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                                                (materiali) 
                                                
                                                (di
                                                  Marilena Masiero con la
                                                  prefazione di Daniela Mariani
                                                  Cerati) 
                                                     
                                               
                                              3) Dopo la
                                                        scuola il nulla? 
                                                      
                                                
                                                 
                                                
                                                   
                                                         
                                                Scuola
                                                          e Inclusione 
                                                1)
                                                  La Scuola inclusiva secondo
                                                  Massimo Antonucci, docente di
                                                  sostegno in un Liceo e allievo
                                                  del compianto Andrea Canevaro
                                                  [ vai
                                                    al documento ] 
                                                Graziella
                                                  Roda* ha esaminato il nuovo
                                                  Piano Educativo Personalizzato
                                                  (PEI) con una serie di
                                                  approfondimenti riguardanti
                                                  non solo il PEI in quanto
                                                  tale, ma anche  il
                                                  contesto nel quale il PEI deve
                                                  essere compilato e soprattutto
                                                  applicato. 
                                                Ritenendo
                                                  questo materiale, frutto di
                                                  una vita di studio e di
                                                  esperienza sul campo, prezioso
                                                  e meritevole di un’ampia
                                                  platea, pubblichiamo i
                                                  contributi apparsi nella lista
                                                  "autismo-scuola" ad esso
                                                  dedicati" 
                                               
                                               
                                                   
                                              Come sapete,
                                                    però, il 31
                                                      dicembre 2020 è
                                                      stato pubblicato il
                                                      decreto  182/2020 che
riporta,
                                                      tra le altre cose, le
                                                      linee guida concernenti la
                                                      definizione delle
                                                      modalità, anche
                                                      tenuto conto
                                                      dell'accertamento di cui
                                                      all'articolo 4 della legge
                                                      5 febbraio 1992, n. 104,
                                                      per l'assegnazione delle
                                                      misure di sostegno di cui
                                                      all’articolo 7 del D.Lgs
                                                      66/2017 e il modello di
                                                      PEI, da adottare da parte
                                                      delle istituzioni
                                                      scolastiche. 
                                                     
                                              La
                                                      lunga disamina del decreto
                                                      fatta dalla Dottoressa
                                                      Roda contiene
                                                      considerazioni pedagogiche
                                                      che vanno oltre il
                                                      contenuto del decreto e
                                                      pertanto le lasciamo e
                                                      invitiamo a leggerle e
                                                      meditarle.
                                                Pubblichiamo
                                                        la mail con la quale
                                                        Graziella annuncia
                                                        l’annullamento del
                                                        decreto, eccola: 
                                                "Come
                                                      ormai si sa, il TAR del
                                                      Lazio, con sentenza n.9795
                                                      del 14 settembre 2021 ha
                                                      annullato in toto il
                                                      Decreto interministeriale
                                                      n.182 del 2020 (e
                                                      allegati); il decreto
                                                      riguardava i nuovi modelli
                                                      nazionali di PEI. 
                                                     
                                              Per
                                                      fornire le prime
                                                      indicazioni alle scuole,
                                                      visto che l'anno
                                                      scolastico è
                                                      avviato, il Ministero
                                                      Istruzione ha emanato la
                                                      nota prot.2044 del 17
                                                      settembre 2021, nella
                                                      quale si ricorda che la
                                                      normativa di riferimento
                                                      (e cioè il Decreto
                                                      Legislativo n.66/2017 come
                                                      modificato dal successivo
                                                      decreto legislativo
                                                      n.96/2019 è
                                                      vigente, per cui si
                                                      prosegue con le
                                                      modalità seguite
                                                      fino allo scorso anno. 
                                                     
                                              Inserisco
                                                      due dei numerosi link dai
                                                      quali si può
                                                      scaricare sia il testo
                                                      della sentenza sia la nota
                                                      ministeriale sopra citate: 
                                                         
                                              
                                              e 
                                                       
                                              
                                              
                                              
                                               
                                               
                                              Qui di seguito gli
                                                approfondimenti precedentemente
                                                pubblicati: 
                                              
                                              * Graziella
                                                    Roda, pedagogista con
                                                    esperienza pluridecennale di
                                                    docente di scuola primaria,
                                                    ha fatto un’analisi critica
                                                    di tale decreto, che ora il
                                                        TAR del Lazio, con
                                                        sentenza n.9795 del 14
                                                        settembre 2021, ha
                                                        annullato in
                                                        toto. 
                                                
                                                       
                                               
                                               
                                              
                                                       
                                                Storia
                                                        dell'inclusione
                                                        scolastica 
                                              2)
                                                    Anni fa ho conosciuto
                                                    Antonio Guidi, molto prima
                                                    che diventasse ministro
                                                        per la famiglia
                                                        e
                                                      la solidarietà
                                                          sociale 
                                                      .  
                                              
                                                https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Guidi_(politico)#:~:text=Antonio%20Guidi%20(Roma%2C%2013%20giugno,sociale%20nel%20governo%20Berlusconi%20I. 
                                              
                                                Era
                                                  neuropsichiatra infantile,
                                                  impegnato nel rapporto con la
                                                  scuola per quanto riguardava
                                                  gli alunni certificati.
                                                  Essendo nato nel 1945 ed
                                                  essendo affetto da tetraparesi
                                                  spastica, non era stato
                                                  ammesso a nessuna scuola fino
                                                  al liceo, quando fu accettato
                                                  in un liceo privato. 
                                               
                                              
                                                Essendo
                                                  una persona intelligente e
                                                  comunicativa, mi chiedevo
                                                  quale crudeltà portasse
                                                  i nati nel 45 ad essere
                                                  esclusi dalla scuola di tutti. 
                                              
                                                Ma
                                                  le leggi di allora tenevano
                                                  ben distinte le scuole
                                                  speciali dalle scuole normali. 
                                              
                                                Nel
                                                  suo caso la disabilità
                                                  era solo motoria,
                                                  disabilità per la quale
                                                  basta togliere le barriere
                                                  architettoniche e tutto viene
                                                  risolto. 
                                              
                                                Più
                                                  complesso è il caso
                                                  della disabilità
                                                  intellettiva e dei disturbi
                                                  del comportamento. 
                                              
                                                Qui
                                                  non si tratta di mettere degli
                                                  scivoli e degli ascensori, ma
                                                  di imparare quelle strategie
                                                  di insegnamento che si possano
                                                  adattare al proprio allievo
                                                  disabile, così come un
                                                  vestito viene fatto su misura
                                                  dal sarto e non comprato al
                                                  supermercato. 
                                              
                                                Anche
                                                  se ancora vi sono luci ed
                                                  ombre, il ricordo della
                                                  segregazione di qualche
                                                  decennio fa deve renderci
                                                  orgogliosi della strada fatta
                                                  verso l’inclusione scolastica. 
                                              
                                                Per
                                                  ripercorrerla ho chiesto di
                                                  darcene un resoconto ad una
                                                  maestra elementare, Marilena
                                                  Masiero, che ha iniziato la
                                                  sua carriera nel 1969, quando
                                                  ancora c’erano le scuole
                                                  speciali e che ha poi vissuto
                                                  in prima persona le
                                                  ripercussioni delle leggi sul
                                                  proprio lavoro 
                                              
                                                Daniela
                                                    Mariani Cerati 
                                               
                                              Cara
                                                  Daniela, 
                                              
                                                ho
                                                  parlato a lungo con una
                                                  collega che ha speso tutta la
                                                  sua vita lavorativa come
                                                  insegnante di sostegno ed ha
                                                  visto quindi svilupparsi nel
                                                  tempo tutta l’ evoluzione
                                                  delle leggi, disposizioni,
                                                  normative a tutela dei bambini
                                                  diversamente abili. 
                                              
                                                Personalmente
                                                  io ho cominciato a insegnare
                                                  nel lontano 1969 quando
                                                  c’erano ancora le classi
                                                  differenziali e le scuole
                                                  speciali. Vale a dire quando
                                                  nel “calderone” c’erano tutti
                                                  i bambini svantaggiati senza
                                                  distinzione fra autistici,
                                                  Down, ecc… 
                                              
                                                Le
                                                  insegnanti al termine delle
                                                  lezioni assicuravano che alla
                                                  fine sarebbero diventate
                                                  speciali anche loro! 
                                              
                                                Bisognò
                                                  aspettare il 1971 con la legge
                                                  118 che all’art 28 stabiliva
                                                  che l’istruzione dell’obbligo
                                                  doveva avvenire nelle scuole
                                                  normali della scuola pubblica. 
                                              
                                                Ci
                                                  furono allora i primi
                                                  inserimenti di questi bambini
                                                  all’interno della classe
                                                  “normale”, ma noi insegnanti
                                                  eravamo disarmate,
                                                  letteralmente disarmate, senza
                                                  alcun tipo di preparazione
                                                  specifica. 
                                              
                                                Pienamente
                                                  consapevoli delle nostre
                                                  carenze, ognuna di noi cercava
                                                  di documentarsi al meglio,
                                                  ricorrendo ai trattati di
                                                  pedagogia, metodologia e
                                                  psicologia degli autori
                                                  più accreditati per
                                                  cercare di capire la
                                                  differenza tra i vari tipi di
                                                  handicap ed il modo migliore
                                                  per approcciarci con i nostri
                                                  alunni più sfortunati. 
                                              
                                                Il
                                                  Ministero dell’Istruzione
                                                  probabilmente faceva
                                                  affidamento sulla nostra buona
                                                  volontà, sulla speranza
                                                  che prima o poi un modo per
                                                  integrarli all’interno della
                                                  classe l’avremmo trovato, ma i
                                                  risultati chiaramente
                                                  lasciarono molto a desiderare. 
                                              
                                                Fu
                                                  la legge 517 del 1977 che
                                                  introdusse finalmente la
                                                  figura di un insegnante
                                                  specializzato per le
                                                  attività di sostegno.
                                                  Legge che stabiliva anche con
                                                  chiarezza gli strumenti e le
                                                  finalità per
                                                  l’integrazione scolastica
                                                  degli alunni con
                                                  disabilità. 
                                              
                                                Il
                                                  progetto si sarebbe attuato
                                                  con la presa in carico
                                                  dell’intero Consiglio di
                                                  Classe. 
                                              
                                                Finalmente
                                                  una risorsa in più per
                                                  l’insegnante di classe che si
                                                  vedeva affiancare un/una
                                                  collega con cui condividere il
                                                  piano di lavoro concordato e
                                                  mirato all’integrazione del
                                                  bambino disabile. 
                                              
                                                In
                                                  teoria le finalità
                                                  della 517 erano molto valide,
                                                  in pratica purtroppo non
                                                  sempre risultarono tali,
                                                  perché l’accordo tra le
                                                  maestre non era scontato.
                                                  L’insegnante di classe in
                                                  alcuni casi si riteneva di
                                                  serie A mentre relegava alla
                                                  serie B la collega di
                                                  sostegno. Se non c’era
                                                  un’intesa di fondo nel modo di
                                                  svolgere la didattica ora
                                                  l’una, ora l’altra si sentiva
                                                  giudicata e non sempre il
                                                  giudizio era favorevole.
                                                  Inoltre il bambino/a
                                                  diversamente abile a volte
                                                  disturbava il normale
                                                  svolgimento delle
                                                  attività con i suoi
                                                  modi ed atteggiamenti
                                                  incontrollati e per questo
                                                  veniva facilmente
                                                  allontanato/a dalla classe. 
                                              
                                                Con
                                                  questi presupposti non veniva
                                                  certo garantita la
                                                  continuità didattica
                                                  negli anni successivi. 
                                              
                                                Ci
                                                  furono però molti casi,
                                                  nonostante tutto, in cui tra
                                                  le insegnanti c’era una buona
                                                  intesa e comunità di
                                                  intenti per cui i risultati
                                                  furono decisamente
                                                  soddisfacenti. 
                                              
                                                E’
                                                  però la legge 104/92
                                                  che raccoglie ed integra tutti
                                                  gli interventi legislativi
                                                  promulgati dopo la 517/77 che
                                                  diviene il punto di
                                                  riferimento normativo
                                                  dell’integrazione scolastica,
                                                  quando cioè viene
                                                  fissata per ogni alunno/a
                                                  diversamente abile la
                                                  certificazione elaborata
                                                  dall’U.S.L. e viene realizzato
                                                  il P.E.I. (Piano educativo
                                                  individualizzato) in cui si
                                                  delineano le caratteristiche
                                                  fisiche, tecniche, sociali ed
                                                  affettive dell’alunno,
                                                  mettendo in rilievo le sue
                                                  difficoltà di
                                                  apprendimento ma anche le sue
                                                  possibilità di
                                                  recupero. Il P.E.I. si avvale,
                                                  oltre che degli operatori
                                                  dell’U.S.L e degli apporti
                                                  degli insegnanti di classe e
                                                  di sostegno. anche del
                                                  personale specializzato della
                                                  scuola e della collaborazione
                                                  dello scolaro/a e della sua
                                                  famiglia. Il profilo
                                                  aggiornato seguirà lo
                                                  studente per tutto il percorso
                                                  scolastico, dalla materna alla
                                                  media e periodicamente alla
                                                  scuola superiore. 
                                              
                                                Con
                                                  questa legge ormai non si
                                                  parlava più
                                                  fortunatamente solo di
                                                  inserimento ed anche il
                                                  termine “integrazione”
                                                  assumeva un altro significato
                                                  perché non era
                                                  più l’alunno/a
                                                  disabile, pur seguito
                                                  dall’insegnate di sostegno,
                                                  che doveva adattarsi alla
                                                  classe, alla programmazione
                                                  delle materie curricolari, ai
                                                  ritmi di apprendimento
                                                  stabiliti ma era tutto il
                                                  personale docente e non
                                                  docente che doveva cercare le
                                                  strategie per far emergere
                                                  nell’alunno/a tutte le sue
                                                  possibilità di
                                                  recupero, tutte le sue
                                                  capacità individuali
                                                  che dovevano essere sostenute
                                                  e rafforzate. 
                                              
                                                Oggi
                                                  si parla di “inclusione” ed
                                                  infatti questo è il
                                                  termine più
                                                  appropriato. E l’inclusione
                                                  dell’alunno diversamente abile
                                                  per me cominciò allora,
                                                  con il supporto di “tutte le
                                                  forze disponibili sul campo”. 
                                              
                                                La
                                                  104 aveva il merito di
                                                  definire e selezionare al
                                                  meglio i vari tipi di handicap
                                                  (Down, autistici ecc…) e
                                                  questo consentiva la
                                                  realizzazione di un P.E.I.
                                                  più mirato e
                                                  maggiormente finalizzato, ma
                                                  si sentiva anche la
                                                  necessità, alla luce di
                                                  nuove ricerche, studi ed
                                                  esperienze nel settore
                                                  handicap, di insegnanti, di
                                                  sostegno e non, sempre
                                                  più preparati per
                                                  portare a termine il difficile
                                                  compito prefissato. 
                                              
                                                So
                                                  che nel 2010 venne promulgata
                                                  la legge 170 che stabiliva
                                                  nuove norme in materia di
                                                  disturbi specifici di
                                                  apprendimento tra i quali la
                                                  dislessia, la disgrafia, la
                                                  disortografia e la discalculia
                                                  (sempre notevoli passi avanti
                                                  nel settore) ma io ero
                                                  già in pensione e non
                                                  più direttamente
                                                  coinvolta. 
                                              
                                                So
                                                  però, come insegnante,
                                                  quanto sia importante dal
                                                  punto di vista tecnico la
                                                  formazione degli insegnanti
                                                  sia di classe che di sostegno
                                                  per il raggiungimento di
                                                  un’unità di intenti e
                                                  per una collaborazione fattiva
                                                  per la formazione di bambini/e
                                                  diversamente abili, ma so
                                                  anche quanto sia importante
                                                  l’empatia, la
                                                  disponibilità, la
                                                  capacità mettersi
                                                  sempre in gioco, soprattutto
                                                  con i bambini/e autistici che
                                                  hanno così gravi
                                                  difficoltà ad
                                                  apprendere, a comunicare, a
                                                  relazionarsi ed a interagire
                                                  con gli altri. 
                                              
                                                Auspico
                                                  che il cammino accidentato
                                                  della scuola diventi sempre
                                                  più agevole con la
                                                  collaborazione e la disponibilità
                                                    di tutti. 
                                              
                                                Marilena
                                                    Masiero 
                                               
                                               
                                                Dopo
                                                        la scuola il nulla? 
                                              3)
                                                      Nel
                                                settembre 2020 sulla rivista
                                                online “Studi e Documenti”
                                                dell’Ufficio Scolastico
                                                Regionale dell’Emilia Romagna
                                                sta scritto 
                                              “Capita
spesso
                                                che nell’imminenza della fine
                                                della scuola secondaria di II
                                                grado, i dirigenti scolastici e
                                                i docenti si sentano chiedere di
                                                trattenere gli alunni con
                                                disabilità, per dare
                                                ancora tempo, perché
                                                iragazzi lì si trovano
                                                bene, soprattutto perché
                                                non si sa cosa faranno dopo” 
                                              https://www.istruzioneer.gov.it/wp-content/uploads/2021/02/Quaderni-Autismo-5.pdf 
                                              Leggendo
                                                queste parole, viene in mente la
                                                testimonianza di una mamma
                                                raccolta nel libro “Il nostro
                                                autismo quotidiano” del 2003 
                                              https://www.erickson.it/it/il-nostro-autismo-quotidiano 
                                              Lo
                                                stralcio che copio dal libro
                                                è di lettura agevole,
                                                quasi divertente, ma dimostra
                                                che la problematica del dopo la
                                                scuola presente nel 2003 resta
                                                invariata nel 2020 e questo deve
                                                stimolare le istituzioni a
                                                stilare un progetto di vita di
                                                ampio respiro che parta
                                                dall’adolescenza e non si fermi
                                                alla fine della scuola, ma
                                                continui fino all’età
                                                adulta, senza rinnegare le
                                                scelte di promozione della
                                                qualità della vita e di
                                                inclusione nella società
                                                che sono alla base della
                                                legislazione scolastica italiana 
                                              “WANTED” 
                                              “Spicciati!
Dobbiamo
                                                uscire di casa prima che
                                                arrivino i carabinieri!” 
                                              Antonella,
                                                che aveva quindici anni, era in
                                                quel momento di grazia, che si
                                                ripete ogni mattina, in cui
                                                sembra solo una ragazzina pigra,
                                                col bel viso addormentato e un
                                                solo grande desiderio: tornare a
                                                letto; associato però
                                                alla consapevolezza che chi
                                                comanda è la mamma e,
                                                come ogni giorno, bisogna
                                                rassegnarsi al triste destino di
                                                alzarsi.  
                                              Era
                                                totalmente indifferente all’idea
                                                dei carabinieri e al motivo per
                                                cui era ricercata, mentre io ero
                                                tesa, impegnata a portare a
                                                termine la missione di far
                                                perdere le sue tracce prima
                                                delle otto. 
                                              Quando,
                                                alle sette e tre quarti, siamo
                                                riuscite a varcare la porta di
                                                casa e ci siamo trovate sulla
                                                strada, ho finalmente tirato un
                                                sospiro di sollievo: “Siamo
                                                fuori pericolo!”.  
                                              A
                                                questo punto però si
                                                poneva un nuovo problema. “Cosa
                                                facciamo fuori casa a quest’ora?
                                                Dove andiamo?” Passando davanti
                                                ad una chiesa, ci siamo entrate,
                                                come in altri tempi i condannati
                                                in cerca di asilo 
                                              Iniziava
                                                una messa proprio in quel
                                                momento, cosa che mi è
                                                sembrata utile al nostro scopo.
                                                Ma, trattandosi di un giorno
                                                feriale, la messa, senza omelia
                                                né altri cerimoniali,
                                                alle otto e venti era già
                                                finita, troppo presto per andare
                                                a casa di Marta e Susanna, le
                                                amiche che ci avevano offerto
                                                ospitalità purché
                                                non arrivassimo troppo presto,
                                                dal momento che madre e figlia,
                                                rispettivamente insegnante e
                                                studentessa, quel giorno non
                                                avevano impegni e volevano
                                                godersi la giornata di vacanza
                                                dormendo per buona parte della
                                                mattinata. 
                                              Abbiamo
                                                quindi girato senza meta per le
                                                vie del centro fino alle nove e
                                                mezza, quando abbiamo ritenuto
                                                che non fosse più
                                                scandaloso suonare al campanello
                                                delle amiche, che sono venute ad
                                                aprirci in camicia da notte con
                                                aria più rassegnata che
                                                entusiasta. 
                                              Eravamo
                                                entrambe nuove alla giustizia e
                                                in effetti non avevamo né
                                                rubato, né danneggiato
                                                persone o cose, né ci
                                                eravamo macchiate del reato di
                                                falso in bilancio o di interesse
                                                privato in atto pubblico. In
                                                quanto poi dipendenti del
                                                pubblico impiego nessuno in
                                                famiglia poteva aver compiuto
                                                neanche la più piccola
                                                evasione fiscale. Volevamo
                                                semplicemente essere bocciate
                                                per ripetere la terza media e le
                                                insegnanti, conniventi, ci
                                                avevano telefonato la sera prima
                                                consigliandoci di non farci
                                                trovare in casa il giorno
                                                seguente in quanto, trattandosi
                                                della scuola dell’obbligo, la
                                                preside avrebbe potuto mandarci
                                                a casa i carabinieri per
                                                costringere Antonella a
                                                presentarsi all’esame ed essere
                                                promossa contro la
                                                volontà dei genitori. 
                                              La
                                                lotta per le bocciature, che ha
                                                avuto momenti non meno aspri
                                                della lotta per le investiture,
                                                era iniziata cinque anni prima,
                                                quando Antonella aveva iniziato
                                                la scuola media. 
                                              L’ingresso
                                                alle medie era stato preparato
                                                con anni di anticipo. L’amica
                                                Anna, addetta ai lavori in
                                                quanto insegnante, ci aveva
                                                caldamente consigliato, fin
                                                dalla quarta elementare, la
                                                scuola Giacomo Leopardi che,
                                                oltre ad essere vicina, si
                                                presentava con caratteristiche
                                                molto promettenti per accogliere
                                                Antonella in modo ottimale. 
                                              Si
                                                trattava di una scuola per
                                                accedere alla quale facevano
                                                carte false anche i figli di
                                                illustri professori universitari
                                                per l’alto livello di
                                                preparazione che dava e che
                                                faceva poi fare ottime figure
                                                alle scuole superiori, ma,
                                                merito molto più grande,
                                                si era attrezzata, con persone e
                                                ambienti, in modo tale da poter
                                                accogliere nel modo migliore
                                                anche gli allievi meno dotati,
                                                compresi i gravissimi, e
                                                l’anziana preside era orgogliosa
                                                di questo almeno quanto e forse
                                                più della caratteristica
                                                per la quale la scuola era nota
                                                in tutta la città: l’alto
                                                livello di preparazione che dava
                                                ai normo e ai superdotati. 
                                              La
                                                cultura della solidarietà
                                                e il conseguente impegno per
                                                l’integrazione era profondamente
                                                sentito e interiorizzato da
                                                tutto il personale e si
                                                rifletteva, come in uno
                                                specchio, negli studenti e nei
                                                genitori, ma a questa
                                                virtù, non rara nella
                                                nostra città, si univa un
                                                sano realismo. La saggia
                                                preside, anziana insegnante di
                                                matematica, Signorina Mari, che
                                                amava presentarsi come
                                                “Signorina” quasi a sottolineare
                                                il suo impegno e il suo amore
                                                senza rivali per la scuola,
                                                aveva già accolto negli
                                                anni precedenti ragazzi
                                                gravissimi, compresi
                                                cerebropatici impediti nella
                                                mente e nel movimento. Pur
                                                condividendo l’impulso,
                                                simpaticamente diffuso nella
                                                nostra regione, ad integrare
                                                sempre e comunque, aveva
                                                constatato
                                                l’impossibilità e la non
                                                opportunità a tenere
                                                sempre in classe i gravissimi,
                                                che, essendo incapaci di seguire
                                                le lezioni, si sarebbero
                                                annoiati e non avrebbero
                                                beneficiato di un insegnamento
                                                individuale, finalizzato al
                                                raggiungimento di obiettivi
                                                utili per la vita adulta, in
                                                particolare per l’autonomia
                                                personale e per le esigenze
                                                primarie della vita quotidiana.
                                                Nonostante questo sano realismo,
                                                contrapposto alla visione
                                                utopistica di sessantottina
                                                memoria, non aveva ceduto alla
                                                tentazione di fare gruppi di
                                                disabili ghettizzandoli; aveva
                                                invece creato spazi appositi che
                                                venivano utilizzati sia per
                                                l’insegnamento individuale, sia
                                                per la socializzazione in
                                                piccoli gruppi, costituiti dal
                                                ragazzo disabile e da qualche
                                                normodotato con funzione di
                                                tutor e di maestro di
                                                socializzazione. A tal fine
                                                venivano sfruttate tutte le
                                                risorse offerte dalla scuola,
                                                compresi gli esoneri dalla
                                                religione e dalla ginnastica .
                                                Le ore di insegnamento
                                                individuale e in piccoli gruppi
                                                venivano poi alternate alla
                                                presenza in classe per tutto il
                                                tempo utile e tollerabile per il
                                                ragazzo disabile. Nell’ala della
                                                scuola destinata a questo tipo
                                                d’insegnamento c’era anche una
                                                cucina, spaziosa e luminosa, che
                                                poteva servire ad una doppia
                                                funzione: far lavorare Antonella
                                                esercitandola in esercizi
                                                manuali finalizzati alla
                                                preparazione di cibo e farle
                                                consumare a scuola il pranzo,
                                                con la doppia finalità di
                                                sfruttare l’opportunità
                                                educativa insita
                                                nell’attività di pranzare
                                                in compagnia dell’insegnante e
                                                di permettere a noi genitori di
                                                andarla a prendere alle due
                                                anzichè all’una, ora in
                                                cui entrambi eravamo ancora al
                                                lavoro. 
                                              Sfruttando
                                                il fatto che Antonella
                                                frequentava la scuola elementare
                                                a tempo pieno e aveva il sabato
                                                libero, la preside ci aveva
                                                proposto di frequentare la
                                                scuola Leopardi il sabato
                                                mattina già dalla quinta
                                                elementare, in modo da
                                                famigliarizzarci con l’ambiente
                                                e con le future insegnanti.
                                                Questa frequenza del sabato
                                                aveva più le
                                                caratteristiche di una visita in
                                                casa di amici che in una scuola
                                                statale. Per fare in modo che
                                                non solo la bimba, ma anch’io mi
                                                trovassi a mio agio, la preside
                                                inviava in quell’aula anche
                                                insegnanti che non avrebbero
                                                avuto a che fare con Antonella,
                                                ma che mi conoscevano per i
                                                motivi più diversi:
                                                vicine di casa, mogli di
                                                colleghi, figlie e nipoti di ex
                                                pazienti dell’ospedale eccetera.
                                                Tutte le regole
                                                dell’ospitalità venivano
                                                rispettate, compresa la
                                                degustazione del caffè. 
                                              Alle
                                                elementari Antonella aveva avuto
                                                delle insegnanti comunali che
                                                aveva molto amato e che erano
                                                diventate le sue preferite , per
                                                cui considerava la qualifica di
                                                comunale come sinonimo di alta
                                                professionalità e
                                                simpatia. Con queste premesse
                                                chiedeva alle sue future
                                                insegnanti se erano comunali o
                                                statali. Queste, edotte delle
                                                sue preferenze, le rispondevano
                                                che erano tutte comunali, bugia
                                                alla quale non ha creduto,
                                                mentre ha subito capito chi era
                                                comunale davvero e chi per finta
                                                per cui, parafrasando Orwell, ha
                                                proclamato una delle sue frasi
                                                storiche:” Tutte le insegnanti
                                                delle Leopardi sono comunali, ma
                                                la Laura è
                                                comunalissima”, e la Laura era
                                                realmente comunale e, fedele
                                                alla tradizione, è subito
                                                diventata la sua preferita.  
                                              Quando
                                                è giunto settembre,
                                                l’ingresso alla nuova scuola non
                                                ha avuto nulla di
                                                traumatizzante. Le insegnanti
                                                già conoscevano Antonella
                                                e viceversa. Erano pronte a
                                                cogliere ogni suo sospiro, a
                                                proporle la socializzazione
                                                quando il suo umore lo
                                                consentiva, l’ambiente
                                                silenzioso per il lavoro
                                                individuale o per il
                                                rilassamento quando lo stato di
                                                agitazione sconsigliava
                                                stimolazioni eccessive,
                                                un’attività ginnica
                                                anzichè
                                                un’attività intellettuale
                                                quando l’esercizio fisico pareva
                                                utile per scaricare i nervi,
                                                un’uscita fuori dalla scuola
                                                quando pareva recettiva per le
                                                opportunità educative che
                                                tale attività poteva
                                                offrire. 
                                              Lo
                                                scambio tra scuola e famiglia
                                                avveniva in modo naturale e
                                                amichevole: mediante incontri
                                                programmati, per telefono e per
                                                strada all’entrata e all’uscita
                                                dalla scuola. Ogni scoperta ed
                                                ogni conquista fatta a casa
                                                veniva prontamente comunicata a
                                                scuola e viceversa.  
                                              Sia
                                                io che le insegnanti avevamo
                                                sentito parlare dell’uso del
                                                computer a fini abilitativi, ma
                                                nessuna di noi aveva fatto i
                                                primi passi informatici e questo
                                                per diversi motivi, in parte
                                                legati a noi stesse in quanto,
                                                non più giovanissime, ci
                                                sentivamo inadeguate e avevamo
                                                una sorta di sacro terrore del
                                                mostro informatico; in parte
                                                perchè, non avendo
                                                Antonella mai manifestato
                                                interesse nè per la TV
                                                nè per il gioco,
                                                pensavamo che, essendo il
                                                computer una sintesi delle due
                                                cose, non avrebbe funzionato  
                                              L’incontro
casuale
                                                con una vecchia amica di
                                                Università fu
                                                determinante nel farci cambiare
                                                idea. Marina lavorava in un ente
                                                specializzato nell’uso del
                                                computer per la
                                                disabilità. Quando,
                                                incontrandola in casa di amici,
                                                le ho parlato di mia figlia, mi
                                                ha letteralmente costretta ad
                                                andare al suo centro per
                                                prendere visione dei programmi
                                                didattici per l’handicap
                                                mentale. Dopo aver dedicato un
                                                intero pomeriggio a far giocare
                                                Antonella e me col computer, ha
                                                scelto i programmi più
                                                adatti e ne ha fatto un
                                                dischetto che mi ha poi
                                                regalato. Costretta a farlo
                                                più per dare
                                                soddisfazione a Marina che per
                                                reale convinzione, ho cominciato
                                                a giocare con quei programmi
                                                mettendovi tutto l’impegno di
                                                cui ero capace per capire il
                                                meccanismo della macchina in
                                                generale e del gioco in
                                                particolare e lasciando poi il
                                                posto, senza speranza, ad
                                                Antonella la quale, davanti ai
                                                miei occhi increduli, ha
                                                cominciato a muoversi sul
                                                computer con una disinvoltura
                                                molto maggiore della mia e,
                                                incredibile a dirsi, ci prendeva
                                                gusto, si divertiva, veniva
                                                calamitata dal gioco in modo
                                                simile a quanto vedevo fare da
                                                tanti altri ragazzini. Lei, che
                                                non aveva mai degnato di uno
                                                sguardo il televisore, che non
                                                aveva mai provato interesse per
                                                nessun gioco, sin dal primo
                                                giorno è rimasta
                                                attaccata al computer per ore e,
                                                in un periodo di ottimo
                                                appetito, ha accolto con
                                                insofferenza il momento della
                                                merenda che la staccava dalla
                                                nuova conquista. La scoperta era
                                                del tutto eccezionale in quanto
                                                consentiva di passare il tempo
                                                in un modo alternativo alle
                                                stereotipie e alle ossessioni e
                                                per di più imparando e
                                                affinando le capacità di
                                                lettura, scrittura,
                                                comprensione, logica e
                                                matematica. Questo pomeriggio
                                                storico è stato subito
                                                seguito da una telefonata
                                                trionfale all’insegnante Ornella
                                                che, come me, aveva sempre
                                                guardato a questo oggetto con
                                                timore e tremore ma, a seguito
                                                della mia entusiastica
                                                segnalazione, ha subito
                                                accettato che i programmi
                                                venissero impiantati anche a
                                                scuola e che io passassi una
                                                mattina ad insegnarle quanto
                                                avevo da poco appreso, facendola
                                                armeggiare con la tastiera e col
                                                mouse, oggetti che entrambe
                                                maneggiavamo con impaccio,
                                                soggezione e paura, tutti
                                                sentimenti finalmente superati
                                                dalla nuova fortissima
                                                motivazione: avere uno strumento
                                                utile alla nostra Antonella.
                                                Così, superando in un
                                                colpo solo le remore che per
                                                anni ci avevano fatto vivere in
                                                mezzo a decine di computer
                                                ignorandoli totalmente, abbiamo
                                                fatto insieme i primi passi che
                                                hanno consentito anche alle
                                                insegnanti di constatare
                                                incantate il potere magnetico
                                                dei giochi didattici e di avere
                                                a disposizione uno strumento
                                                prezioso per passare utilmente
                                                alcune ore di scuola.  
                                              Con
                                                piacere ho poi appreso che i
                                                programmi di lettura e scrittura
                                                del computer le hanno aiutate
                                                anche per l’insegnamento ai non
                                                pochi scolari stranieri che
                                                cominciavano ad affollare le
                                                scuole della nostra città
                                                in quegli anni in cui l’Italia
                                                diventava meta sempre più
                                                frequente di immigrazione dai
                                                paesi più disparati. 
                                              Un’altra
impresa
                                                educativa che abbiamo intrapreso
                                                insieme è stata
                                                l’elaborazione delle regole di
                                                vita.  
                                              Nella
                                                letteratura di educazione
                                                speciale sull’autismo avevo
                                                letto che può essere
                                                utile supplire alle carenze di
                                                sensibilità sociale con
                                                norme di comportamento che sono
                                                ovvie per le persone normali, ma
                                                che devono e possono essere
                                                insegnate ai soggetti come
                                                Antonella per mimare un
                                                comportamento normale, che non
                                                viene affatto spontaneo, ma che
                                                può essere in qualche
                                                misura appreso. Così
                                                abbiamo cominciato in casa a
                                                fare una specie di decalogo
                                                personalizzato sulle stranezze
                                                di Antonella, prima fra tutte
                                                quella di parlare mentre gli
                                                altri parlano ignorandoli e
                                                seguendo un suo filo di pensiero
                                                parallelo. Per contrastare
                                                questo comportamento anomalo
                                                ecco il primo comandamento, che
                                                poi tutti hanno trovato profondo
                                                e valido anche per molte persone
                                                cosiddette “normali”: “Non
                                                parlare quando gli altri parlano
                                                e ascoltare”. Il secondo
                                                comandamento nasce per
                                                correggere una gestualità
                                                scoordinata e talora fastidiosa
                                                di Antonella, che tende a
                                                stringere gli altri, a prenderli
                                                per il collo o comunque a
                                                toccarli in modo fastidioso, da
                                                cui la regola: “Non mettere le
                                                mani addosso” 
                                              La
                                                terza, la quarta, la quinta, la
                                                sesta e la settima regola
                                                nascono, al pari della prima,
                                                dall’esigenza di regolamentare
                                                la conversazione, che deve avere
                                                dei ritmi, delle pause, delle
                                                variazioni di argomento, dei
                                                turni da rispettare e degli
                                                interlocutori di cui tener
                                                conto, da cui: “Numero 3: Non
                                                ripetere le stesse cose”,
                                                “Numero 4 Rispondere alle
                                                domande”, Numero 5 “Non parlare
                                                quando si lavora”, Numero 6
                                                “Salutare le persone che
                                                incontri e non continuare con
                                                l’argomento di cui stavi
                                                parlando prima”; Numero 7 “Non
                                                parlare agli sconosciuti” La 8
                                                riguarda un problema legato al
                                                nostro particolare mezzo di
                                                spostamento, che consiste
                                                nell’usare la bicicletta come
                                                fosse un taxi, io davanti e
                                                Antonella dietro in un comodo
                                                seggiolino da cui può
                                                appoggiare i piedi sui pedalini,
                                                cosa già anomala per una
                                                passeggera di 50 Kili, e
                                                particolarmente rischiosa quando
                                                la passeggera comincia a ballare
                                                il twist, da cui la regola
                                                numero 8: “Non muoversi in
                                                bicicletta” La 9 riguarda di
                                                nuovo la gestualità,
                                                nella fattispecie le
                                                stereotipie, la più
                                                frequente delle quali è
                                                quella di battersi le mani sui
                                                denti per minuti, ore, giorni,
                                                da cui: “regola numero 9: non
                                                battere le mani sui denti” e con
                                                la numero 10 si entra nelle
                                                profondità filosofiche
                                                “Non pensare continuamente al
                                                futuro”, nata dal fatto che
                                                spesso Antonella voleva sapere
                                                in tutti i minimi particolari
                                                come si sarebbe svolta la vita
                                                alla resurrezione e la
                                                curiosità diventava
                                                ossessiva e angosciosa.
                                                Antonella stessa citava le
                                                regole a scuola e talvolta lei
                                                stessa riusciva a moderare gli
                                                eccessi comportamentali grazie
                                                al richiamo delle regole che via
                                                via trasgrediva. Le insegnanti,
                                                ponendosi come sempre in
                                                sintonia con quanto veniva da
                                                casa, hanno pensato non solo di
                                                farne oggetto del lavoro
                                                scolastico, ma anche di
                                                coinvolgere l’insegnante di
                                                disegno, che per ogni regola ha
                                                fatto una deliziosa vignetta con
                                                una ragazzina dai capelli rossi
                                                che viene rappresentata mentre
                                                trasgredisce ogni singola
                                                regola. Con il decalogo scritto
                                                e disegnato con arte e humor
                                                è stato fatto un
                                                bellissimo quadernone a colori,
                                                cui hanno fatto seguito altri
                                                quaderni a fumetti nei quali
                                                venivano create varie storielle
                                                di cui Antonella era
                                                protagonista mentre trasgrediva
                                                o rispettava le diverse regole. 
                                              Un’altra
scoperta
                                                che ci ha mandato in visibilio
                                                è stata la constatazione
                                                che, se le poesie venivano
                                                recitate in un’occasione che
                                                dava spunto al tema delle stesse
                                                anzichè a freddo in modo
                                                programmato, Antonella le
                                                apprezzava, le capiva e le
                                                gustava, al punto da cambiarle
                                                in modo appropriato per
                                                riferirle e se stessa. Una di
                                                queste poesie è stata “Il
                                                passero solitario” di cui
                                                abbiamo parlato in un momento in
                                                cui ricordavamo la scuola
                                                materna, quando lei evitava con
                                                tutte le sue forze la compagnia
                                                degli altri bambini. La
                                                citazione veniva a pennello e
                                                con questo tipo d’insegnamento,
                                                che nei testi è definito
                                                incidentale, lei non solo capiva
                                                e gustava la poesia, ma poi la
                                                cambiava riferendola alla sua
                                                situazione attuale
                                                caratterizzata dal desiderio,
                                                anche se disgiunto dalla
                                                competenza, di stare con i
                                                coetanei, da cui ;”Sì
                                                compagni, sì voli; mi cal
                                                d’allegria, cerco gli spassi”
                                                Questo discorso, iniziato a
                                                casa, veniva continuato e
                                                approfondito a scuola dalle
                                                insegnanti che si trovavano
                                                finalmente nel terreno a loro
                                                più famigliare: quello
                                                della poesia e delle belle
                                                lettere. 
                                              Fin
                                                dai primi giorni delle medie mi
                                                è venuta l’idea,
                                                condivisa da mio marito, di
                                                stare in questo ambiente
                                                più unico che raro il
                                                più a lungo possibile,
                                                cosa resa possibile fino alla
                                                durata di sei anni sfruttando le
                                                bocciature. Le insegnanti e la
                                                preside hanno subito accettato
                                                la nostra proposta per cui la
                                                prima bocciatura è venuta
                                                senza problemi. 
                                              Le
                                                cose sono drasticamente cambiate
                                                al terzo anno di scuola, quando
                                                Antonella era alla prima delle
                                                programmate due seconde medie,
                                                in quanto la preside Mari era
                                                andata in pensione ed era stata
                                                sostituita dalla professoressa
                                                Turchi la quale, portando
                                                argomentazioni che potevano
                                                valere per altre situazioni ma
                                                non per la nostra, si opponeva
                                                energicamente alla bocciatura,
                                                che Antonella invece aveva da
                                                subito preso per quello che era:
                                                un segno d’affetto da parte
                                                delle insegnanti. 
                                              Allo
                                                scrutinio di fine anno si
                                                è svolta una battaglia
                                                all’ultimo sangue tra la preside
                                                da una parte e tutti gli altri
                                                insegnanti dall’altra, che hanno
                                                avuto il coraggio di
                                                contrastarla uniti mettendola in
                                                minoranza, da cui la telefonata
                                                trionfale dell’insegnante
                                                Ornella che ci ha subito
                                                comunicato l’esito:”Abbiamo
                                                vinto!” il chè
                                                significava “Abbiamo ottenuto la
                                                bocciatura” cosa che confondeva
                                                un po’ le idee alla nostra
                                                Antonella, che vedeva accolte in
                                                tal modo le sue bocciature e in
                                                modo ben diverso quelle, a dire
                                                il vero rare, del fratello
                                                maggiore che frequentava con
                                                successo l’università 
                                              Giunti
                                                in terza media io avevo
                                                finalmente il potere di farla
                                                bocciare non portandola
                                                all’esame ed evitando quindi il
                                                rischio della promozione e anche
                                                il ripetersi della delicata
                                                situazione che aveva visto le
                                                insegnanti in una imbarazzante
                                                conflittualità con la
                                                preside. Ma a scalfire la mia
                                                certezza è arrivata la
                                                telefonata che mi avvertiva
                                                sull’eventualità dei
                                                carabinieri e così, dopo
                                                una vita passata nella
                                                più scialba
                                                legalità, tra casa,
                                                chiesa, scuola e lavoro,
                                                all’età di cinquant’anni
                                                ho provato l’emozione, in quella
                                                interminabile mattina di giugno,
                                                di sentirmi fuori legge e di
                                                essere ricercata dai
                                                carabinieri. 
                                             |