggetti 
> portatori della sindrome, dai 5 ai 15 anni, mediante trial 
> randomizzato in doppio cieco cross over con IGF – 1. /(/*/Kolevzon A, 
> Bush L, Wang AT, Halpern D, Frank Y, Grodberg D, Rapaport R, Tavassoli 
> T, Chaplin W, Soorya L, Buxbaum JD. A pilot controlled trial of 
> insulin-like growth factor-1 in children with Phelan-McDermid 
> syndrome. Mol Autism. 2014;5:54. doi: 10.1186/2040-2392-5-54)/*
> *http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4326443/*
>
> *Confrontato col placebo, IGF-1 ha dato miglioramenti statisticamente 
> significativi nel campo del deficit della socialita' e dei 
> comportamenti ristretti.*
> *La significativita' statistica non e' pero' alta.*
>
> *Copio dall'articolo*
>
> /**B)**Mean change in ABC-SW score between baseline and week 12 of 
> drug or placebo. P = 0.040; /
> /ABC-SW =  Aberrant Behavior Checklist Social Withdrawal subscale/
> /
>
> /
> **/RBS-R Restricted Behavior score between baseline and week 12 of 
> drug or placebo/**
> /**(B)*** Mean change in RBS-R Restricted Behavior score between 
> baseline and week 12 of drug or placebo. *P* = 0.042;*/
>
>
> *Non vi e' stata differenza tra farmaco e placebo nelle altre aree 
> dello sviluppo*
> /*Results from the other RBS-R subscales were not statistically 
> significant (Stereotyped Behavior: t = −0.269, *P* = 0.789; 
> Self-Injurious Behavior: t = −1.896, *P* = 0.063; Compulsive Behavior: 
> t = 0.888, *P* = 0.378; Ritualistic Behavior: t = −0.192, *P* = 0.848; 
> Sameness: t = 0.005, *P* = 0.996).*/
>
>
> *In conclusione i risultati hanno dato qualche positivita' grazie alle 
> quali gli autori pensano di passare a trials di maggiori dimensioni. 
> Diciamo che sono incoraggianti, ma non entusiasmanti. *
>
>
>
>
> _______________________________________________
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