[autismo-biologia] tosse e compulsioni

Binetti Paola p.binetti a unicampus.it
Mer 4 Feb 2015 14:07:28 CET


Se volete! Facciamo una interrogazione parlamentare su questo caso specifico che non solo è assurdo ma anche ingiusto e crudele!!! Paola Binetti

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Il giorno 04/feb/2015, alle ore 10:42, "Cristina Barattoni" <mcbarattoni a gmail.com<mailto:mcbarattoni a gmail.com>> ha scritto:

!!!! E' una situazione assurda e inconcepibile.... è possibile sapere come si chiama il giudice per scrivergli in massa, ad esempio?

Il giorno 3 febbraio 2015 21:02, daniela marianicerati <marianicerati a yahoo.it<mailto:marianicerati a yahoo.it>> ha scritto:
Un bambino che ha la tosse costituisce un disturbo anche per i vicini, se si tengono le finestre aperte o se i muri sono sottili, ma non mi risulta che sia mai successo che un bambino venga sottratto alla mamma perché ha la tosse.
Un bambino che, invece di avere i bronchi deboli, ha una disfunzione cerebrale a causa della quale ha dei comportamenti esplosivi, viene sottratto brutalmente a una mamma che ha fatto di tutto per curarlo ma, come spesso succede in Neuropsichiatria infantile, inutilmente.
E’ successo in una città italiana che non nomino nel timore che la famiglia venga riconosciuta.
I comportamenti esplosivi compulsivi sono un problema enorme e irrisolto di cui si dovrebbero occupare di più medici, psicologi, assistenti sociali e giudici.
Nel caso in questione il neuropsichiatra consultato dalla madre aveva capito bene che si trattava di un sintomo di malattia, tanto che era partito subito con il risperidone.
Dimenticando però una cosa fondamentale: che gli psicofarmaci nei bambini spesso danno effetti paradossi. Così è stato. Sotto l’effetto del risperidone i sintomi preesistenti sono peggiorati e ne sono comparsi altri: allucinazioni, opistotono, enuresi.
All’atto della prescrizione il medico NPI non ha lasciato nessun numero telefonico utile e, quando la madre ha chiamato l’ospedale per dire che il bambino (otto anni) stava malissimo, il medico non era reperibile e l’infermiera ha detto, con non si sa quale autorità, di continuare il farmaco fino al ritorno del medico, dopo il fine settimana.
Era chiaro che il farmaco andava sospeso, ma la madre, scrupolosa, ha voluto farlo con il consenso di uno, anzi di tre medici pediatri da lei consultati.
Ma nella catena perversa che ha portato all’allontanamento coatto del bambino dalla famiglia è risultato soltanto che la madre non ha seguito la prescrizione del medico NPI.
Ci risiamo: l’antico adagio. Non si pensa alla serotonina, alla dopamina o alle sinapsi. “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”
Al minimo sintomo di origine non chiara scatta la colpa. E la colpevole è sempre lei: la mamma.
La quale ha tutta la documentazione della sua innocenza, ma per lei non vale la presunzione di innocenza finché non si dimostra il contrario.
Il bambino, che ovviamente continua con le sue crisi compulsive, inspiegabilmente, continua a vivere lontano da casa, in una comunità di estranei. Lei lo puo’ vedere un paio di ore alla settimana, sempre con un “secondino” che ascolta e che pretende che i due parlino ad alta voce perché potrebbero dirsi non si sa quali segreti.


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Cristina Barattoni
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