Re: [autismo-biologia] Lo studio: "Rischio autismo, metà genetico e metà ambientale"

David Vagni david.vagni a gmail.com
Mar 6 Maggio 2014 11:41:07 CEST


Dal link è possibile visionare gratuitamente l'articolo completo facendo un po' di ricerca e segnandosi ad un servizio gratuito. Andando su "read the current issue for Free" (pulsante a destra in alto). Poi vi registrate con l'email. Andate infine quando vi ha aperto il reader su "Issues", selezionate la prima destra in alto (7 maggio) e vi ritrovate un menu sulla destra che se lo scorrete verso il basso vi fa accedere all'articolo in questione (non scaricabile ma usufruibile online).

Ho riflettuto a lungo su questo articolo e pur essendo competente di analisi dati e statistica lo sono di meno nell'applicazione al campo strettamente medico, quindi chiedo a chi ne sa più di me di chiarificarmi dei punti.
Personalmente diverse cose mi hanno lasciato perplesso, in particolare non c'è una categorizzazione per tipologia, ma questo poco male, nel senso che è parte dei limiti intrinsechi dello studio. Quello che invece mi ha lasciato più perplesso è il modo in cui sono stati analizzati i dati attraverso l'RRR che nel caso dell'autismo a mio avviso non ha il minimo senso e come è stato preso il campione (nel senso che l'età mediana di prima diagnosi è di circa 10 anni nel campione, ma sono stati inseriti anche bambini di 3-4 anni, cosa che a mio avviso riduce i casi..) inoltre usare l'RRR sconvolge i senso dei dati perché l'autismo non è una malattia che viene e se ne va. L'RRR praticamente è basato sul considerare la "malattia per anno". Il che vuol dire che all'interno del modello è considerato un "tempo di transito" all'interno della malattia con un tempo di ingresso e di uscita cosa che ha senso per le malattie infettive ma non mi sembra sensata se parliamo di autismo...

Andando a vedere dati a mio avviso più facilmente comprensibili sono riportati in un paragrafetto anche le probabilità cumulative a 20 anni (cosa molto più sensata a mio avviso) di avere una persona autistica data un'altra persona autistica in famiglia che risulta dallo studio è:
- 59.2% per gemelli monozigoti. (100% DNA in comune)
- 19.9% per gemelli dizigoti (gemelli diversi) (50% DNA in comune)
- 19.9% per fratelli (50% DNA in comune)
- 8.6% per fratellastri da parte di madre (25% DNA in comune)
- 6.8% per fratellastri da parte di padre (25% DNA in comune)
- 2.6% per cugini (12.5% DNA in comune)

Per quanto riguarda il numero di casi di ASD risulta l'1.2% della popolazione di cui il 39% è Autismo e il restante 61% è Asperger, DGS-NAS, autismo atipico, etc.

Un altro dato importante (e che andrebbe indagato in futuro essendo contrastante con quanto visto finora) non è tanto che l'ereditabilità è "solo" il 50%, cosa che si è vista anche in altri studi, quanto quello che i fattori ambientali sono fondamentalmente tutti SPECIFICI. Cioè i fattori legati all'ambiente CONDIVISO vanno dallo 0 al 4% a seconda del modello matematico usato. Questo si nota anche dal fatto che i gemelli dizigoti ed i fratelli hanno fondamentalmente le stesse percentuali e che la percentuale per i fratelli monozigoti è molto lontana dal 100%. Questo significa che in questo campione ciò che avviene durante la gestazione dovrebbe essere fondamentalmente ininfluente. 
E lascia spazio a due possibili spiegazioni (vi prego aggiungetene altre):
1- c'è una parte di rimescolamento e mutazione casuale che è più o meno indipendente dall'ambiente uterino e avviene a caso, quindi alcune mutazioni causali le può avere un gemello ma non l'altro (sappiamo tra l'altro che questo fenomeno avviene in tutte le persone ed è particolarmente presente nel cervello più che in ogni altro organo).
2- ci sono importanti fattori POST nascita che non è detto che condividano i due fratelli / gemelli (es. infezioni... o altro).

Saluti,
David Vagni.

Il giorno 05/mag/2014, alle ore 18:57, mazzoni.armando a libero.it ha scritto:

> Grazie mille per la review e le puntuali spiegazioni e considerazioni.
>  
> La quantità di informazioni che arriva alle famiglie e che le famiglie si scambiano sta aumentando in modo vertiginoso, quasi di giorno in giorno. Con che ordine, correttezza e beneficio, è tutto da capire ed è forse argomento di tutela tanto quanto la disinformazione.
>  
> Spero, quindi, nella massima visibilità di luoghi di chiarimento come questo.
>  
> Saluti
> AM
>  
> Da: autismo-biologia-bounces a autismo33.it [mailto:autismo-biologia-bounces a autismo33.it] Per conto di daniela marianicerati
> Inviato: lunedì 5 maggio 2014 15:36
> A: Autismo Biologia
> Oggetto: Re: [autismo-biologia] Lo studio: "Rischio autismo, metà genetico e metà ambientale"
>  
> Un’amica giornalista mi diceva che nella sua professione si deve passare bruscamente dal vaso etrusco alla biologia molecolare e pertanto si fa quello che si  puo’ in ogni campo.
> 
> Nell’articolo segnalato si dice “La ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma e del King's College di Londra ha preso in esame un campione di due milioni di persone, pazienti che sono stati seguiti dal 1982 al 2006” In realtà le persone affette da spettro autistico del campione sono 14 516.
> 
> I 2 milioni sono i bambini nati in Svezia  (tutti) dal 1982 al 2006. Di questi 14 516 hanno avuto una diagnosi di spettro autistico.
> 
> I dati dello studio[1][1]  confermano quanto già era risultato da precedenti ricerche. I meriti di questa ricerca sono a mio parere due:  il campione è molto vasto e onnicomprensivo, in quanto riguarda la coorte di tutti i nati nel periodo considerato e presumibilmente tutte (o quasi) le diagnosi di ASD; prende in esame non solo i gemelli e i fratelli, ma anche i cugini.
> 
> I risultati della ricerca evidenziano che il RRR (The relative recurrence risk[2][2]) è in  rapporto con il grado di parentela. Esso è decrescente dai gemelli monozigoti (153.0) ai gemelli eterozigoti e fratelli completi (8.2 e 10.3) ai fratelli per parte solo materna o solo paterna (3.3 e 2.9) ai cugini (2.0) .
> 
> A differenza di quanto emerso da studi recenti sui gemelli, non viene rilevata una differenza tra fratelli e gemelli eterozigoti, differenza che aveva fatto ipotizzare un concorso di fattori ambientali condivisi nell’ambiente uterino.
> 
> Che l’autismo o lo spettro autistico sia una condizione complessa in quanto eterogenea e in quanto verosimilmente nella maggior parte dei casi la componente genetica interferisce con fattori di rischio non genetici (questo è sinonimo di ambientali in senso lato, cioè non genetici) è quello che emerge da tutte le ricerche compiute nel recente passato. In tutti gli studi la concordanza nei gemelli monozigoti non è mai del 100 per cento, come è nelle condizioni interamente genetiche.
> 
> Come capita spesso il titolo e il contenuto dell’articolo divulgativo sono in contrasto con il contenuto del lavoro originale.
> 
> Il titolo di Repubblica Salute presenta i nuovi dati come contrastanti con l’orientamento corrente,  mentre in realtà ne sono una conferma
> 
>  
> 
>  
> Il Lunedì 5 Maggio 2014 12:00, "mazzoni.armando a libero.it" <mazzoni.armando a libero.it> ha scritto:
> Da Repubblica: “La ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma e del King's College di Londra ha preso in esame un campione di due milioni di persone. Finora l'ereditarietà era considerata la motivazione principale del disturbo”
> http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2014/05/04/news/lo_studio_rischio_autismo_met_genetico_e_met_ambientale-85217914/?ref=HREC1-11
>  
> Parlo da profano; ambientale però mi sembra una parola suggestiva, che presa da sola porta su false credenze. Ha senso parlare di rischio a metà da una parte e metà da un'altra? Mah...se la malattia è veramente multigenica e multifattoriale i due aspetti non si compenetrano sempre, purtroppo, in un quadro complicatissimo di variabili ed espressioni diverse? Questo ragionamento da testa o croce ha senso, oppure non riusciamo a decifrare l'unica faccia della moneta?
>  
> Cordiali saluti
>  
> AM
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> [1][1] Sven Sandin et al, The Familial Risk of Autism, JAMA. 2014;311(17):1770-1777. doi:10.1001/jama.2014.4144.
> 
>  
> [2][2] The RRR is the relative risk of autism in a participant with a sibling or cousin who has the diagnosis (exposed) compared with the risk in a participant with no diagnosed family member (unexposed).
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