<html>
<head>
<meta http-equiv="Content-Type" content="text/html; charset=UTF-8">
</head>
<body>
<font face="Times New Roman">Gentile sig. Enrico,<br>
ha ragione, ma è difficile fare una graduatoria gerarchica delle
cose che non vanno in Italia.<br>
Vogliamo aprire una analisi sulle competenze dei docenti di
sostegno in relazione alla Sindromi o Patologie?<br>
Ho dato delle Tesi di laurea come ricerca inerente il lavoro dei
docenti in relazione al disabile generico ed all'autistico, per
apprezzare se e come ne percepiscono le differenze e le necessarie
diverse strategie d'azione.<br>
Quanti sanno o vogliono distinguere i deficit dai disordini?<br>
naturalmente ci sono anche docenti prepareati, coscenzioosi ed
interessati alla riflessione.<br>
Lo spreco è anche di risorse intellettuali.<br>
Ho scritto tempo fa che, con il consenso delle associazioni dei
genitori, si sono de-specializzati i docenti di sostegno (da 3 ad
una specializzazione), in totale controtendenza a quanto avviene
nei sistemi lavorativi e professionali.<br>
Piero Crispiani<br>
</font><br>
<div class="moz-cite-prefix">Il 21/03/2023 09:32, Enrico Toffolo ha
scritto:<br>
</div>
<blockquote type="cite"
cite="mid:CAPJEzYoCdHYeUMnA4OmRhdv5T4uJTW8R7wiSm2FWHJTrNpkhMA@mail.gmail.com">
<div dir="ltr">
<div dir="ltr">Buongiorno,
<div><br>
</div>
<div>prima di affrontare l'eventuale "spreco" di risorse
destinate ad alunni senza autismo ritengo che la discussione
vada indirizzata sulla qualità delle risorse attualmente
impiegate nella scuola.</div>
<div><br>
</div>
<div>Sulla qualità condivido un recente articolo sugli
insegnanti di sostegno <a
href="https://www.facebook.com/APRI.ONLUS/posts/pfbid0fzeGWD2fy6Hfq4KkYYWScsVMnhTRtxnQGUsVtHYFSD7nkjuoTfwbTYLG7KheDmaol"
moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">https://www.facebook.com/APRI.ONLUS/posts/pfbid0fzeGWD2fy6Hfq4KkYYWScsVMnhTRtxnQGUsVtHYFSD7nkjuoTfwbTYLG7KheDmaol</a></div>
<div><br>
</div>
<div>Altro grande spreco per risorse non qualificate (per
l'autismo è acclarato) sono gli stanziamenti per gli AEC:
100 + 100 milioni <a
href="https://disabilita.governo.it/it/avvisi-e-bandi/nota-informativa-fondo-per-l-assistenza-all-autonomia-e-alla-comunicazione-degli-alunni-con-disabilita-e-piano-di-riparto-a-favore-dei-comuni-anno-2022/"
moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">https://disabilita.governo.it/it/avvisi-e-bandi/nota-informativa-fondo-per-l-assistenza-all-autonomia-e-alla-comunicazione-degli-alunni-con-disabilita-e-piano-di-riparto-a-favore-dei-comuni-anno-2022/</a></div>
<div><br>
</div>
<div>...invito a leggere i bandi comunali e a trovare la
parola autismo e le relative norme.</div>
<div><br>
</div>
<div>Poi se vogliamo recuperare risorse riflettiamo sul fatto
del perchè ci siano oltre 5.300 segreterie e centrali
d'acquisto solo per le scuole del I ciclo.</div>
<div><br>
</div>
<div>Enrico</div>
<div>un papà ex candidato ad insegnante di sostegno</div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
</div>
<br>
<div class="gmail_quote">
<div dir="ltr" class="gmail_attr">Il giorno lun 20 mar 2023
alle ore 16:33 Piero Crispiani <<a
href="mailto:pierocrispiani@gmail.com"
moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">pierocrispiani@gmail.com</a>>
ha scritto:<br>
</div>
<blockquote class="gmail_quote">
<div> Gentili signori della Lista,<br>
pochi mi conoscono e pochissimi sono interessati a ciò che
dico e tantomeno ad interloquire. <br>
Non è un problema. <br>
Ciò detto vi informo che intorno all'Autismo o Spettro c'è
grande confusione, in parte giustificata dalla fase di
transizione teorica degli ultimi tempi (quindi
giustificabile), ma in parte si deve alla certificazione
frettolosa che generalizza categorie a danno di altre.<br>
Accade che condotte critiche del linguaggio e della
relazione - addebitabili al ritardo del linguaggio ed alle
conseguenze strategie di difesa o di compensazione -
diventino condizione autistica.<br>
Non è un gioco di parole.<br>
Tanti afasici o con ritardo dell'eloquio (neanche del
linguaggio complessivo, ma solo della produzione verbale
orale, cioè dell'eloquio) sono corredati della diagnosi di
autismo, quindi Legge 104, se non da invalidità.<br>
La disprassia comporta a volte tratti associabili
all'autismo (ipersensibilità, motricità afinalistica,
lento incipit, disorganizzazioni, realismo verbale, ecc.)
ma comportano autismo solo nei casi severi.<br>
Questa platea di soggetti con "disorganizzazione" (usiamo
questa categorie provvisoria) è certamente in crescita (e
per diversi motivi): ma si può dire ai genitori che si è
di fronte all'autismo?.<br>
Provo a sintetizzare alcuni assunti:<br>
- ad oggi la diagnosi di autismo è sindromica, si fa dai
sintomi (in realtà è così sin dal 1943 .. senza nulla
togliere alle ricerche in ambito genetico, proteico ....),
anche se a qualcuno non va bene (mi pare);<br>
- la diagnosi di autismo è difficile e delicata ed ha un
grande bisogno della "valutazione funzionale", per aree di
funzioni, per funzionamento, competrenze, reattività,
condotte....;<br>
- l'autismo è sensibile all'educazione (terapia,
trattamento, training ....), a volte in termini
sorprendenti, non ai bypassamenti, al non fare, alle APP
SUPPLETIVE, al condizionamento o allo Stimolo Avversivo.<br>
<br>
Infine:<br>
la gravità della condizione è fattore fondamentale poiché
rendeuna condizione diversa e diversamente rispondente,
quindi grande rispetto all'autismo grave ed all'autismo in
comorbilità con alterazioni psichiche o neurologiche
cerebrali. In questi ultimi casi, e con gli adulti,
valgono le pratiche suppletive fondate su rinforzo,
condizionamento, avversione, ecc.<br>
<br>
Se fossi genitore di un caso "vero", contesterei lo spreco
di risorse (ad es, i docenti di sostegno) per i casi non
autistici.<br>
Il dibattito è, comunque, di notevole interesse.<br>
<br>
Se può interessare: <br>
Piero Crispiani - maestro elementare, Direttore Didattico
(di cui 18 anni Direttore di una grande Scuola Speciale
Statale per gravi e pluriminorati), Ordinario di Pedagogia
Speciale Università di Macerata, Libero Docente Università
Politecnica delle Marche e Link Campus University di Roma.<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<div>Il 20/03/2023 11:35, <a
href="mailto:albertofagni@libero.it" target="_blank"
moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">albertofagni@libero.it</a>
ha scritto:<br>
</div>
<blockquote type="cite">Brava Stefania. <br>
Ormai è chiaro come, in questa discussione, alcuni
professionisti vogliano difendere delle diagnosi che
tali non sono e vogliano farci credere che per il bene
del paziente, si debba accogliere la sua richiesta di
avere una diagnosi di autismo.. E per chi non rientra
nella diagnosi da manuale, l'unica esistente al momento,
si gioca con le parole e, come più volte ho scritto nei
miei interventi, si vendono loro per diagnosi di autismo
quelle che sono semplicemente delle valutazioni di
tratti autistici. <br>
Hanno trovato il modo di vendere diagnosi di autismo
senza disturbo o se preferite di livello zero. <br>
Poco importa che si possano o meno definire diagnosi
psicologiche perché NON SONO DIAGNOSI DI DISTURBO DELLO
SPETTRO AUTISTICO e chi le ha non è definibile
autistico. <br>
Capisco che po' questa gente serva anche a perorare le
vostre cause, come questa, cioè di banalizzare l'autismo
vendendo "diagnosi" che non rientrano nei manuali. <br>
Ma si genera confusione, nelle persone e anche nella
ricerca. <br>
<br>
Quindi come te, Stefania, spero che qualche
professionista si schieri o avremmo sempre più persone
che si diranno autistiche per fare i video su tik tok. <br>
E la colpa è di chi banalizza lo spettro. <br>
Scusate l sfogo, ma questa discussione è un paradosso
perché viene letta da chi i manuali diagnostici li
dovrebbe difendere <br>
<br>
Saluti <br>
Alberto Fagni<br>
Inviato da Libero Mail<br>
<br>
<div class="gmail_quote"><br>
Il 19 marzo 2023 20:52:20 UTC <a
href="mailto:ftstellino@inwind.it" target="_blank"
moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">ftstellino@inwind.it</a>
ha scritto:
<table>
</table>
<blockquote class="gmail_quote">Scusate,<br>
Ma qui si rischia veramente di fare danni epocali. <br>
<br>
Come a dire che ad una persona con depressione che
va da un oncologo perché pensa/spera di avere un
tumore, che non ha, il medico glielo diagnosticasse
per farlo sentire meglio e magari provare a vedere
se "esce" dalla depressione.<br>
<br>
È assurdo parlare di funzionamento autistico.<br>
Così si ingenera solo confusione nella persona, che
tra l'altro ha evidentemente delle
problematiche/disturbi psichici. <br>
E poi ci ritroviamo a doverci confrontare con
persone che credono di essere autistiche, che
pensano di avere una diagnosi di autismo e che
pretendono di parlare a nome delle persone
autistiche, a volte anche aggredendo verbalmente
ritenendo di avere la 'luce della conoscenza'.<br>
<br>
Così rischiamo di fare danni epocali. Ripeto.<br>
Perché pure chi ci deve ascoltare per poter
indirizzare le politiche del welfare sanitario e
sociale va in confusione.<br>
<br>
Mi auguro che i tanti camici bianchi presenti ed
amici (perdonatemi la metonimia, ma è per meglio
identificarvi), non sostengano questa presunta
deontologia degli psicologi.<br>
<br>
Perdonatemi anche lo sfogo.<br>
<br>
Un caro saluto <br>
<br>
Stefania Stellino<br>
<br>
<br>
<br>
Inviato da Libero Mail<br>
<br>
<div class="gmail_quote"><br>
Il 19 marzo 2023 17:12:07 UTC David Vagni <a
href="mailto:david.vagni@gmail.com"
target="_blank" moz-do-not-send="true"><david.vagni@gmail.com></a>
ha scritto:
<table>
</table>
<blockquote class="gmail_quote">Cara Raffaella,
<div>condivido quanto hai riportato anche se sai
bene che mi scontro con alcuni advocate, come
hai detto sono adulti autodeterminati ed
eventuali differenze di vedute non dovrebbero
far venir meno un clima di collaborazione tra
professionisti, famiglie e advocate.</div>
<div>Concordo sul resto dei punti della tua
risposta.</div>
<div><br>
</div>
<div>Vorrei approfittare dell’occasione per
specificare un aspetto che reputo rilevante
all’interno della discussione (non con te, ma
con chi dice che “non vanno fatte diagnosi") e
che reputo sia parte della confusione. Te sei
psicologa, come sono psicologi le persone che
fanno diagnosi presso il centro a cui sono
associato.</div>
<div>In quanto psicologi è un dovere cercare di
seguire la deontologia della propria
professione in accordo con i codici e pareri
dell’Ordine</div>
<div><br>
</div>
<div>A questo link c’è un parere a mio avviso
molto importante <a
href="https://www.psy.it/allegati/parere_diagnosi.pdf"
target="_blank" moz-do-not-send="true"
class="moz-txt-link-freetext">https://www.psy.it/allegati/parere_diagnosi.pdf</a> sulla
possibilità degli psicologi di fare diagnosi
psicopatologiche ma che, lateralmente, riporta
la più generale definizione di diagnosi.</div>
<div><br>
</div>
<div>[…] Il concetto di diagnosi ha vari
significati non univoci lungo un continuum che
va da un’accezione ristretta di
identificazione di una patologia ad <b>un’accezione
ampia di identificazione di un fenomeno
sulla base dell’individuazione dei fattori
che la caratterizzano </b>(storia del
soggetto, sintomi fisici e psichici, modalità
comportamentali, attività mentale,
informazioni ottenute con varie modalità di
valutazione). I<b>l concetto di diagnosi,
pertanto, non è univocamente ed
esclusivamente connesso a quello di
“identificazione di patologia”</b>, come
usualmente viene inteso poiché quest’ultimo
riguarda soltanto l’ambito biomedico e, anche
in ambito medico, è praticabile solo in alcuni
settori e per alcune patologie, non in tutte
le branche della medicina e per tutte le
malattie. <b>La diagnosi assolve molteplici
funzioni e compiti a più livelli: a)
necessità di categorizzare le informazioni,
b) facilitazione della comunicazione fra
addetti ai lavori, c) facilitazione della
comunicazione con il paziente, d)
orientamento delle scelte terapeutiche. In
questo senso, la diagnosi è, nell’accezione
ampia dei suoi significati possibili,
insieme un atto conoscitivo di raccolta e
categorizzazione delle informazioni ed un
atto pragmatico di comunicazione fra i
soggetti implicati a diverso titolo e
livello nel fenomeno oggetto di
osservazione </b><span>[…] </span>La
diagnosi psicologica può essere realizzata a
diversi livelli a seconda del contesto in cui
trova applicazione e in relazione alle
funzioni interessate, dall’ambito lavorativo <b>al
disagio psicologico di livello pre-clinico</b>,
alla psicopatologia maggiore, alle malattie
mediche <span>[…] </span>La diagnosi basata
sui sintomi non è tuttavia l’unico modo per
effettuare una diagnosi descrittiva, e anzi
questa modalità viene ampiamente criticata
dalla comunità scientifica internazionale.
Pertanto anche la diagnosi differenziale
basata sui sintomi non è l’unica possibile.
Modalità alternative di effettuare la diagnosi
descrittiva e differenziale sono state a più
riprese proposte alla comunità scientifica e
si basano sull’osservazione e
l’identificazione <b>delle funzioni
psicologiche che sottendono i fenomeni
clinici osservati,</b> e non
meramente sull’osservazione e
l’identificazione dei sintomi. […].</div>
<div><br>
</div>
<div>Riporto questo per dire che, se una persona
va da uno psicologo e gli chiede “aiutami a
capire come funziono” rilasciare in una <b>diagnosi</b> (perché
comunque è una diagnosi il documento che si
rilascia): “non hai nessun disturbo, quindi
non hai niente”, <i>forse </i>può essere
accettabile per un medico che opera
all’interno di un modello medico, ma
sicuramente non è deontologicamente corretto
per uno psicologo.</div>
<div>Riportare che la persona ha un
“funzionamento cognitivo autistico pur in
assenza di difficoltà clinicamente rilevanti
che costituiscono un disturbo” o che “soddisfa
i criteri dell’autismo ma <i>al momento</i> non
sono presenti difficoltà rilevanti nel
funzionamento adattativo” o qualsiasi simile
definizione (e spiegando in cosa, perché, in
quali processi emotivi, cognitivi, etc.) è un
<i>atto dovuto</i> da un punto di vista etico
e deontologico a mio avviso e ritengo che
contestarlo significhi non capire in cosa
dovrebbe consistere il lavoro di un psicologo,
che in primo luogo dovrebbe riguardare il
comprendere e aiutare le persone e solo in
quanto funzionale a questo scopo, determinare
se è presente o meno un disturbo. </div>
<div><span><br>
</span>
<div>
<div><br>
<blockquote type="cite">
<div>Il giorno 14 mar 2023, alle ore
09:55, Ambulatorio Autismo <a
href="mailto:ambulatorioautismoadulti@gmail.com"
target="_blank"
moz-do-not-send="true"><ambulatorioautismoadulti@gmail.com></a>
ha scritto:</div>
<br>
<div>
<div><br>
<div>Buon giorno a tutti,</div>
<div>mi fa piacere che il Sig. Fagni
condivida anche lui che l’autismo
0 non esiste, quindi penso che
possiamo bandire per sempre dai
nostri discorsi questa
definizione sbagliata che può
fuorviare chi non ha le giuste
conoscenze.</div>
<div><br>
<div>Posso comprendere le sue
perplessità e i suoi dubbi ma
vedo che la sua mail è piena di
criticità e sfiducia verso
l’operato dei clinici.
Naturalmente fra gli esseri
umani ci sono delinquenti di
tutti i tipi, persone poco
professionali e persone che
cerano di approfittare
economicamente della loro
posizione. Credo che questo tipo
di persona sia ben distribuita
in tutte le professioni, i tutti
i contesti sociali e
in qualsiasi tipo di
funzionamento umano. Quindi ce
ne sono sicuramente anche fra
psicologi psichiatri e
neuropsichiatri. Ma questa
considerazione non dovrebbe a
mio modo di vedere portarci a
una sfiducia così grande come
quella che traspare dai suoi
commenti. Comprendo i suoi dubbi
ma francamente trovo difficile
interloquire su una posizione
così general generica che
riguarda l’umanità tutta.</div>
<div><br>
</div>
<div> Su tre cose non sono invece
assolutamente d’accordo con il
Sig. Fagni:</div>
<div>1. dire che se "uno ha sempre
avuto le capacità di superare le
sue difficoltà, senza fare
nessun tipo di terapia ed avere
nessun tipo di supporto,
significa che il criterio D non
è soddisfatto” è proprio
sbagliato. La sofferenza
psichica lascia sempre una
traccia che il clinico deve
saper valutare e comunque è
sempre necessario che si chieda
come sta e quanta fatica faccia
la persona nel presente. A parte
il fatto che in genere le
persone adulte che arrivano al
percorso diagnostico hanno già
fatto prima percorsi di supporto
psicologico di cui non sono
soddisfatte, ci possono essere
innumerevoli motivi per cui una
persona non ha richiesto aiuto,
da quello economico alla
sfiducia nel lavoro psicologico,
dall’orgoglio a forme di
malessere tanto forte da
impedire di attivarsi, dal non
vedere riconosciuto il proprio
bisogno al sentirsi dire che non
c'è necessità di terapia. E
sicuramente ce ne sono
tantissimi altri. Non è detto
che non avere o non aver avuto
una terapia sia indice di
mancanza di bisogno. È compito
del clinico valutare la
sofferenza e il bisogno ed è suo
compito dotarsi delle capacità,
della formazione e degli
strumenti per saperla
riconoscere e saperla
comprendere. Posso capire la
sfiducia nella capacità dei
clinici di fare valutazioni di
questo tipo ma trovo sbagliato
fare una generalizzazione così
negativa. </div>
<div>Negli anni ’90 c’erano
pochissimi clinici capaci di
diagnosticare l’autismo, oggi
proliferano i servizi e
naturalmente è difficile
scegliere e può essere difficile
valutare la competenza di un
clinico. Ma io sono contenta che
i servizi prolifichino perchè
questo stimola la crescita
professionale. </div>
<div>E inoltre naturalmente ogni
adulto che si deve occupare
della salute dei suoi cari deve
impegnarsi a ricercare il
clinico migliore. Non è una cosa
che riguardi solo l’autismo.</div>
<div><br>
</div>
<div>2. Lo stesso vale per quando
scrive “ E i vari test sono
facili da indirizzare. Io posso
decidere il punteggio che voglio
avere in un test che voglia
"misurare" i miei sintomi
autistici, ma se si vuole
valutare il mio autismo sul
presente un clinico non potrebbe
mai darmi una diagnosi…”. Il
Sig. Fagni, come del resto
chiunque, può al massimo
scaricare i test
autosomministrati e se vuole
manipolarli basta che scarichi
i punteggi o li cerchi nei libri
in cui sono pubblicati. Così
certamente si, potrebbe
manipolarli. Ma un clinico serio
non farebbe mai la diagnosi
solo ed esclusivamente su quel
tipo di test, proprio perchè
essendo facilmente reperibili
sono anche facilmente
manipolabili. Nonostante questo
le ricerche scientifiche ci
dicono che comunque alcuni di
questi test, come la RAADS-R,
per esempio, sono molto forti ma
naturalmente si parte
dall’assunto che chi compila lo
faccia rispondendo in modo
onesto. Per fortuna non abbiamo
a disposizione solo test
autosomminstrati, questi non
sono gli unici test
disponibili. Un clinico
competente dovrebbe sapere che
ci sono test che raccolgono
altri tipi di informazioni che
non sono soggette a punteggi
tipo “risposta giusta o
sbagliata” o con i criteri dei
test disponibili on line. Ci
sono interviste alle famiglie,
interviste ad altri operatori e
test che riflettono il parere
del clinico. È l’insieme dei
risultati di questi test che un
clinico esperto dovrebbe saper
valutare. In ogni caso mi pare
evidente che si continui a
sottovalutare il fatto che la
diagnosi è sempre clinica perché
non esiste un test che possa
considerarsi completamente
sicuro al 100%. Questa cosa è
ampiamente dichiarata e
documentata anche
scientificamente ovunque. I
test possono sostenere il
giudizio diagnostico ma questo
è, alla fine, sempre e solo del
clinico. Questo significa che
la diagnosi riflette sempre il
parere professionale del
professionista, anche
indipendentemente dall’esito dei
test. Questo da una maggiore
responsabilità al clinico che
dovrebbe quindi essere molto
attento. Naturalmente il Sig.
Fagni non è un professionista e
quindi non conosce i test e non
sa quale tipo di lavoro deve
fare il clinico quando li
somministra. Ma proprio per
questo trovo che sia fuorviante
che faccia affermazioni di
questo tipo con tanta sicurezza
invece, magari, di chiedere
qualche informazione in più.</div>
<div>Vorrei anche sottolineare che
se una persona che richiede un
parere diagnostico mente, la
responsabilità primaria è sua
perché così facendo distrugge la
relazione con il clinico. Ci
possono essere innumerevoli
motivi per cui una persona mente
oltre a quelli che il Sig.
Fagnmi descrive nella sua mail e
ci sono anche tante persone che
cercano in tutti i modi di farsi
togliere la diagnosi di autismo
cercando in tutti i modi di
apparire neurotipiche. In ogni
caso, poiché non esiste un test
incontrastabile, come potrebbe
essere un test genetico, se un
paziente mente bene potrebbe
comunque indurre un parere
sbagliato nel clinico. I clinici
devono stare attenti e dotarsi
di strumenti, della formazione e
della supervisione che serve per
contenere questi problemi ma
naturalmente potrebbero comunque
cadere vittima dell’imbroglio.
Ma se è imbrogliato il clinico è
la vittima e non il responsabile
della menzogna. Chi mente è
responsabile.</div>
<div><br>
</div>
<div>3. Infine quando dice che non
è mutata la diagnosi di autismo
per i vari manuali. In realtà il
DSM-5 segna un cambiamento
epocale perché definisce i
Disturbi del Neurosviluppo, che
prima non erano definiti, e pone
le basi per un’unica diagnosi di
autismo escludendo in modo
definitivo la disabilità
intellettiva e il disturbo del
linguaggio dai sintomi di
autismo. Un grande cambiamento
che suscita ancora molte
discussioni come del resto si
evince dallo scambio nato dalla
mail di Carlo Hanau.</div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
<div>Per quanto riguarda
Neuropeculiar: il Sig. Fagni si
sbaglia, io non ho sollevato
nessun discorso né punto nè
domanda su questa associazione
né sui suoi soci in questa sede
né in altre e non ho posto
alcuna domanda per cui lui, o
chiunque altro, mi debba
risposte. </div>
<div>Non ho mai preso le loro
difese perché non ho mai pensato
che ne abbiano bisogno. Sono
persone adulte autonome e
autodeterminate, responsabili
delle loro scelte e delle loro
posizioni. </div>
<div>Preciso che, insieme ad
altri colleghi, faccio parte del
Comitato Scientifico
dell’Associazione. Io mi
confronto spesso con loro e non
ho mai avuto problemi a trovare
un piano di confronto rispettoso
delle posizioni personali, anche
quando non siamo d’accordo.
Ritengo quindi che chiunque
possa trovarlo se lo desidera.
Mi pare però poco corretto porre
queste critiche in una sede dove
nessuno di loro è presente non
permettendo nessun tipo di
confronto che consenta alle
altre persone della lista di
conoscerli e di poter fare le
proprie valutazioni.</div>
<div><br>
</div>
<div>Infine vorrei dire a Carlo
che trovo grave questa
scollatura fra genitori e
persone autistiche, saper
accettare che ci siano diversi
livelli di ricaduta sulla
qualità di vita dovrebbe
rassicurare sul fatto che non
verranno trascurate le persone
che hanno dalla loro condizione
gravi ripercussioni sulla
qualità di vita e
sull’indipendenza e l'autonomia,
ma per garantire che ciò accada
non serve litigare, servirebbe
invece promuovere la formazione
dei clinici. Perché è da loro
che dipende la valutazione della
ricaduta sulla qualità di vita e
sono loro che dovrebbero saper
spiegare chi quando e perché ha
bisogno di incerto tipo di
aiuto. Card si possa trovare un
giusto equilibrio fra ascoltare
i clinici e ascoltare le persone
autistiche e ascoltare i
genitori. Ma anche ascoltare
chiunque avario titolo voglia
zarlaredi autismo. Paleseante
nessuno può parlare per tutti e
forse tutti dovrebbero parlare.
Per sé o per le proprie
associazionni o gruppi.</div>
<div><br>
</div>
<div>Io credo che i clinici
possano definirsi davvero
competenti di autismo se lo
conoscono in tutte le sue
declinazioni, stili di
funzionamento cognitivo, se lo
conoscono nei bambini così come
negli adulti, se hanno potuto
interagire in diversi contesti
non solo in quello clinico.</div>
<div><br>
</div>
<div>Quando sono stata alla
Divison TEACCH alla fine degli
anni ’90 ho capito che l’autismo
era qualcosa di molto più vasto
e complesso di quello che noi
percepivamo in Italia e ho
capito che non avevamo alcuna
idea di cosa fosse quello che
allora chiamavamo autismo HF
(High Functioning). Alla
Division TEACCH già da almeno un
decennio avevano servizi
differenziati anche in base alla
ricaduta sulla qualità di vita e
sull’autonomia, avevano gruppi
diversificati per stile di
funzionamentocognitivo e
collaboravano non solo con i
genitori ma anche con le persone
autistiche, io stessa sono stata
parecchio tempo con persone
autistiche che mi hanno
spiegato il loro stile di
funzionamento e il lavoro
clinico di cui godevano. Era la
prima volta che mi accadeva d è
stata un’esperienza che ha
segnato le mie scelte.</div>
<div>Proprio allora ho fatto
alcune scelte professionali che
hanno dato una direzione al mio
lavoro: ho scelto di tradurre
con altri colleghi i test gold
standard in Italiano, di
promuovere la formazione su
come fare la diagnosi, e ho
scelto di approfondire la
diagnosi nelle direzioni più
complesse: nei bambini molto
piccoli e negli adulti senza
disabilità cognitiva. Proprio
grazie a queste scelte, posso
affermare di essere certamente
stata uno dei primi clinici
italiani a fare al diagnosi ad
adulti senza compromissione
cognitiva che si chiedevano se
potevano essere autistici. Ma
prima di allora avevo lavorato
per moltissimi anni solo con
persone autistiche disabili
intellettive e lavoro con loro
tantissimo ancora oggi. Io so
bene che è proprio perché ho
lavorato tanto con loro che ho
imparato molte cose che mi sono
state molto utili per
comprendere meglio le persone
autistiche senza compromissione
cognitiva. Allo stesso modo
poter ascoltare persone che
possono descrivere il proprio
mondo interno mi ha permesso di
imparare cose utilissime anche
per le persone con disabilità
intellettiva. </div>
<div><br>
</div>
<div>Io ho fatto scelte su cui ho
sempre messo la faccia e ancora
oggi mi impegno al meglio che
posso per tenere aperto uno
stabile confronto con le persone
autistiche che si occupano di
advocacy così come con
moltissime altre persone
autistiche molto meno presenti
sui social, così come con tanti
genitori con cui lavoro
quotidianamente e, anche se
indirettamente, osservando i
bambini e tutte quelle persone
autistiche di ogni età e stile
di funzionamento che non possono
descriverci il loro mondo
interno ma ci mostrano come
agiscono. Mi confronto con
colleghi di tutti i tipi, leggo
i loro libri, anche quelli dei
professionisti psicodinamici. </div>
<div>Ascoltare, leggere e
confrontarsi sono per me
strumenti di conoscenza.
Naturalmente rivendico
l’originalità del mio pensiero e
rifiuto assolutamente di
prendermi la responsabilità di
cose che non ho mai detto né
affermato. Se promuovo qualcosa
che dice un’altra persona, sia
essa un clinico, un genitore o
una persona autistica vuol dire
che quel contenuto mi è piaciuto
e che l'ho trovato stimolante.
Solo di quello che condivido e
di ciò che dico personalmente mi
prendo la responsabilità.</div>
<div>Ritengo che soprattutto in
questo momento storico in cui i
criteri diagnostici si son tanto
allargati, sia importantissimo,
anche essenziale, per clinici
osservare e ascoltare per
imparare.</div>
<div>Ma andrebbe ricordato che
osservare e ascoltare non
significa aderire a qualsiasi
cosa, significa raccogliere
elementi per poter pensare e
fare le proprie riflessioni e le
proprie scelte in una visione
più ampia.</div>
<div>Giudicare senza un confronto
induce sempre e solo a grandi
tensioni.</div>
<div><br>
</div>
<div>Buona giornata a tutti</div>
<div>Raffaella Faggioli </div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
<div>
<div><br>
<blockquote type="cite">
<div>Il giorno 9 mar 2023,
alle ore 11:24, <a
href="mailto:albertofagni@libero.it"
target="_blank"
moz-do-not-send="true"
class="moz-txt-link-freetext">albertofagni@libero.it</a>
ha scritto:</div>
<br>
<div>
<div>
<p>Dottoressa Faggioli, <br>
<br>
io sono d'accordo con
lei quando dice che
NON esiste l'autismo
di livello ZERO ,
termine che
probabilmente ho
iniziato ad sare io,
per spiegare come ci
siano troppi autistici
o comunque persone che
si dichiarano tali, ma
che non rientrano nei
criteri della
diagnosi. <br>
E come lei sono
dell'idea che non si
possa usare il termine
autistico come
semplice aggettivo al
di fuori di una
diagnosi medica.<br>
<br>
Questo punto per me è
basilare perché troppe
volte leggo di
diagnosi "senza
disturbo" cioè senza
che il criterio D sia
soddisfatto, nei tanti
gruppi di autismo e
vengono difese dagli
stessi professionisti
.<br>
Con Vagni ho avuto una
discussione su questo
punto sul mio profilo
Facebook <br>
<iframe src="<a
href="https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Falberto.paperinik%2Fposts%2Fpfbid0oXa7jWJQybJJMaZd9EVuhLKqqbvsWUg9FS94EGFJ4eoTkHVAQLqnNGZH11xGQ2Ll&show_text=true&width=500"
target="_blank"
moz-do-not-send="true">https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Falberto.paperinik%2Fposts%2Fpfbid0oXa7jWJQybJJMaZd9EVuhLKqqbvsWUg9FS94EGFJ4eoTkHVAQLqnNGZH11xGQ2Ll&show_text=true&width=500</a>"
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scrolling="no"
frameborder="0"
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allow="autoplay;
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web-share"></iframe><br>
<br>
In quella discussione
David ha difeso la
possibilità di fare
diagnosi psicologiche
di autismo senza
disturbo e di poterle
definire diagnosi e
non valutazioni . Ciò
ovviamente genera
confusione e molti
penseranno di avere
una vera diagnosi e
non di avere solamente
dei tratti autistici e
al limite essere
subclinici. <br>
<br>
Adesso leggo che
entrambi riteniate sia
corretto fare diagnosi
prendendo in
considerazione tutti
quelli che raccontano
di aver affrontato
difficoltà nella vita
per cavarsela ed
essere autonomi, basta
che questa sofferenza
sia dovuta ad alcuni
tratti autistici.<br>
Lei afferma in una sua
risposta che chi cerca
una diagnosi vada
accolto perché cerca
risposte a delle
difficoltà. <br>
Concordo, ma ciò non
significa che tutte
siano da accogliere
con delle diagnosi .<br>
Perché se uno ha
sempre avuto le
capacità di superare
le sue difficoltà,
senza fare nessun tipo
di terapia ed avere
nessun tipo di
supporto, significa
che il criterio D non
è soddisfatto. <br>
Perché se la diagnosi
dovesse premiare
tutti quelli che
raccontano sofferenze
e difficoltà superate,
nessuno sarebbe esente
da diagnosi. <br>
Aggiungo che spesso
queste persone hanno
delle difficoltà che
sono ascrivibili a ben
altre diagnosi dalle
quali provengono, ma
che trovandole più
stigmatizzanti della
diagnosi di autismo (e
meno fighe) cercano di
rifugiarsi in quella
di autismo. <br>
Ora con tutta la
fiducia che posso
avere nei clinici, se
la diagnosi si fa solo
sul racconto di
difficoltà superate,
non sarà difficile per
ch conosce lo spettro
avere una diagnosi di
autismo (oramai anche
on line) <br>
E i vari test sono
facili da
indirizzare. Io posso
decidere il punteggio
che voglio avere in un
test che voglia
"misurare" i miei
sintomi autistici, ma
se si vuole valutare
il mio autismo sul
presente un clinico
non potrebbe mai darmi
una diagnosi , né io
vorrei mai una
diagnosi che mi limita
e che non mi darebbe
alcun supporto utile,
visto che sono
completamente
autonomo. <br>
E se fossi altro ,
cioè bipolare,
depresso etc etc ,
comunque una diagnosi
non pertinente, per
quanto più figa, mi
allontanerebbe dai
supporti e dalle
terapie corrette. <br>
Io temo che oramai chi
ha avuto difficoltà
nella vita legate alla
propria omosessualità,
alla propria
depressione o per
qualsiasi altro
motivo, può spingere
per avere una diagnosi
di autismo . <br>
Senza voler accusare
nessuno mi chiedo e vi
chiedo se non ci sia
il rischio che molti
da clinici si stiano
trasformando (in modo
anche inconsapevole)
in VENDITORI di
diagnosi ? <br>
<br>
Altro punto al quale
vorrei rispondere è
sul fatto che lei
dottoressa ha preso le
difese dei vari
attivisti , i quali si
lamentano che qualcuno
possa mettere in
dubbio le loro
diagnosi. <br>
Siccome sappiamo
benissimo che la
critica è rivolta
soprattutto a me da
parte dei suoi
pazienti di
Neuropeculiar (mi
piace essere molto
diretto) , faccio
notare alcune cose : <br>
<br>
- Io non metto in
dubbio le loro
diagnosi ,ma come
descrivono le
diagnosi, che
vorrebbero slegare dai
vari manuali
diagnostici. Sono loro
a metterle in dubbio
casomai. <br>
- Alcuni di quelli che
loro invitano ai loro
convengni e che si
definiscono autistici,
hanno ammesso di non
avere una diagnosi e
che non l'hanno mai
cercata non avendo
bisogno di supporti. <br>
- Visto che usano la
loro diagnosi per
vendersi come formato
come se fosse un
titolo di studio, non
vedo perché non
dovrebbero renderla
pubblica ? ( Questa è
una mia provocazione,
ma davvero chi ha una
diagnosi può fare il
formatore senza
avrebbe i titoli? )<br>
<br>
- Le stesse persone
che si lamentano che
le loro diagnosi siano
messe in dubbio, sono
quelle che attaccano i
genitori, dicendo loro
che un genitore NON ha
alcun diritto di
parlare di autismo, ma
solo loro possono in
quanto autistici...
Come se loro potessero
sapere come pensa e,
cosa pensa e cosa
prova un autistico non
verbale. <br>
<br>
- Sempre loro hanno
creato un clima di
guerra alle
definizioni mediche e
corrette , tanto che
molti professionisti
hanno smesso di
scrivere e non si
espongono per non
essere attaccati
.Proprio durante
questa discussione
alcuni professionisti
mi hanno scritto in
privato, dicendosi
d'accordo con la mia
posizione, ma che non
avrebbero scritto
poiché stanchidel
clima di attacco alle
posizioni corrette e
mi hanno anche fatto
notare che sono sempre
meno i professionisti
che si espongono nelle
discussioni su questa
lista . <br>
Non è un caso che a
farlo siate stati
soprattutto in due ,
entrambi molto vicini
alle posizioni di
questi attivisti o
comunque li si voglia
definire. <br>
<br>
Quindi non è mutata la
diagnosi di autismo
per i vari manuali, ma
sta mutando perché si
è creato un mercato ,
si è creato il bisogno
di ricercare una
diagnosi. <br>
<br>
Saluti <br>
Alberto Fagni<br>
(mi scuso per gli
errori, ma preferisco
non rileggere ) </p>
<blockquote type="cite">
<div> Il 08/03/2023
11:15 Raffaella
Faggioli <<a
href="mailto:ambulatorioautismoadulti@gmail.com"
target="_blank"
moz-do-not-send="true"
class="moz-txt-link-freetext">ambulatorioautismoadulti@gmail.com</a>>
ha scritto: </div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
Ciao David,
naturalmente è
necessario tenere
conto che abbiamo
professionalità
diverse, sensibilità
diverse e
responsabilità
diverse. Naturalmente
io sono principalmente
un clinico impegnata
stabilmente nella
valutazione
diagnostica di persone
di tutte le età e di
tutti i funzionamenti
cognitivi e solo in
seconda battuta sono
una ricercatrice
(nella pratica
quotidiana, io produco
idee di ricerca e una
montagna di dati che
altri leggono)
<div> <br>
</div>
<div> Magari mi
sbaglio ma mi sembra
che anche sui i
bambini in realtà
siamo d'accordo nel
momento stesso in
cui scrivi: <span>Il
problema è che tu <strong>sai</strong> che <em>prima
o poi quel
bambino cadrà</em>.
</span>Ed è
esattamente per
questo che non
esiste il livello 0
nei bambini perché
noi sappiamo che
prima poi, hai
ragione spesso ai
cambi di ciclo
scolastico, ci sarà
qualche cosa che lo
porterà alla
sofferenza e a
sentirsi in dovere
di mascherarsi, a
non sentirsi
“normale” e a
percepire una
diversità che lo
farà sentire solo
al mondo (un
extraterrestre,
metafora molto
significativa,
chiara e diretta
usata da moltissime
persone autistiche)
e quindi anche poco
amato. Non basta
questo come
ricaduta sulla
qualità di vita? Io
direi proprio di si.
La sofferenza
testimoniata da
tanti adulti
autistici, l’intenso
lavorio interiore
che devono fare gli
adolescenti, che
magari non si
mettono sui social,
ma che noi terapeuti
che li seguiamo
costantemente ben
conosciamo e che
conoscono i loro
genitori, non
dovrebbe lasciarci
indifferenti. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Naturalmente
anche per me, con un
bambino l’approccio
clinico è molto
diverso da quello
con gli adulti ed è
naturale che un
clinico possa avere
dubbi, io stessa li
ho e quando li ho mi
prendo il tempo per
definire il mio
giudizio
diagnostico. Ma la
diagnosi a un
bambino è una
proiezione in avanti
che influenzerà
tutta la sua vita:
una volta fatta ci
aspettiamo e anche
pretendiamo che il
mondo intero tenda
ad adattarsi al suo
stile di
funzionamento e che
gli adulti che si
occupano della sua
educazione mettano
in atto strategie
educative più
mirate, strategie di
conversazione più
adatte al suo stile
di funzionamento,
protezione
dall’esposizione
incontrollata e
costante a stimoli
sensoriali e sociali
inadeguati e forieri
di sofferenza e
stress. Quanti
adulti autistici ci
dicono che quando
stanno in un gruppo
intento in una
conversazione si
sentono stabilmente
in allerta? Vogliamo
“regalare” questo
tipo di sensazioni e
queste fatiche ai
bambini?. </div>
<div> Sappiamo che
questo tipo di
sforzo e di
sofferenza porta in
adolescenza a
problematiche
psichiatriche. La
diagnosi deve quindi
a mio avviso essere
pensata anche per
contenere questa
inutile
devastazione. La
diagnosi dovrebbe
proteggerli da
eccessivi sforzi di
mascheramento così
come dal non
sentirsi accettati
per quello che si è
o dalla sensazione
di essere
extraterrestri.
Dovrebbe permettere
agli adulti che si
occupano della loro
educazione di farli
crescere il più
confidenti possibile
in sè stessi, con
meno sensazione di
estraniamento, più
legittimati. Una
diagnosi sbagliata
nei bambini, anche
in quelli in plus
dotazione e con un
linguaggio
pienamente fluente,
avrà una ricaduta
sulla salute
psicologica, sulla
sofferenza psichica
e sull’esposizione a
non sentirsi
compresi. Inoltre
avrà una ricaduta
sulla possibilità di
autodeterminarsi. </div>
<div> Se esito a fare
la diagnosi a un
bambino non è perché
lo vedo a livello 0,
che ribadisco non
esiste, ma perché ci
sono situazioni in
cui i sintomi sono
difficili da
decifrare in pochi
incontri ed è
necessario
conoscerlo meglio e
in modo più
profondo. </div>
<div> Ci possono
essere molti motivi
per cui il suo stile
di funzionamento
autistico non è
immediatamente
apprezzabile e la
conoscenza, stare in
relazione è, in
questi casi, l’unica
strategia che
abbiamo per capire.
</div>
<div> <br>
</div>
<div> Ma non è mai
quello che viene
proposto come il
livello 0 per gli
adulti, anzi se mai
ci sono bambini,
soprattutto piccoli,
anche chiaramente
autistici che non
hanno una vera e
propria ricaduta
sulla qualità di
vita al momento
della diagnosi, ma
possiamo ben
prevedere che ne
avrà e la diagnosi
dovrebbe servire a
tutelarli e a dargli
un mondo sociale più
capace di capirli e
più adatto al loro
stile di
funzionamento.
Esattamente come
dici anche tu. </div>
<div> È un diritto
inalienabile dei
bambini che gli
adulti si muovano in
questa prospettiva
protettiva. Quindi
io non ritengo
affatto di “forzare”
il sistema, credo
sia giusto porre le
basi per aiutare il
bambino a crescere
il più sereno
possibile. </div>
<div> <br>
</div>
<div> E il criterio D
non può e non deve
essere inteso solo
come “il tuo stile
di funzionamento
autistico ti
impedisce di
lavorare e di essere
autonomo” ma anche
come ricaduta in
termini di
sofferenza e di
disagio psichico.
D’altronde qualche
volta la sofferenza
può essere così
forte da impedire di
realizzarsi e di
diventare autonomi.
E la sofferenza
psichica non è
sapere psichiatrica.
</div>
<div> È ora di
riconoscere e dare
valore anche a
questo aspetto con
buona pace di chi
pensa che psicologi
e psichiatri siano
(non)professionisti
facilmente
abbindolabili e
incapaci di
riconoscere la
sofferenza
psicologica e la
ricaduta che questa
ha sulla qualità di
vita e
sull’autodeterminazione.
</div>
<div> <br>
</div>
<div> Raffaella </div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
<div>
<div> <br>
<blockquote
type="cite">
<div> Il giorno
1 mar 2023,
alle ore
17:37, David
Vagni <<a
href="mailto:david.vagni@gmail.com"
target="_blank" moz-do-not-send="true" class="moz-txt-link-freetext">david.vagni@gmail.com</a>>
ha scritto: </div>
<div>
<div> Cara
Raffaella,
<div> a parte
l’avere idee
diverse
sull’unitarietà
dell’autismo,
concordo sul
resto del tuo
discorso ma
vorrei
aggiungere un
commento alla
tua ultima
parte:
<div> <br>
</div>
<div>
<div>
<blockquote
type="cite">
<div> Inoltre
dovrebbe farci
riflettere che
questo
problema non
esiste quando
parliamo di
bambini esiste
solo per
quanto
riguarda gli
adulti. Ma
questi adulti
sono stati
bambini e
adolescenti
che
probabilmente
hanno sofferto
per non
sentirsi né
capiti né
integrati e
per una
diversità che
li ha sempre
fatti sentire
estranei. </div>
</blockquote>
</div>
<br>
</div>
<div> Come sai
non faccio
diagnosi
(ripeto, sono
un ricercatore
non un
clinico) ma
partecipo a
tantissime
valutazioni.
Devo dire che
anche se è
infrequente,
mi è capitato
più di una
volta di
osservare
situazioni di
"autismo si,
autismo no,
autismo forse”
<strong>anche
nei bambini</strong>,
relativamente
al criterio
del
“funzionamento”.
</div>
</div>
<div> <br>
</div>
<div>
Purtroppo nei
bambini,
ancora più che
negli adulti,
è difficile (e
rischi di
essere preso
per pazzo o
peggio) fare
diagnosi in
presenza di un
buon
funzionamento,
perché se sono
in un ambiente
“protetto”,
l’ambiente
stesso tende a
mascherare le
difficoltà
(genitori
iper-presenti,
piccola scuola
privata,
etc.). </div>
<div> <br>
</div>
<div> Il
problema è che
tu <strong>sai</strong> che
<em>prima o
poi quel
bambino cadrà</em>.
Perché il
problema è che
quando i
tratti
autistici ci
sono, anche in
presenza di un
buon
funzionamento
(e magari
momentaneamente
anche in
assenza di
stress
psicologico),
prima o poi
quella cosa
che ti fa
crollare la
trovi. Spesso
è il passaggio
da un ciclo
scolastico
all’altro o un
trasloco. </div>
<div> <span><br>
</span> </div>
<div> In
generale in
quei casi
spesso uno
scrive “ci
sono marcati
tratti… ma il
funzionamento
al momento….”
“si consiglia
di tenere
sotto
osservazione”…”si
consiglia
ugualmente di
fare un
parent-training”,
etc. </div>
<div> Ma
spesso bambini
nello spettro
hanno
genitori,
almeno con una
gamba nello
spettro ed il
pensiero
dicotomico la
fa da padrone
e viene
ulteriormente
incentivato da
un sistema
sociosanitario
pensato per la
cura/assistenza molto più che per la prevenzione. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Il
risultato è
che
frequentemente
in quei casi
non fanno
nulla e poi
ritornano dopo
2, 4, 6 anni,
quando scoppia
il problema. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Questo
penso dovrebbe
far ragionare
su una cosa,
medici e
psicologi, di
cosa si
occupano?
Della malattia
o della
salute? Perché
se ci
occupiamo
della salute
dovremmo
impegnarci <em>primariamente</em><span> nella
</span><em>prevenzione</em>.
Ma
il “sistema”
non lo
consente. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Quanto è
lecito forzare
il sistema per
fare
prevenzione? </div>
<div> <br>
</div>
<div> Questa
penso sia una
domanda
interessante
da porsi e a
cui non ho una
risposta. </div>
</div>
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Lista di
discussione
autismo-biologia
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Autismo-biologia e' una lista di discussione promossa dall' A.P.R.I.,
Associazione
Cimadori per
la ricerca
italiana sulla
sindrome di
Down,
l'autismo e il
danno
cerebrale. <br>
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Per
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