[autismo-biologia] presentazione di un caso clinico

Vera Stoppioni N.P.I. vera.stoppioni a sanita.marche.it
Mer 30 Dic 2009 12:03:01 CET


Tanti auguri anche a lei e a tutta la lista.
Credo che comunque si possano cominciare a fare buone cose anche per gli 
adolescenti, per i giovani adulti e per gli adulti. Credo che tutti noi che 
abbiamo a che fare con l'autismo, qualunque ruolo ricopriamo, dobbiamo 
cominciare a chiederle.Credo anche che chi si occupa di "piccoli" possa dare 
a chi si occupa di "grandi" il suo contributo che risente sempre del fatto 
che l'età evolutiva espone chi se ne occupa a non avere mai o quasi mai in 
mente la "cronicità", in quanto trattare piccoli ci mette di fronte di fatto 
a cambiamenti.
Io sono neuropsichiatra infantile e lavoro a Fano. Il nostro Centro utilizza 
ABA e in particolare, ora, VB. Ma lo utilizza non come "metodo", ma come 
approccio comprotamentale ad alcuni aspetti fortemente disabilitanti 
dell'autismo.
Noi lavoriamo con la disabilità in generale da molti anni come 
neuropsichiatria infantili e trovo che una buona formazione e una buona 
pratica (molti anni e molti bambini, adolescenti e giovani adulti) ABA possa 
aiutarci nel costruire servizi scolastici ed extrascolastici più adatti alle 
diverse disabilità che l'autismo determina nelle diverse persone. 
Naturalmente l'ABA non è sufficiente.E' uno degli strumenti che ci servono.
Abbiamo bisogno di altri strumenti riabilitativi, di logopedia in 
particolare, di strumenti comunicativi alternativi ben conosciuti, di 
farmaci in alcune situazioni, somministrati con attenzione e con competenza 
non generica, monitorati, ulteriore motivo di controlli ravvicinati dei 
ragazzi a cui si somministrano.
Credo che sarebbe indispensabile che fossero equipes di servizi pubblici con 
diverse professionalità ad occuparsi, per periodi molto lunghi, della 
abilitazione di queste persone perchè, a mio avviso, vista la complessità di 
questo "disturbo", se si può riunire tutto l'autismo in una categoria unica, 
è necessaria una grande complessità di intervento, quindi di gruppo che se 
ne occupa.
Credo anche che questa dovrebbe essere una regola per tutte le disabilità.La 
nostra regione ha intitolato il Progetto regionale Autismo "Verso un 
Progetto di vita". Non credo che siamo arrivati a questo punto, perchè 
essere capaci di costruire progetti di vita nell'autismo richiede, di nuovo, 
molte conoscenze e molta pratica fatta soprattutto con i piccoli (questa è 
una mia opinione personale) e "spostata" successivamente ai grandi, agli 
adulti, alla costruzione di eventulai centri per loro, alla predisposizione 
di progetti lavorativi, .... Richiede inoltre e soprattutto grande studio, 
in molti ambiti, in ambito clinico, biologico, genetico, ma anche e 
soprattutto RIABILITATIVO.
Credo inoltre che per giovare alla "causa" dei grandi dobbiamo "pretendere" 
che vengano eseguite periodicamente  rivalutazioni funzionali accurate 
anche in età non più evolutiva, perchè l'unico modo per interventire con 
possibilità di risultato nelle varie disabilità è quello di conoscere bene 
il livello funzionale che nel tempo si modifica.Quindi, di nuovo, credo che 
dobbiamo pensare (io comincio a pensarlo molto seriamente) che quello che 
può "modificare" l'autismo nei prossimi decenni, sia la costruzione di 
Servizi per bambini e per adulti nei quali il lavoro riabilitativo sia 
l'elemento "necessario" perchè una struttura possa essere definita come 
struttura per l'autismo.
Ancora Buon Anno a tutti.
Vera Stoppioni
----- Original Message ----- 
From: "patty lab." <pattyactive a alice.it>
To: <autismo-biologia a autismo33.it>
Sent: Sunday, December 27, 2009 7:28 PM
Subject: Rif: [autismo-biologia] presentazione di un caso clinico


> Dopo aver attentamente letto questo messaggio, essendo mamma di un
> adolescente,
> quindi prossima ad incontrare la realtà così ben descritta dalla dott.ssa
> Daniela ,
> mi auguro e auguro a tutti che il nuovo anno sia veramente migliore .
> Auguri a tutta la lista
>
>
> -------Messaggio originale------- 
>
> Da: daniela marianicerati
> Data: 27/12/09 18.42.54
> A: lista autismo-biologia
> Oggetto: [autismo-biologia] presentazione di un caso clinico
>
> Dopo che Bice Chini ci ha fatto sognare prospettandoci una possibile
> recente disponibilità di farmaci che agiscono su quello che è lo
> zoccolo duro dell’autismo, la difficoltà a interagire socialmente con
> gli altri esseri umani, io tornerei al triste presente, a
> quell’aspetto dell’autismo di cui si tende a non parlare mai: la vita
> adulta. Essa occupa la gran parte della vita di queste persone che
> hanno una disabilità che mina in profondità la qualità della vita, ma
> non la quantità. Si parla sempre di piccoli e, recentemente, di
> piccolissimi, ma parlare di adulti è quasi un tabù.
> I venditori di “metodi” non ne parlano perché, in modo palese o
> velato, tendono a far credere che chi compra il loro metodo da adulto
> non avrà più problemi.
> Il SSN qualcosa fa, ma sempre meno, dall’età prescolare alla maggiore
> età, poi li abbandona. La scuola non c’è più fisiologicamente. La
> mamma fino all’ultimo respiro difende il figlio dall’abbandono, cerca
> di tenere alta, per quanto puo’, la sua qualità di vita . Ma l’ultimo
> respiro arriva e si apre un lungo periodo di vita in cui il figlio
> c’è, ma la mamma non più.
> Di questa triste realtà, tanto triste che nessuno ne vuole parlare, i
> fondatori dell’ANGSA si sono occupati fin dalla sua costituzione e
> hanno evitato di usare la parola “bambini”, usando invece la parola
> “soggetti” proprio per ricordare che la grave condizione si prolunga
> oltre l’età infantile e dura tutta la vita
> Ed ecco che un numero sempre maggiore di soci ANGSA, associazione che
> nel 2010 compie 25 anni, sono fratelli e, soprattutto, sorelle.
> Una di queste, che è sempre stata vicina al fratello, ma lo è in modo
> particolare dopo la perdita della mamma, ci esprime le sue
> preoccupazioni e ci fa notare le criticità nella gestione del fratello
> da molti punti di vista e, in particolare, nella gestione dei farmaci.
> Credo che valga la pena di esaminare il caso di questo giovane
> ultratrentenne perché credo che non sia un caso isolato.
> Dopo la morte della mamma il giovane è ospite di una struttura che si
> trova a 75 KM dalla famiglia, scelta dall’AUSL in quanto meno costosa
> di quella proposta dalla sorella, a 20 Km da casa. Nonostante questo,
> la sorella fa il possibile per essergli vicino, compatibilmente con
> gli impegni famigliari ( ha due figli piccoli) e professionali ( è
> maestra di scuola dell’infanzia)
> La sorella lo conosce molto bene e ha l’impressione che i farmaci che
> sta assumendo non gli facciano bene. Sappiamo che i farmaci sono solo
> sintomatici e il parere di chi conosce il paziente da molti anni, che
> è in sintonia con lui, che con lui sa “comunicare” nonostante tutto,
> dovrebbe essere la guida della terapia.
> I farmaci sono
> Mattino: 1) EN fiale da 2 ml dose 1/2 fiala, 2) DISIPAL dose 1 compressa, 
> 3)
>
> PROZIN da 100 mg dose 1/2 compressa. Dopo pranzo: 1) EN fiale da 2 ml dose
> 1/2 fiala, 2) PROZIN 1/2 compressa. Sera: 1) EN da 5 ml dose 1 fiala, 2)
> PROZIN dose 2 compresse, 3) DALMADORM dose 2 compresse.
>
> Tra i neurolettici è stato scelto il Prozin, la clorpromazina, il più
> vecchio dei neurolettici, quello dotato di maggior potere sedativo,
> almeno nella popolazione degli schizofrenici. Con la clorpromaziona,
> per quanto mi risulta, non è stata fatta nessuna sperimentazione sulle
> persone con autismo. La scelta sarà stata fatta per sfruttare il
> potere sedativo? O perché costa 2,01 euro per 20 compresse da 100 mg.
> di contro ai 156,01 euro del risperidone 3 mg 60 compresse?
> Abbiamo già discusso a lungo sull’uso dei neurolettici nelle persone
> autistiche. E’ chiaro che il singolo caso va esaminato a sé. Ma se la
> sorella dice che non vede bene il fratello, il curante non dovrebbe
> ignorare questa fonte, che è la più attendibile, ora che la mamma non
> c’è più.
> Ma chi è il curante?
> Copio un altro messaggio della sorella
> “la responsabilità medica della psichiatra è rivolta soprattutto a
> persone sofferenti di schizofrenia, Per quanto riguarda mio fratello,
> la responsabilità è dell’assistente sociale che si occupa
> dell'handicap adulto, che richiede la sua collaborazione per
> continuare la terapia prescritta nel 2007 dopo il ricovero in diagnosi
> e cura, in un momento di acuzie, terapia che a loro parere deve
> continuare per evitare un altro ricovero”
>
> Dunque: apparentemente il pz. è seguito da un medico specialista, che
> dovrebbe sapere attualizzare la prescrizione di psicofarmaci, ma in
> realtà la psichiatra non sente il pz come suo, non si impegna ad
> aggiornare la terapia, continua a prescrivere i farmaci dati alla
> dimissione da un ricovero del 2007.
> Non tiene in nessuno conto quanto dice l’attenta e affettuosa sorella
> e, qualunque cosa succeda, pare che il pz sia condannato a continuare
> questa cura vita natural durante.
> E se il pz non è della psichiatra della struttura, di chi è?
>
> Una situazione del tutto simile è descritta nel libro “Il mondo di
> Sergio”, Mauro Paissan, Fazi Editore, Roma, marzo 2008, 184 pagine, 16
> euro.
> Copio qualche riga dalla recensione che ho pubblicato sul bollettino
> dell’angsa, anno XX, 1-2 2008, 79-80
> “Un’altra situazione, che non è solo di Sergio, ma dell’intera
> categoria delle persone autistiche divenute adulte: non sono di
> competenza di nessuno.
> Sergio aggredisce, distrugge, è agitatissimo. Dovrebbe avere il pieno
> diritto ad essere ricoverato nel reparto di Psichiatria e a ricevere
> qui la cura per l’emergenza e l’avviamento ad una cura e/o ad un luogo
> di cura a lui adatto dopo il momento acuto.
> No. Ai genitori viene detto “ questo non è il suo posto. E’ un
> handicappato e quindi non è di competenza psichiatrica” Ma non viene
> visitato e preso in carico da qualche servizio o professionista che lo
> ritenga poi di sua competenza. Viene semplicemente dimesso e
> riaffidato ai genitori che devono fornire l’assistenza che nessun
> servizio è capace di fornire.
> Anche questa situazione è la regola e non l’eccezione. Le persone
> autistiche adulte, a parte lodevoli eccezioni, non sono di nessuno. I
> servizi di neuropsichiatria infantile non li vogliono perché hanno
> superato l’età, i servizi di psichiatria adulti non li vogliono perché
> sono handicappati ed evidentemente l’onore di essere da loro curati lo
> hanno solo persone brillanti e intelligenti. Eppure ad un certo punto
> del libro c’è un elenco lunghissimo di farmaci psicotropi, di cui per
> Sergio è stata verificata l’inefficacia o, spesso, l’effetto
> paradosso. Non si capisce chi, se non gli psichiatri, li dovrebbe
> prescrivere, sospendere, monitorarne gli effetti collaterali,
> adattarne il dosaggio”
>
> Il problema della gestione dei farmaci, che dovrebbe far parte di una
> gestione globale della persona con autismo, e non essere sostitutiva
> dell’ assenza di un progetto abilitativo/educativo, riguarda la quasi
> generalità degli adulti con autismo.
> Sino ad ora si è fatta la politica dello struzzo. C’è qualche segnale
> positivo che spero venga imitato: la creazione di Centri Autismo che
> non pongono limiti di età, come è avvenuto a Rimini e a Mondovì e come
> sta avvenendo col nascente Centro di Ravenna. Si spera che, con la
> nascita di questi centri, gli adulti non continuino ad essere figli di
> nessuno.
> E sperando, come vuole il periodo, in un anno migliore, auguro buon
> anno a tutti gli iscritti alla lista
> Daniela
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