<html>
<head>
<meta http-equiv="Content-Type" content="text/html; charset=UTF-8">
</head>
<body>
<font face="Times New Roman">La ringrazio e saluto.</font><br>
Piero Crispiani<br>
<div class="moz-cite-prefix">Il 20/03/2023 17:02, Claudia
Nicchiniello ha scritto:<br>
</div>
<blockquote type="cite"
cite="mid:4BC5EF32-E46B-4968-835A-A478A7DC71AD@me.com">Salve,
Professore.
<div><br>
</div>
<div>La leggo sempre con piacere.</div>
<div><br>
</div>
<div>Come economista credo che abbia centrato il punto: spreco di
risorse, su cui alcuni soggetti si avvantaggiano .</div>
<div><br>
</div>
<div>Soprattutto quando i fondi sono stanziati per " autismo "
senza far riferimento al controllo delle NPIA/Salute Mentale.</div>
<div>Un bel business per il terzo settore e i crescenti " centri "
che lucrano su diagnosi estemporanee e progettazione degli
interventi ... </div>
<div><br>
</div>
<div>Claudia Nicchiniello </div>
<div>Ex presidente Angsa Campania </div>
<div><br>
</div>
<div><br>
<br>
<div dir="ltr">
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
Inviato da iPhone
<div><span>Le informazioni, i dati e le notizie contenute
nella presente comunicazione e i relativi allegati sono
di natura privata e come tali possono essere riservate e
sono, comunque, destinate esclusivamente ai destinatari
indicati in epigrafe. La diffusione, distribuzione e/o la
copiatura del documento trasmesso da parte di qualsiasi
soggetto diverso dal destinatario è proibita, sia ai sensi
dell’art. 616 c.p., sia ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003.
Se avete ricevuto questo messaggio per errore, vi
preghiamo di distruggerlo e di darcene immediata
comunicazione anche inviando un messaggio di ritorno
all’indirizzo e-mail del mittente.</span></div>
</div>
<div dir="ltr"><br>
<blockquote type="cite">Il giorno 20 mar 2023, alle ore 16:27,
Piero Crispiani <a class="moz-txt-link-rfc2396E" href="mailto:pierocrispiani@gmail.com"><pierocrispiani@gmail.com></a> ha scritto:<br>
<br>
</blockquote>
</div>
<blockquote type="cite">
<div dir="ltr"> Gentili signori della Lista,<br>
pochi mi conoscono e pochissimi sono interessati a ciò che
dico e tantomeno ad interloquire. <br>
Non è un problema. <br>
Ciò detto vi informo che intorno all'Autismo o Spettro c'è
grande confusione, in parte giustificata dalla fase di
transizione teorica degli ultimi tempi (quindi
giustificabile), ma in parte si deve alla certificazione
frettolosa che generalizza categorie a danno di altre.<br>
Accade che condotte critiche del linguaggio e della
relazione - addebitabili al ritardo del linguaggio ed alle
conseguenze strategie di difesa o di compensazione -
diventino condizione autistica.<br>
Non è un gioco di parole.<br>
Tanti afasici o con ritardo dell'eloquio (neanche del
linguaggio complessivo, ma solo della produzione verbale
orale, cioè dell'eloquio) sono corredati della diagnosi di
autismo, quindi Legge 104, se non da invalidità.<br>
La disprassia comporta a volte tratti associabili
all'autismo (ipersensibilità, motricità afinalistica, lento
incipit, disorganizzazioni, realismo verbale, ecc.) ma
comportano autismo solo nei casi severi.<br>
Questa platea di soggetti con "disorganizzazione" (usiamo
questa categorie provvisoria) è certamente in crescita (e
per diversi motivi): ma si può dire ai genitori che si è di
fronte all'autismo?.<br>
Provo a sintetizzare alcuni assunti:<br>
- ad oggi la diagnosi di autismo è sindromica, si fa dai
sintomi (in realtà è così sin dal 1943 .. senza nulla
togliere alle ricerche in ambito genetico, proteico ....),
anche se a qualcuno non va bene (mi pare);<br>
- la diagnosi di autismo è difficile e delicata ed ha un
grande bisogno della "valutazione funzionale", per aree di
funzioni, per funzionamento, competrenze, reattività,
condotte....;<br>
- l'autismo è sensibile all'educazione (terapia,
trattamento, training ....), a volte in termini
sorprendenti, non ai bypassamenti, al non fare, alle APP
SUPPLETIVE, al condizionamento o allo Stimolo Avversivo.<br>
<br>
Infine:<br>
la gravità della condizione è fattore fondamentale poiché
rendeuna condizione diversa e diversamente rispondente,
quindi grande rispetto all'autismo grave ed all'autismo in
comorbilità con alterazioni psichiche o neurologiche
cerebrali. In questi ultimi casi, e con gli adulti, valgono
le pratiche suppletive fondate su rinforzo, condizionamento,
avversione, ecc.<br>
<br>
Se fossi genitore di un caso "vero", contesterei lo spreco
di risorse (ad es, i docenti di sostegno) per i casi non
autistici.<br>
Il dibattito è, comunque, di notevole interesse.<br>
<br>
Se può interessare: <br>
Piero Crispiani - maestro elementare, Direttore Didattico
(di cui 18 anni Direttore di una grande Scuola Speciale
Statale per gravi e pluriminorati), Ordinario di Pedagogia
Speciale Università di Macerata, Libero Docente Università
Politecnica delle Marche e Link Campus University di Roma.<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<br>
<div class="moz-cite-prefix">Il 20/03/2023 11:35, <a
class="moz-txt-link-abbreviated moz-txt-link-freetext"
href="mailto:albertofagni@libero.it"
moz-do-not-send="true">albertofagni@libero.it</a> ha
scritto:<br>
</div>
<blockquote type="cite"
cite="mid:1407522784.241680.1679308527207@mailapp-notification-service-9fbf75b4-xtkz5">Brava
Stefania. <br>
Ormai è chiaro come, in questa discussione, alcuni
professionisti vogliano difendere delle diagnosi che tali
non sono e vogliano farci credere che per il bene del
paziente, si debba accogliere la sua richiesta di avere
una diagnosi di autismo.. E per chi non rientra nella
diagnosi da manuale, l'unica esistente al momento, si
gioca con le parole e, come più volte ho scritto nei miei
interventi, si vendono loro per diagnosi di autismo quelle
che sono semplicemente delle valutazioni di tratti
autistici. <br>
Hanno trovato il modo di vendere diagnosi di autismo senza
disturbo o se preferite di livello zero. <br>
Poco importa che si possano o meno definire diagnosi
psicologiche perché NON SONO DIAGNOSI DI DISTURBO DELLO
SPETTRO AUTISTICO e chi le ha non è definibile autistico.
<br>
Capisco che po' questa gente serva anche a perorare le
vostre cause, come questa, cioè di banalizzare l'autismo
vendendo "diagnosi" che non rientrano nei manuali. <br>
Ma si genera confusione, nelle persone e anche nella
ricerca. <br>
<br>
Quindi come te, Stefania, spero che qualche professionista
si schieri o avremmo sempre più persone che si diranno
autistiche per fare i video su tik tok. <br>
E la colpa è di chi banalizza lo spettro. <br>
Scusate l sfogo, ma questa discussione è un paradosso
perché viene letta da chi i manuali diagnostici li
dovrebbe difendere <br>
<br>
Saluti <br>
Alberto Fagni<br>
Inviato da Libero Mail<br>
<br>
<div class="gmail_quote"><br>
Il 19 marzo 2023 20:52:20 UTC <a
class="moz-txt-link-abbreviated moz-txt-link-freetext"
href="mailto:ftstellino@inwind.it"
moz-do-not-send="true">ftstellino@inwind.it</a> ha
scritto:
<table>
</table>
<blockquote class="gmail_quote">Scusate,<br>
Ma qui si rischia veramente di fare danni epocali. <br>
<br>
Come a dire che ad una persona con depressione che va
da un oncologo perché pensa/spera di avere un tumore,
che non ha, il medico glielo diagnosticasse per farlo
sentire meglio e magari provare a vedere se "esce"
dalla depressione.<br>
<br>
È assurdo parlare di funzionamento autistico.<br>
Così si ingenera solo confusione nella persona, che
tra l'altro ha evidentemente delle
problematiche/disturbi psichici. <br>
E poi ci ritroviamo a doverci confrontare con persone
che credono di essere autistiche, che pensano di avere
una diagnosi di autismo e che pretendono di parlare a
nome delle persone autistiche, a volte anche
aggredendo verbalmente ritenendo di avere la 'luce
della conoscenza'.<br>
<br>
Così rischiamo di fare danni epocali. Ripeto.<br>
Perché pure chi ci deve ascoltare per poter
indirizzare le politiche del welfare sanitario e
sociale va in confusione.<br>
<br>
Mi auguro che i tanti camici bianchi presenti ed amici
(perdonatemi la metonimia, ma è per meglio
identificarvi), non sostengano questa presunta
deontologia degli psicologi.<br>
<br>
Perdonatemi anche lo sfogo.<br>
<br>
Un caro saluto <br>
<br>
Stefania Stellino<br>
<br>
<br>
<br>
Inviato da Libero Mail<br>
<br>
<div class="gmail_quote"><br>
Il 19 marzo 2023 17:12:07 UTC David Vagni <a
class="moz-txt-link-rfc2396E"
href="mailto:david.vagni@gmail.com"
moz-do-not-send="true"><david.vagni@gmail.com></a>
ha scritto:
<table>
</table>
<blockquote class="gmail_quote">Cara Raffaella,
<div>condivido quanto hai riportato anche se sai
bene che mi scontro con alcuni advocate, come
hai detto sono adulti autodeterminati ed
eventuali differenze di vedute non dovrebbero
far venir meno un clima di collaborazione tra
professionisti, famiglie e advocate.</div>
<div>Concordo sul resto dei punti della tua
risposta.</div>
<div><br>
</div>
<div>Vorrei approfittare dell’occasione per
specificare un aspetto che reputo rilevante
all’interno della discussione (non con te, ma
con chi dice che “non vanno fatte diagnosi") e
che reputo sia parte della confusione. Te sei
psicologa, come sono psicologi le persone che
fanno diagnosi presso il centro a cui sono
associato.</div>
<div>In quanto psicologi è un dovere cercare di
seguire la deontologia della propria professione
in accordo con i codici e pareri dell’Ordine</div>
<div><br>
</div>
<div>A questo link c’è un parere a mio avviso
molto importante <a
href="https://www.psy.it/allegati/parere_diagnosi.pdf"
class="moz-txt-link-freetext"
moz-do-not-send="true">https://www.psy.it/allegati/parere_diagnosi.pdf</a> sulla
possibilità degli psicologi di fare diagnosi
psicopatologiche ma che, lateralmente, riporta
la più generale definizione di diagnosi.</div>
<div><br>
</div>
<div>[…] Il concetto di diagnosi ha vari
significati non univoci lungo un continuum che
va da un’accezione ristretta di identificazione
di una patologia ad <b>un’accezione ampia di
identificazione di un fenomeno sulla base
dell’individuazione dei fattori che la
caratterizzano </b>(storia del soggetto,
sintomi fisici e psichici, modalità
comportamentali, attività mentale, informazioni
ottenute con varie modalità di valutazione). I<b>l
concetto di diagnosi, pertanto, non è
univocamente ed esclusivamente connesso a
quello di “identificazione di patologia”</b>,
come usualmente viene inteso poiché quest’ultimo
riguarda soltanto l’ambito biomedico e, anche in
ambito medico, è praticabile solo in alcuni
settori e per alcune patologie, non in tutte le
branche della medicina e per tutte le malattie.
<b>La diagnosi assolve molteplici funzioni e
compiti a più livelli: a) necessità di
categorizzare le informazioni, b)
facilitazione della comunicazione fra addetti
ai lavori, c) facilitazione della
comunicazione con il paziente, d) orientamento
delle scelte terapeutiche. In questo senso, la
diagnosi è, nell’accezione ampia dei suoi
significati possibili, insieme un atto
conoscitivo di raccolta e categorizzazione
delle informazioni ed un atto pragmatico di
comunicazione fra i soggetti implicati a
diverso titolo e livello nel fenomeno oggetto
di osservazione </b><span>[…] </span>La
diagnosi psicologica può essere realizzata a
diversi livelli a seconda del contesto in cui
trova applicazione e in relazione alle funzioni
interessate, dall’ambito lavorativo <b>al
disagio psicologico di livello pre-clinico</b>,
alla psicopatologia maggiore, alle malattie
mediche <span>[…] </span>La diagnosi basata sui
sintomi non è tuttavia l’unico modo per
effettuare una diagnosi descrittiva, e anzi
questa modalità viene ampiamente criticata dalla
comunità scientifica internazionale. Pertanto
anche la diagnosi differenziale basata sui
sintomi non è l’unica possibile. Modalità
alternative di effettuare la diagnosi
descrittiva e differenziale sono state a più
riprese proposte alla comunità scientifica e si
basano sull’osservazione e l’identificazione <b>delle
funzioni psicologiche che sottendono i
fenomeni clinici osservati,</b> e non
meramente sull’osservazione e l’identificazione
dei sintomi. […].</div>
<div><br>
</div>
<div>Riporto questo per dire che, se una persona
va da uno psicologo e gli chiede “aiutami a
capire come funziono” rilasciare in una <b>diagnosi</b> (perché
comunque è una diagnosi il documento che si
rilascia): “non hai nessun disturbo, quindi non
hai niente”, <i>forse </i>può essere
accettabile per un medico che opera all’interno
di un modello medico, ma sicuramente non è
deontologicamente corretto per uno psicologo.</div>
<div>Riportare che la persona ha un “funzionamento
cognitivo autistico pur in assenza di difficoltà
clinicamente rilevanti che costituiscono un
disturbo” o che “soddisfa i criteri dell’autismo
ma <i>al momento</i> non sono presenti
difficoltà rilevanti nel funzionamento
adattativo” o qualsiasi simile definizione (e
spiegando in cosa, perché, in quali processi
emotivi, cognitivi, etc.) è un <i>atto dovuto</i> da
un punto di vista etico e deontologico a mio
avviso e ritengo che contestarlo significhi non
capire in cosa dovrebbe consistere il lavoro di
un psicologo, che in primo luogo dovrebbe
riguardare il comprendere e aiutare le persone e
solo in quanto funzionale a questo scopo,
determinare se è presente o meno un disturbo. </div>
<div><span><br>
</span>
<div>
<div><br>
<blockquote type="cite">
<div>Il giorno 14 mar 2023, alle ore
09:55, Ambulatorio Autismo <a
class="moz-txt-link-rfc2396E"
href="mailto:ambulatorioautismoadulti@gmail.com"
moz-do-not-send="true"><ambulatorioautismoadulti@gmail.com></a>
ha scritto:</div>
<br class="Apple-interchange-newline">
<div>
<div><br>
<div>Buon giorno a tutti,</div>
<div>mi fa piacere che il Sig. Fagni
condivida anche lui che l’autismo 0
non esiste, quindi penso che
possiamo bandire per sempre dai
nostri discorsi questa definizione
sbagliata che può fuorviare chi non
ha le giuste conoscenze.</div>
<div><br>
<div>Posso comprendere le sue
perplessità e i suoi dubbi ma vedo
che la sua mail è piena di
criticità e sfiducia verso
l’operato dei clinici.
Naturalmente fra gli esseri umani
ci sono delinquenti di tutti i
tipi, persone poco professionali e
persone che cerano di approfittare
economicamente della loro
posizione. Credo che questo tipo
di persona sia ben distribuita in
tutte le professioni, i tutti i
contesti sociali e in qualsiasi
tipo di funzionamento umano.
Quindi ce ne sono sicuramente
anche fra psicologi psichiatri e
neuropsichiatri. Ma questa
considerazione non dovrebbe a mio
modo di vedere portarci a una
sfiducia così grande come quella
che traspare dai suoi commenti.
Comprendo i suoi dubbi ma
francamente trovo difficile
interloquire su una posizione così
general generica che riguarda
l’umanità tutta.</div>
<div><br>
</div>
<div> Su tre cose non sono invece
assolutamente d’accordo con il
Sig. Fagni:</div>
<div>1. dire che se "uno ha sempre
avuto le capacità di superare le
sue difficoltà, senza fare nessun
tipo di terapia ed avere nessun
tipo di supporto, significa che il
criterio D non è soddisfatto” è
proprio sbagliato. La sofferenza
psichica lascia sempre una traccia
che il clinico deve saper valutare
e comunque è sempre necessario che
si chieda come sta e quanta fatica
faccia la persona nel presente. A
parte il fatto che in genere le
persone adulte che arrivano al
percorso diagnostico hanno già
fatto prima percorsi di supporto
psicologico di cui non sono
soddisfatte, ci possono essere
innumerevoli motivi per cui una
persona non ha richiesto aiuto, da
quello economico alla sfiducia nel
lavoro psicologico, dall’orgoglio
a forme di malessere tanto forte
da impedire di attivarsi, dal non
vedere riconosciuto il proprio
bisogno al sentirsi dire che non
c'è necessità di terapia. E
sicuramente ce ne sono tantissimi
altri. Non è detto che non avere o
non aver avuto una terapia sia
indice di mancanza di bisogno. È
compito del clinico valutare la
sofferenza e il bisogno ed è suo
compito dotarsi delle capacità,
della formazione e degli strumenti
per saperla riconoscere e saperla
comprendere. Posso capire la
sfiducia nella capacità dei
clinici di fare valutazioni di
questo tipo ma trovo sbagliato
fare una generalizzazione così
negativa. </div>
<div>Negli anni ’90 c’erano
pochissimi clinici capaci di
diagnosticare l’autismo, oggi
proliferano i servizi e
naturalmente è difficile scegliere
e può essere difficile valutare la
competenza di un clinico. Ma io
sono contenta che i servizi
prolifichino perchè questo stimola
la crescita professionale. </div>
<div>E inoltre naturalmente ogni
adulto che si deve occupare della
salute dei suoi cari deve
impegnarsi a ricercare il clinico
migliore. Non è una cosa che
riguardi solo l’autismo.</div>
<div><br>
</div>
<div>2. Lo stesso vale per quando
scrive “ E i vari test sono
facili da indirizzare. Io posso
decidere il punteggio che voglio
avere in un test che voglia
"misurare" i miei sintomi
autistici, ma se si vuole valutare
il mio autismo sul presente un
clinico non potrebbe mai darmi una
diagnosi…”. Il Sig. Fagni, come
del resto chiunque, può al
massimo scaricare i test
autosomministrati e se vuole
manipolarli basta che scarichi i
punteggi o li cerchi nei libri in
cui sono pubblicati. Così
certamente si, potrebbe
manipolarli. Ma un clinico serio
non farebbe mai la diagnosi solo
ed esclusivamente su quel tipo di
test, proprio perchè essendo
facilmente reperibili sono anche
facilmente manipolabili.
Nonostante questo le ricerche
scientifiche ci dicono che
comunque alcuni di questi test,
come la RAADS-R, per esempio, sono
molto forti ma naturalmente si
parte dall’assunto che chi compila
lo faccia rispondendo in modo
onesto. Per fortuna non abbiamo a
disposizione solo test
autosomminstrati, questi non sono
gli unici test disponibili. Un
clinico competente dovrebbe sapere
che ci sono test che raccolgono
altri tipi di informazioni che non
sono soggette a punteggi tipo
“risposta giusta o sbagliata” o
con i criteri dei test disponibili
on line. Ci sono interviste alle
famiglie, interviste ad altri
operatori e test che riflettono il
parere del clinico. È l’insieme
dei risultati di questi test che
un clinico esperto dovrebbe saper
valutare. In ogni caso mi pare
evidente che si continui a
sottovalutare il fatto che la
diagnosi è sempre clinica perché
non esiste un test che possa
considerarsi completamente sicuro
al 100%. Questa cosa è ampiamente
dichiarata e documentata anche
scientificamente ovunque. I test
possono sostenere il giudizio
diagnostico ma questo è, alla
fine, sempre e solo del clinico.
Questo significa che la diagnosi
riflette sempre il parere
professionale del professionista,
anche indipendentemente dall’esito
dei test. Questo da una maggiore
responsabilità al clinico che
dovrebbe quindi essere molto
attento. Naturalmente il Sig.
Fagni non è un professionista e
quindi non conosce i test e non sa
quale tipo di lavoro deve fare il
clinico quando li somministra. Ma
proprio per questo trovo che sia
fuorviante che faccia affermazioni
di questo tipo con tanta sicurezza
invece, magari, di chiedere
qualche informazione in più.</div>
<div>Vorrei anche sottolineare che
se una persona che richiede un
parere diagnostico mente, la
responsabilità primaria è sua
perché così facendo distrugge la
relazione con il clinico. Ci
possono essere innumerevoli motivi
per cui una persona mente oltre a
quelli che il Sig. Fagnmi descrive
nella sua mail e ci sono anche
tante persone che cercano in tutti
i modi di farsi togliere la
diagnosi di autismo cercando in
tutti i modi di apparire
neurotipiche. In ogni caso,
poiché non esiste un test
incontrastabile, come potrebbe
essere un test genetico, se un
paziente mente bene potrebbe
comunque indurre un parere
sbagliato nel clinico. I clinici
devono stare attenti e dotarsi di
strumenti, della formazione e
della supervisione che serve per
contenere questi problemi ma
naturalmente potrebbero comunque
cadere vittima dell’imbroglio. Ma
se è imbrogliato il clinico è la
vittima e non il responsabile
della menzogna. Chi mente è
responsabile.</div>
<div><br>
</div>
<div>3. Infine quando dice che non è
mutata la diagnosi di autismo per
i vari manuali. In realtà il DSM-5
segna un cambiamento epocale
perché definisce i Disturbi del
Neurosviluppo, che prima non erano
definiti, e pone le basi per
un’unica diagnosi di autismo
escludendo in modo definitivo la
disabilità intellettiva e il
disturbo del linguaggio dai
sintomi di autismo. Un grande
cambiamento che suscita ancora
molte discussioni come del resto
si evince dallo scambio nato dalla
mail di Carlo Hanau.</div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
<div>Per quanto riguarda
Neuropeculiar: il Sig. Fagni si
sbaglia, io non ho sollevato
nessun discorso né punto nè
domanda su questa associazione né
sui suoi soci in questa sede né in
altre e non ho posto alcuna
domanda per cui lui, o chiunque
altro, mi debba risposte. </div>
<div>Non ho mai preso le loro
difese perché non ho mai pensato
che ne abbiano bisogno. Sono
persone adulte autonome e
autodeterminate, responsabili
delle loro scelte e delle loro
posizioni. </div>
<div>Preciso che, insieme ad altri
colleghi, faccio parte del
Comitato Scientifico
dell’Associazione. Io mi confronto
spesso con loro e non ho mai
avuto problemi a trovare un piano
di confronto rispettoso delle
posizioni personali, anche quando
non siamo d’accordo. Ritengo
quindi che chiunque possa trovarlo
se lo desidera. Mi pare però poco
corretto porre queste critiche in
una sede dove nessuno di loro è
presente non permettendo nessun
tipo di confronto che consenta
alle altre persone della lista di
conoscerli e di poter fare le
proprie valutazioni.</div>
<div><br>
</div>
<div>Infine vorrei dire a Carlo che
trovo grave questa scollatura fra
genitori e persone autistiche,
saper accettare che ci siano
diversi livelli di ricaduta sulla
qualità di vita dovrebbe
rassicurare sul fatto che non
verranno trascurate le persone che
hanno dalla loro condizione gravi
ripercussioni sulla qualità di
vita e sull’indipendenza e
l'autonomia, ma per garantire che
ciò accada non serve litigare,
servirebbe invece promuovere la
formazione dei clinici. Perché è
da loro che dipende la valutazione
della ricaduta sulla qualità di
vita e sono loro che dovrebbero
saper spiegare chi quando e perché
ha bisogno di incerto tipo di
aiuto. Card si possa trovare un
giusto equilibrio fra ascoltare i
clinici e ascoltare le persone
autistiche e ascoltare i genitori.
Ma anche ascoltare chiunque avario
titolo voglia zarlaredi autismo.
Paleseante nessuno può parlare per
tutti e forse tutti dovrebbero
parlare. Per sé o per le proprie
associazionni o gruppi.</div>
<div><br>
</div>
<div>Io credo che i clinici possano
definirsi davvero competenti di
autismo se lo conoscono in tutte
le sue declinazioni, stili di
funzionamento cognitivo, se lo
conoscono nei bambini così come
negli adulti, se hanno potuto
interagire in diversi contesti non
solo in quello clinico.</div>
<div><br>
</div>
<div>Quando sono stata alla Divison
TEACCH alla fine degli anni ’90 ho
capito che l’autismo era qualcosa
di molto più vasto e complesso di
quello che noi percepivamo in
Italia e ho capito che non avevamo
alcuna idea di cosa fosse quello
che allora chiamavamo autismo HF
(High Functioning). Alla Division
TEACCH già da almeno un decennio
avevano servizi differenziati
anche in base alla ricaduta sulla
qualità di vita e sull’autonomia,
avevano gruppi diversificati per
stile di funzionamentocognitivo e
collaboravano non solo con i
genitori ma anche con le persone
autistiche, io stessa sono stata
parecchio tempo con persone
autistiche che mi hanno spiegato
il loro stile di funzionamento e
il lavoro clinico di cui godevano.
Era la prima volta che mi accadeva
d è stata un’esperienza che ha
segnato le mie scelte.</div>
<div>Proprio allora ho fatto alcune
scelte professionali che hanno
dato una direzione al mio lavoro:
ho scelto di tradurre con altri
colleghi i test gold standard in
Italiano, di promuovere la
formazione su come fare la
diagnosi, e ho scelto di
approfondire la diagnosi nelle
direzioni più complesse: nei
bambini molto piccoli e negli
adulti senza disabilità cognitiva.
Proprio grazie a queste scelte,
posso affermare di essere
certamente stata uno dei primi
clinici italiani a fare al
diagnosi ad adulti senza
compromissione cognitiva che si
chiedevano se potevano essere
autistici. Ma prima di allora
avevo lavorato per moltissimi anni
solo con persone autistiche
disabili intellettive e lavoro
con loro tantissimo ancora oggi.
Io so bene che è proprio perché ho
lavorato tanto con loro che ho
imparato molte cose che mi sono
state molto utili per comprendere
meglio le persone autistiche senza
compromissione cognitiva. Allo
stesso modo poter ascoltare
persone che possono descrivere il
proprio mondo interno mi ha
permesso di imparare cose
utilissime anche per le persone
con disabilità intellettiva. </div>
<div><br>
</div>
<div>Io ho fatto scelte su cui ho
sempre messo la faccia e ancora
oggi mi impegno al meglio che
posso per tenere aperto uno
stabile confronto con le persone
autistiche che si occupano di
advocacy così come con moltissime
altre persone autistiche molto
meno presenti sui social, così
come con tanti genitori con cui
lavoro quotidianamente e, anche se
indirettamente, osservando i
bambini e tutte quelle persone
autistiche di ogni età e stile di
funzionamento che non possono
descriverci il loro mondo interno
ma ci mostrano come agiscono. Mi
confronto con colleghi di tutti i
tipi, leggo i loro libri, anche
quelli dei professionisti
psicodinamici. </div>
<div>Ascoltare, leggere e
confrontarsi sono per me
strumenti di conoscenza.
Naturalmente rivendico
l’originalità del mio pensiero e
rifiuto assolutamente di prendermi
la responsabilità di cose che non
ho mai detto né affermato. Se
promuovo qualcosa che dice
un’altra persona, sia essa un
clinico, un genitore o una persona
autistica vuol dire che quel
contenuto mi è piaciuto e che l'ho
trovato stimolante. Solo di quello
che condivido e di ciò che dico
personalmente mi prendo la
responsabilità.</div>
<div>Ritengo che soprattutto in
questo momento storico in cui i
criteri diagnostici si son tanto
allargati, sia importantissimo,
anche essenziale, per clinici
osservare e ascoltare per
imparare.</div>
<div>Ma andrebbe ricordato che
osservare e ascoltare non
significa aderire a qualsiasi
cosa, significa raccogliere
elementi per poter pensare e fare
le proprie riflessioni e le
proprie scelte in una visione più
ampia.</div>
<div>Giudicare senza un confronto
induce sempre e solo a grandi
tensioni.</div>
<div><br>
</div>
<div>Buona giornata a tutti</div>
<div>Raffaella Faggioli </div>
<div><br>
</div>
<div><br>
</div>
<div>
<div><br>
<blockquote type="cite">
<div>Il giorno 9 mar 2023,
alle ore 11:24, <a
href="mailto:albertofagni@libero.it"
class="moz-txt-link-freetext" moz-do-not-send="true">albertofagni@libero.it</a>
ha scritto:</div>
<br
class="Apple-interchange-newline">
<div>
<div>
<p>Dottoressa Faggioli, <br>
<br>
io sono d'accordo con
lei quando dice che NON
esiste l'autismo di
livello ZERO , termine
che probabilmente ho
iniziato ad sare io, per
spiegare come ci siano
troppi autistici o
comunque persone che si
dichiarano tali, ma che
non rientrano nei
criteri della diagnosi. <br>
E come lei sono
dell'idea che non si
possa usare il termine
autistico come semplice
aggettivo al di fuori di
una diagnosi medica.<br>
<br>
Questo punto per me è
basilare perché troppe
volte leggo di diagnosi
"senza disturbo" cioè
senza che il criterio D
sia soddisfatto, nei
tanti gruppi di autismo
e vengono difese dagli
stessi professionisti .<br>
Con Vagni ho avuto una
discussione su questo
punto sul mio profilo
Facebook <br>
<iframe src="<a
href="https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Falberto.paperinik%2Fposts%2Fpfbid0oXa7jWJQybJJMaZd9EVuhLKqqbvsWUg9FS94EGFJ4eoTkHVAQLqnNGZH11xGQ2Ll&show_text=true&width=500"
moz-do-not-send="true">https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Falberto.paperinik%2Fposts%2Fpfbid0oXa7jWJQybJJMaZd9EVuhLKqqbvsWUg9FS94EGFJ4eoTkHVAQLqnNGZH11xGQ2Ll&show_text=true&width=500</a>"
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allowfullscreen="true"
allow="autoplay;
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web-share"></iframe><br>
<br>
In quella discussione
David ha difeso la
possibilità di fare
diagnosi psicologiche di
autismo senza disturbo e
di poterle definire
diagnosi e non
valutazioni . Ciò
ovviamente genera
confusione e molti
penseranno di avere una
vera diagnosi e non di
avere solamente dei
tratti autistici e al
limite essere
subclinici. <br>
<br>
Adesso leggo che
entrambi riteniate sia
corretto fare diagnosi
prendendo in
considerazione tutti
quelli che raccontano di
aver affrontato
difficoltà nella vita
per cavarsela ed essere
autonomi, basta che
questa sofferenza sia
dovuta ad alcuni tratti
autistici.<br>
Lei afferma in una sua
risposta che chi cerca
una diagnosi vada
accolto perché cerca
risposte a delle
difficoltà. <br>
Concordo, ma ciò non
significa che tutte
siano da accogliere con
delle diagnosi .<br>
Perché se uno ha sempre
avuto le capacità di
superare le sue
difficoltà, senza fare
nessun tipo di terapia
ed avere nessun tipo di
supporto, significa che
il criterio D non è
soddisfatto. <br>
Perché se la diagnosi
dovesse premiare tutti
quelli che raccontano
sofferenze e difficoltà
superate, nessuno
sarebbe esente da
diagnosi. <br>
Aggiungo che spesso
queste persone hanno
delle difficoltà che
sono ascrivibili a ben
altre diagnosi dalle
quali provengono, ma che
trovandole più
stigmatizzanti della
diagnosi di autismo (e
meno fighe) cercano di
rifugiarsi in quella di
autismo. <br>
Ora con tutta la fiducia
che posso avere nei
clinici, se la diagnosi
si fa solo sul racconto
di difficoltà superate,
non sarà difficile per
ch conosce lo spettro
avere una diagnosi di
autismo (oramai anche on
line) <br>
E i vari test sono
facili da indirizzare.
Io posso decidere il
punteggio che voglio
avere in un test che
voglia "misurare" i miei
sintomi autistici, ma se
si vuole valutare il mio
autismo sul presente un
clinico non potrebbe mai
darmi una diagnosi , né
io vorrei mai una
diagnosi che mi limita e
che non mi darebbe alcun
supporto utile, visto
che sono completamente
autonomo. <br>
E se fossi altro , cioè
bipolare, depresso etc
etc , comunque una
diagnosi non pertinente,
per quanto più figa, mi
allontanerebbe dai
supporti e dalle terapie
corrette. <br>
Io temo che oramai chi
ha avuto difficoltà
nella vita legate alla
propria omosessualità,
alla propria depressione
o per qualsiasi altro
motivo, può spingere
per avere una diagnosi
di autismo . <br>
Senza voler accusare
nessuno mi chiedo e vi
chiedo se non ci sia il
rischio che molti da
clinici si stiano
trasformando (in modo
anche inconsapevole) in
VENDITORI di diagnosi ? <br>
<br>
Altro punto al quale
vorrei rispondere è sul
fatto che lei dottoressa
ha preso le difese dei
vari attivisti , i quali
si lamentano che
qualcuno possa mettere
in dubbio le loro
diagnosi. <br>
Siccome sappiamo
benissimo che la critica
è rivolta soprattutto a
me da parte dei suoi
pazienti di
Neuropeculiar (mi piace
essere molto diretto) ,
faccio notare alcune
cose : <br>
<br>
- Io non metto in dubbio
le loro diagnosi ,ma
come descrivono le
diagnosi, che vorrebbero
slegare dai vari manuali
diagnostici. Sono loro a
metterle in dubbio
casomai. <br>
- Alcuni di quelli che
loro invitano ai loro
convengni e che si
definiscono autistici,
hanno ammesso di non
avere una diagnosi e che
non l'hanno mai cercata
non avendo bisogno di
supporti. <br>
- Visto che usano la
loro diagnosi per
vendersi come formato
come se fosse un titolo
di studio, non vedo
perché non dovrebbero
renderla pubblica ? (
Questa è una mia
provocazione, ma davvero
chi ha una diagnosi può
fare il formatore senza
avrebbe i titoli? )<br>
<br>
- Le stesse persone che
si lamentano che le loro
diagnosi siano messe in
dubbio, sono quelle che
attaccano i genitori,
dicendo loro che un
genitore NON ha alcun
diritto di parlare di
autismo, ma solo loro
possono in quanto
autistici... Come se
loro potessero sapere
come pensa e, cosa pensa
e cosa prova un
autistico non verbale. <br>
<br>
- Sempre loro hanno
creato un clima di
guerra alle definizioni
mediche e corrette ,
tanto che molti
professionisti hanno
smesso di scrivere e non
si espongono per non
essere attaccati
.Proprio durante questa
discussione alcuni
professionisti mi hanno
scritto in privato,
dicendosi d'accordo con
la mia posizione, ma che
non avrebbero scritto
poiché stanchidel clima
di attacco alle
posizioni corrette e mi
hanno anche fatto notare
che sono sempre meno i
professionisti che si
espongono nelle
discussioni su questa
lista . <br>
Non è un caso che a
farlo siate stati
soprattutto in due ,
entrambi molto vicini
alle posizioni di questi
attivisti o comunque li
si voglia definire. <br>
<br>
Quindi non è mutata la
diagnosi di autismo per
i vari manuali, ma sta
mutando perché si è
creato un mercato , si è
creato il bisogno di
ricercare una diagnosi. <br>
<br>
Saluti <br>
Alberto Fagni<br>
(mi scuso per gli
errori, ma preferisco
non rileggere ) </p>
<blockquote type="cite">
<div> Il 08/03/2023
11:15 Raffaella
Faggioli <<a
href="mailto:ambulatorioautismoadulti@gmail.com"
class="moz-txt-link-freetext" moz-do-not-send="true">ambulatorioautismoadulti@gmail.com</a>>
ha scritto: </div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
Ciao David, naturalmente
è necessario tenere
conto che abbiamo
professionalità diverse,
sensibilità diverse e
responsabilità diverse.
Naturalmente io sono
principalmente un
clinico impegnata
stabilmente nella
valutazione diagnostica
di persone di tutte le
età e di tutti i
funzionamenti cognitivi
e solo in seconda
battuta sono una
ricercatrice (nella
pratica quotidiana, io
produco idee di ricerca
e una montagna di dati
che altri leggono)
<div> <br>
</div>
<div> Magari mi sbaglio
ma mi sembra che anche
sui i bambini in
realtà siamo d'accordo
nel momento stesso in
cui scrivi: <span>Il
problema è che tu <strong>sai</strong> che <em>prima
o poi quel bambino
cadrà</em>. </span>Ed
è esattamente per
questo che non esiste
il livello 0 nei
bambini perché noi
sappiamo che prima
poi, hai ragione
spesso ai cambi di
ciclo scolastico, ci
sarà qualche cosa che
lo porterà alla
sofferenza e a
sentirsi in dovere di
mascherarsi, a non
sentirsi “normale” e a
percepire una
diversità che lo farà
sentire solo al mondo
(un extraterrestre,
metafora molto
significativa, chiara
e diretta usata da
moltissime persone
autistiche) e quindi
anche poco amato. Non
basta questo come
ricaduta sulla qualità
di vita? Io direi
proprio di si. La
sofferenza
testimoniata da tanti
adulti autistici,
l’intenso lavorio
interiore che devono
fare gli adolescenti,
che magari non si
mettono sui social, ma
che noi terapeuti che
li seguiamo
costantemente ben
conosciamo e che
conoscono i loro
genitori, non dovrebbe
lasciarci
indifferenti. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Naturalmente anche
per me, con un bambino
l’approccio clinico è
molto diverso da
quello con gli adulti
ed è naturale che un
clinico possa avere
dubbi, io stessa li ho
e quando li ho mi
prendo il tempo per
definire il mio
giudizio diagnostico.
Ma la diagnosi a un
bambino è una
proiezione in avanti
che influenzerà tutta
la sua vita: una volta
fatta ci aspettiamo e
anche pretendiamo che
il mondo intero tenda
ad adattarsi al suo
stile di funzionamento
e che gli adulti che
si occupano della sua
educazione mettano in
atto strategie
educative più mirate,
strategie di
conversazione più
adatte al suo stile di
funzionamento,
protezione
dall’esposizione
incontrollata e
costante a stimoli
sensoriali e sociali
inadeguati e forieri
di sofferenza e
stress. Quanti adulti
autistici ci dicono
che quando stanno in
un gruppo intento in
una conversazione si
sentono stabilmente in
allerta? Vogliamo
“regalare” questo tipo
di sensazioni e queste
fatiche ai bambini?.
</div>
<div> Sappiamo che
questo tipo di sforzo
e di sofferenza porta
in adolescenza a
problematiche
psichiatriche. La
diagnosi deve quindi a
mio avviso essere
pensata anche per
contenere questa
inutile devastazione.
La diagnosi dovrebbe
proteggerli da
eccessivi sforzi di
mascheramento così
come dal non sentirsi
accettati per quello
che si è o dalla
sensazione di essere
extraterrestri.
Dovrebbe permettere
agli adulti che si
occupano della loro
educazione di farli
crescere il più
confidenti possibile
in sè stessi, con meno
sensazione di
estraniamento, più
legittimati. Una
diagnosi sbagliata nei
bambini, anche in
quelli in plus
dotazione e con un
linguaggio pienamente
fluente, avrà una
ricaduta sulla salute
psicologica, sulla
sofferenza psichica e
sull’esposizione a non
sentirsi compresi.
Inoltre avrà una
ricaduta sulla
possibilità di
autodeterminarsi. </div>
<div> Se esito a fare la
diagnosi a un bambino
non è perché lo vedo a
livello 0, che
ribadisco non esiste,
ma perché ci sono
situazioni in cui i
sintomi sono difficili
da decifrare in pochi
incontri ed è
necessario conoscerlo
meglio e in modo più
profondo. </div>
<div> Ci possono essere
molti motivi per cui
il suo stile di
funzionamento
autistico non è
immediatamente
apprezzabile e la
conoscenza, stare in
relazione è, in questi
casi, l’unica
strategia che abbiamo
per capire. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Ma non è mai
quello che viene
proposto come il
livello 0 per gli
adulti, anzi se mai ci
sono bambini,
soprattutto piccoli,
anche chiaramente
autistici che non
hanno una vera e
propria ricaduta sulla
qualità di vita al
momento della
diagnosi, ma possiamo
ben prevedere che ne
avrà e la diagnosi
dovrebbe servire a
tutelarli e a dargli
un mondo sociale più
capace di capirli e
più adatto al loro
stile di
funzionamento.
Esattamente come dici
anche tu. </div>
<div> È un diritto
inalienabile dei
bambini che gli adulti
si muovano in questa
prospettiva
protettiva. Quindi io
non ritengo affatto di
“forzare” il sistema,
credo sia giusto porre
le basi per aiutare il
bambino a crescere il
più sereno possibile.
</div>
<div> <br>
</div>
<div> E il criterio D
non può e non deve
essere inteso solo
come “il tuo stile di
funzionamento
autistico ti impedisce
di lavorare e di
essere autonomo” ma
anche come ricaduta in
termini di sofferenza
e di disagio
psichico. D’altronde
qualche volta la
sofferenza può essere
così forte da impedire
di realizzarsi e di
diventare autonomi. E
la sofferenza psichica
non è sapere
psichiatrica. </div>
<div> È ora di
riconoscere e dare
valore anche a questo
aspetto con buona pace
di chi pensa che
psicologi e psichiatri
siano
(non)professionisti
facilmente
abbindolabili e
incapaci di
riconoscere la
sofferenza psicologica
e la ricaduta che
questa ha sulla
qualità di vita e
sull’autodeterminazione.
</div>
<div> <br>
</div>
<div> Raffaella </div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
<div> <br>
</div>
<div>
<div> <br>
<blockquote
type="cite">
<div> Il giorno 1
mar 2023, alle
ore 17:37, David
Vagni <<a
href="mailto:david.vagni@gmail.com"
class="moz-txt-link-freetext" moz-do-not-send="true">david.vagni@gmail.com</a>>
ha scritto: </div>
<div>
<div> Cara
Raffaella,
<div> a parte
l’avere idee
diverse
sull’unitarietà
dell’autismo,
concordo sul
resto del tuo
discorso ma
vorrei
aggiungere un
commento alla
tua ultima
parte:
<div> <br>
</div>
<div>
<div>
<blockquote
type="cite">
<div> Inoltre
dovrebbe farci
riflettere che
questo
problema non
esiste quando
parliamo di
bambini esiste
solo per
quanto
riguarda gli
adulti. Ma
questi adulti
sono stati
bambini e
adolescenti
che
probabilmente
hanno sofferto
per non
sentirsi né
capiti né
integrati e
per una
diversità che
li ha sempre
fatti sentire
estranei. </div>
</blockquote>
</div>
<br>
</div>
<div> Come sai
non faccio
diagnosi
(ripeto, sono
un ricercatore
non un
clinico) ma
partecipo a
tantissime
valutazioni.
Devo dire che
anche se è
infrequente,
mi è capitato
più di una
volta di
osservare
situazioni di
"autismo si,
autismo no,
autismo forse”
<strong>anche
nei bambini</strong>,
relativamente
al criterio
del
“funzionamento”.
</div>
</div>
<div> <br>
</div>
<div>
Purtroppo nei
bambini,
ancora più che
negli adulti,
è difficile (e
rischi di
essere preso
per pazzo o
peggio) fare
diagnosi in
presenza di un
buon
funzionamento,
perché se sono
in un ambiente
“protetto”,
l’ambiente
stesso tende a
mascherare le
difficoltà
(genitori
iper-presenti,
piccola scuola
privata,
etc.). </div>
<div> <br>
</div>
<div> Il
problema è che
tu <strong>sai</strong> che
<em>prima o
poi quel
bambino cadrà</em>.
Perché il
problema è che
quando i
tratti
autistici ci
sono, anche in
presenza di un
buon
funzionamento
(e magari
momentaneamente
anche in
assenza di
stress
psicologico),
prima o poi
quella cosa
che ti fa
crollare la
trovi. Spesso
è il passaggio
da un ciclo
scolastico
all’altro o un
trasloco. </div>
<div> <span><br>
</span> </div>
<div> In
generale in
quei casi
spesso uno
scrive “ci
sono marcati
tratti… ma il
funzionamento
al momento….”
“si consiglia
di tenere
sotto
osservazione”…”si
consiglia
ugualmente di
fare un
parent-training”,
etc. </div>
<div> Ma
spesso bambini
nello spettro
hanno
genitori,
almeno con una
gamba nello
spettro ed il
pensiero
dicotomico la
fa da padrone
e viene
ulteriormente
incentivato da
un sistema
sociosanitario
pensato per la
cura/assistenza molto più che per la prevenzione. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Il
risultato è
che
frequentemente
in quei casi
non fanno
nulla e poi
ritornano dopo
2, 4, 6 anni,
quando scoppia
il problema. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Questo
penso dovrebbe
far ragionare
su una cosa,
medici e
psicologi, di
cosa si
occupano?
Della malattia
o della
salute? Perché
se ci
occupiamo
della salute
dovremmo
impegnarci <em>primariamente</em><span> nella
</span><em>prevenzione</em>.
Ma
il “sistema”
non lo
consente. </div>
<div> <br>
</div>
<div> Quanto è
lecito forzare
il sistema per
fare
prevenzione? </div>
<div> <br>
</div>
<div> Questa
penso sia una
domanda
interessante
da porsi e a
cui non ho una
risposta. </div>
</div>
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Lista di
discussione
autismo-biologia
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href="mailto:autismo-biologia@autismo33.it"
class="moz-txt-link-freetext" moz-do-not-send="true">autismo-biologia@autismo33.it</a>
<br>
Autismo-biologia
e' una lista di
discussione
promossa dall'
A.P.R.I.,
Associazione
Cimadori per la
ricerca italiana
sulla sindrome
di Down,
l'autismo e il
danno cerebrale.
<br>
<a
href="http://www.apriautismo.it/"
moz-do-not-send="true">www.apriautismo.it</a> <br>
<br>
Per cancellarsi
inviare un
messaggio a: <a
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</blockquote>
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Autismo-biologia e' una
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per la ricerca italiana
sulla sindrome di Down,
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cerebrale. <br>
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Autismo-biologia e' una lista di
discussione promossa dall' A.P.R.I.,
Associazione Cimadori per la ricerca
italiana sulla sindrome di Down,
l'autismo e il danno cerebrale.<br>
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</div>
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