[autismo-biologia] Outcomes negli adulti - Ricerche, articoli

Prof.Francesco Barale frabar04 a unipv.it
Gio 23 Maggio 2013 01:37:20 CEST


Poichè il Laboratorio Autismo del Dipartimento che dirigo raccoglie e analizza sistematicamente, da quasi 20 anni, tutta la letteratura sul tema dell'outcome negli adulti, mi sento quasi in obbligo di intervenire. Opportunamente la dott.ssa Mariani Cerati segnala il lavoro di Warren e coll, uno dei migliori tra quelli recenti, cui aggiunge sagge considerazioni. Del resto, chi si sobbarcasse la fatica di leggere per esteso le Linee Guida NICE, citate in un intervento precedente da un altro collega, dopo molte centinaia di pagine, qualche fatica e più di un malumore, arriverebbe più o meno alle stesse conclusioni: si sa poco, le evidenze sono deboli e la situazione è molto confusa. 
Ciò premesso, provo a fornire uno sguardo generale. Lo stato delle conoscenze, a grandi linee, è riassumibile così:
1. Stabilire un rapporto tra trattamenti ed outcome complessivo in un ambito come l'autismo è comunque un compito non facile, almeno se si cerca di uscire dalla logica da stadio (o del business). Un bell'articolo di Lancet 3 anni fa metteva bene in luce le molte e insuperate debolezze intrinseche in questo campo
2. A breve termine ci sono prove abbastanza consistenti di efficacia sia per alcuni trattamenti intensivi comportamentali precoci (EIBI), sia per interventi psicoeducativi, sia per interventi specifici e strutturati di tipo evolutivo. (LG ISS 2012) 
3. Sempre a breve termine, non vi è invece evidenza di una "gerarchia" tra i diversi trattamenti precoci che hanno dimostrato una loro efficacia (LG ISS 2012; Howlin et al 2009) su diversi aspetti della complessa condizione umana "autismo"..
4. A lungo termine, poi, l'outcome è ancora meno facilmente correlabile  alla singola tipologia di intervento (anche per l'ovvia ulteriore complessità dei fattori in gioco); paradossalmente (ma fino ad un certo punto) ciò è particolarmente vero per i casi che vanno "molto bene", come già vecchi studi di popolazione avevano mostrato. Come ricordava Mariani Cerati, di fatto disponiamo di pochissime evidenze. E' tuttora più facile indicare i predittori di un outcome povero (QI>70, grave compromissione del linguaggio, comorbidità importanti, nessun intervento specifico...) che quelli di un outcome buono
5. Cominciano tuttavia a comparire evidenze (anche se deboli) che interventi abilitativi precoci e specifici  continuati coerentemente nel tempo, anche dopo l'età evolutiva, possano sortire esiti migliori
6. Ciò che sembra fare la differenza parrebbe non il singolo trattamento, ma la coerenza, specificità, sistematicità, durata nel tempo e continuità del progetto, in una atmosfera generale di sostegno e accompagnata dalla organizzazione di contesti adatti. Se queste condizioni sono soddisfatte, si osservano lenti ma significativi spostamenti verso l'alto nella scala di autonomia e capacità adattativa (Howlin 2006)
7.In sostanza non vi è intervento che di per sè consenta di uscire dall'autismo (condizione peraltro ben più complessa e con radici biologiche ben più forti dei deboli strumenti di cui disponiamo); ma in contesti adatti, con interventi specifici (cioè centrati sulle caratteristiche del funzionamento della mente autistica) e, come si diceva,  all'interno di una progettuàlità coerente e continuata nel tempo le persone autistiche possono continuare un loro percorso di crescita e, in alcuni casi, anche sviluppare capacità sorprendenti.
8. In presenza di adeguati servizi, contesti ed interventi è stato ripetutamente dimostrato infatti che sono possibili importanti e misurabili miglioramenti anche in età giovanile-adulta in diverse aree sintomatologiche e competenze: nella comunicazione verbale e non verbale, nell'uso appropriato degli oggetti, nella tolleranza ai cambiamenti, nella partecipazione ad attività collettive (Schoepler e Mesibov 1989) nella reciprocità sociale e comunicativa (Orsi et al 2011), in tutti i domini dell' ADI-R (Seltzer 2003), in tutte le aree della Vineland (Orsi et al 2008, 2012); miglioramenti non solo dunque nei comportamenti, ma nella qualità di vita complessiva, perfino in aree che costituisco il "nucleo duro" dell'autismo, come la reciprocità sociale e comunicativa
9. A fronte di queste evidenze la maggioranza degli studi riflette invece lo stato disastroso dei contesti e dei servizi; il panorama drammatico che ne deriva (ben noto peraltro alle famiglie) testimonia come in assenza di condizioni (contesti, progettualità, interventi) adeguate il giovane adulto e l'adulto con autismo vadano incontro spesso ad una perdita anche delle capacità prima acquisite, talvolta ad un aggravamento dei sintomi, alla comparsa di co-morbidità, ad un peggioramento complessivo della qualità di vita, loro e dei care-givers (Engstrom 2003; Howlin 2004; Billsteldt 2005 e 2007; Mugno 2007.......)
10. Dunque: non bastano buoni interventi infantili per modificare sostanzialmente l'evoluzione delle vite delle persone con autismo
11. L'autismo in definitiva è un'area in cui non solo l'adeguatezza, ma la continuità e la coerenza dei contesti e degli interventi fa, a lungo andare la differenza. La continuità è fondamentale: è un errore grave pensare che il destino delle persone con autismo cambi solo con interventi limitati all'infanzia, che ci sia una "tecnica" di per sè risolutiva e che dopo l'età evolutiva non ci sia più niente da fare. Ciò comporta l'abbandono dei giovani e adulti autistici in una dimensione puramente "assistenziale", come vuoti a perdere. Questa impostazione non ha alcun fondamento in quanto finora si conosce. Come ha scritto Howlin "on the whole, it would appear that the huge increase in education facilities for children ha not resulted in a signifiant general improvement in outcome for adults" (2006). Così come l'autismo, anche il lavoro per l'autismo dura, quasi sempre, tutta la vita.

Molti cordiali saluti a tutti 
Francesco Barale

Prof.Francesco Barale
Ordinario di Psichiatria
Direttore Brain and Behavior Sciences Department
Università di Pavia
tel: ++39 0382 987 250 - 246
fax: ++39 0382 987570
mailto: francesco.barale a unipv.it


  


 ----- Original Message ----- 
  From: daniela!!!
  To: Autismo Biologia 
  Sent: Wednesday, May 22, 2013 12:43 PM
  Subject: Re: [autismo-biologia] Outcomes negli adulti - Ricerche, articoli


  Da: "mazzoni.armando a libero.it" <mazzoni.armando a libero.it>

  A: autismo-biologia a autismo33.it 
  Inviato: Martedì 21 Maggio 2013 21:37
  Oggetto: [autismo-biologia] Outcomes negli adulti - Ricerche, articoli



  Buonasera,
    pur comprendendo la complessità e i criteri di rigore statistico e scientifico necessari, che molto probabilmente rendono la domanda poco pertinente, vi chiedo se esistono studi e ricerche recenti che mettano in relazione le terapie di intervento educativo precoci con gli outcomes negli adulti.
    Grazie
  Saluti
  AM



  Nel 2011 è stato pubblicato un importante lavoro che, nell’ambito della rassegna critica della letteratura sulle terapie dello spettro autistico pubblicata nella decade 2000 - 2010, si pone il problema posto da Armando
  Warren Z, Veenstra-VanderWeele J, Stone W, Bruzek JL, Nahmias AS, Foss-Feig JH, Jerome RN, Krishnaswami S, Sathe NA, Glasser AM, Surawicz T, McPheeters ML. Therapies for Children With Autism Spectrum Disorders. Comparative Effectiveness Review No. 26. (Prepared by the Vanderbilt Evidence-based Practice Center under Contract No. 290-2007-10065-I.) AHRQ Publication No. 11-EHC029-EF. Rockville, MD: Agency for Healthcare Research and Quality. April 2011. Available at: www.effectivehealthcare.ahrq.gov/reports/final.cfm.


  Più che risposte il lavoro evidenzia le molte domande a cui ora non si puo’ dare risposta. 
  Il follw up, quando c’è, è di pochi mesi o pochi anni e la migliore qualità di vita in età adulta di chi è stato trattato precocemente con gli approcci più evidence based per ora resta un auspicio, ma non una realtà documentata.

  Dal lavoro citato copio alcuni stralci

  While controlled trials seem to be increasing, much research is observational, generally with small sample sizes, limited followup, and limited discussion of the durability of treatment gains once active therapy ends

  This sustained level of impairment, along with a lack of longer-term outcomes data, makes it difficult to assess whether treatment-related changes can modify long-term functional and developmentally appropriate adaptive independence.

  Duration of treatment and followup was generally short
  Few studies provided data on long-term outcomes after cessation of treatment. Future studies should extend the followup period and assess the degree to which outcomes are durable

  Among children ages 2-12 with ASDs, what are the short and long-term effects of available behavioral, educational, family, medical, allied health, or CAM treatment approaches? Specifically, 
  KQ1a. What are the effects on core symptoms (e.g., social deficits, communication deficits and repetitive behaviors), in the short term (≤6 months)? 
  KQ1b. What are the effects on commonly associated symptoms (e.g., motor, sensory, medical, mood/anxiety, irritability, and hyperactivity) in the short term (≤6 months)? 
  KQ1c.. What are the longer-term effects (>6 months) on core symptoms (e.g., social deficits, communication deficits and repetitive behaviors)? 
  KQ1d. What are the longer-term effects (>6 months) on commonly associated symptoms (e.g., motor, sensory, medical, mood/anxiety, irritability, and hyperactivity)?

  KQ4. What is the evidence that effects measured at the end of the treatment phase predict long-term functional outcomes? 
  4. Were followup measures of outcome conducted to assess maintenance of skills at least 3 months after the end of treatment?

  Unfortunately, there have been to date very few well-controlled trials and those conducted have used small samples…… and different outcome measurements over different periods of time (weeks to years).
  Longer term functional outcomes are the goal for autism interventions
  In terms of followup for assessing durability of effects, most studies report on outcomes collected immediately post-treatment or within 3 months of treatment (76 percent of studies in the behavioral literature, 86 percent in the medical literature). Additional research is needed on the degree to which changes observed during treatment translate to functional outcomes over time should treatment be discontinued.
  Duration of treatment and follow up was generally short, with few studies providing data on long-term outcomes after cessation of treatment.

  Future studies should extend the follow up period and assess the degree to which outcomes are durable.
     Daniela MC









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