[autismo-biologia] dalle malattie rare alla comprensione dei meccanismi patogenetici dell'autismo criptogenetico?

Marina Marini Marina.marini a unibo.it
Gio 1 Gen 2015 12:34:36 CET


Desidero portare un piccolo contributo al recente dibattito e scambio di 
informazioni che si è sviluppato sul sito Autismo-Biologia, chiarendo 
che comunque sto esprimendo un parere personale.
Innanzitutto, la possibilità di sviluppare iPSC (ossia cellule 
pluripotenti a partire da cellule differenziate) utilizzando la polpa 
dentaria dei dentini da latte è sicuramente un bel risultato perché non 
sottopone i bambini ad alcun trauma. Buona anche l'idea di costituire 
una "banca biologica" di cellule della polpa dentaria, ma non mi sembra 
che possa servire per un utilizzo a breve termine, come chiarisco di 
seguito.
Infatti, non me la sento al momento attuale di porre eccessive speranze 
nell'approccio che vede la derivazione di cellule nervose da tali 
cellule pluripotenti per affrontare uno studio di terapia 
"personalizzata", o almeno non lo ritengo un approccio universalmente 
valido.
Innanzitutto, ogni anomalia genetica, comprese le traslocazioni 
osservate nel bambino brasiliano, è riscontrabile per definizione in 
ogni cellula del paziente e quindi non richiede la laboriosa procedura 
di derivazione delle iPSC e poi, a partire da queste, di cellule 
neuronali. Anzi, la corretta procedura di derivazione impone la verifica 
che le cellule derivate dal paziente abbiano alla fine delle procedure 
lo stesso assetto genetico di partenza, in quanto le procedure stesse 
potrebbero indurre delle alterazioni genetiche (artefatti). Quindi si 
impone un preciso match tra le cellule originarie (ad es. quelle della 
polpa dentaria) e quelle derivate (es. cellule neuronali) e richiede 
quindi di partire da una corretta individuazione delle eventuali mutazioni.
In secondo luogo, le anomalie genetiche potrebbero non avere gli stessi 
effetti su tutte le cellule e in particolare su tutti i sottotipi di 
cellule neuronali, per cui sarebbe utile se mai sapere in anticipo quali 
sono le cellule neuronali di interesse e cercare di indirizzare il 
differenziamento delle iPSC verso tali cellule, cosa al momento di 
difficile attuazione, anche perché in genere il prodotto del 
differenziamento delle iPSC non origina una popolazione omogenea. Questo 
punto è fondamentale perché toglie molto valore all'eventuale 
individuazione di una "terapia personalizzata". Infatti si imporrebbe a) 
il confronto tra fenotipi cellulari normali e il fenotipo cellulare del 
paziente (e qui mi riferisco ad esempio alla morfologia ma soprattutto 
all'esoma, ossia all'insieme degli RNA prodotti); b) il riscontro di 
differenze CERTE tra il fenotipo normale e quello del paziente (e 
questo, attenzione, in presenza di popolazioni cellulari non omogenee 
sia nei normali sia nel paziente); c) l'individuazione di farmaci o di 
altri interventi terpeutici in grado di ripristinare un fenotipo normale 
dopo trattamento "personalizzato" in vitro. Non discuto poi le 
difficoltà di passare dallo studio in vitro allo studio in vivo (es. la 
difficoltà da parte di molte molecole di attraversare la barriera 
emato-encefalica).
In terzo luogo, se alla base delle anomalie dell'autismo ci fossero 
delle alterazioni epigenetiche, che non escludono una base genetica, 
queste sarebbero molto difficili da individuare con l'approccio delle 
iPSC, in quanto niente garantisce la rispondenza tra l'acquisizione 
delle modificazioni epigenetiche che si hanno nel corso dello sviluppo e 
quelle che si hanno in vitro.
Il quarto punto che mi rende perplessa è la nota eterogeneità genetica 
dell'autismo, che svuota l'utilizzo universale di questo approccio (ma 
che non toglierebbe niente all'approccio personalizzato). Una 
eterogeneità genetica cui fa riscontro un'impressionante comunanza di 
sintomi clinici, tali da definire la sindrome dello spettro autistico a 
dispetto delle differenze genetiche (e, apparentemente, ambientali). E, 
come si sta vedendo ormai in diversi laboratori, la presenza di alcune 
caratteristiche fenotipiche di carattere biochimico che sembrano 
accomunare pazienti sicuramente portatori di microeterogeneità genetiche.
In definitiva, ben venga ogni ricerca scientifica seria sull'autismo, ma 
non è detto che, al momento attuale, questo delle iPSC sia l'approccio 
più fruttuoso.
A tutti l'augurio che il 2015 possa essere comunque un "anno di svolta", 
che porti a significativi avanzamenti nella ricerca sull'autismo e dia 
un po' di speranza alle famiglie.
Marina Marini
(Professore Associato di Biologia Appliocata, DIMES, Scuola di Medicina, 
Università di Bologna)
Il 31/12/2014 20:20, daniela marianicerati ha scritto:
> Mi è stato inviato da un iscritto alla lista un messaggio preso dalla 
> rete di cui copio uno stralcio
> CELLULE STAMINALI per una TERAPIA PERSONALIZZATA
> A.Alysson Muotri,professore di pediatria all’Universita’ della 
> California, ed i suoi collaboratori hanno sviluppato un metodo per 
> usare le cellule staminali raccolte dalla polpa dei denti per creare 
> cellule staminali pluripotenti (iPS) _Muotri vorrebbe fondare una 
> banca per questo tipo di cellule, derivandole da bambini con autismo; 
> facendo poi differenziare queste cellule in neuroni spera di 
> comprendere i cambiamenti a livello cellulare e molecolare soggiacenti 
> all’autismo.
> B.
> B. Di solito le cellule iPS sono derivate da prelievi di pelle, ma la 
> strategia di derivarle da denti di latte evita una biopsia della pelle 
> che puo’ essere traumatica per bambini con autismo;
> Fin qui il messaggio è corretto. Poi però prosegue
> C.e’ interessante la possibilita’ che i neuroni derivati da una 
> persona con autismo possano essere usati per selezionare le terapie 
> piu’ utili per quella persona.
> Sembra che già ora sia possibile per ogni persona con autismo avere 
> una terapia personalizzata con la procedura della riprogrammazione 
> delle cellule.
> In seguito viene dato il resoconto di uno studio pubblicato nel 
> novembre scorso su Molecular Psychiatry 
> http://www.nature.com/mp/journal/vaop/ncurrent/full/mp2014141a.html
>
>
>   La riprogrammazione delle cellule (dalla polpa dentaria a cellule
>   staminali pluripotenti e poi a neuroni)  e’ stata applicata ad un
>   bambinobrasiliano ed i ricercatori hanno scoperto che questo bambino
>   ha una traslocazione nel DNA che riguarda due geni: VPRVP , che e’
>   coinvolto nel ciclo cellulare ma non e’ espresso nel sistema
>   nervoso, e TRPC6, un canale del calcio espresso in parti delle
>   sinapsi, le connessioni fra i neuroni, durante lo sviluppo-Gli studi
>   di espressione genica hanno rivelato che le cellule iPS derivate dal
>   bambino producevano soltanto la meta’ del quantitativo di proteina
>   normalmente espressa dal gene TRPC6
>
>
>   Si tratta quindi di un caso di autismo in cui è stata individuata
>   una/de novo balanced translocation disruption of TRPC6, a cation
>   channel, in a non-syndromic autistic individual/.
>
> Per scoprire questa mutazione /“Genetic sequencing of TRPC6 in 1041 
> ASD individuals and 2872 controls revealed significantly more 
> nonsynonymous mutations in the ASD population, and identified 
> loss-of-function mutations with incomplete penetrance in two patients//”./
> Anche in questo lavoro quindi  si è studiata una condizione monogenica 
> rara. Lo studio delle malattie monogeniche è una delle strade che sta 
> compiendo la ricerca per capire anzitutto le malattie monogeniche 
> stesse risalendo dal gene alla via di cui quel gene fa parte, con la 
> speranza di arrivare alla scoperta di  vie comuni alla grande massa 
> dei casi criptogenetici. Una volta scoperte le vie patogenetiche la 
> finalità è quella di cercare dei target su cui agire con i farmaci.
>
> Mi riprometto di tornare sull’articolo che, anche se meno trionfale 
> del resoconto che ne dà la rete, mi pare comunque molto interessante
> All’anno prossimo
>     Daniela
>
>
>
>
>
> _______________________________________________
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